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The Difference
Nuova mostra della Bit Art Gallery di Londra dal titolo The Difference, a cura di Piero Deggiovanni, un progetto espositivo site specific dedicato agli artisti emergenti della galleria
Comunicato stampa
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Inaugura venerdì 29 gennaio 2010, ore 18.30 presso le Officine Minganti a Bologna, la nuova mostra della Bit Art Gallery dal titolo The Difference, a cura di Piero Deggiovanni, un progetto espositivo site specific dedicato agli artisti emergenti della galleria: Roberta Rose Cavallari, Caterina Curzola, Francesco Di Tillo, Stefano Guerrini, Silvia Venturi. L’evento, che durerà fino al 27 febbraio 2010 e si inserisce nel programma eventi di Arte Fiera Off, è sostenuto da Sofisa S.p.A.
Il tema della differenza, posto al centro dell’intero progetto, e le problematiche e considerazioni che da esso scaturiscono, il diverso modo di concepire e affrontare le diversità, la libera interpretazione di ciò che per ciascuno di noi rappresenta tale concetto, è un argomento di particolare interesse soprattutto oggi, in una società che tende sempre più - soprattutto attraverso i mass media - a stereotipare pensieri e persone, proponendo modelli che si conformano e uniformano sempre più, sfociando, talvolta, in comportamenti di massa che annullano le diversità negandone la forza positiva e costruttiva in esse intrinseca.
The Difference è una mostra collettiva in cui gli artisti esprimono, attraverso un personale percorso creativo, la propria idea di “differenza” adattandola al luogo in cui il loro lavoro viene esposto, in una sorta di dialogo fra il contenitore esterno, in questo caso il Centro Commerciale Officine Minganti, e quello interno, il singolo pensiero e modo di sentire proprio di ciascun soggetto.
Nucleo centrale da cui si è sviluppato l’intero progetto è il video A Hole Can Make A Difference di Roberta Rose Cavallari e Caterina Curzola. Il video rappresenta la progressiva liberazione di una donna dalle costrizioni che ne limitano l’azione e reprimono la soggettività, simbolicamente rappresentate dal un velo che ne copre il volto. La lacerazione che la performer produce, tagliando il velo all’altezza della bocca, è la rappresentazione ideale di un nuovo inizio, il respirare per la prima volta o, forse, nuovamente, in modo autonomo, l’uscire dalle convenzioni e costrizioni, e il distinguersi, in una consapevole affermazione della propria individualità e quindi differenza.
Entrambe le artiste propongono, inoltre, lavori realizzati separatamente, Roberta Rose Cavallari presenta una serie di disegni di grandi dimensioni, riprendendo i contenuti presenti nel video A Hole Can Make A Difference e riaffermandone nuovamente, ma attraverso una espressione artistica diversa - la pittura appunto - l’esigenza di rivendicare la differenza per affermare una soggettività libera di esistere.
Come osservato dal curatore Piero Deggiovanni, il progetto web_hole di Caterina Curzola, pone, invece, il problema della difficoltà della comunicazione interpersonale nell’epoca della massima espansione e diffusione dei mass-media portatili e delle forme di comunicazione in rete. Il progetto si concretizza in una serie di foto ottenute con l’ausilio di una webcam che ritrae persone da tutto il mondo colte nell’atto di urlare e viene così spiegato dall’artista: “Il buco diventa una porta aperta alla comunicazione via web: una bocca che parla, che si sforza di comunicare con il prossimo, che si impegna a veicolare un messaggio che deve arrivare assolutamente, ad ogni costo, anche se lo sforzo risulta eccessivo. Solo così si può rompere quella difficoltà nella comunicazione di tutti i giorni, che oggi si muove soprattutto lungo i cavi telefonici, i software e i cellulari, rendendo possibile contatti tra le persone più disparate.”
Francesco Di Tillo, altro giovane artista presente in mostra, propone invece Aria Fresca, una installazione sonora che diffonde nello spazio del Centro Commerciale Officine Minganti, il suono del vento in loop, creando nel pubblico una sorta di separazione psicologica fra l’ambiente circostante e il suono primordiale e naturale del vento. L’artista ha focalizzato la propria attenzione sull’elemento audio sempre presente nei centri commerciali e identificativo di questi ma che ne è allo stesso tempo elemento secondario e di sottofondo. Nell’ambito dello spazio espositivo in cui si è trovato ad operare, Di Tillo si è lasciato guidare da esso, affermando che “è il contesto che in qualche modo ha scelto il suono e non il contrario” e presentando il suo lavoro come “il tentativo di generare un cortocircuito, un qualcosa che pur non essendo visibile fosse onnipresente ed amplificato”.
Stefano Guerrini, diversamente, parte dalla parola hole (buco) e compie un percorso che lo conduce direttamente e idealmente ad una località geografica amena - la cittadina di Hole, in Norvegia. Così come rileva il curatore Piero Deggiovanni, questa comunità diventa per l’artista il luogo in cui fondare una nuova e differente spiritualità laico-religiosa rappresentata metaforicamente dalla rielaborazione di una locale favola popolare inscenata in una finzione video. L’artista si interroga sul senso della vita e dell’esistenza e sulle risposte, spesso inadeguate, che le religioni, in particolare quelle monoteiste, riescono a dare; tale ricerca si contrappone decisamente allo smarrimento di valori proprio delle società contemporanee.
Il lavoro che, infine, Silvia Venturi, presenta al pubblico è una protuberanza di grandi dimensioni, una forma biomorfa che rappresenta un contenitore uterino, origine di nuova umanità. La sua opera esprime una ricerca che trae origine dalle profondità insite in ciascun essere umano, ricerca che si lega al lavoro degli altri artisti presenti in mostra attraverso la rappresentazione scenica di qualcosa di nascosto, morboso, interno. “E’ una ricerca di profondità, un inabissamento - spiega Silvia Venturi - ma c’è anche una volontà di far dialogare, mettere in contatto l’interno con l’esterno, il trascendente con l’immanente... e allora la mia protuberanza dilaga e invade lo spazio con questo cordone ombelicale - proboscide, per cercare una strada - anche se ancora indefinita.”
Quello che i giovani artisti della Bit Art Gallery, fondata da Umberto Guerini autore del libro The Tip Of An Iceberg, vogliono esprimere attraverso il loro lavoro è la propria indipendenza di pensiero e azione volta ad una ricerca soggettiva, così come afferma il curatore Piero Deggiovanni: “(…) La parola d’ordine è demolire i simulacri attraverso un recuperato esercizio della propria capacità critica e di giudizio. La differenza, allora, non si riferisce più ad una accettazione passiva dell’esserci, ad un depotenziamento del soggetto, ma all’abbandono di questa prospettiva a favore di un soggetto che torni ad essere artefice del proprio destino, propositivo, eticamente anche, e ciò può accadere solo ribaltando l’ordine dei “valori” oggi dominanti in Italia e nel resto del mondo globalizzato”.
Il tema della differenza, posto al centro dell’intero progetto, e le problematiche e considerazioni che da esso scaturiscono, il diverso modo di concepire e affrontare le diversità, la libera interpretazione di ciò che per ciascuno di noi rappresenta tale concetto, è un argomento di particolare interesse soprattutto oggi, in una società che tende sempre più - soprattutto attraverso i mass media - a stereotipare pensieri e persone, proponendo modelli che si conformano e uniformano sempre più, sfociando, talvolta, in comportamenti di massa che annullano le diversità negandone la forza positiva e costruttiva in esse intrinseca.
The Difference è una mostra collettiva in cui gli artisti esprimono, attraverso un personale percorso creativo, la propria idea di “differenza” adattandola al luogo in cui il loro lavoro viene esposto, in una sorta di dialogo fra il contenitore esterno, in questo caso il Centro Commerciale Officine Minganti, e quello interno, il singolo pensiero e modo di sentire proprio di ciascun soggetto.
Nucleo centrale da cui si è sviluppato l’intero progetto è il video A Hole Can Make A Difference di Roberta Rose Cavallari e Caterina Curzola. Il video rappresenta la progressiva liberazione di una donna dalle costrizioni che ne limitano l’azione e reprimono la soggettività, simbolicamente rappresentate dal un velo che ne copre il volto. La lacerazione che la performer produce, tagliando il velo all’altezza della bocca, è la rappresentazione ideale di un nuovo inizio, il respirare per la prima volta o, forse, nuovamente, in modo autonomo, l’uscire dalle convenzioni e costrizioni, e il distinguersi, in una consapevole affermazione della propria individualità e quindi differenza.
Entrambe le artiste propongono, inoltre, lavori realizzati separatamente, Roberta Rose Cavallari presenta una serie di disegni di grandi dimensioni, riprendendo i contenuti presenti nel video A Hole Can Make A Difference e riaffermandone nuovamente, ma attraverso una espressione artistica diversa - la pittura appunto - l’esigenza di rivendicare la differenza per affermare una soggettività libera di esistere.
