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Tibet Mistero e Luce. La cultura dell’altipiano
Filosofia e arte in 500 pezzi unici dal Tibet
Comunicato stampa
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La mostra “Tibet: mistero e luce” la cultura dell’altipiano, che si inaugura il 26 marzo alle 17,30 per protrarsi fino al 14 maggio, offrirà al pubblico la possibilità di accostarsi al fascino di un mondo lontano. Il Tibet rappresenta il centro tradizionale del buddhismo tibetano, una forma distintiva del buddismo Vajrayana. Il buddismo tibetano è praticato anche in Mongolia e largamente praticato dai buryat nella Siberia meridionale, nel Buthan e nel Ladak. Presso le popolazioni tibetane, specie nelle regioni nord-orientali, è ancora largamente praticato lo sciamanesimo pagano pre-buddhista, conosciuto come religione Bön.
I pezzi esposti fanno parte della Collezione privata più vasta e più importante d’Europa, i cinquecento antichi oggetti tibetani appartengono al Prof. Enrico Dellacà raccontano il mistero e la luce del Tibet.
Il termine arte tibetana fa riferimento all’arte del Tibet e di altri regni dell’Himalaya, presenti e passati (il Buthan, il Ladak, il Nepal e il Sikkim). L’arte tibetana è prima di tutto una forma di arte sacra, il che rivela l’influenza del buddismo su queste culture.
Gli oltre 500 pezzi rappresentano quindi un’occasione unica per conoscere, attraverso antichi oggetti rituali, una cultura millenaria, misteriosa e lontana, la cui dimensione filosofica si distingue nettamente dalla nostra.
Tra di preziosi oggetti esposti spiccano il Buddha importato mille anni fa da Atisha, il maestro indiano che introdusse il buddismo in Tibet. Si tratta di una statua in legno di teck di notevole finezza stilistica. Accanto alle statue, i tamburi sciamanici pre-buddhisti di area himalayana. Affascinanti i purbha, elaborati coltelli in oro e argento impreziositi da topazi, coralli e turchesi, usati tradizionalmente contro le forze del male. Quanto ai drigu, anche il loro carico simbolico è potente; sono taglieri che servono a spezzare l’attaccamento e l’ignoranza che ci portano a non capire la realtà dei fenomeni, a diventare preda di preconcetti, pregiudizi e condizionamenti.
E poi ancora i tamburi dei riti tantrici, le conchiglie himalayane, gli strumenti musicali, tutti tesori e testimonianze de millenaria saggezza che ci parlano di una cultura completamente permeata di filosofia. Così come ci parlano i crani dei grandi maestri (essiccati, rivestiti con lamine di metallo pregiato, intarsiati di pietre preziose), ricordandoci che la base della filosofia buddista è “l’impermanenza”, la transitorietà di ogni fenomeno ed evento. Una sorta di memento mori, che il più delle volte può essere una sorta di lezione utile per noi occidentali.
Di grande rilievo scientifico sono poi i crani fossili di due scimmie, risalenti a dieci milioni di anni fa. I tibetani, dopo averli istoriati con simboli di buon auspicio, li hanno custoditi scrupolosamente, convinti (molto prima del nostro Darwin) di discendere da loro.
A curare la mostra è il Prof. Enrico Dellacà, autore di “Mente, luce, vuoto, realtà, sogno”, il catalogo che potrà essere acquisito dai visitatori in cambio di un’offerta nominale destinata a 400 bambini tibetani esuli, che attualmente si trovano nel Monastero di Ganden, in India..
Il catalogo dei rari oggetti tibetani esposti in mostra costituisce un’occasione di beneficenza ma è anche un valido compendio per la comprensione dei magnifici pezzi esposti e una sintesi della filosofia della mente secondo la dottrina del buddismi tibetano. Introduce infatti alle tecniche di meditazione e di visualizzazione che hanno come fine funzionale il raggiungimento della consapevolezza e della pace interiore.
