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Tiziano Lucci – La sala dell’abbondanza
Le creazioni artificiali di Lucci non sono mai composizioni arbitrarie, bensì frutto di metodo e – paradossalmente – di legge di natura. Per questo sono come le curiosità nelle antiche collezioni, autentici mirabilia. Digipittura, arte digitale – le etichette lasciano il tempo che trovano, l’arte di Lucci rischia di catalizzarne in abbondanza
Comunicato stampa
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Nella reggia di Versailles la Sala dell’Abbondanza è uno dei cardini logistici per lo spostamento verso le aree funzionali del complesso: la Cappella Reale, l’Ala Nuova, il Grand Appartement del Re Sole. Tuttavia, levando lo sguardo verso la volta, fra il vorticare di figure e architetture in trompe l’oeil ecco Immortalità, Magnificenza e Belle Arti a indicarci quale uscita privilegiare: quella per il Wunderkabinett, il gabinetto delle curiosità. Nell’immensa macchina scenografica della residenza reale era questo il luogo ove più che altrove si incontravano essere e apparire, natura e artificio: minerali e cristalli intagliati, coralli e avori incisi, fossili e madreperle lavorate. Dei frutti usciti dalla cornucopia dell’Abbondanza, l’intervento dell’uomo modifica il dato naturale, ma il dato naturale guida la mano dell’uomo.
Il medesimo principio vige nell’opera di Tiziano Lucci: la funzione determina la forma, la forma determina la funzione. Affascinato dalla speculazione sugli sviluppi grafici della geometria frattale e sulla sua corrispondenza con i principi evolutivi degli organismi, Lucci è un manipolatore genetico di artefatti: incrocia un dispositivo meccanico a una rocaille barocca, e la sua opera di demiurgo asseconda le necessità di crescita intrinseche al dna della nuova creatura; innesta una stasi su un dinamismo, e i movimenti delle sue ibridazioni fissano la propria energia cinetica tracciando palinsesti di scie cromatiche luminose.
Creature colte in azione, quindi, sebbene contratta allo stato intenzionale; e che pure, strappate al tempo, necessitano di un luogo ove agire in potenza, un preciso habitat in cui esistere: due giocatori di football americano, ipertrofizzati dalle armature, trasfigurati nel turbinio del loro avvinghiarsi, sono una metafora degli Opposti in sintesi e antitesi – principio vitale –, una presenza in un ambiente, l’Arsenale di Venezia, in cui il movimento dell’acqua e dei suoi riflessi – l’instabilità della materia, sempre uguale a se stessa – dialoga con la funzione cantieristica delle architetture – la coercizione umana degli elementi, a loro volta coercizzanti.
E dall’azione, conseguentemente, la narrazione: gli inconsapevoli attori di un palcoscenico in esterni, i passanti di una strada, sottoposti al processo ibridante di Lucci si fondono con la materializzazione del proprio flusso di pensieri, del proprio movimento, con l’ambiente circostante, riscrivendo la situazione di cui sono parte, aprendola a indefinite possibilità di lettura.
Le creazioni artificiali di Lucci non sono mai composizioni arbitrarie, bensì frutto di metodo e – paradossalmente – di legge di natura. Per questo sono come le curiosità nelle antiche collezioni, autentici mirabilia. Digipittura, arte digitale – le etichette lasciano il tempo che trovano, l’arte di Lucci rischia di catalizzarne in abbondanza. Benvenuti nella sua sala. Fulvio Avignonesi Della Lucilla
Il medesimo principio vige nell’opera di Tiziano Lucci: la funzione determina la forma, la forma determina la funzione. Affascinato dalla speculazione sugli sviluppi grafici della geometria frattale e sulla sua corrispondenza con i principi evolutivi degli organismi, Lucci è un manipolatore genetico di artefatti: incrocia un dispositivo meccanico a una rocaille barocca, e la sua opera di demiurgo asseconda le necessità di crescita intrinseche al dna della nuova creatura; innesta una stasi su un dinamismo, e i movimenti delle sue ibridazioni fissano la propria energia cinetica tracciando palinsesti di scie cromatiche luminose.
Creature colte in azione, quindi, sebbene contratta allo stato intenzionale; e che pure, strappate al tempo, necessitano di un luogo ove agire in potenza, un preciso habitat in cui esistere: due giocatori di football americano, ipertrofizzati dalle armature, trasfigurati nel turbinio del loro avvinghiarsi, sono una metafora degli Opposti in sintesi e antitesi – principio vitale –, una presenza in un ambiente, l’Arsenale di Venezia, in cui il movimento dell’acqua e dei suoi riflessi – l’instabilità della materia, sempre uguale a se stessa – dialoga con la funzione cantieristica delle architetture – la coercizione umana degli elementi, a loro volta coercizzanti.
E dall’azione, conseguentemente, la narrazione: gli inconsapevoli attori di un palcoscenico in esterni, i passanti di una strada, sottoposti al processo ibridante di Lucci si fondono con la materializzazione del proprio flusso di pensieri, del proprio movimento, con l’ambiente circostante, riscrivendo la situazione di cui sono parte, aprendola a indefinite possibilità di lettura.
Le creazioni artificiali di Lucci non sono mai composizioni arbitrarie, bensì frutto di metodo e – paradossalmente – di legge di natura. Per questo sono come le curiosità nelle antiche collezioni, autentici mirabilia. Digipittura, arte digitale – le etichette lasciano il tempo che trovano, l’arte di Lucci rischia di catalizzarne in abbondanza. Benvenuti nella sua sala. Fulvio Avignonesi Della Lucilla
08
gennaio 2004
Tiziano Lucci – La sala dell’abbondanza
Dall'otto al 22 gennaio 2004
arte contemporanea
Location
GALLERIA STELLA
Roma, Via Di San Calisto, 8, (Roma)
Roma, Via Di San Calisto, 8, (Roma)
Vernissage
8 Gennaio 2004, ore 18.30