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Terribly Emotional
Giocando sull’ambiguità del termine Terribilmente accostato a Emozionale, gli artisti selezionati, casualmente o fatalmente tredici, danno ampio spazio a una gamma di sensazioni comprese tra il terrore e il piacere, l’euforico e il malinconico, l’evento quotidiano ordinario e quello imprevisto straordinario, il rassicurante e l’inquietante.
Comunicato stampa
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Venerdì 30 gennaio 2009 alle ore 17.30 si inaugura la mostra tematica internazionale Terribly Emotional, che già, a partire dal titolo, intende provocatoriamente interrogarsi sul sensazionalismo e sulla risonanza mediatica di grandi mostre come Sensation, Post Human, Pensa con i sensi - Senti con la mente, Shock & Show, Apocalypse. Giocando sull’ambiguità del termine Terribilmente accostato a Emozionale, gli artisti selezionati, casualmente o fatalmente tredici, danno ampio spazio a una gamma di sensazioni comprese tra il terrore e il piacere, l’euforico e il malinconico, l’evento quotidiano ordinario e quello imprevisto straordinario, il rassicurante e l’inquietante. Una mostra tanto significativa quanto sintomatica. Storicamente significativa quanto al valore testimoniale dei maestri storici che vi partecipano, sintomatica quanto agli interrogativi che si pone sul tema dell’emotività oggi, della rilevazione radiografica dello scompenso vissuto dall’individuo nel divario tra realtà attuale e investimento del desiderio. Una mostra sui fattori Emotion e Sensation, coinvolgendo direttamente la curiosità, l’interesse e la potenzialità emotiva di chi guarda. L’intento della mostra è quello di esporre l’oggetto reale/intenzionale dell’opera d’arte al tiro incrociato del pensiero filosofico, estetico, letterario, psicofisiologico, scientifico, in uno scenario di parametri mobili come quello contemporaneo. A partire da un’ontologia del virtuale e da una poetica del reale, gli artisti si lasciano interrogare come autori di un’opera in cui l’individuo e la collettività, l’identità e l’alterità non cessano di dialogare. I linguaggi che prendono la parola in mostra sono l’installazione, la fotografia, la scrittura, il collage, la video-performance, la pittura, il disegno, la video-scultura.
Importante è la partecipazione svizzera che vede la presenza di un’icona della trans-sessualità degli anni Settanta come il grande Urs Lüthi, con Just another story about leaving/Semplicemente un’altra storia di partenza, 9 autoritratti del 1974 dove il suo volto si trasforma progressivamente nel volto senescente della madre; quella della seducente fotografa, videoartista e performer Chantal Michel, invitata alla Biennale di Venezia del 2001 dal curatore Harald Szeemann, nota per la sua leggendaria collezione di abiti da sera, parrucche, scarpe d’oro e d’argento, presente con l’angosciante video Die Falle/La Trappola e le foto dal ciclo, non certo rassicurante, L’Ospite tranquillo, ambientate in una tipica camera d’albergo o in ruderi abbandonati e degradati; la presenza ancora di Stefania Beretta, sensibile e lucida fotografa degli sprechi del consumismo, degli attentati all’ambiente e all’umanità con l’opera Lietuva – pagine di un diario di viaggio, rievocante, attraverso una giustapposizione di frammenti, immagini, collage, scritte, il genocidio in Lituania tra il 1940-58, lavoro che, utilizzando i materiali di scarto delle polaroid come piccoli loculi, si configura come un microcimitero dell’umano sentire; e per finire quella di Roberto De Luca con il dittico fotografico Tea-service, in cui l’ospite invitato a prendere un tè subirà lo choc di scoprire che le decorazioni della tazza di porcellana che porterà alla bocca rappresentano scene di umiliazioni, violenze, e tortura di civili e prigionieri militari nelle zone di conflitto.
