Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
The Brig
Col linguaggio polimorfo e dissonante dell’arte contemporanea, la mostra affronta i temi legati alle
nostre prigioni, mentali prima che fisiche, ai nostri recinti nei quali ciascuno di noi, più o meno consapevolmente, decide di entrare quotidianamente fino a rimanerne
sopraffatto
Comunicato stampa
Segnala l'evento
In sintonia con la XIX edizione del Dromos Festival, la Pinacoteca Comunale “Carlo
Contini” di Oristano, propone la mostra THE BRIG, nella quale vengono affrontati,
col linguaggio polimorfo e dissonante dell’arte contemporanea, i temi legati alle
nostre prigioni, mentali prima che fisiche, ai nostri recinti nei quali ciascuno di noi,
più o meno consapevolmente, decide di entrare quotidianamente fino a rimanerne
sopraffatto. Curata da Chiara Schirru e da Ivo Serafino Fenu, coprodotta dal Comune
di Oristano – Assessorato alla Cultura e da Dromos Festival in collaborazione con
AskosArte, col contributo della Fondazione di Sardegna, la mostra THE BRIG
esporrà opere di importanti artisti del panorama internazionale, nazionale e sardo:
Romina Bassu, Filippo Berta, Leonardo Boscani, Giusy Calia, Angelo Cricchi, Gianni De
Val, Daniele Duo’, Daria Endresen, Elisabetta Falqui, Juha Arvid Helminen, Daniela e
Francesca Manca, Tonino Mattu, Michele Mereu, Gianni Nieddu, Sabrina Oppo,
Quartierino Blatta (Paola Porcu e Tania Zoccheddu), Ivan Pes, Egle Picozzi, Claudia
Spina.
La mostra verrà inaugurata martedì 1° agosto alle ore 19.30 e rimarrà aperta fino a
domenica 1° ottobre.
Ivo Serafino Fenu
Alla ricerca artistica il compito di evocare una condizione di schiavitù o detenzione che non necessita di un
reato, che racconta di folle apparentemente libere ma nella sostanza prigioniere, che descrive pregiudizi,
fobie, idiosincrasie, processi interiori e sociali capaci di farci schiavi, meccanismi messi in atto
quotidianamente che finiscano per renderci succubi delle situazioni, di persone e di beni materiali dei quali ci
circondiamo. Si tratta di catene materiali e spirituali delle quali, troppo spesso, non possiamo o non vogliamo
liberarci, di celle claustrofobiche e coercitive, proiezioni delle nostre paure dell’essere e del sentirci liberi.
Sono case, come quelle descritte da Edgar Allan Poe, animate non tanto da fantasmi quanto, piuttosto, dai
sensi di colpa e dalle angosce di chi le abita e, in tale prospettiva, criptiche, allusive, oblique rispetto a una
realtà che spesso prescinde dallo spessore e dalla complessità del reale, tali case/prigione, e tutto quanto a
loro è assimilabile, da teatro del quotidiano, delle sue miserie e delle sue tragedie, divengono un “non luogo”
pieno di fascino destabilizzante, uno spazio della mente indefinito nel quale il dentro e il fuori appaiono
categorie insufficienti, relative e intercambiabili. Un “altrove” evocato con gli strumenti specifici della prassi
artistica, alla quale non è richiesto di stigmatizzare o giustificare alcunché quanto, piuttosto, di farsi
testimone credibile del contingente. Pertanto la mostra The Brig propone una lettura talvolta
autoreferenziale, spesso ironica e sarcastica, drammaticamente testimone del reale senza scadere nel
didascalico, capace di lasciare dietro di sé quell’ombra nella quale si cela quanto di inquietante e di
enigmatico le appartiene e che, in fondo, appartiene allo stesso reale. In quest’ottica, la casa/prigione/non-
luogo acquista un’incredibile capacità metamorfica che accoglie o esclude il reale e lo trasfigura, divenendo
un palcoscenico ideale per rendere esplicito l’anelito verso una libertà perduta e difficile da riconquistare
perché, in fondo, «le gabbie sono come le matrioske, la gabbia ultima è la vita» (Walter Siti).
