Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Tintoretto – Il ciclo di Santa Caterina e la quadreria del Palazzo Patriarcale
Le prestigiose e antiche opere del Palazzo Patriarcale di Venezia sono protagoniste della grande mostra
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Le prestigiose e antiche opere del Palazzo Patriarcale di Venezia sono protagoniste della grande mostra in corso dal 6 ottobre 2005 al 30 luglio 2006 nelle sale del Museo Diocesano di Venezia.
Organizzata dal Patriarcato di Venezia – Ufficio Promozione Beni Culturali, grazie alla collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano, con la Soprintendenza per i Beni Architettonici, per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Venezia e Laguna, con la Procuratoria di San Marco, e da Arthemisia, la mostra vanta il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Venezia oltre a quelli della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della Conferenza Episcopale Italiana.
La mostra, a cura di don Gianmatteo Caputo, direttore del Museo Diocesano, si presenta come occasione assolutamente unica: nata dal restauro in corso del Palazzo Patriarcale, che ha richiesto lo spostamento di tutte le opere ivi ospitate, è un’opportunità eccezionale per rendere visibili dei capolavori difficilmente fruibili dal grande pubblico.
L'allestimento e le ricerche svolte hanno offerto la possibilità di conoscere meglio questo patrimonio, che verrà ripresentato e valorizzato ricreando la sua collocazione all’interno del Palazzo Patriarcale nel percorso espositivo. Richiamando il contesto originario, l’allestimento consente inoltre una lettura più autenticamente iconografica e, in molti casi, agiografica dei soggetti.
La mostra presenta le opere ospitate nel Palazzo Patriarcale, residenza del Patriarca di Venezia. Una collezione che raccoglie opere dal Quattrocento all’Ottocento, provenienti soprattutto da chiese soppresse o non più aperte al culto, oltre a donazioni e prestiti temporanei. Fra le numerose opere emerge il ciclo di tele sulle Storie di Santa Caterina d’Alessandria, realizzato da Jacopo Tintoretto e bottega, proveniente dalla chiesa veneziana omonima. Accanto a queste, la Natività di Giambattista Tiepolo, della Basilica di San Marco, ed altre significative tele di Palma il Giovane. Nell’insieme, si tratta di un nucleo prestigioso che, con altri esempi in parte inediti e sconosciuti, rende l’esposizione un evento a maggior ragione straordinario.
IL CICLO DI SANTA CATERINA
I sei episodi della vita della santa sono narrati con la tecnica appassionata e lo stile didascalico del Tintoretto, che in alcune tele fu aiutato intensamente dalla bottega ed in particolare dai figli, Domenico e Marietta.
Il ciclo, datato 1582-1585, nella sua collocazione originaria sulle pareti del presbiterio della chiesa di Santa Caterina, articolava, in un’ampia narrazione, il significato della pala collocata sull’altare maggiore, Le Nozze Mistiche di Santa Caterina, smagliante opera del Veronese ora conservata alle Gallerie dell’Accademia. I teleri tintorettiani descrivevano le tappe della vita della santa, illustrando fedelmente la vicenda agiografica ricca e complessa nei toni narrativi cari alla committenza di un monastero femminile agostiniano.
Le singole tele
L’esposizione illustra le caratteristiche e i simboli che consentono di individuare la santa vissuta ad Alessandria d’Egitto nel IV secolo, e ne narra la vicenda in modo puntuale, ripercorrendo la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze e le testimonianze tradizionali, che partono dal IX-X secolo.
La sua immagine, tradizionalmente, è quella di una giovane vestita riccamente, talvolta adornata di una corona e contraddistinta dagli attributi iconografici che ne richiamano il martirio (la ruota, la spada) o l’arte dell’eloquenza e lo studio delle scritture e della filosofia e teologia (il libro).
Nel primo telero la giovane Caterina affronta coraggiosamente l’imperatore Massenzio, stupendolo e confondendolo con i dotti argomenti con cui rifiuta di sacrificare agli idoli.
