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Todo me parece bonito
L’obiettivo della mostra è quello di andare oltre il discorso artistico concepito come mezzo dissacratorio, in quanto effimera rappresentazione, che limita la sua funzione alla sola forma di stupore come impongono le tendenze.
Comunicato stampa
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A coloro che non si lasciano inscatolare e ingabbiare dalla macchina mediatica e prendono le distanze “dall’oggi pecoreccio” per fare arte che “sembra venire da altri mondi”.
“Puntare solo sulle cose difficili, eseguite alla perfezione, le cose che richiedono sforzo; diffidare della facilità, della faciloneria, del tanto per fare. E combattere l’astrattezza del linguaggio che ci viene ormai da tutte le parti. Puntare sulla precisione tanto nel linguaggio quanto nelle cose che si fanno”. Questa riflessione seria e consapevole di Calvino, il cui impegno e ricerca costanti le sue opere tuttora esprimono – modelli di lingua e stile, miniere di spunti per volare alto –, credo che suoni gradita e stimolante agli artisti impegnati in questa rassegna.
In tempi in cui domina il gusto dell’effimero e tutto è frammentario e incerto e alla sicurezza con la quale tenta di ammaliarci e sedurci la scienza e la tecnica continuamente si oppone la pericolosità e precarietà del vivere quotidiano e “l’apoteosi elettronica della cultura di massa” sembra l’unico sistema di vita, ritengo che più che mai si abbia bisogno dell’autorità culturale dell’arte. Un’arte che ci consenta di ritagliarci degli spazi per poter meditare lontani dalla televisione, liberi di perderci davanti ad un quadro come tra le pagine di un bel libro. La richiesta fatta agli artisti di presenziare a questa rassegna nasce dall’esigenza di voler sentire ancora la loro voce, di vederli esprimere per essere partecipi delle loro ultime indagini e riflessioni.
L’iniziativa nasce dal desiderio di non interrompere il viaggio in fondo all’Arte che la galleria Sottopiano ha intrapreso da anni affinché si possa cogliere l’opportunità di avere dei segnali – attraverso la pittura, la fotografia, l’incisione – d’interpretazione della realtà, del mondo, dell’uomo. Perché anche se è passato del tempo e suoni obsoleta l’asserzione di Baudelaire “il pittore, il vero pittore, sarà colui che saprà svelare il volto epico della vita attuale e farci vedere e capire (…) come siamo grandi e poetici (…)” ci piace credere nell’importanza e grandezza dell’arte che non costringe a riempire lacune ma regala momenti di emozioni pregnanti, appaga lo spirito. Nei nostri giorni che si susseguono nell’inseguimento e soddisfacimento smodato e spasmodico di bisogni materiali in cui l’oggetto campeggia come l’unica realtà in grado di appagare languori e desideri che appena sedati ne fanno germinare subito altri e, anche il più banale e superfluo, è coccolato e addirittura elevato a rango di opera d’arte (“non cerco di fabbricare icone di consumo – dichiara J. Koons – ma di decifrare i modi in cui gli oggetti di consumo vengono esaltati”), in giorni in cui l’arte diviene segnale di tendenze, di stati sociali, testimone di modi e mode è difficile motivarne e penetrarne i tratti caratteristici. Ci sorprende ad essere talvolta coinvolti, partecipi curiosi e ingenuamente attratti e travolti da certe trovate artistiche degli ultimi anni, dell’arte come trasgressione, di forte impatto emotivo, strettamente connessa al sociale, all’oggi bruciante.
Il tono di Biennali, di rassegne come Documenta, di certe collezioni e fiere hanno ancora il potere di catturarci per la carica ironica, dissacratoria di protesta e denuncia che a volte sprigionano ma si deve ammettere che, nel momento in cui si è chiamati a stilare delle conclusioni, ci si accorge di avere la sensazione che troppe iniziative e operazioni siano destinate a non lasciare significative tracce o seguiti, indirizzate come sono ad esiti consumistici, di mercato e permeate anche di quella patina che fa di queste pure forme di fruibilità immediata e volgarmente godereccia.
“Io voglio far sognare l’oggetto isolato dal suo contesto” così Domenico Gnoli esprimeva, sintetizzando, lo stesso proposito di Calvino a ribadire sicuramente che solo molta attenzione, meticolosità, scavo farà realizzare qualcosa d’importante di cui lo spirito si possa nutrire.