Chiara Schirru
Capita di rendersi conto della propria fortuna quando si cade in disgrazia, di realizzare di non aver mai
veramente vissuto se non quando l’ombra della morte mostra il senso dell’esistenza, o di percepire,
all’improvviso, perché chiusi dentro ad una prigione, che in realtà, non si è mai stati veramente liberi, che ci
si è spostati, semplicemente, da una prigione all’altra. Liberarsi dai condizionamenti, però, è più facile a dirsi
che a farsi: la libertà è un dono che non tutti sono in grado di accettare, conduce talvolta ai sentieri della
solitudine e dell’incertezza, e scegliere qualcosa che avvicini di più a sé stessi è complicato, in quanto
libertà, consapevolezza, diversità e scelta, sono solo parole che nascondono molte insidie. La verità ha
molte angolazioni, e ogni uomo contiene molte vite, che possono aprirsi o chiudersi a seconda delle
occasioni e possibilità che sviluppa. Capita che la scelta che sembra fedele a sé stessi non porti in fondo da
nessuna parte, e capita che una condizione forzata, una malattia che immobilizza, un sentimento che
imprigiona, o la limitatezza di uno spazio come quello di un carcere, portino una dinamicità altra, che
costringe a rivedere e pesare gli elementi in modo diverso. Proprio quell’intoppo, quella costrizione, quella
prigionia, quel nulla, mostrano di più. Abbattono confini verso orizzonti inesplorati. Non è detto, ma può
succedere. La follia, il manicomio o la prigione in sé, non producono certamente arte, generano, anzi,
sofferenza, ma in alcuni casi l’opportunità dell’esperienza si lega indissolubilmente all’immaginario artistico, il
contatto con questa realtà dolorosa, e allo stesso tempo autentica e intensa, priva di filtri e ipocrisie,
accende percezioni non ordinarie, diventa Rivelazione che conduce a un tempo infinito, luogo dei sentimenti
percepiti nella loro eternità. Si narra di una suora, che un giorno, mentre spolverava una piccola immagine di
Gesù in una cappella, la urtò e la fece cadere a terra. La monaca la raccolse, si assicurò di non averla
danneggiata, la baciò e la rimise al suo posto dicendo: se non fossi mai caduto, non avresti mai ricevuto
questo bacio.
Contini” di Oristano, propone la mostra THE BRIG, nella quale vengono affrontati,
col linguaggio polimorfo e dissonante dell’arte contemporanea, i temi legati alle
nostre prigioni, mentali prima che fisiche, ai nostri recinti nei quali ciascuno di noi,
più o meno consapevolmente, decide di entrare quotidianamente fino a rimanerne
sopraffatto. Curata da Chiara Schirru e da Ivo Serafino Fenu, coprodotta dal Comune
di Oristano – Assessorato alla Cultura e da Dromos Festival in collaborazione con
AskosArte, col contributo della Fondazione di Sardegna, la mostra THE BRIG
esporrà opere di importanti artisti del panorama internazionale, nazionale e sardo:
Romina Bassu, Filippo Berta, Leonardo Boscani, Giusy Calia, Angelo Cricchi, Gianni De
Val, Daniele Duo’, Daria Endresen, Elisabetta Falqui, Juha Arvid Helminen, Daniela e
Francesca Manca, Tonino Mattu, Michele Mereu, Gianni Nieddu, Sabrina Oppo,
Quartierino Blatta (Paola Porcu e Tania Zoccheddu), Ivan Pes, Egle Picozzi, Claudia
Spina.
La mostra verrà inaugurata martedì 1° agosto alle ore 19.30 e rimarrà aperta fino a
domenica 1° ottobre.
Ivo Serafino Fenu
Alla ricerca artistica il compito di evocare una condizione di schiavitù o detenzione che non necessita di un
reato, che racconta di folle apparentemente libere ma nella sostanza prigioniere, che descrive pregiudizi,
fobie, idiosincrasie, processi interiori e sociali capaci di farci schiavi, meccanismi messi in atto
quotidianamente che finiscano per renderci succubi delle situazioni, di persone e di beni materiali dei quali ci
circondiamo. Si tratta di catene materiali e spirituali delle quali, troppo spesso, non possiamo o non vogliamo
liberarci, di celle claustrofobiche e coercitive, proiezioni delle nostre paure dell’essere e del sentirci liberi.
