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Thayaht e Ram tra Futurismo e Novecento
In esposizione una collezione di inediti disegni firmati dai Michaelles tra il 1914 ed il 1951.
Comunicato stampa
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La tuta è un indumento che connota diverse categorie professionali e molte fantasie dell’uomo del ’900. Pensateci bene: riuscireste ad immaginare un meccanico senza tuta da lavoro o un astronauta privo di una tecnologica tuta spaziale? E se siete stati bambini tra gli anni ’50 ed i ’70, come pensavate che ci si sarebbe vestiti nel 2000? In tuta naturalmente! Il XX secolo ha così profondamente assimilato l’uso e l’immagine di questo capo d’abbigliamento da dimenticarne la storia, la data di nascita e, soprattutto, il nome del suo estroso creatore. L’inventore della tuta era un artista, si chiamava Ernesto Michaelles, ma per firmare le sue opere preferiva usare lo pseudonimo bifronte THAYAHT. A Thayaht e a suo fratello Ruggero Alfredo, in arte RAM, l’antiquaria romana Francesca Antonacci ed il collega fiorentino Damiano Lapiccirella dedicano una mostra che si inaugurerà mercoledì 31 marzo. In esposizione una collezione di inediti disegni firmati dai Michaelles tra il 1914 ed il 1951.
L’occasione costituisce un ulteriore passo avanti nel lento e a tutt’oggi incompiuto processo di riscoperta di due artisti non secondari nel panorama dell’arte italiana del ’900. In particolare, se di Thayaht si è ricominciato a parlare almeno da venticinque anni ed il Mart di Rovereto progetta per il 2005 la mostra che consacrerà l’artista presso il grande pubblico, il lavoro di Ram è ancora sconosciuto ai più, anche a causa della penosa dispersione e distruzione di gran parte delle sue opere durante l’ultimo conflitto mondiale.
Ernesto-Thayaht e Ruggero-Ram nascono a Firenze nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Sono i nipoti di Hiram Powers, uno dei padri della moderna scultura americana e membro autorevole di quella piccola colonia internazionale, esclusiva ed elitaria, che si era andata progressivamente radicando nel capoluogo toscano. Giovanissimi, si impongono all’attenzione della critica per un originale eclettismo di sapore cosmopolita.
Tra i due fratelli, RAM (1898-1976) è quello che maggiormente si concentra sulla pittura, un campo che esplora con inesauribile curiosità, sperimentando tecniche e stili diversi ed arrivando ad invadere con autorevolezza numerosi settori limitrofi: è illustratore, scenografo, caricaturista di successo, grafico pubblicitario, disegnatore di tessuti e progettista di oggetti ed arredi. La sua carriera di pittore si snoda attraverso un percorso, in parte ricostruito dai disegni in mostra, che lo vede esordire in area “novecentista”, passare attraverso la temperie del Secondo Futurismo ed approdare, all’inizio degli anni ’30, ad una svolta “neometafisica”.
Ancora più poliedrici gli interessi di THAYAHT (1893-1959), vero emblema dello spirito futurista, artista indefinibile per aver esercitato la sua non comune creatività nelle aree più disparate: dalla pittura alla scultura, dalla moda al teatro, dalle arti decorative allo studio, finalizzato all’applicazione in campo artistico, delle più moderne teorie scientifiche. Appena venticinquenne avvia una fruttuosa collaborazione con Madeleine Vionnet, la Mary Quant degli Anni Ruggenti. Per la sarta parigina Thayaht elabora arditi modelli déco sfruttando i principi della geometria dinamica e della colorazione scientifica, discipline che nel frattempo era andato a studiare a New York. L’episodio dell’invenzione della tuta, brevettata nel 1920, si traduce in un successo al di sopra delle aspettative. Progettato per le masse afflitte dal problema del caro-vestiario, l’abito tutto d’un pezzo a forma di T, che si può realizzare in casa con poca spesa, viene, sulle prime, adottato dalla Firenze snob. Le cronache mondane dell’epoca registrano un ricevimento a Palazzo Rucellai in cui la tuta pare sia di rigore e “tutisti” di provata fede si dichiarano il critico Ugo Ojetti, lo scultore Libero Andreotti ed il pittore Aldo Carpi. Il suo interesse per l’abito si estende alla moda maschile della quale auspica un totale rinnovamento. Si cimenta anche nel campo dell’oreficeria, mettendo a punto la taiattite, una lega d’argento e alluminio con cui realizza monili di foggia primitiva ed africaneggiante, di gusto ancora attualissimo. L’apparente stravaganza dei suoi modi e del suo fare artistico nasconde in realtà scelte che il tempo rivela sempre profondamente innovative. Ciò è particolarmente evidente nell’intensa attività di progettista di arredi chiaramente destinati alla larga diffusione garantita dalla produzione industriale, ancorché di qualità: fatto inusuale per l’epoca, Thayaht ragiona già come un moderno industrial designer. La predilezione tutta futurista per il dinamismo lo porta a concepire sculture e disegni sintetici, finalizzati a rappresentare il movimento dei solidi con l’ausilio dei principi della traiettiva, una teoria che è l’evoluzione della rinascimentale scienza prospettica. Nel dopoguerra si allontana progressivamente dall’arte. Non verrà però mai meno la vocazione per la conoscenza: gli ultimi anni della sua vita saranno dedicati allo studio dell’astronomia, una passione coltivata, da par suo, in un osservatorio da lui inventato.
