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Timothy Greenfiled-Sanders – La guerra dentro: artisti attori musicisti politici porno star soldati feriti
La Novalis Contemporary Art ospiterà la galleria di ritratti del fotografo Timothy Greenfield-Sanders, uno tra i più rappresentativi ritrattisti dell’era postmoderna.
Comunicato stampa
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TIMOTHY GREENFIELD-SANDERS
La guerra dentro - artisti, attori, musicisti, politici, porno star, soldati feriti
a cura di Demetrio Paparoni
Timothy Greenfield-Sanders è uno tra i più rappresentativi ritrattisti dell’era postmoderna, di cui incarna una punta estrema sia per l’eleganza delle foto sia per la spregiudicata capacità di attingere a tradizioni diverse e contrastanti.
Come spiega il curatore della mostra Demetrio Paparoni “Greenfield-Sanders ha dato vita a un proprio stile che non mira a essere considerato nuovo e tuttavia lo è. Nei suoi ritratti riecheggiano la tecnica e la determinazione di Nadar nel catalogare volti che caratterizzano un’epoca di grandi invenzioni, quale fu la grande metà dell’Ottocento, ma emerge anche, forte, la lezione di Andy Warhol. Come Félix Nadar, Greenfield-Sanders si è votato al progetto di un pantheon delle glorie contemporanee, come Warhol è attratto dal carisma dell’uomo di successo o di potere. Guarda alla storia con l’occhio di colui che valuta, cataloga e classifica.
Per Greenfield-Sanders il ritratto rappresenta qualcosa di più di una riproduzione speculare: è il luogo in cui il pensiero affronta e neutralizza il rischio della perdita, è la possibilità di percorrere l’assenza, è l’accettazione dell’idea che l’individuo esista al di là della sua quotidianità. Il progetto di creare una galleria di ritratti si deve principalmente a una concezione della storia come insieme di eventi determinati dai singoli individui. Visti come proiezione del proprio lavoro, artisti, attori, musicisti, scrittori, galleristi trascendono, autentici Eroi della modernità, ogni dimensione privata: non è più al quotidiano che essi rimandano, ma al significato delle loro gesta.”
In lui s’intrevede lo spirito umanista della pittura, la sua continua indagine sul rapporto fra l’individuo e le molteplici regole che governano il comportamento e le convenzioni della nostra società. La sua attenzione per i volti noti, o per personaggi talentuosi che mirano a diventarlo, rimanda all’idea di successo contemporaneo. Uno dei pilastri su cui è costruita la società a capitalismo avanzato, svela due sfaccettature: da un lato rimanda all’affermazione di potenza, dall’altro alla limitazione della libertà individuale, sottraendole la dimensione privata. Ma il successo è una moneta effimera, il volto di un protagonista può rimanere nel tempo solo se si trasforma in icona. Così come era già stato compreso da Andy Warhol che negli anni settanta indagò sull’importanza e la potenza dell’icona in grado di rendere immortale l’oggetto o il protagonista ritratto. Timothy Greenfiled-Sanders contrappone una visione poetica dell’esistere, antepone la personalità alla presenza, al contrario di chi, come Warhol, considerava il successo una condizione essenziale del valore dell’arte.
Sin dagli inizi Greenfield-Sanders non cerca il risultato formale d’eccezione attraverso la tecnologia, non utilizza apparecchi fotografici di ultima generazione, non vule stupire con effetti speciali. Nel 1978 Greenfield-Sanders trova nell’appartamento di un amico a Los Angeles e compra per pochi dollari una vecchia Fulmer & Schwing 11 x 14 pollici del 1905 intuendone non soltanto il valore storico dell’oggetto, quanto la capacità della stessa di realizzare foto di grande formato. Quell’apparecchio, risistemato gli appare subito una buona soluzione per risolvere i suoi problemi con i ritratti. “Dopo i primi scatti” dice l’artista, “ho trovato il modo di agganciare una luce stroboscopica all’obiettivo, il che mi ha permesso di lavorare con più luce e un tempo di esposizione più veloce. In origine si scattava, logicamente, con la luce naturale e con esposizioni lunghe parecchi secondi. Con il mio otturatore artigianale ero in grado di ridurre l’esposizione a un trentesimo di secondo”.
La luce, volutamente il più naturale possibile, quasi sempre proveniente dall’alto e da destra la proietta da un’unica direzione con un fascio di minima intensità,. Nonostante l’evidente ripetizione di questa tecnica, Greenfield-Sanders riesce ad ottenere infinite sfumature ed effetti scultorei, nel suo spazio tridimensionale egli mette a fuoco soltanto uno stretto piano bidimensionale. Quasi sempre risultano messi a fuoco gli occhi del soggetto ritratto, mentre le mani e il resto del corpo appaiono più o meno sfocati, a secondo della loro distanza dal piano focale. Greenfield-Sandeers è senz’altro un minimalista, dove ciascun elemento apparentemente semplice ha invece più livelli di significato. La definizione degli occhi del soggetto fotografato obbliga l’osservatore a indirizzare il proprio sguardo allo sguardo del ritratto. Questa tecnica consueta nella ritrattistica contemporanea affonda le sue radici nelle opere d’arte del XVII, XVIII e XIX secolo, in cui la messa fuori fuoco creava un effetto naturale. Greenfield-Sanders non sonda né cerca difetti nel modello, eppure le sue immagini hanno un grande valore psicologico. Non permette ai suoi personaggi la finzione o la recitazione filmica, anzi li conduce ad una condizione di totale naturalezza tale che finivano per essere”individui soli davanti a se stessi”, ricorda Fernanda Piovano.