Caterina Spiga
“Mi pare che i quadri siano stati oggetto di sopravalutazione, di una cieca ammirazione che ne ha fatto delle cose ideali e questo errore di valutazione è stato sanzionato da strani epiteti che si è voluto applicare ai pittori, il divino, l’ispirato, e così via… Eppure i più sublimi prodotti del pennello sono il risultato non dell’ispirazione bensì di lunghi e pazienti studi, guidati da tanto buon senso”. (E. Gombrich).
Tra performance che risentono di trovate pubblicitarie, cloache meccaniche che digeriscono e defecano, pseudoartisti che modificano geneticamente il proprio corpo inserendo inquietanti protesi o chi per mancanza di creatività firma opere altrui traducendo l’operazione in geniale idea, in un’epoca nella quale sempre più spesso fare arte significa “produrre” uniformandosi alle richieste di mercato, stupire con “effetti speciali”, dissacrare con banali interventi pornografici, è in quest’ambito che più forte si dovrebbe urlare al ritorno di contenuti nell’arte, alla narrazione, alla creazione d’idee, emozioni, passioni che vivano nel tempo e che rispecchino “il modo di intendere l’esistente di una determinata epoca”. Questa mostra collettiva, che vede la partecipazione di numerosi giovani artisti isolani, intende essere motivo di riflessione sul senso di fare arte oggi al quale ben si adattano le parole di De Kooning: “L’originalità in arte non coincide necessariamente con la qualità. Vi è una grande differenza tra l’essere originale ed essere un grande artista, così com’è diverso essere originale o infrangere le regole”.
All’interno delle più eterogenee sperimentazioni artistiche contemporanee, dopo il lungo dominio delle esperienze concettuali, spezzato dalla sola parentesi transavanguardista, la pittura, data per morta ad iniziare da Argan, in questi ultimi anni ha ripreso quello slancio che non avremmo mai osato immaginare. L’intento della mostra è quello di andare oltre il discorso artistico concepito come mezzo dissacratorio, in quanto effimera rappresentazione, che limita la sua funzione alla sola forma di stupore come impongono le tendenze. All’interno di quest’ottica è stato chiesto ad ognuno dei diciassette artisti partecipanti, alla ironica e provocatoria Todo me parece bonito, un “ritorno” alle tecniche pittoriche che siano confacenti ad esprimere i lati più oscuri della società contemporanea, ma anche a sviscerare conflitti esistenziali o più semplicemente a raccontare un episodio autobiografico che abbia lasciato il segno, fatto vibrare l’anima, capace di oltrepassare il perverso sistema dell’arte, fatto di epigoni frustrati e artisti trendy, che spesso svilisce l’espressività individuale. “L’arte per me è un evento dello spirito: solo nell’arte lo spirito trova una forma concreta e il senso della sua vivacità o della sua quiete”. Fondamentale in questo senso è il recupero di una dimensione tecnica extrapittorica capace di esprimersi attraverso la fotografia, l’incisione, la scultura, le tecniche miste. “Non credo che sia mai stata questione di essere figurativi o astratti. Piuttosto si tratta di porre fine a questo silenzio e a questa solitudine, di dilatare e tornare a respirare”. (M. Rothko)
Aldilà delle differenze stilistiche e di linguaggio, gli artisti invitati non hanno disatteso le aspettative dell’iniziativa che si configura come uno spaccato qualitativo sulle ricerche estetiche degli ultimi anni - fondate sulla manualità pittorica come mezzo privilegiato ma anche aperta ad altri strumenti espressivi - lontana da facili improvvisazioni e agganci di precaria tendenza. “Cosa credete, dunque, che sia un artista? Egli è allo stesso tempo un essere politico che vive costantemente nella consapevolezza degli eventi mondiali distruttivi, scottanti o gioiosi, e che si forma in tutto e per tutto secondo la loro immagine. No, la pittura non è stata inventata per decorare appartamenti. Essa un’arma di offesa e di difesa dal nemico” (Picasso).
Roberta Vanali
19
febbraio 2004
Todo me parece bonito
Dal 19 febbraio al 06 marzo 2004
arte contemporanea
Location
SOTTOPIANO BEAUX-ARTS
Cagliari, Via Antonio Scano, 92, (Cagliari)
Cagliari, Via Antonio Scano, 92, (Cagliari)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato esclusi domenica e festivi dalle 18.30 alle 20.30
Vernissage
19 Febbraio 2004, ore 19
Sito web
www.sandrogiordanoartgallery.com
Curatore