Nel secondo telero la santa affronta la disputa con cinquanta dottori, convocati dal frastornato e irritato sovrano, con citazioni da Platone ed una sapienza la cui origine è suggerita dall’indice puntato verso l’alto. Del resto, secondo una leggendaria simbologia, le perle che costellano la corona e il vestito sono nate dalla rugiada celeste infusa nel grembo della conchiglia, che si apre disposta ad accoglierla.
I successivi tre teleri raffigurano lo strenuo coraggio della santa di fronte alle torture, le consolazioni celesti, e la prova della ruota miracolosamente infranta, divenuta suo stabile attributo iconografico.
Il sesto telero è forse il più direttamente attribuibile alla mano di Jacopo e del figlio Domenico. Rispetto ai testi agiografici, fino a qui seguiti abbastanza fedelmente, il dipinto opera scelte decise, sicuramente indicate dalla comunità committente. Non descrive le ultime torture che straziarono le carni della santa, sottace perfino la decollazione finale, limitandosi a collocare la spada in evidenza ai piedi del carnefice. Caterina si erge aureolata come una regina. Dalle fonti l’artista riprende il particolare più toccante, la preghiera con cui chiese a Cristo non l’aiuto per sé, ma per tutti gli attanagliati dal terrore della morte: il suo sguardo si abbassa misericordioso su coloro che la supplicano. Cristo le appare per avviarla alle nozze eterne con le parole riportate nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, così tributarie delle parole che l’Amato rivolge all’Amata nel Cantico dei cantici: “Vieni dilecta mia, speciosa mia, ecco a te è aperta la porta del cielo”.
La santa viene decollata secondo la tradizione il 25 novembre del 305.
A Venezia, nel 1307 il doge Pietro Gradenigo decretò che doge e Signoria visitassero la chiesa di Santa Caterina nel giorno memoriale del suo martirio, il 25 novembre, in cui si celebrava la Festa dei Dotti e si aprivano i luoghi di pubblico insegnamento, per onorare la patrona dei colti e dei sapienti.
Nel Palazzo Patriarcale il ciclo è ospitato in una Sala, che ha preso nome dall'autore delle opere, ed è ripresentato nell’esposizione con il grande telero di Palma il Giovane, La madre di Santa Caterina consulta i saggi per le nozze della figlia, opera presente originariamente nella stessa chiesa e che nel Palazzo Patriarcale è collocata nel grande atrio.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Il ciclo di Santa Caterina del Tintoretto viene reso per la prima volta accessibile al pubblico nella sua completezza, da quando fu rimosso dal contesto originario.
Ma la mostra si apre con un altro capolavoro, La Natività di Giambattista Tiepolo, opera provienente dalla Basilica di San Marco, che nel Palazzo Patriarcale funge da pala d’altare della Cappella Privata. La tela del grande artista è presentata in un percorso che intende illustrare il “nuovo contesto” della collocazione dell’opera, in precedenza posta nella Cappella di San Teodoro.
Sono altrettanto inedite le opere presenti nella Sala Rossa, nella quale il Patriarca riceve gli ospiti durante i colloqui personali. Il nome viene dal tessuto di damasco rosso che riveste completamente le pareti della stanza. La mostra ripropone il contesto della sala con tre inediti paesaggi settecenteschi e due grandi tele raffiguranti gli Arcangeli.
Nella sala successiva sono collocate le otto tele con la rappresentazione dei Profeti, opere di proprietà della Procuratoria di San Marco, anche queste quasi sconosciute, che costituiscono i bozzetti dei mosaici della Basilica Marciana, insieme alle figure dei Santi Pietro e Paolo realizzate a mosaico sulla facciata di San Marco.
Nella stessa sala altre opere presenti in varie stanze del Palazzo richiamano, con i loro soggetti, alcune delle funzioni che i luoghi ospitano: nella sala da pranzo, ad esempio, è collocata un’Ultima cena di Palma il Giovane.
