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Timothy Tompkins
Tompkins si pone di fronte al mondo oggettuale come di fronte a un qualcosa di austero, di ordinario, di banale
Comunicato stampa
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“Still life”: natura morta. Ma più letteralmente “vita immota, silenziosa”: rappresentazione di un oggetto discreto, umile che si fa “forma fluens”, presenza animata, luogo di sensibilità visiva. L'aveva insegnato il Manierismo, il movimento più alto di questo genere pittorico, con le sue trasgressioni ingegnose, i suoi artifici, le sue metamorfosi. Ebbene, gli “Still life” dell'americano Timothy Tompkins (Long Beach, California, 1967), vibrano anch'essi d'aria, di luce, di liquidità, proprio come se l'immagine fosse precaria e si stesse formando (o disfacendo) sotto gli occhi. Certo, sono eliminati tutti i dati esornativi, particolaristici, descrittivi, come pure quelli che hanno a che fare con allegorie, simbolismi, metafore. Tompkins si pone di fronte al mondo oggettuale come di fronte a un qualcosa di austero, di ordinario, di banale (un po' alla maniera di ! Chardin, come dichiara egli stesso). E lo fotografa, ma non per cogliere un momento memorabile, quanto un istante di vita trascurabile: interni domestici, entrate secondarie di negozi, tavole apparecchiate alla menopeggio.
Il successivo intervento al computer è un tentativo di braccare, di stanare, di liberare queste “cose comuni” dalle scorie nelle quali sono rimaste invischiate: un po' un'interpretazione dell'immagine che così si trova decostruita, alterata, enfatizzata.E gli smalti ultrabrillanti che seguono il dettato tecnologico (e che vengono stesi su una lastra di alluminio) suscitano, alla fine, un'idea che si spinge al limite dell'astrazione, facendo “oscillare il lavoro” e rendendo vago il motivo. Perciò, i riferimenti alla storia dell'arte e ai suoi “generi” non sono mai puri calchi o ripetizioni. Come nella società della dimensione estetica diffusa “le cose” si estendono al di là del loro confine fisico, così gli “Still life” di Tompkins si aprono a dimensioni concettuali più complesse. Quelli che erano fregi carichi di sensi intimi di! ventano immagini multirelazionali e quelle che erano superbe sapienze compositive si fanno “eccitazioni formali sfrenate”.
Il successivo intervento al computer è un tentativo di braccare, di stanare, di liberare queste “cose comuni” dalle scorie nelle quali sono rimaste invischiate: un po' un'interpretazione dell'immagine che così si trova decostruita, alterata, enfatizzata.E gli smalti ultrabrillanti che seguono il dettato tecnologico (e che vengono stesi su una lastra di alluminio) suscitano, alla fine, un'idea che si spinge al limite dell'astrazione, facendo “oscillare il lavoro” e rendendo vago il motivo. Perciò, i riferimenti alla storia dell'arte e ai suoi “generi” non sono mai puri calchi o ripetizioni. Come nella società della dimensione estetica diffusa “le cose” si estendono al di là del loro confine fisico, così gli “Still life” di Tompkins si aprono a dimensioni concettuali più complesse. Quelli che erano fregi carichi di sensi intimi di! ventano immagini multirelazionali e quelle che erano superbe sapienze compositive si fanno “eccitazioni formali sfrenate”.
25
novembre 2006
Timothy Tompkins
Dal 25 novembre 2006 al 20 gennaio 2007
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
STUDIO LA CITTA’
Verona, Lungadige Galtarossa, 21, (Verona)
Verona, Lungadige Galtarossa, 21, (Verona)
Orario di apertura
dal martedi al sabato 9-13 e 15,30-19,30
Vernissage
25 Novembre 2006, ore 11.30
Autore