Come osservato dal curatore Piero Deggiovanni, il progetto web_hole di Caterina Curzola, pone, invece, il problema della difficoltà della comunicazione interpersonale nell’epoca della massima espansione e diffusione dei mass-media portatili e delle forme di comunicazione in rete. Il progetto si concretizza in una serie di foto ottenute con l’ausilio di una webcam che ritrae persone da tutto il mondo colte nell’atto di urlare e viene così spiegato dall’artista: “Il buco diventa una porta aperta alla comunicazione via web: una bocca che parla, che si sforza di comunicare con il prossimo, che si impegna a veicolare un messaggio che deve arrivare assolutamente, ad ogni costo, anche se lo sforzo risulta eccessivo. Solo così si può rompere quella difficoltà nella comunicazione di tutti i giorni, che oggi si muove soprattutto lungo i cavi telefonici, i software e i cellulari, rendendo possibile contatti tra le persone più disparate.”
Francesco Di Tillo, altro giovane artista presente in mostra, propone invece Aria Fresca, una installazione sonora che diffonde nello spazio del Centro Commerciale Officine Minganti, il suono del vento in loop, creando nel pubblico una sorta di separazione psicologica fra l’ambiente circostante e il suono primordiale e naturale del vento. L’artista ha focalizzato la propria attenzione sull’elemento audio sempre presente nei centri commerciali e identificativo di questi ma che ne è allo stesso tempo elemento secondario e di sottofondo. Nell’ambito dello spazio espositivo in cui si è trovato ad operare, Di Tillo si è lasciato guidare da esso, affermando che “è il contesto che in qualche modo ha scelto il suono e non il contrario” e presentando il suo lavoro come “il tentativo di generare un cortocircuito, un qualcosa che pur non essendo visibile fosse onnipresente ed amplificato”.
Stefano Guerrini, diversamente, parte dalla parola hole (buco) e compie un percorso che lo conduce direttamente e idealmente ad una località geografica amena - la cittadina di Hole, in Norvegia. Così come rileva il curatore Piero Deggiovanni, questa comunità diventa per l’artista il luogo in cui fondare una nuova e differente spiritualità laico-religiosa rappresentata metaforicamente dalla rielaborazione di una locale favola popolare inscenata in una finzione video. L’artista si interroga sul senso della vita e dell’esistenza e sulle risposte, spesso inadeguate, che le religioni, in particolare quelle monoteiste, riescono a dare; tale ricerca si contrappone decisamente allo smarrimento di valori proprio delle società contemporanee.
Il lavoro che, infine, Silvia Venturi, presenta al pubblico è una protuberanza di grandi dimensioni, una forma biomorfa che rappresenta un contenitore uterino, origine di nuova umanità. La sua opera esprime una ricerca che trae origine dalle profondità insite in ciascun essere umano, ricerca che si lega al lavoro degli altri artisti presenti in mostra attraverso la rappresentazione scenica di qualcosa di nascosto, morboso, interno. “E’ una ricerca di profondità, un inabissamento - spiega Silvia Venturi - ma c’è anche una volontà di far dialogare, mettere in contatto l’interno con l’esterno, il trascendente con l’immanente... e allora la mia protuberanza dilaga e invade lo spazio con questo cordone ombelicale - proboscide, per cercare una strada - anche se ancora indefinita.”
Quello che i giovani artisti della Bit Art Gallery, fondata da Umberto Guerini autore del libro The Tip Of An Iceberg, vogliono esprimere attraverso il loro lavoro è la propria indipendenza di pensiero e azione volta ad una ricerca soggettiva, così come afferma il curatore Piero Deggiovanni: “(…) La parola d’ordine è demolire i simulacri attraverso un recuperato esercizio della propria capacità critica e di giudizio. La differenza, allora, non si riferisce più ad una accettazione passiva dell’esserci, ad un depotenziamento del soggetto, ma all’abbandono di questa prospettiva a favore di un soggetto che torni ad essere artefice del proprio destino, propositivo, eticamente anche, e ciò può accadere solo ribaltando l’ordine dei “valori” oggi dominanti in Italia e nel resto del mondo globalizzato”.
29
gennaio 2010
The Difference
Dal 29 gennaio al 27 febbraio 2010
arte contemporanea
Location
CENTRO COMMERCIALE OFFICINE MINGANTI
Bologna, Via Della Liberazione, 15, (Bologna)
Bologna, Via Della Liberazione, 15, (Bologna)
Vernissage
29 Gennaio 2010, ore 18.30
Sito web
www.bitartgallery.com
Editore
CHRISTIAN MARETTI
Ufficio stampa
STUDIO PESCI
Autore
Curatore