L'esposizione ricrea inoltre il contesto della Cappella Privata del Patriarca, nella quale il contenuto delle opere e i temi iconografici sono tipicamente eucaristici e mariani.
Sono infine esposti i ritratti di alcuni illustri inquilini del Palazzo. Della grande collezione di ritratti di tutti i Patriarchi veneziani e Papi, sono state scelte le immagini dei tre Patriarchi del secolo scorso divenuti in seguito Pontefici: Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I.
IL MUSEO DIOCESANO
A quasi trent'anni dalla fondazione, il Museo Diocesano rivela ancora di più, grazie a questa esposizione, il suo ruolo e la sua missione. Pur nella ricchezza della sua collezione, il Museo fa spazio a queste opere per manifestare la sua centralità di polo di promozione dell'arte e della cultura per la diocesi, la città e tutti i suoi visitatori. Uno spazio aperto, flessibile, in continua trasformazione, che non abbandona il ruolo e lo stile con cui tradizionalmente sono pensati e vissuti i musei, ma si apre anche ad una prospettiva diversa data dalla sua specificità. Questo spazio aperto e diffuso, o meglio aggregante anche altre chiese e contenitori sul territorio, promuove e valorizza l'arte sacra, insieme all'arte contemporanea, e si propone come offerta culturale di rilievo a Venezia.
Della collezione del Museo Diocesano, la mostra rende comunque visitabile la preziosa Sala degli Argenti, che è testimonianza unica del ricco patrimonio di argenteria liturgica di manifattura veneziana e non, e la Sala delle opere lignee, sulle quali primeggia una pala di Paolo Veneziano. Infine, all’esterno, non può mancare una visita al suggestivo chiostro romanico di Sant’Apollonia, su cui si affaccia il complesso che è sede del Museo Diocesano e dell’Archivio Patriarcale.
Organizzata dal Patriarcato di Venezia – Ufficio Promozione Beni Culturali, grazie alla collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano, con la Soprintendenza per i Beni Architettonici, per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Venezia e Laguna, con la Procuratoria di San Marco, e da Arthemisia, la mostra vanta il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Venezia oltre a quelli della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della Conferenza Episcopale Italiana.
La mostra, a cura di don Gianmatteo Caputo, direttore del Museo Diocesano, si presenta come occasione assolutamente unica: nata dal restauro in corso del Palazzo Patriarcale, che ha richiesto lo spostamento di tutte le opere ivi ospitate, è un’opportunità eccezionale per rendere visibili dei capolavori difficilmente fruibili dal grande pubblico.
L'allestimento e le ricerche svolte hanno offerto la possibilità di conoscere meglio questo patrimonio, che verrà ripresentato e valorizzato ricreando la sua collocazione all’interno del Palazzo Patriarcale nel percorso espositivo. Richiamando il contesto originario, l’allestimento consente inoltre una lettura più autenticamente iconografica e, in molti casi, agiografica dei soggetti.
La mostra presenta le opere ospitate nel Palazzo Patriarcale, residenza del Patriarca di Venezia. Una collezione che raccoglie opere dal Quattrocento all’Ottocento, provenienti soprattutto da chiese soppresse o non più aperte al culto, oltre a donazioni e prestiti temporanei. Fra le numerose opere emerge il ciclo di tele sulle Storie di Santa Caterina d’Alessandria, realizzato da Jacopo Tintoretto e bottega, proveniente dalla chiesa veneziana omonima. Accanto a queste, la Natività di Giambattista Tiepolo, della Basilica di San Marco, ed altre significative tele di Palma il Giovane. Nell’insieme, si tratta di un nucleo prestigioso che, con altri esempi in parte inediti e sconosciuti, rende l’esposizione un evento a maggior ragione straordinario.
IL CICLO DI SANTA CATERINA
I sei episodi della vita della santa sono narrati con la tecnica appassionata e lo stile didascalico del Tintoretto, che in alcune tele fu aiutato intensamente dalla bottega ed in particolare dai figli, Domenico e Marietta.