La guerra dentro - artisti, attori, musicisti, politici, porno star, soldati feriti
a cura di Demetrio Paparoni
Timothy Greenfield-Sanders è uno tra i più rappresentativi ritrattisti dell’era postmoderna, di cui incarna una punta estrema sia per l’eleganza delle foto sia per la spregiudicata capacità di attingere a tradizioni diverse e contrastanti.
Come spiega il curatore della mostra Demetrio Paparoni “Greenfield-Sanders ha dato vita a un proprio stile che non mira a essere considerato nuovo e tuttavia lo è. Nei suoi ritratti riecheggiano la tecnica e la determinazione di Nadar nel catalogare volti che caratterizzano un’epoca di grandi invenzioni, quale fu la grande metà dell’Ottocento, ma emerge anche, forte, la lezione di Andy Warhol. Come Félix Nadar, Greenfield-Sanders si è votato al progetto di un pantheon delle glorie contemporanee, come Warhol è attratto dal carisma dell’uomo di successo o di potere. Guarda alla storia con l’occhio di colui che valuta, cataloga e classifica.
Per Greenfield-Sanders il ritratto rappresenta qualcosa di più di una riproduzione speculare: è il luogo in cui il pensiero affronta e neutralizza il rischio della perdita, è la possibilità di percorrere l’assenza, è l’accettazione dell’idea che l’individuo esista al di là della sua quotidianità. Il progetto di creare una galleria di ritratti si deve principalmente a una concezione della storia come insieme di eventi determinati dai singoli individui. Visti come proiezione del proprio lavoro, artisti, attori, musicisti, scrittori, galleristi trascendono, autentici Eroi della modernità, ogni dimensione privata: non è più al quotidiano che essi rimandano, ma al significato delle loro gesta.”
In lui s’intrevede lo spirito umanista della pittura, la sua continua indagine sul rapporto fra l’individuo e le molteplici regole che governano il comportamento e le convenzioni della nostra società. La sua attenzione per i volti noti, o per personaggi talentuosi che mirano a diventarlo, rimanda all’idea di successo contemporaneo. Uno dei pilastri su cui è costruita la società a capitalismo avanzato, svela due sfaccettature: da un lato rimanda all’affermazione di potenza, dall’altro alla limitazione della libertà individuale, sottraendole la dimensione privata. Ma il successo è una moneta effimera, il volto di un protagonista può rimanere nel tempo solo se si trasforma in icona. Così come era già stato compreso da Andy Warhol che negli anni settanta indagò sull’importanza e la potenza dell’icona in grado di rendere immortale l’oggetto o il protagonista ritratto. Timothy Greenfiled-Sanders contrappone una visione poetica dell’esistere, antepone la personalità alla presenza, al contrario di chi, come Warhol, considerava il successo una condizione essenziale del valore dell’arte.
Sin dagli inizi Greenfield-Sanders non cerca il risultato formale d’eccezione attraverso la tecnologia, non utilizza apparecchi fotografici di ultima generazione, non vule stupire con effetti speciali. Nel 1978 Greenfield-Sanders trova nell’appartamento di un amico a Los Angeles e compra per pochi dollari una vecchia Fulmer & Schwing 11 x 14 pollici del 1905 intuendone non soltanto il valore storico dell’oggetto, quanto la capacità della stessa di realizzare foto di grande formato. Quell’apparecchio, risistemato gli appare subito una buona soluzione per risolvere i suoi problemi con i ritratti. “Dopo i primi scatti” dice l’artista, “ho trovato il modo di agganciare una luce stroboscopica all’obiettivo, il che mi ha permesso di lavorare con più luce e un tempo di esposizione più veloce. In origine si scattava, logicamente, con la luce naturale e con esposizioni lunghe parecchi secondi. Con il mio otturatore artigianale ero in grado di ridurre l’esposizione a un trentesimo di secondo”.
La luce, volutamente il più naturale possibile, quasi sempre proveniente dall’alto e da destra la proietta da un’unica direzione con un fascio di minima intensità,. Nonostante l’evidente ripetizione di questa tecnica, Greenfield-Sanders riesce ad ottenere infinite sfumature ed effetti scultorei, nel suo spazio tridimensionale egli mette a fuoco soltanto uno stretto piano bidimensionale. Quasi sempre risultano messi a fuoco gli occhi del soggetto ritratto, mentre le mani e il resto del corpo appaiono più o meno sfocati, a secondo della loro distanza dal piano focale. Greenfield-Sandeers è senz’altro un minimalista, dove ciascun elemento apparentemente semplice ha invece più livelli di significato. La definizione degli occhi del soggetto fotografato obbliga l’osservatore a indirizzare il proprio sguardo allo sguardo del ritratto. Questa tecnica consueta nella ritrattistica contemporanea affonda le sue radici nelle opere d’arte del XVII, XVIII e XIX secolo, in cui la messa fuori fuoco creava un effetto naturale. Greenfield-Sanders non sonda né cerca difetti nel modello, eppure le sue immagini hanno un grande valore psicologico. Non permette ai suoi personaggi la finzione o la recitazione filmica, anzi li conduce ad una condizione di totale naturalezza tale che finivano per essere”individui soli davanti a se stessi”, ricorda Fernanda Piovano.
03
novembre 2010
Timothy Greenfiled-Sanders – La guerra dentro: artisti attori musicisti politici porno star soldati feriti
Dal 03 novembre al 15 dicembre 2010
fotografia
Location
NOVALIS CONTEMPORARY ART
Torino, Via Carlo Alberto, 49/51, (Torino)
Torino, Via Carlo Alberto, 49/51, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a sabato
10,30 - 13,00 / 14,00 - 19.00
Vernissage
3 Novembre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore