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Togo
Sabato 4 febbraio, la Galleria “Arianna Sartori Arte & object design” di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, inaugura la mostra personale del maestro TOGO.
La personale, curata da Arianna Sartori, sarà inaugurata Sabato 4 febbraio alle ore 17.00 alla presenza dell’artista.
Comunicato stampa
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Sabato 4 febbraio, la Galleria “Arianna Sartori Arte & object design” di Mantova, in via Ippolito Nievo 10, inaugura la mostra personale del maestro TOGO.
La personale, curata da Arianna Sartori, sarà inaugurata Sabato 4 febbraio alle ore 17.00 alla presenza dell’artista.
Togo, ovvero della forza del colore
“Piccole scansioni di vita raccontate per flash. Flash di ricordi, immagini scandite da sapienti tocchi di colore che elaborano campiture emozionali. Così la pennellata di Togo sintetizza emozioni altrimenti irrappresentabili senza cadere nell’olografia. L’obliquità del segno taglia l’orizzonte facendolo pulsare di vita con aritmie che negano la regola dell’orizzonte piatto.(…)
(…) L’opera di Togo sembra una lunga - a volte accelerata, altre volte decantata - corsa verso lo smarrimento. Smarrimento nel colore, nel semantema che la traccia decisa del pennello lascia scavando la tela oltre la superficie, smarrimento nel quadro, un tuffo nel magma della sua tavolozza.(…)
(…) Luciano Caramel definisce Togo artista insieme “della sensualità antica, e tutta terrestre e accanto, sperimentatore… pittore d’altri tempi e pittore d’oggi”. Come non condividere questa sensazione di terra mangiata a manate, di cieli divorati a morsi nel tentativo di indovinare il futuro? E, insieme, come ignorare la spinta costantemente in avanti di Togo? Come non restare affascinati dalla sua instancabile capacità di mettersi in gioco, di misurarsi con tecniche e tensioni sempre nuove spostando la soglia sempre un po’ oltre? Là dove le sinuosità cromatiche allertano anche lo sguardo più distratto. Là dove il colore assume una forma maieutica su cui misuriamo il nostro bisogno di immortalità.
Si è detto di sinuosità. Sinuosità di linee che sulla tela sembrano prodursi per parto spontaneo del colore che produce segno. Eppure Togo non ama la circolarità. Più precisamente, come Savinio, Togo non ama il cerchio, come lui preferisce l’ “ordine quadro” che l’artista greco definisce il “sistema eccelso della grazia intelligente”. In Togo è difficile trovare delle presenza circolari, mentre a profusione dominano forme quadre in tutte le distorsioni possibili: una realtà puntuta e nientaffatto paffuta, un senso spesso doloroso del cuneo che entra e squarcia, del segmento che si ritaglia uno spazio nell’infinito attraverso rombi e triangoli che irregolarmente tagliano lo spazio e sezionano le nostre aspettative che sono sempre – non dimentichiamolo – regolari, o meglio, come ha avuto modo di dire Umberto Eco a proposito della musica dodecafonica – armoniche. È stata necessaria l’azione dirompente delle avanguardie dei primi del novecento (in teatro come in musica e nell’arte) affinché la nostra sensibilità fosse frustata (e riattivata) dalla imprevedibilità del segno non conforme alla regola, dalla cacofonia del gesto, dalla irregolarità del colore che si stende scomposto e vivo, anarchico - questa è la sensazione di primo acchito - eppure regolare come una formula matematica, come un’espressione di secondo grado le cui incognite sono tutte nella tasca dell’artista. Una tasca che custodisce insieme una riserva aurea di ironia proiettata nell’opera artistica in forma di “dissimulazione”.
Impossibile non essere attraversati dall’ironia di Togo, da quella “maniera sottile d’insinuarsi nel segreto delle cose” giocando con la loro insondabilità e producendo versioni illimitate di una realtà sottomessa a cambiamenti profondi, che sferzano la pelle fino a penetrarne i vari strati mostrando così, inaspettatamente, l’indicibile. Ironia giocosa nell’opera grafica, palpitante in quella pittorica, in entrambe accentuata da una consapevolezza quasi dolorosa del tempo che scorre in piccoli granelli centellinati dal nostro caparbio attaccamento all’eternità. Un’eternità che, in Togo, gioca a rimpiattino con il sogno, con la memoria, con un mondo non idilliaco ma affascinante, pregno di umori e suoni e colori e brezze e dolori ed echi e odori e vita che solo un artista riesce a racchiudere in un segno, in una pennellata, in un angolo piccolo e silenzioso del nostro cuore.(…)
(…) Togo utilizza tutte le lingue utili all’armonia musicale del semantema iconico che rendono efficace il suo sentire il mondo, la sua lettura e la sua proiezione sulla tela. Attraverso la sua opera Alice-spettatore entra nello specchio che è porta di un mondo parallelo, un mondo in cui l’orizzonte non è fatto dell’unione tra cielo e mare ma è il punto di fusione tra pennello e tela, tra colore e canapa, tra olio di lino e setole: alchimia del durante. Una sorta di sindrome di Sthendal a cui, indirettamente, anche Paolo Volponi sembra pensare quando parla dell’opera di Togo. E, indubbiamente, osservare una sua opera produce una certa vertigine, crea un momento in cui non sai quanto sei dentro e quanto ci metterai per tirarti fuori dal quadro. Non è una questione di figurazione naturalistica o meno. Il problema della figurazione - l’abbiamo detto - è quanto mai irrilevante nell’opera di Togo. Nei suoi quadri il colore è una porta aperta alle contaminazioni emotive, una chiave per entrare nell’imponderabile personale, un varco nell’infinito. E tra gli oggetti indefiniti e indefinibili della sua pittura, l’acqua è un elemento permanente, come una soluzione unica e infallibile, che ha in sé la potenza dell’energia vitale, panacea a mali altrimenti insolubili: l’acqua scorre, si rigenera e rigenera, come un liquido amniotico incorruttibile si fa pancia instancabile, senza contorni definiti, senza fine.
E in questo spazio allargato, in questo regno del possibile creato e ricreato magicamente in ogni opera, ognuno di noi trova la sua personale mitologia richiamata da quel “terremoto segnico” individuato da Lucio Barbera entro il quale scopriamo metafore e deformazioni che ci appartengono, che ci fanno creatori, se non artisti, di rimandi emozionali. Dovremmo ringraziare il cielo per ogni artista che il cielo manda sulla terra, per quel legame inscindibile che ci consente di creare tra il nostro pensiero e la nostra memoria, tra il nostro dio e i nostri peccati tra il nostro schiacciante quotidiano e il nostro mitico bisogno di ricordare. E di sognare”.
Angela Manganaro
Togo, (Enzo Migneco) nasce nel 1937 a Milano ma vive gli anni della sua giovinezza a Messina, città di origine della famiglia. La fine degli anni ’50 lo vede partecipare a Mostre e Rassegne nella città dello Stretto, dove tiene anche la sua prima personale.
Nel 1962 si trasferisce a Milano e nel 1967 espone alla Galleria 32 presentato in catalogo da Raffaele De Grada. Nel capoluogo lombardo seguiranno personali alla Galleria Diarcon, Palmieri, Annunciata, Palazzo Sormani, Aleph, Bonaparte, Università Bocconi, Studio d’Arte Grafica, Il Torchio, Centro dell’Incisione presentate via via da Enzo Fabiani, Paolo Volponi, Alberto Cavicchi, Paolo Bellini, Giorgio Seveso, Luciano Caramel, Vincenzo Consolo, Tommaso Trini, Sergio Spadaro, Gianni Pre, Ivan Croce e Francesco Poli.
Nel 1982 espone a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, a Wroclaw in Polonia e ad Helsinki in Finlandia. Fonda con Leopoldo Paratore le Edizioni dello Scarabeo che pubblicano una monografia delle sue incisioni a cura di Alberto Cavicchi. Nel 1989 la città di Messina gli dedica un’antologica curata da Lucio Barbera e nel catalogo, delle Edizioni Mazzotta, appaiono i testi critici dello stesso Barbera, di Paolo Bellini e Luciano Caramel. Nel 1991 è invitato da Renzo Bertoni alla rassegna ”Sicilia mito e realtà” al Museo Pepoli di Trapani. Nel 1996 l’Ente Mostra di Pittura “Città di Marsala” allestisce una sua personale presentata da Giuseppe Quatriglio. Negli stessi locali del Convento del Carmine tiene, l’anno successivo, un Corso di Incisione Calcografica.
Aldo Gerbino lo invita a Roma, al Vittoriale, per la mostra “L’isola dipinta” e, nello stesso anno Lucio Barbera a “La Sicilia è un arcipelago”, mostra ospitata all’Acquario di Roma poi a New York, Palermo e Messina. Nel 1999 espone 20 tele al Parlamento Europeo di Bruxelles; vince il premio di pittura Santhià e nel 2000 gli viene assegnato, a Roma, il Premio “Antonello da Messina” per le Arti Figurative.
Gli viene affidata l’organizzazione della VIII Triennale dell’Incisione assieme a Enrico della Torre e Walter Valentini
Nel 2007 espone a Villa Genovesi, S. Alessio, presentato in catalogo da Giovanna Giordano e nel novembre dello stesso anno è, con Alvaro, al Museo della Permanente di Milano. La testimonianza in catalogo è di Angela Manganaro. Dal 1999 al 2004 è titolare della Cattedra di Incisione presso l’Accademia di Belle Arti “Aldo Galli” di Como. Dallo stesso anno e fino al 2005 ha un contratto, in esclusiva,con i gruppi editoriali Torcular e Telemarket.