Il ciclo, datato 1582-1585, nella sua collocazione originaria sulle pareti del presbiterio della chiesa di Santa Caterina, articolava, in un’ampia narrazione, il significato della pala collocata sull’altare maggiore, Le Nozze Mistiche di Santa Caterina, smagliante opera del Veronese ora conservata alle Gallerie dell’Accademia. I teleri tintorettiani descrivevano le tappe della vita della santa, illustrando fedelmente la vicenda agiografica ricca e complessa nei toni narrativi cari alla committenza di un monastero femminile agostiniano.
Le singole tele
L’esposizione illustra le caratteristiche e i simboli che consentono di individuare la santa vissuta ad Alessandria d’Egitto nel IV secolo, e ne narra la vicenda in modo puntuale, ripercorrendo la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze e le testimonianze tradizionali, che partono dal IX-X secolo.
La sua immagine, tradizionalmente, è quella di una giovane vestita riccamente, talvolta adornata di una corona e contraddistinta dagli attributi iconografici che ne richiamano il martirio (la ruota, la spada) o l’arte dell’eloquenza e lo studio delle scritture e della filosofia e teologia (il libro).
Nel primo telero la giovane Caterina affronta coraggiosamente l’imperatore Massenzio, stupendolo e confondendolo con i dotti argomenti con cui rifiuta di sacrificare agli idoli.
Nel secondo telero la santa affronta la disputa con cinquanta dottori, convocati dal frastornato e irritato sovrano, con citazioni da Platone ed una sapienza la cui origine è suggerita dall’indice puntato verso l’alto. Del resto, secondo una leggendaria simbologia, le perle che costellano la corona e il vestito sono nate dalla rugiada celeste infusa nel grembo della conchiglia, che si apre disposta ad accoglierla.
I successivi tre teleri raffigurano lo strenuo coraggio della santa di fronte alle torture, le consolazioni celesti, e la prova della ruota miracolosamente infranta, divenuta suo stabile attributo iconografico.
Il sesto telero è forse il più direttamente attribuibile alla mano di Jacopo e del figlio Domenico. Rispetto ai testi agiografici, fino a qui seguiti abbastanza fedelmente, il dipinto opera scelte decise, sicuramente indicate dalla comunità committente. Non descrive le ultime torture che straziarono le carni della santa, sottace perfino la decollazione finale, limitandosi a collocare la spada in evidenza ai piedi del carnefice. Caterina si erge aureolata come una regina. Dalle fonti l’artista riprende il particolare più toccante, la preghiera con cui chiese a Cristo non l’aiuto per sé, ma per tutti gli attanagliati dal terrore della morte: il suo sguardo si abbassa misericordioso su coloro che la supplicano. Cristo le appare per avviarla alle nozze eterne con le parole riportate nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, così tributarie delle parole che l’Amato rivolge all’Amata nel Cantico dei cantici: “Vieni dilecta mia, speciosa mia, ecco a te è aperta la porta del cielo”.
La santa viene decollata secondo la tradizione il 25 novembre del 305.
A Venezia, nel 1307 il doge Pietro Gradenigo decretò che doge e Signoria visitassero la chiesa di Santa Caterina nel giorno memoriale del suo martirio, il 25 novembre, in cui si celebrava la Festa dei Dotti e si aprivano i luoghi di pubblico insegnamento, per onorare la patrona dei colti e dei sapienti.
Nel Palazzo Patriarcale il ciclo è ospitato in una Sala, che ha preso nome dall'autore delle opere, ed è ripresentato nell’esposizione con il grande telero di Palma il Giovane, La madre di Santa Caterina consulta i saggi per le nozze della figlia, opera presente originariamente nella stessa chiesa e che nel Palazzo Patriarcale è collocata nel grande atrio.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Il ciclo di Santa Caterina del Tintoretto viene reso per la prima volta accessibile al pubblico nella sua completezza, da quando fu rimosso dal contesto originario.
