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The GAM Underground Project – Ian Kiaer
Il ciclo inizia con una mostra che intende essere uno ‘statement’ per l’intero progetto. La personale di Ian Kiaer offre l’occasione per presentare tutta l’ambigua forza dell’influenza modernista tanto nella sua politica carica utopica, quanto nel suo visionario languore decadente. L’esposizione nasce da un lavoro di stretta collaborazione tra artista e curatore. L’ampio spazio espositivo è stato pensato come luogo di riarticolazione e dialogo di un insieme di opere realizzate nell’arco di dieci anni di ricerca.
Comunicato stampa
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The GAM Underground Project
L’Underground è connessione sotterranea di idee e immagini, è un’evocazione e insieme una possibile maquette di architetture filosofiche che nel passaggio coperto alla Benjamin, nei percorsi che attraversano il sottosuolo, hanno individuato un procedere che è un’attitudine eternamente contemporanea, capace di ripensare le curve del tempo oltre le nostre consuetudini teleologiche. È una mappatura, non di nomi e opere, ma di passaggi concettuali, di nervature e soglie e riflessi che la storia dell’arte proietta sul suo presente.
Underground è tutto ciò di cui il tempo non ha potuto cancellare l’urgenza e la necessità iniziale
The GAM Underground Project è un luogo e una ricerca dove analisi e sperimentazione intrecciano i loro cammini.
Non è una project room, è un vero e proprio spazio museale che la GAM di Torino offre all’espressione e allo studio dell’arte contemporanea attraverso un ciclo di mostre personali e collettive e una collana di cataloghi e libri d’artista.
Il ciclo espositivo indagherà l’arte contemporanea nella sua ambivalente relazione con la cultura del secolo passato, con la complessità delle istanze moderniste, tanto quelle di schietta ascendenza razionalista, quanto quelle più esplicitamente o sotterraneamente visionarie e surreali.
Si intende affondare il proprio sguardo nell’intreccio e nella connessione dell’apparentemente opposto per restituire al concetto di contemporaneo tutta la ricchezza del proprio significato, la complessità di cui si compone e il suo sussistere oltre ogni possibile schema di diacronicità temporale. Significa riconoscere che nella storia dell’arte quanto nella cultura del nostro tempo non tutto ciò che è opposto è distante e che il lineare susseguirsi di reazioni e risposte estetiche, stilistiche e concettuali, che la storia dell’arte racconta come chiuse perle infilate su un filo, hanno più spesso che non si creda animato la profondità e la complessità di unico presente.
Il ciclo inizia con una mostra che intende essere uno ‘statement’ per l’intero progetto. La personale di Ian Kiaer offre l’occasione per presentare tutta l’ambigua forza dell’influenza modernista tanto nella sua politica carica utopica, quanto nel suo visionario languore decadente. Il tema dell’attiva progettazione del nuovo e del futuro si intreccia nell’opera dell’artista con quelli di un pensiero architettonico che è sul limite del compiacimento per il proprio esilio, per la propria separatezza dal mondo, in cui l’idea di futuro sembra trascorrere nella sfera del passato, avviluppata in nostalgiche cromie.
La GAM di Torino presenta la prima grande mostra dedicata al lavoro di Ian Kiaer nel suo complesso.
L’esposizione nasce da un lavoro di stretta collaborazione tra artista e curatore. L’ampio spazio espositivo è stato pensato come luogo di riarticolazione e dialogo di un insieme di opere realizzate nell’arco di dieci anni di ricerca.
Tale scelta rispecchia due aspetti fondamentali del linguaggio proprio di Kiaer.
Il tessuto delle sue installazioni è composto di un ampio e preciso ordinamento dello spazio tra gli oggetti, si è pertanto voluto regolare la mostra nel suo complesso secondo il ritmo di respiro spaziale interno alle opere stesse, come ne fosse una naturale estroflessione.
Tutti i singoli lavori di Kiaer sono parte di alcuni progetti in continuo divenire a cui l’artista ha dato inizio nel corso del tempo per tornarvi in riprese successive, aggiungendo di volta in volta nuove opere e aprendo nuovi percorsi al loro interno. Questa mostra diviene dunque l’occasione per presentare nella loro unità non finita alcuni di questi progetti, ricongiungendo lavori che sono nati talvolta a distanza di anni, ma che discendono dallo stesso ceppo di riferimenti concettuali ed estetici, dalla suggestione di un medesimo sogno architettonico e urbanistico, da una stessa utopia o dalla forza pittorica di un’unica immagine.
Il Bruegel project è il primo dei tre grandi nuclei di lavoro che l’esposizione presenta.
Muove da alcune istanze narrative che vedono le prime ricerche di Kiaer nascere come omaggio ed evocazione di una cultura cinematografica che è insieme consapevolmente, esplicitamente pittorica.