L’occasione costituisce un ulteriore passo avanti nel lento e a tutt’oggi incompiuto processo di riscoperta di due artisti non secondari nel panorama dell’arte italiana del ’900. In particolare, se di Thayaht si è ricominciato a parlare almeno da venticinque anni ed il Mart di Rovereto progetta per il 2005 la mostra che consacrerà l’artista presso il grande pubblico, il lavoro di Ram è ancora sconosciuto ai più, anche a causa della penosa dispersione e distruzione di gran parte delle sue opere durante l’ultimo conflitto mondiale.
Ernesto-Thayaht e Ruggero-Ram nascono a Firenze nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Sono i nipoti di Hiram Powers, uno dei padri della moderna scultura americana e membro autorevole di quella piccola colonia internazionale, esclusiva ed elitaria, che si era andata progressivamente radicando nel capoluogo toscano. Giovanissimi, si impongono all’attenzione della critica per un originale eclettismo di sapore cosmopolita.
Tra i due fratelli, RAM (1898-1976) è quello che maggiormente si concentra sulla pittura, un campo che esplora con inesauribile curiosità, sperimentando tecniche e stili diversi ed arrivando ad invadere con autorevolezza numerosi settori limitrofi: è illustratore, scenografo, caricaturista di successo, grafico pubblicitario, disegnatore di tessuti e progettista di oggetti ed arredi. La sua carriera di pittore si snoda attraverso un percorso, in parte ricostruito dai disegni in mostra, che lo vede esordire in area “novecentista”, passare attraverso la temperie del Secondo Futurismo ed approdare, all’inizio degli anni ’30, ad una svolta “neometafisica”.
Ancora più poliedrici gli interessi di THAYAHT (1893-1959), vero emblema dello spirito futurista, artista indefinibile per aver esercitato la sua non comune creatività nelle aree più disparate: dalla pittura alla scultura, dalla moda al teatro, dalle arti decorative allo studio, finalizzato all’applicazione in campo artistico, delle più moderne teorie scientifiche. Appena venticinquenne avvia una fruttuosa collaborazione con Madeleine Vionnet, la Mary Quant degli Anni Ruggenti. Per la sarta parigina Thayaht elabora arditi modelli déco sfruttando i principi della geometria dinamica e della colorazione scientifica, discipline che nel frattempo era andato a studiare a New York. L’episodio dell’invenzione della tuta, brevettata nel 1920, si traduce in un successo al di sopra delle aspettative. Progettato per le masse afflitte dal problema del caro-vestiario, l’abito tutto d’un pezzo a forma di T, che si può realizzare in casa con poca spesa, viene, sulle prime, adottato dalla Firenze snob. Le cronache mondane dell’epoca registrano un ricevimento a Palazzo Rucellai in cui la tuta pare sia di rigore e “tutisti” di provata fede si dichiarano il critico Ugo Ojetti, lo scultore Libero Andreotti ed il pittore Aldo Carpi. Il suo interesse per l’abito si estende alla moda maschile della quale auspica un totale rinnovamento. Si cimenta anche nel campo dell’oreficeria, mettendo a punto la taiattite, una lega d’argento e alluminio con cui realizza monili di foggia primitiva ed africaneggiante, di gusto ancora attualissimo. L’apparente stravaganza dei suoi modi e del suo fare artistico nasconde in realtà scelte che il tempo rivela sempre profondamente innovative. Ciò è particolarmente evidente nell’intensa attività di progettista di arredi chiaramente destinati alla larga diffusione garantita dalla produzione industriale, ancorché di qualità: fatto inusuale per l’epoca, Thayaht ragiona già come un moderno industrial designer. La predilezione tutta futurista per il dinamismo lo porta a concepire sculture e disegni sintetici, finalizzati a rappresentare il movimento dei solidi con l’ausilio dei principi della traiettiva, una teoria che è l’evoluzione della rinascimentale scienza prospettica. Nel dopoguerra si allontana progressivamente dall’arte. Non verrà però mai meno la vocazione per la conoscenza: gli ultimi anni della sua vita saranno dedicati allo studio dell’astronomia, una passione coltivata, da par suo, in un osservatorio da lui inventato.
31
marzo 2004
Thayaht e Ram tra Futurismo e Novecento
Dal 31 marzo al 20 maggio 2004
arte contemporanea
Location
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì ore 10.00-13.00 · 16.00-19.00
chiuso il sabato e nei giorni festivi
Vernissage
31 Marzo 2004, ore 18.30
Autore