Ma la mostra si apre con un altro capolavoro, La Natività di Giambattista Tiepolo, opera provienente dalla Basilica di San Marco, che nel Palazzo Patriarcale funge da pala d’altare della Cappella Privata. La tela del grande artista è presentata in un percorso che intende illustrare il “nuovo contesto” della collocazione dell’opera, in precedenza posta nella Cappella di San Teodoro.
Sono altrettanto inedite le opere presenti nella Sala Rossa, nella quale il Patriarca riceve gli ospiti durante i colloqui personali. Il nome viene dal tessuto di damasco rosso che riveste completamente le pareti della stanza. La mostra ripropone il contesto della sala con tre inediti paesaggi settecenteschi e due grandi tele raffiguranti gli Arcangeli.
Nella sala successiva sono collocate le otto tele con la rappresentazione dei Profeti, opere di proprietà della Procuratoria di San Marco, anche queste quasi sconosciute, che costituiscono i bozzetti dei mosaici della Basilica Marciana, insieme alle figure dei Santi Pietro e Paolo realizzate a mosaico sulla facciata di San Marco.
Nella stessa sala altre opere presenti in varie stanze del Palazzo richiamano, con i loro soggetti, alcune delle funzioni che i luoghi ospitano: nella sala da pranzo, ad esempio, è collocata un’Ultima cena di Palma il Giovane.
L'esposizione ricrea inoltre il contesto della Cappella Privata del Patriarca, nella quale il contenuto delle opere e i temi iconografici sono tipicamente eucaristici e mariani.
Sono infine esposti i ritratti di alcuni illustri inquilini del Palazzo. Della grande collezione di ritratti di tutti i Patriarchi veneziani e Papi, sono state scelte le immagini dei tre Patriarchi del secolo scorso divenuti in seguito Pontefici: Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I.
IL MUSEO DIOCESANO
A quasi trent'anni dalla fondazione, il Museo Diocesano rivela ancora di più, grazie a questa esposizione, il suo ruolo e la sua missione. Pur nella ricchezza della sua collezione, il Museo fa spazio a queste opere per manifestare la sua centralità di polo di promozione dell'arte e della cultura per la diocesi, la città e tutti i suoi visitatori. Uno spazio aperto, flessibile, in continua trasformazione, che non abbandona il ruolo e lo stile con cui tradizionalmente sono pensati e vissuti i musei, ma si apre anche ad una prospettiva diversa data dalla sua specificità. Questo spazio aperto e diffuso, o meglio aggregante anche altre chiese e contenitori sul territorio, promuove e valorizza l'arte sacra, insieme all'arte contemporanea, e si propone come offerta culturale di rilievo a Venezia.
Della collezione del Museo Diocesano, la mostra rende comunque visitabile la preziosa Sala degli Argenti, che è testimonianza unica del ricco patrimonio di argenteria liturgica di manifattura veneziana e non, e la Sala delle opere lignee, sulle quali primeggia una pala di Paolo Veneziano. Infine, all’esterno, non può mancare una visita al suggestivo chiostro romanico di Sant’Apollonia, su cui si affaccia il complesso che è sede del Museo Diocesano e dell’Archivio Patriarcale.
06
ottobre 2005
Tintoretto – Il ciclo di Santa Caterina e la quadreria del Palazzo Patriarcale
Dal 06 ottobre 2005 al 03 settembre 2006
arte antica
Location
MUSEO DIOCESANO DI SANT’APOLLONIA
Venezia, Castello, 4312, (Venezia)
Venezia, Castello, 4312, (Venezia)
Biglietti
intero € 8,00; ridotto € 6,00; scuole € 3,00; ingresso al Chiostro di Sant’Apollonia € 1,00
Orario di apertura
tutti i giorni 10-18 (la biglietteria chiude alle ore 17.30)
aperta il 15 agosto dalle ore 10 alle 18
dal 4 agosto ogni venerdì aperta dalle ore 10 alle 20
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
ARTHEMISIA
Autore
Curatore