Tra gli artisti storici è invitato Franco Vaccari, presente con il dittico di collage fotografico Bar Code/Code Bar, opera rinviante alla sua partecipazione del 1993 alla Biennale di Venezia curata da Bonito Oliva, nella sezione Transiti a cura di Viana Conti, dove, alla parete di un accogliente caffè, contrassegnato dal codice a barre, un manifesto riporta il pianto della madre di Silvia Baraldini mentre chiede la grazia di far tornare la figlia in Italia; Federica Marangoni protagonista storica al femminile della videoarte, docente per 12 anni alla New York University, che presenta due mani tese di fibra vetrosa, azzurrate dalla scritta al neon People, la videoinstallazione Volevo dirti che, dove da un monitor, deprivato dell’audio, racchiuso in una minigabbia sospesa, l’artista stessa cerca di comunicare con un uditorio distratto e indifferente la sua richiesta di attenzione e l’installazione La stanza della donna libera, dedicata a Virginia Woolf; Jean-Pierre Giovanelli, artista francese già esponente del Collectif d’Art Sociologique e dell’Estetica della Comunicazione, amico di pensatori come Jean Baudrillard e Paul Virilio, che presenta No milk today, una teca con un biberon che al posto del latte contiene un proiettile, e un video dove l’immagine di una mano che accarezza ancora l’immagine di una stola di volpe intende significare la frustrazione dell’erotismo nell’era del virtuale. Alle generazioni successive appartengono Vittorio Corsini, esponente di un’estetica relazionale intimamente legata al luogo e alle persone, che in mostra porta l’opera Gusci (a Marcel Broodthaers), dove il bordo di uova di vetro a taglio vivo fa pensare alla nascita come evento senza possibilità di ripensamento e l’opera, Residuo, un armadietto di acciaio inox specchiante contenente fiori disseccati, che rinvia alla perdita di profumo, colore, materia, come metafora della morte; Matteo Fato, vivace e sensibile autore di un compromesso tra il segno e la figura, presenta il video ri.Tornatore con 807 disegni a penna grafica per la durata di 3 minuti, del 2002; Giuliano Galletta, artista, giornalista e scrittore presenta la fotografia Barbie, in cui l’icona della bambola americana, annegata nelle vaschette del bucato, rinvia al tema freudiano del perturbante vissuto nella domesticità, Mauro Ghiglione artista che si relaziona alla storia come alterazione della verità e alla realtà come spazio in cui la soggettività e l’alterità, divenute ormai segni tra i segni, forme tra le forme, merci tra le merci, non riescono più a mantenere un rapporto solidale, presenta in mostra l’installazione costituita da un dittico fotografico in bianco e nero che riporta in rosso la scritta Play for me again sull’immagine, specularmente sdoppiata, di una bambina che, per inchiodare chi guarda alle sue responsabilità, nei confronti delle atrocità sociali sui deboli, si punta in bocca una pistola: al centro è posto un violino e a terra la sua custodia con qualche spicciolo salva-coscienza; Giuliano Menegon, artista che elabora nel tempo una trascrizione radicale in pittura dell’emozione estrema scaturita dal verso poetico, presenta un trittico che da Paul Celan deriva il senso e il titolo E si vive e stravive e disvive dalla raccolta Die Niemandrose/La Rosa di nessuno; Cesare Viel autore di un diario ininterrotto sull’area della scrittura, della citazione letteraria, del disegno, della videoinstallazione, della performance, della pluralità dell’immaginario e singolarità della voce, presenta uno striscione di pvc m.6x1 dal titolo Domande per il corpo.
Gli artisti selezionati, paradigmatici quanto al tema e alla sua complessità, appartengono a generazioni attive dalla metà degli anni Sessanta ad oggi. Il fuoco di attenzione verte sul fattore emozionale che ha originato l’opera, nell’immaginario dell’artista, e, di converso, sulla modalità reattiva dello spettatore che la contempla. Nei talk show televisivi non è infrequente che psicanalisti e psicologi si interroghino sulla condizione di indifferenza quasi catatonica di una generazione confrontata quotidianamente con i conflitti che lacerano il mondo e i drammi individuali e sociali che non cessano di attraversarlo. Terribly Emotional intende anche interrogarsi sugli effetti, nella visione creativa e critica dell’artista, del linguaggio ansiogeno dell’informazione mediatica, delle censure della storia rispetto a fatti ed eventi che, alterando la realtà, rischiano di alterare la coscienza dell’uomo.