Pubblica, con la Est Ticino, una cartella di incisioni curata da Terenzio Baronchelli, con un testo critico di Giorgio Seveso e per le Edizioni Avatar, assieme a Michele Cannaò e Tano Santoro è presente nella raccolta “Per Amore” con testo di Angela Manganaro e tre poesie di Juan Gelman, Franco Loi e Guido Oldani. Partecipa alla Via Crucis da “Il Chiodo Fisso” di Guido Oldani, mostra itinerante a cura di Michele Cannaò.
E’ presente nel progetto di Vittorio Ferri “Domino” assieme a Sonja Aeschlimann, Alvaro, Michele Cannaò, Ignazio Moncada, Sara Montani, Susan Post, Augusto Sciacca, Alberto Venditti.
Allestisce, nei mesi di luglio e agosto 2009, una personale a Taormina alla Fondazione Mazzullo, presentato in catalogo da Lucio Barbera.
E’ invitato alla Biennale di Lodi. Espone alcuni dipinti nelle sale del Museo Leone da Perego di Legnano per la Cooperativa Est Ticino. Partecipa alla Rassegna organizzata dal Museo del Fango presso la fondazione Mazzullo di Taormina, mostra che testimonia la solidarietà a favore dei paesi del messinese distrutti dall’ultima alluvione.
E’ presente, con una serie di opere, alla mostra dell’Incisione Italiana Contemporanea, a cura di Vladimiro Elvieri, al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona, opere che andranno al Museo della Slesia di Katovice (PL).
Nel mese di giugno del 2010 espone a Milano presso la Galleria San Carlo presentato in catalogo da Franceso Poli; in ottobre partecipa alla rassegna curata da Giovanni Bonanno, presso l’Albergo delle Povere a Palermo, “ Il Sacro in Arte”. L’Università di Messina organizza, nel 2011, una sua mostra antologica curata da Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli; l’allestimento e di Marco Dentici.
E’ invitato alla rassegna “Grafica Oggi”, a cura di Floriano De Santi e Chiara Gatti, a Torino.
Dipinge, per il Comune di Messina, il manifesto della “Vara”.
Togo è stato invitato alla 54. Biennale di Venezia - Padiglione Italia a Torino nel Palazzo delle Esposizioni - Sala Nervi, a cura di Vittorio Sgarbi, dal 17 dicembre 2011 al 30 gennaio 2012
Per l’Associazione “Roberto Boccafogli”, con Sara Montani, è docente e responsabile della “Stamperia Boccafogli”, finalizzata alla promozione della didattica dell’incisione nel mondo della formazione.
La personale, curata da Arianna Sartori, sarà inaugurata Sabato 4 febbraio alle ore 17.00 alla presenza dell’artista.
Togo, ovvero della forza del colore
“Piccole scansioni di vita raccontate per flash. Flash di ricordi, immagini scandite da sapienti tocchi di colore che elaborano campiture emozionali. Così la pennellata di Togo sintetizza emozioni altrimenti irrappresentabili senza cadere nell’olografia. L’obliquità del segno taglia l’orizzonte facendolo pulsare di vita con aritmie che negano la regola dell’orizzonte piatto.(…)
(…) L’opera di Togo sembra una lunga - a volte accelerata, altre volte decantata - corsa verso lo smarrimento. Smarrimento nel colore, nel semantema che la traccia decisa del pennello lascia scavando la tela oltre la superficie, smarrimento nel quadro, un tuffo nel magma della sua tavolozza.(…)
(…) Luciano Caramel definisce Togo artista insieme “della sensualità antica, e tutta terrestre e accanto, sperimentatore… pittore d’altri tempi e pittore d’oggi”. Come non condividere questa sensazione di terra mangiata a manate, di cieli divorati a morsi nel tentativo di indovinare il futuro? E, insieme, come ignorare la spinta costantemente in avanti di Togo? Come non restare affascinati dalla sua instancabile capacità di mettersi in gioco, di misurarsi con tecniche e tensioni sempre nuove spostando la soglia sempre un po’ oltre? Là dove le sinuosità cromatiche allertano anche lo sguardo più distratto. Là dove il colore assume una forma maieutica su cui misuriamo il nostro bisogno di immortalità.