Sono case, come quelle descritte da Edgar Allan Poe, animate non tanto da fantasmi quanto, piuttosto, dai
sensi di colpa e dalle angosce di chi le abita e, in tale prospettiva, criptiche, allusive, oblique rispetto a una
realtà che spesso prescinde dallo spessore e dalla complessità del reale, tali case/prigione, e tutto quanto a
loro è assimilabile, da teatro del quotidiano, delle sue miserie e delle sue tragedie, divengono un “non luogo”
pieno di fascino destabilizzante, uno spazio della mente indefinito nel quale il dentro e il fuori appaiono
categorie insufficienti, relative e intercambiabili. Un “altrove” evocato con gli strumenti specifici della prassi
artistica, alla quale non è richiesto di stigmatizzare o giustificare alcunché quanto, piuttosto, di farsi
testimone credibile del contingente. Pertanto la mostra The Brig propone una lettura talvolta
autoreferenziale, spesso ironica e sarcastica, drammaticamente testimone del reale senza scadere nel
didascalico, capace di lasciare dietro di sé quell’ombra nella quale si cela quanto di inquietante e di
enigmatico le appartiene e che, in fondo, appartiene allo stesso reale. In quest’ottica, la casa/prigione/non-
luogo acquista un’incredibile capacità metamorfica che accoglie o esclude il reale e lo trasfigura, divenendo
un palcoscenico ideale per rendere esplicito l’anelito verso una libertà perduta e difficile da riconquistare
perché, in fondo, «le gabbie sono come le matrioske, la gabbia ultima è la vita» (Walter Siti).
Chiara Schirru
Capita di rendersi conto della propria fortuna quando si cade in disgrazia, di realizzare di non aver mai
veramente vissuto se non quando l’ombra della morte mostra il senso dell’esistenza, o di percepire,
all’improvviso, perché chiusi dentro ad una prigione, che in realtà, non si è mai stati veramente liberi, che ci
si è spostati, semplicemente, da una prigione all’altra. Liberarsi dai condizionamenti, però, è più facile a dirsi
che a farsi: la libertà è un dono che non tutti sono in grado di accettare, conduce talvolta ai sentieri della
solitudine e dell’incertezza, e scegliere qualcosa che avvicini di più a sé stessi è complicato, in quanto
libertà, consapevolezza, diversità e scelta, sono solo parole che nascondono molte insidie. La verità ha
molte angolazioni, e ogni uomo contiene molte vite, che possono aprirsi o chiudersi a seconda delle
occasioni e possibilità che sviluppa. Capita che la scelta che sembra fedele a sé stessi non porti in fondo da
nessuna parte, e capita che una condizione forzata, una malattia che immobilizza, un sentimento che
imprigiona, o la limitatezza di uno spazio come quello di un carcere, portino una dinamicità altra, che
costringe a rivedere e pesare gli elementi in modo diverso. Proprio quell’intoppo, quella costrizione, quella
prigionia, quel nulla, mostrano di più. Abbattono confini verso orizzonti inesplorati. Non è detto, ma può
succedere. La follia, il manicomio o la prigione in sé, non producono certamente arte, generano, anzi,
sofferenza, ma in alcuni casi l’opportunità dell’esperienza si lega indissolubilmente all’immaginario artistico, il
contatto con questa realtà dolorosa, e allo stesso tempo autentica e intensa, priva di filtri e ipocrisie,
accende percezioni non ordinarie, diventa Rivelazione che conduce a un tempo infinito, luogo dei sentimenti
percepiti nella loro eternità. Si narra di una suora, che un giorno, mentre spolverava una piccola immagine di
Gesù in una cappella, la urtò e la fece cadere a terra. La monaca la raccolse, si assicurò di non averla
danneggiata, la baciò e la rimise al suo posto dicendo: se non fossi mai caduto, non avresti mai ricevuto
questo bacio.
01
agosto 2017
The Brig
Dal primo agosto al primo ottobre 2017
arte contemporanea
Location
PINACOTECA COMUNALE
Oristano, Via Sant'antonio, 1, (Oristano)
Oristano, Via Sant'antonio, 1, (Oristano)
Orario di apertura
lun-dom 10.00/13.00 – 16.30/20.00
Vernissage
1 Agosto 2017, h 19.30
Autore
Curatore