L’inaugurazione della mostra avrà luogo alla presenza del Soprintendente Gabriele Tola, dell’Arcivescovo Mons. Paolo Atzei che insieme al Sindaco Gianfranco Ganau accoglierà i Lama invitati per la cerimonia.
Sabato 27 marzo e domenica 28 marzo la mostra resterà aperta al pubblico, rispettando i seguenti orari: mattina ore 10:00 – 13:00 / pomeriggio ore 16:00 – 19:00.
Sabato 27 marzo i Lama costruiranno un Mandala di sabbie colorate e domenica 28 avverrà la dissoluzione del Mandala, esempio illuminante di arte rituale ed effimera, con consegna delle sabbie benaugurali ai presenti. Lunedì 29 i Lama si intratterranno con gli studenti dell’Istituto d’Arte di Sassari, insegnando loro le antiche tecniche del Màndala. Questa antichissima forma d’arte (dal sanscrito mandala, letteralmente “essenza” manda- + “possedere” o”contenere” -la, tradotto anche spesso anche come “cerchio-cinconferenza” o “ciclo”), rappresenta, secondo i buddhisti, il processo attraverso il quale l’universo si è formato a partire dal suo centro. Grazie a un simbolismo articolato e complesso, il Mandala consente una sorta di viaggio iniziatico di crescita interiore al termine del quale il Mandala stesso viene distrutto spazzando via la sabbia di cui è composto e ricordando la caducità di tute le cose e contemporaneamente la loro rinascita.
La mostra “Tibet mistero e luce”, resa possibile grazie al contributo della Fondazione Banco di Sardegna e del Comune di Sassari, si propone di offrire al pubblico non solo un percorso artistico di sicuro interesse e carico di fascino, ma anche un evento irripetibile, un momento unico di incontro tra culture filosofiche diverse: quella orientale, lontana, misteriosa, legata al concetto di perenne trasformazione e la cultura occidentale, tanto connessa al bisogno di certezze.
La mostra si protrarrà fino al 14 maggio, rispettando i seguenti orari di apertura al pubblico:
lunedì – venerdì, ore 9:00 – 13:00 / martedì pomeriggio ore 15:00 – 17:00.
Alma Casula
Laura Uzzanu
I pezzi esposti fanno parte della Collezione privata più vasta e più importante d’Europa, i cinquecento antichi oggetti tibetani appartengono al Prof. Enrico Dellacà raccontano il mistero e la luce del Tibet.
Il termine arte tibetana fa riferimento all’arte del Tibet e di altri regni dell’Himalaya, presenti e passati (il Buthan, il Ladak, il Nepal e il Sikkim). L’arte tibetana è prima di tutto una forma di arte sacra, il che rivela l’influenza del buddismo su queste culture.
Gli oltre 500 pezzi rappresentano quindi un’occasione unica per conoscere, attraverso antichi oggetti rituali, una cultura millenaria, misteriosa e lontana, la cui dimensione filosofica si distingue nettamente dalla nostra.
Tra di preziosi oggetti esposti spiccano il Buddha importato mille anni fa da Atisha, il maestro indiano che introdusse il buddismo in Tibet. Si tratta di una statua in legno di teck di notevole finezza stilistica. Accanto alle statue, i tamburi sciamanici pre-buddhisti di area himalayana. Affascinanti i purbha, elaborati coltelli in oro e argento impreziositi da topazi, coralli e turchesi, usati tradizionalmente contro le forze del male. Quanto ai drigu, anche il loro carico simbolico è potente; sono taglieri che servono a spezzare l’attaccamento e l’ignoranza che ci portano a non capire la realtà dei fenomeni, a diventare preda di preconcetti, pregiudizi e condizionamenti.
E poi ancora i tamburi dei riti tantrici, le conchiglie himalayane, gli strumenti musicali, tutti tesori e testimonianze de millenaria saggezza che ci parlano di una cultura completamente permeata di filosofia. Così come ci parlano i crani dei grandi maestri (essiccati, rivestiti con lamine di metallo pregiato, intarsiati di pietre preziose), ricordandoci che la base della filosofia buddista è “l’impermanenza”, la transitorietà di ogni fenomeno ed evento. Una sorta di memento mori, che il più delle volte può essere una sorta di lezione utile per noi occidentali.
