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The new edge of contemporary art
Marzia Frozen è lieta di annunciare la mostra collettiva di una nuova generazione di pittori emergenti: l’esposizione avrà luogo presso la Torre Ennagonale di Santo Stefano al Mare, e sarà caratterizzata da un’ampia selezione dei più recenti lavori di tali artisti.
Comunicato stampa
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Marzia Frozen è lieta di annunciare la mostra collettiva di una nuova generazione di pittori emergenti: l’esposizione avrà luogo presso la Torre Ennagonale di Santo Stefano al Mare, e sarà caratterizzata da un’ampia selezione dei più recenti lavori di tali artisti.
Dopo l’importante retrospettiva su Francis Bacon ospitata quest’anno al MET di New York, ecco una nuova esposizione ispirata all’opera di uno dei pittori indubbiamente più famosi del XX secolo: un’ulteriore conferma dell’enorme potere di attrazione e del fascino che la pittura esercita ancora oggi sul pubblico, vale a dire di quel desiderio di osservare e conoscere ogni aspetto dell’atto, delle tecniche e del talento del dipingere che anima tutti gli appassionati dell’arte del pennello.
Alcuni di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere Bacon –a volte persino gli amici stessi– lo hanno variamente definito “diavolo”, “prostituta”, “uno dei primi alcolizzati al mondo”, sino a “orco pieno di bile”, “mostro sacro” e addirittura “sodomita ubriaco e svanito che di notte si aggira fra i più miseri sobborghi e le tane da gioco di Soho”. Nella realtà Bacon non era migliore di come lo descrivevano, egli stesso si definiva “macchina abrasiva” e “marcio nell’intimo”; tali giudizi su di lui non hanno comunque allontanato gli ammiratori, né trattenuto i critici dal considerarlo come il più grande pittore al mondo e persino il migliore dopo Turner. Senza risparmiare le iperboli, Robert Hughes ha scritto di lui: «Questo pittore della sodomia, del sadismo, del terrore e del rigurgito di morte è emerso come il più duro, l’artista più implacabile e lirico della fine del XX secolo in Inghilterra, forse in tutto il mondo».
Nell’aprile 1945 alcuni episodi di inimmaginabile orrore si sono verificati quasi contemporaneamente nei Paesi coinvolti nel secondo conflitto mondiale: l’esecuzione di Mussolini e l’esposizione del suo stesso cadavere in Piazzale Loreto a Milano, il suicidio di Hitler, la morte di Roosevelt e la rivelazione degli orrori di Buchenwald e Bergen-Belsen. Allora 35enne, Bacon esibiva un’arte pittorica che ancora oggi mette i brividi: Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion è un trittico che riproduce esseri urlanti, deformi e simili alle mitologiche Arpie; all’interno dell’opera compaiono fugaci indizi di realismo, ma questi deliranti visitatori del mondo sotterraneo appartengono per lo più all’universo dell’immaginario e dell’istinto animale. Come un lamento per i vivi e i morti, quasi una violenta rivincita su traumi personali, la pittura di Bacon trasuda una venefica forza visionaria, tanto che i critici ne sono rimasti sconvolti e intimoriti: «Immagini così irrimediabilmente terribili che la mente si arresta come bloccata» - ha scritto John Russell osservando per la prima volta Three Studies - «Non ci sono parole per definirle, né per descrivere cosa abbiamo provato» (anni dopo, nel 1953, la Tate Gallery si dovrà convincere ad accettare in dono il dipinto).
Bacon aveva aperto una nuova via e, con enorme popolarità, continuò sulla stessa linea per circa 15 anni; a partire dal 1946 Painting (acquistato dal MOMA per £ 280), fu una rivelazione ancora più sconvolgente: in questo capolavoro di coagulazione del colore, una figura antropomorfa dal ghigno terrificante –della quale è visibile soltanto la parte inferiore del volto- è intrappolata entro la carcassa spalancata di un bovino e in ciò che appare come il basamento di un moderno totem, mentre un ombrello si apre al di sopra della sua testa. Qui Bacon punta su molti dei temi, delle tecniche e degli interessi formali che lo occuperanno lungo tutto il corso della vita: l’uomo, l’animale e la fusione della carne; non esiste narrazione, solo evocazione di forze maligne ed oscure. Così come con le innumerevoli raffigurazioni posteriori, Bacon isola questa in particolare all’interno di un recinto al centro della tela: lo spazio pare allucinato, minaccioso, tetro e profondo. Più di tutto, la pittura è fisica e coagulata in modo quasi viscerale, spalmata e ripulita, applicata con stracci, dita e spazzole o direttamente dai tubetti di colore; gli intensi lilla, rosa e magenta moltiplicano l’effetto. Nel giro di pochi anni, Bacon inizierà ad accostare grandi superfici di arancione, albicocca e rosso, stesi senza interruzione. Alcuni di questi colori risultano talmente intensi e attuali che mantengono in vita anche gli aspetti più negativi della sua opera.