Courtesy: Vittorio Corsini, Gusci (a Marcel Broodthaers) e Residuo, Galleria Claudio Poleschi, Lucca; Roberto De Luca, Tea Service, Galerie Madonna Fust, Berna; Mauro Ghiglione, Play for me again, UnimediaModern, Genova; Urs Lüthi, Just another story about leaving, Galleria Art Bug, Bassano del Grappa; Giuliano Menegon E si vive e stravive e disvive, Studio Ghiglione, Genova; Cesare Viel, Domande per il corpo, Galleria Pinksummer, Genova.
Importante è la partecipazione svizzera che vede la presenza di un’icona della trans-sessualità degli anni Settanta come il grande Urs Lüthi, con Just another story about leaving/Semplicemente un’altra storia di partenza, 9 autoritratti del 1974 dove il suo volto si trasforma progressivamente nel volto senescente della madre; quella della seducente fotografa, videoartista e performer Chantal Michel, invitata alla Biennale di Venezia del 2001 dal curatore Harald Szeemann, nota per la sua leggendaria collezione di abiti da sera, parrucche, scarpe d’oro e d’argento, presente con l’angosciante video Die Falle/La Trappola e le foto dal ciclo, non certo rassicurante, L’Ospite tranquillo, ambientate in una tipica camera d’albergo o in ruderi abbandonati e degradati; la presenza ancora di Stefania Beretta, sensibile e lucida fotografa degli sprechi del consumismo, degli attentati all’ambiente e all’umanità con l’opera Lietuva – pagine di un diario di viaggio, rievocante, attraverso una giustapposizione di frammenti, immagini, collage, scritte, il genocidio in Lituania tra il 1940-58, lavoro che, utilizzando i materiali di scarto delle polaroid come piccoli loculi, si configura come un microcimitero dell’umano sentire; e per finire quella di Roberto De Luca con il dittico fotografico Tea-service, in cui l’ospite invitato a prendere un tè subirà lo choc di scoprire che le decorazioni della tazza di porcellana che porterà alla bocca rappresentano scene di umiliazioni, violenze, e tortura di civili e prigionieri militari nelle zone di conflitto.
Tra gli artisti storici è invitato Franco Vaccari, presente con il dittico di collage fotografico Bar Code/Code Bar, opera rinviante alla sua partecipazione del 1993 alla Biennale di Venezia curata da Bonito Oliva, nella sezione Transiti a cura di Viana Conti, dove, alla parete di un accogliente caffè, contrassegnato dal codice a barre, un manifesto riporta il pianto della madre di Silvia Baraldini mentre chiede la grazia di far tornare la figlia in Italia; Federica Marangoni protagonista storica al femminile della videoarte, docente per 12 anni alla New York University, che presenta due mani tese di fibra vetrosa, azzurrate dalla scritta al neon People, la videoinstallazione Volevo dirti che, dove da un monitor, deprivato dell’audio, racchiuso in una minigabbia sospesa, l’artista stessa cerca di comunicare con un uditorio distratto e indifferente la sua richiesta di attenzione e l’installazione La stanza della donna libera, dedicata a Virginia Woolf; Jean-Pierre Giovanelli, artista francese già esponente del Collectif d’Art Sociologique e dell’Estetica della Comunicazione, amico di pensatori come Jean Baudrillard e Paul Virilio, che presenta No milk today, una teca con un biberon che al posto del latte contiene un proiettile, e un video dove l’immagine di una mano che accarezza ancora l’immagine di una stola di volpe intende significare la frustrazione dell’erotismo nell’era del virtuale. Alle generazioni successive appartengono Vittorio Corsini, esponente di un’estetica relazionale intimamente legata al luogo e alle persone, che in mostra porta l’opera Gusci (a