Ad introdurre la mostra è un’opera Sans Soleil del 1999, che introduce al percorso attraverso un piccolo cannocchiale di citazioni visive. L’opera è infatti memoria di una scena drammatica dell’omonimo film di Chris Marker che a sua volta in quel lavoro, animato di continui slittamenti geografici, dà nome di La Zona al proprio spazio di ricordo per rendere esplicito omaggio al film Stalker di Andrei Tarkovsky. L’intero Bruegel project proviene dalla suggestione pittorica di un altro film di Tarkovsky, Solaris. Alcune opere che lo compongono portano al loro interno l’impalpabile silhouette di un uccello in volo, un piccolo dettaglio tratto da un’opera di Peter Breugel “Cacciatori nella neve.” Tarkovsky in Solaris aveva reso omaggio a questo dipinto. Scrive Ian Kiaer: “La cinepresa entra all’interno del dipinto e scivola sulla verde distesa dei laghi. La natura cinematografica del dipinto, che rientra nel genere del panorama, è stato utilizzato dal regista per rappresentare come possa apparire l’abitare sulla superficie terrestre dal punto di vista della stazione spaziale Solaris.”
In questo nucleo di lavori Kiaer mette a fuoco una delle proprie intuizioni fondamentali, lo stretto rapporto esistente tra architettura e paesaggio come se entrambi esistessero per riflettere sulla natura dell’altro attraverso una continua indagine.
Ulchiro project è il secondo grande nucleo espositivo. Prende il nome dall’area del mercato nella città di Seul. La zona negli ultimi anni ha subito un sensibile cambiamento che rispecchia quasi in modo paradigmatico l’utilizzo di forme standardizzate di architetture moderniste, di volta in volta declinate secondo l’esigenza e la più spicciola funzionalità. Lo spazio in continua modificazione e accrescimento, del quartiere di Seul quanto del rispettivo progetto di Kiaer, si compone di un’architettura fatta di segni grafici, narrativi e culturali più ancora che schiettamente architettonici. I fonts pubblicitari, i sacchetti per la spazzatura con il simbolo del quartiere dialogano con maquettes degli edifici, con modellini di architetture teoriche, con filtri cromatici cristallizzati in dipinti la cui funzione di aperture spaziali tanto quanto di soglie della memoria proviene per linea diretta dal ripensamento della veduta cinematografica e pittorica di Breugel project.
Attorno a Erdrindenbau project si accorpa il terzo nucleo di lavori che pone in evidenza una volta di più l’attitudine, sia di Kiaer sia dell’Underground Project della GAM, di muoversi per connessioni di idee, attraverso reti di riferimenti culturali. L’intero progetto si ispira infatti al pensiero architettonico di Paul Scheerbart ma attraverso la lente di affetto e memoria dello sguardo di un altro architetto visionario: Bruno Taut. Entrambi avevano lavorato alla creazione di architetture strutturate sulla forza spaziale che si sprigiona nell’uso di vetrate colorate. Il titolo Erdrindenbau (letteralmente: costruzione della superficie terrestre) proviene, scrive Kiaer, “da un romanzo del 1901 scritto da Paul Scheerbart “The Sea serpent” in cui l’autore tiene una conversazione notturna sulla struttura della terra e in particolare su come sia necessario che la superficie terrestre sia in armonia con gli altri corpi del sistema solare. È un’idea folle e lo stesso Taut sviluppò questo interesse attraverso una forte influenza del pensiero di un mistico russo, Fedorov, proprio nel periodo in cui realizzò i disegni della sua Alpine Architecture, una creazione di stupefacenti strutture cristalline intese come superfici di rispecchiamento delle montagne tutt’attorno. Questo tema mi consente di tornare su altri progetti che ho sviluppato in passato, come quello legato alle architetture sferiche di Ledoux per la pianificazione della città ideale di Chaux, o quello delle idee di architettura gonfiabile dell’Archigram, entrambi legati al corpo e alla terra in modo schiettamente visionario.
Erdrindenbau è una sorta di immaginario memoriale di Scheerbart fatto dall’amico Taut.”
Alcuni ambienti che si dipartono dalla struttura unitaria dello spazio espositivo, caratterizzati da dimensioni più ristrette vicino alla misura della stanza, ospitano, come piccoli satelliti, alcuni esempi di progetti diversi, ma fortemente collegati con i tre principali per ispirazione e discendenza teorica. Vi si presentano Endless Theatre Project / ledoux: House of Agricultural Guards (white), 2003 e lo Stehlin project del 2007 e infine torna alla fine della mostra un ulteriore pezzo del Bruegel project, con il lavoro dedicato a Kenzo Tange e alla sua architettura in volo, una installazione che si compone di elementi che sembrano fluttuare nello spazio attorno ad un piccolo modellino di cartone dell’edificio giapponese di Tange che Chris Marker mostra nelle sue riprese di Sans soleil, a chiudere così il cerchio del percorso espositivo.
In occasione della mostra presso la GAM di Torino Ian Kiaer produrrà un nuovo lavoro.
23
ottobre 2009
The GAM Underground Project – Ian Kiaer
Dal 23 ottobre 2009 al 31 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
GAM – GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Torino, Via Magenta, 31, (Torino)
Torino, Via Magenta, 31, (Torino)
Biglietti
€ 7,50 ridotto € 6,00
Orario di apertura
martedì - domenica 10-18 chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima.
Vernissage
23 Ottobre 2009, ore 18.30
Autore
Curatore