In passato, tutte le forme artistiche erano rispettate e tenute in grande considerazione; eppure, nella moderna società ad alta tecnologia, siamo letteralmente consumati dai media e dalla disinvoltura del loro linguaggio frenetico: la fotografia e la serie infinita dei mezzi digitali di comunicazione sembrano trasmettere al mondo intero il messaggio che le primitive forme d’arte, quali appunto la pittura, siano ormai obsolete e indegne di un significativo riconoscimento. E’ stato detto più volte «un’immagine vale mille parole», affermazione con la quale preferirei sentirmi in disaccordo: nel mio modo di pensare, espressioni artistiche quali la pittura valgono più di una fotografia e possono davvero racchiudere più significato di mille parole.
La fotografia può essere una più efficace e ragionevolmente più economica alternativa al disegno o alla pittura, ma all’interno di un dipinto convergono molti più pensieri e sentimenti; la fotografia è anche una tecnica relativamente semplice rispetto a quella pittorica, assai più complessa: con essa, la composizione risulta già completamente organizzata mentre per un dipinto il soggetto è molto più aperto all’interpretazione dell’artista. Quest’ultimo deve possedere più abilità nel catturare le emozioni, la sensibilità e il significato intrinseco di un evento per applicare tale guida al proprio pennello nell’atto della creazione dell’opera.
In conclusione, un’immagine può o non può essere “degna di mille parole”: quando si tratta di una fotografia, l’impressione di realtà è raggiunta in quanto i colori, il formato e i dettagli della composizione sono essi stessi reali. Molto vi sarebbe da dire riguardo ad una fotografia, tuttavia c’è sempre qualcosa che in essa risulta trascurato: l’anello mancante è proprio ciò che ispira un artista nel dar vita ad un capolavoro solamente servendosi di un pennello e di una tela vuota; innumerevoli ore vengono spese a meditare sull’uso dei colori, della pennellata e del particolare da attribuire al singolo oggetto. Poi, l’emozione prende il sopravvento e l’artista tenta disperatamente di far convergere tutti i propri pensieri e sentimenti in un semplice dipinto; infine, dopo che egli ha messo in gioco tutto se stesso nel proprio capolavoro, resta solo una cosa da fare: sperare che la propria opera ispiri e provochi pensieri tali da sollevare una discussione sulle sue stesse percezioni.
Il nuovo secolo sta apportando molteplici innovazioni alla tecnica pittorica: gli artisti ancora cercano nuovi approcci con i media e questa mostra fornisce un piccolo saggio del volto moderno della pittura contemporanea all’inizio del XXI secolo.
Dopo l’importante retrospettiva su Francis Bacon ospitata quest’anno al MET di New York, ecco una nuova esposizione ispirata all’opera di uno dei pittori indubbiamente più famosi del XX secolo: un’ulteriore conferma dell’enorme potere di attrazione e del fascino che la pittura esercita ancora oggi sul pubblico, vale a dire di quel desiderio di osservare e conoscere ogni aspetto dell’atto, delle tecniche e del talento del dipingere che anima tutti gli appassionati dell’arte del pennello.
Alcuni di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere Bacon –a volte persino gli amici stessi– lo hanno variamente definito “diavolo”, “prostituta”, “uno dei primi alcolizzati al mondo”, sino a “orco pieno di bile”, “mostro sacro” e addirittura “sodomita ubriaco e svanito che di notte si aggira fra i più miseri sobborghi e le tane da gioco di Soho”. Nella realtà Bacon non era migliore di come lo descrivevano, egli stesso si definiva “macchina abrasiva” e “marcio nell’intimo”; tali giudizi su di lui non hanno comunque allontanato gli ammiratori, né trattenuto i critici dal considerarlo come il più grande pittore al mondo e persino il migliore dopo Turner. Senza risparmiare le iperboli, Robert Hughes ha scritto di lui: «Questo pittore della sodomia, del sadismo, del terrore e del rigurgito di morte è emerso come il più duro, l’artista più implacabile e lirico della fine del XX secolo in Inghilterra, forse in tutto il mondo».
Nell’aprile 1945 alcuni episodi di inimmaginabile orrore si sono verificati quasi contemporaneamente nei Paesi coinvolti nel secondo conflitto mondiale: l’esecuzione di Mussolini e l’esposizione del suo stesso cadavere in Piazzale Loreto a Milano, il suicidio di Hitler, la morte di Roosevelt e la rivelazione degli orrori di Buchenwald e Bergen-Belsen. Allora 35enne, Bacon esibiva un’arte pittorica che ancora oggi mette i brividi: Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion è un trittico che riproduce esseri urlanti, deformi e simili alle mitologiche Arpie; all’interno dell’opera compaiono fugaci indizi di realismo, ma questi deliranti visitatori del mondo sotterraneo appartengono per lo più all’universo dell’immaginario e dell’istinto animale. Come un lamento per i vivi e i morti, quasi una violenta rivincita su traumi personali, la pittura di Bacon trasuda una venefica forza visionaria, tanto che i critici ne sono rimasti sconvolti e intimoriti: «Immagini così irrimediabilmente terribili che la mente si arresta come bloccata» - ha scritto John Russell osservando per la prima volta Three Studies - «Non ci sono parole per definirle, né per descrivere cosa abbiamo provato» (anni dopo, nel 1953, la Tate Gallery si dovrà convincere ad accettare in dono il dipinto).