Di grande rilievo scientifico sono poi i crani fossili di due scimmie, risalenti a dieci milioni di anni fa. I tibetani, dopo averli istoriati con simboli di buon auspicio, li hanno custoditi scrupolosamente, convinti (molto prima del nostro Darwin) di discendere da loro.
A curare la mostra è il Prof. Enrico Dellacà, autore di “Mente, luce, vuoto, realtà, sogno”, il catalogo che potrà essere acquisito dai visitatori in cambio di un’offerta nominale destinata a 400 bambini tibetani esuli, che attualmente si trovano nel Monastero di Ganden, in India..
Il catalogo dei rari oggetti tibetani esposti in mostra costituisce un’occasione di beneficenza ma è anche un valido compendio per la comprensione dei magnifici pezzi esposti e una sintesi della filosofia della mente secondo la dottrina del buddismi tibetano. Introduce infatti alle tecniche di meditazione e di visualizzazione che hanno come fine funzionale il raggiungimento della consapevolezza e della pace interiore.
L’inaugurazione della mostra avrà luogo alla presenza del Soprintendente Gabriele Tola, dell’Arcivescovo Mons. Paolo Atzei che insieme al Sindaco Gianfranco Ganau accoglierà i Lama invitati per la cerimonia.
Sabato 27 marzo e domenica 28 marzo la mostra resterà aperta al pubblico, rispettando i seguenti orari: mattina ore 10:00 – 13:00 / pomeriggio ore 16:00 – 19:00.
Sabato 27 marzo i Lama costruiranno un Mandala di sabbie colorate e domenica 28 avverrà la dissoluzione del Mandala, esempio illuminante di arte rituale ed effimera, con consegna delle sabbie benaugurali ai presenti. Lunedì 29 i Lama si intratterranno con gli studenti dell’Istituto d’Arte di Sassari, insegnando loro le antiche tecniche del Màndala. Questa antichissima forma d’arte (dal sanscrito mandala, letteralmente “essenza” manda- + “possedere” o”contenere” -la, tradotto anche spesso anche come “cerchio-cinconferenza” o “ciclo”), rappresenta, secondo i buddhisti, il processo attraverso il quale l’universo si è formato a partire dal suo centro. Grazie a un simbolismo articolato e complesso, il Mandala consente una sorta di viaggio iniziatico di crescita interiore al termine del quale il Mandala stesso viene distrutto spazzando via la sabbia di cui è composto e ricordando la caducità di tute le cose e contemporaneamente la loro rinascita.
La mostra “Tibet mistero e luce”, resa possibile grazie al contributo della Fondazione Banco di Sardegna e del Comune di Sassari, si propone di offrire al pubblico non solo un percorso artistico di sicuro interesse e carico di fascino, ma anche un evento irripetibile, un momento unico di incontro tra culture filosofiche diverse: quella orientale, lontana, misteriosa, legata al concetto di perenne trasformazione e la cultura occidentale, tanto connessa al bisogno di certezze.
La mostra si protrarrà fino al 14 maggio, rispettando i seguenti orari di apertura al pubblico:
lunedì – venerdì, ore 9:00 – 13:00 / martedì pomeriggio ore 15:00 – 17:00.
Alma Casula
Laura Uzzanu
26
marzo 2010
Tibet Mistero e Luce. La cultura dell’altipiano
Dal 26 marzo al 14 maggio 2010
arte etnica
Location
MUSEO MUS’A – PINACOTECA AL CANOPOLENO
Sassari, Via Santa Caterina, 4, (Sassari)
Sassari, Via Santa Caterina, 4, (Sassari)
Biglietti
intero € 2; ridotto € 1
Orario di apertura
Lunedi, mercoledì, giovedì e venerdì ore 9 - 13.30
Martedì ore 9 - 13.30 e 15 – 17.00
Vernissage
26 Marzo 2010, ore 17.30
Curatore