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Tobias Buche / Jonas Lipps
Il lavoro di Tobias Buche (1978, Berlino), è una forma di collezionismo, una raccolta privata che diventa pubblica con i suoi interventi installativi. Jonas Lipps (1979, Friburgo), lavora ad acquerello su carte diverse per formato e caratteristiche, volantini, pagine di libri o di vecchi quaderni.
Comunicato stampa
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Potremmo pensare al lavoro di Tobias Buche (1978, Berlino), come ad una forma di collezionismo, una pratica meticolosa e continua, una raccolta privata che diventa pubblica, condivisa, nel momento in cui l’artista l’espone, la “mette in mostra”, con i suoi interventi installativi.
L’oggetto della sua collezione è l’immagine, Buche ne raccoglie di tipi diversi, per soggetto e provenienza. Si tratta di fotografie private, copertine di dischi, vecchi disegni, ritagli di giornali, riproduzioni, un’eterogeneità che non solo caratterizza la genesi del lavoro, ma che si ripropone anche nel modo i cui le immagini sono organizzate nelle installazioni.
Buche dispiega la sua personale enciclopedia visiva su semplici pannelli o come in questo caso, su tavoli bianchi, neutri, supporti capaci di non invadere o confondere la lettura delle immagini. La composizione nasce dalla giustapposizione degli elementi, in una dinamica combinatoria che esclude ogni logica lineare. Lo sguardo scorre sulle immagini in maniera libera, la possibilità di intrecciare infinite narrazioni è parte integrante dell’opera che si presenta come una sorta d’ipertesto.
L’impressione è di un work in progress in cui le immagini possono essere continuamente ricomposte, riordinate, così come evidenziano i piccoli segni lasciati dagli spilli usati per fissarle. Una complessa costellazione d’immagini, foto private o figure raccolte dalla carta stampata, scelte o manipolate dall’artista in modo da non poterne identificare la provenienza, così che tutte, ugualmente, siano oggetto di un nuovo possibile sguardo.
Jonas Lipps (1979, Friburgo), lavora ad acquerello su carte diverse per formato e caratteristiche, volantini, pagine di libri o di vecchi quaderni.
Le immagini di partenza sono raccolte da giornali, internet o da fotografie, si tratta di paesaggi, ritratti, spesso situazioni ordinarie, frammenti anonimi che l’artista rielabora. I tagli compositivi ricordano i fotogrammi di un film la cui scena si stia svolgendo in un altro luogo, l’artista rivolge infatti l’attenzione ai gesti casuali, incompleti, per nulla emblematici.
Lipps sceglie in molti casi supporti che sembrano mal adattarsi all’acquerello, fogli danneggiati, macchiati, carte dalle qualità diverse che determinano una perdita di controllo continuo sulla tecnica. E’ proprio l’equilibrio precario tra l’avere e il perdere il controllo sull’opera la base del suo lavoro. L’acquerello è il medium appropriato per una pratica che si confronta continuamente con i limiti della rappresentazione, con l’impossibilità di raccontare il reale in tutta la sua complessità se non attraverso tentativi inevitabilmente fallimentari.
L’oggetto della sua collezione è l’immagine, Buche ne raccoglie di tipi diversi, per soggetto e provenienza. Si tratta di fotografie private, copertine di dischi, vecchi disegni, ritagli di giornali, riproduzioni, un’eterogeneità che non solo caratterizza la genesi del lavoro, ma che si ripropone anche nel modo i cui le immagini sono organizzate nelle installazioni.
Buche dispiega la sua personale enciclopedia visiva su semplici pannelli o come in questo caso, su tavoli bianchi, neutri, supporti capaci di non invadere o confondere la lettura delle immagini. La composizione nasce dalla giustapposizione degli elementi, in una dinamica combinatoria che esclude ogni logica lineare. Lo sguardo scorre sulle immagini in maniera libera, la possibilità di intrecciare infinite narrazioni è parte integrante dell’opera che si presenta come una sorta d’ipertesto.
L’impressione è di un work in progress in cui le immagini possono essere continuamente ricomposte, riordinate, così come evidenziano i piccoli segni lasciati dagli spilli usati per fissarle. Una complessa costellazione d’immagini, foto private o figure raccolte dalla carta stampata, scelte o manipolate dall’artista in modo da non poterne identificare la provenienza, così che tutte, ugualmente, siano oggetto di un nuovo possibile sguardo.
Jonas Lipps (1979, Friburgo), lavora ad acquerello su carte diverse per formato e caratteristiche, volantini, pagine di libri o di vecchi quaderni.
Le immagini di partenza sono raccolte da giornali, internet o da fotografie, si tratta di paesaggi, ritratti, spesso situazioni ordinarie, frammenti anonimi che l’artista rielabora. I tagli compositivi ricordano i fotogrammi di un film la cui scena si stia svolgendo in un altro luogo, l’artista rivolge infatti l’attenzione ai gesti casuali, incompleti, per nulla emblematici.
Lipps sceglie in molti casi supporti che sembrano mal adattarsi all’acquerello, fogli danneggiati, macchiati, carte dalle qualità diverse che determinano una perdita di controllo continuo sulla tecnica. E’ proprio l’equilibrio precario tra l’avere e il perdere il controllo sull’opera la base del suo lavoro. L’acquerello è il medium appropriato per una pratica che si confronta continuamente con i limiti della rappresentazione, con l’impossibilità di raccontare il reale in tutta la sua complessità se non attraverso tentativi inevitabilmente fallimentari.
01
aprile 2009
Tobias Buche / Jonas Lipps
Dal primo aprile al 13 maggio 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA FRANCESCA MININI
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11 - 19.30
Vernissage
1 Aprile 2009, ore 19.00
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