Bacon aveva aperto una nuova via e, con enorme popolarità, continuò sulla stessa linea per circa 15 anni; a partire dal 1946 Painting (acquistato dal MOMA per £ 280), fu una rivelazione ancora più sconvolgente: in questo capolavoro di coagulazione del colore, una figura antropomorfa dal ghigno terrificante –della quale è visibile soltanto la parte inferiore del volto- è intrappolata entro la carcassa spalancata di un bovino e in ciò che appare come il basamento di un moderno totem, mentre un ombrello si apre al di sopra della sua testa. Qui Bacon punta su molti dei temi, delle tecniche e degli interessi formali che lo occuperanno lungo tutto il corso della vita: l’uomo, l’animale e la fusione della carne; non esiste narrazione, solo evocazione di forze maligne ed oscure. Così come con le innumerevoli raffigurazioni posteriori, Bacon isola questa in particolare all’interno di un recinto al centro della tela: lo spazio pare allucinato, minaccioso, tetro e profondo. Più di tutto, la pittura è fisica e coagulata in modo quasi viscerale, spalmata e ripulita, applicata con stracci, dita e spazzole o direttamente dai tubetti di colore; gli intensi lilla, rosa e magenta moltiplicano l’effetto. Nel giro di pochi anni, Bacon inizierà ad accostare grandi superfici di arancione, albicocca e rosso, stesi senza interruzione. Alcuni di questi colori risultano talmente intensi e attuali che mantengono in vita anche gli aspetti più negativi della sua opera.
In passato, tutte le forme artistiche erano rispettate e tenute in grande considerazione; eppure, nella moderna società ad alta tecnologia, siamo letteralmente consumati dai media e dalla disinvoltura del loro linguaggio frenetico: la fotografia e la serie infinita dei mezzi digitali di comunicazione sembrano trasmettere al mondo intero il messaggio che le primitive forme d’arte, quali appunto la pittura, siano ormai obsolete e indegne di un significativo riconoscimento. E’ stato detto più volte «un’immagine vale mille parole», affermazione con la quale preferirei sentirmi in disaccordo: nel mio modo di pensare, espressioni artistiche quali la pittura valgono più di una fotografia e possono davvero racchiudere più significato di mille parole.
La fotografia può essere una più efficace e ragionevolmente più economica alternativa al disegno o alla pittura, ma all’interno di un dipinto convergono molti più pensieri e sentimenti; la fotografia è anche una tecnica relativamente semplice rispetto a quella pittorica, assai più complessa: con essa, la composizione risulta già completamente organizzata mentre per un dipinto il soggetto è molto più aperto all’interpretazione dell’artista. Quest’ultimo deve possedere più abilità nel catturare le emozioni, la sensibilità e il significato intrinseco di un evento per applicare tale guida al proprio pennello nell’atto della creazione dell’opera.
In conclusione, un’immagine può o non può essere “degna di mille parole”: quando si tratta di una fotografia, l’impressione di realtà è raggiunta in quanto i colori, il formato e i dettagli della composizione sono essi stessi reali. Molto vi sarebbe da dire riguardo ad una fotografia, tuttavia c’è sempre qualcosa che in essa risulta trascurato: l’anello mancante è proprio ciò che ispira un artista nel dar vita ad un capolavoro solamente servendosi di un pennello e di una tela vuota; innumerevoli ore vengono spese a meditare sull’uso dei colori, della pennellata e del particolare da attribuire al singolo oggetto. Poi, l’emozione prende il sopravvento e l’artista tenta disperatamente di far convergere tutti i propri pensieri e sentimenti in un semplice dipinto; infine, dopo che egli ha messo in gioco tutto se stesso nel proprio capolavoro, resta solo una cosa da fare: sperare che la propria opera ispiri e provochi pensieri tali da sollevare una discussione sulle sue stesse percezioni.
Il nuovo secolo sta apportando molteplici innovazioni alla tecnica pittorica: gli artisti ancora cercano nuovi approcci con i media e questa mostra fornisce un piccolo saggio del volto moderno della pittura contemporanea all’inizio del XXI secolo.
26
settembre 2009
The new edge of contemporary art
Dal 26 settembre al 12 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
TORRE ENNAGONALE
Santo Stefano Al Mare, Piazza Baden-Powell, (Imperia)
Santo Stefano Al Mare, Piazza Baden-Powell, (Imperia)
Orario di apertura
Tutti giorni dalle 16 fino 20
Vernissage
26 Settembre 2009, ore 18
Sito web
marziafrozen.webs.com
Autore
Curatore