Marcel Broodthaers), dove il bordo di uova di vetro a taglio vivo fa pensare alla nascita come evento senza possibilità di ripensamento e l’opera, Residuo, un armadietto di acciaio inox specchiante contenente fiori disseccati, che rinvia alla perdita di profumo, colore, materia, come metafora della morte; Matteo Fato, vivace e sensibile autore di un compromesso tra il segno e la figura, presenta il video ri.Tornatore con 807 disegni a penna grafica per la durata di 3 minuti, del 2002; Giuliano Galletta, artista, giornalista e scrittore presenta la fotografia Barbie, in cui l’icona della bambola americana, annegata nelle vaschette del bucato, rinvia al tema freudiano del perturbante vissuto nella domesticità, Mauro Ghiglione artista che si relaziona alla storia come alterazione della verità e alla realtà come spazio in cui la soggettività e l’alterità, divenute ormai segni tra i segni, forme tra le forme, merci tra le merci, non riescono più a mantenere un rapporto solidale, presenta in mostra l’installazione costituita da un dittico fotografico in bianco e nero che riporta in rosso la scritta Play for me again sull’immagine, specularmente sdoppiata, di una bambina che, per inchiodare chi guarda alle sue responsabilità, nei confronti delle atrocità sociali sui deboli, si punta in bocca una pistola: al centro è posto un violino e a terra la sua custodia con qualche spicciolo salva-coscienza; Giuliano Menegon, artista che elabora nel tempo una trascrizione radicale in pittura dell’emozione estrema scaturita dal verso poetico, presenta un trittico che da Paul Celan deriva il senso e il titolo E si vive e stravive e disvive dalla raccolta Die Niemandrose/La Rosa di nessuno; Cesare Viel autore di un diario ininterrotto sull’area della scrittura, della citazione letteraria, del disegno, della videoinstallazione, della performance, della pluralità dell’immaginario e singolarità della voce, presenta uno striscione di pvc m.6x1 dal titolo Domande per il corpo.
Gli artisti selezionati, paradigmatici quanto al tema e alla sua complessità, appartengono a generazioni attive dalla metà degli anni Sessanta ad oggi. Il fuoco di attenzione verte sul fattore emozionale che ha originato l’opera, nell’immaginario dell’artista, e, di converso, sulla modalità reattiva dello spettatore che la contempla. Nei talk show televisivi non è infrequente che psicanalisti e psicologi si interroghino sulla condizione di indifferenza quasi catatonica di una generazione confrontata quotidianamente con i conflitti che lacerano il mondo e i drammi individuali e sociali che non cessano di attraversarlo. Terribly Emotional intende anche interrogarsi sugli effetti, nella visione creativa e critica dell’artista, del linguaggio ansiogeno dell’informazione mediatica, delle censure della storia rispetto a fatti ed eventi che, alterando la realtà, rischiano di alterare la coscienza dell’uomo.
Courtesy: Vittorio Corsini, Gusci (a Marcel Broodthaers) e Residuo, Galleria Claudio Poleschi, Lucca; Roberto De Luca, Tea Service, Galerie Madonna Fust, Berna; Mauro Ghiglione, Play for me again, UnimediaModern, Genova; Urs Lüthi, Just another story about leaving, Galleria Art Bug, Bassano del Grappa; Giuliano Menegon E si vive e stravive e disvive, Studio Ghiglione, Genova; Cesare Viel, Domande per il corpo, Galleria Pinksummer, Genova.
30
gennaio 2009
Terribly Emotional
Dal 30 gennaio al 03 aprile 2009
arte contemporanea
Location
STUDIO GHIGLIONE 1885
Genova, Piazza San Matteo, 6B/R, (Genova)
Genova, Piazza San Matteo, 6B/R, (Genova)
Vernissage
30 Gennaio 2009, ore 17,30
Autore
Curatore