Si è detto di sinuosità. Sinuosità di linee che sulla tela sembrano prodursi per parto spontaneo del colore che produce segno. Eppure Togo non ama la circolarità. Più precisamente, come Savinio, Togo non ama il cerchio, come lui preferisce l’ “ordine quadro” che l’artista greco definisce il “sistema eccelso della grazia intelligente”. In Togo è difficile trovare delle presenza circolari, mentre a profusione dominano forme quadre in tutte le distorsioni possibili: una realtà puntuta e nientaffatto paffuta, un senso spesso doloroso del cuneo che entra e squarcia, del segmento che si ritaglia uno spazio nell’infinito attraverso rombi e triangoli che irregolarmente tagliano lo spazio e sezionano le nostre aspettative che sono sempre – non dimentichiamolo – regolari, o meglio, come ha avuto modo di dire Umberto Eco a proposito della musica dodecafonica – armoniche. È stata necessaria l’azione dirompente delle avanguardie dei primi del novecento (in teatro come in musica e nell’arte) affinché la nostra sensibilità fosse frustata (e riattivata) dalla imprevedibilità del segno non conforme alla regola, dalla cacofonia del gesto, dalla irregolarità del colore che si stende scomposto e vivo, anarchico - questa è la sensazione di primo acchito - eppure regolare come una formula matematica, come un’espressione di secondo grado le cui incognite sono tutte nella tasca dell’artista. Una tasca che custodisce insieme una riserva aurea di ironia proiettata nell’opera artistica in forma di “dissimulazione”.
Impossibile non essere attraversati dall’ironia di Togo, da quella “maniera sottile d’insinuarsi nel segreto delle cose” giocando con la loro insondabilità e producendo versioni illimitate di una realtà sottomessa a cambiamenti profondi, che sferzano la pelle fino a penetrarne i vari strati mostrando così, inaspettatamente, l’indicibile. Ironia giocosa nell’opera grafica, palpitante in quella pittorica, in entrambe accentuata da una consapevolezza quasi dolorosa del tempo che scorre in piccoli granelli centellinati dal nostro caparbio attaccamento all’eternità. Un’eternità che, in Togo, gioca a rimpiattino con il sogno, con la memoria, con un mondo non idilliaco ma affascinante, pregno di umori e suoni e colori e brezze e dolori ed echi e odori e vita che solo un artista riesce a racchiudere in un segno, in una pennellata, in un angolo piccolo e silenzioso del nostro cuore.(…)
(…) Togo utilizza tutte le lingue utili all’armonia musicale del semantema iconico che rendono efficace il suo sentire il mondo, la sua lettura e la sua proiezione sulla tela. Attraverso la sua opera Alice-spettatore entra nello specchio che è porta di un mondo parallelo, un mondo in cui l’orizzonte non è fatto dell’unione tra cielo e mare ma è il punto di fusione tra pennello e tela, tra colore e canapa, tra olio di lino e setole: alchimia del durante. Una sorta di sindrome di Sthendal a cui, indirettamente, anche Paolo Volponi sembra pensare quando parla dell’opera di Togo. E, indubbiamente, osservare una sua opera produce una certa vertigine, crea un momento in cui non sai quanto sei dentro e quanto ci metterai per tirarti fuori dal quadro. Non è una questione di figurazione naturalistica o meno. Il problema della figurazione - l’abbiamo detto - è quanto mai irrilevante nell’opera di Togo. Nei suoi quadri il colore è una porta aperta alle contaminazioni emotive, una chiave per entrare nell’imponderabile personale, un varco nell’infinito. E tra gli oggetti indefiniti e indefinibili della sua pittura, l’acqua è un elemento permanente, come una soluzione unica e infallibile, che ha in sé la potenza dell’energia vitale, panacea a mali altrimenti insolubili: l’acqua scorre, si rigenera e rigenera, come un liquido amniotico incorruttibile si fa pancia instancabile, senza contorni definiti, senza fine.
E in questo spazio allargato, in questo regno del possibile creato e ricreato magicamente in ogni opera, ognuno di noi trova la sua personale mitologia richiamata da quel “terremoto segnico” individuato da Lucio Barbera entro il quale scopriamo metafore e deformazioni che ci appartengono, che ci fanno creatori, se non artisti, di rimandi emozionali. Dovremmo ringraziare il cielo per ogni artista che il cielo manda sulla terra, per quel legame inscindibile che ci consente di creare tra il nostro pensiero e la nostra memoria, tra il nostro dio e i nostri peccati tra il nostro schiacciante quotidiano e il nostro mitico bisogno di ricordare. E di sognare”.
Angela Manganaro
Togo, (Enzo Migneco) nasce nel 1937 a Milano ma vive gli anni della sua giovinezza a Messina, città di origine della famiglia. La fine degli anni ’50 lo vede partecipare a Mostre e Rassegne nella città dello Stretto, dove tiene anche la sua prima personale.
Nel 1962 si trasferisce a Milano e nel 1967 espone alla Galleria 32 presentato in catalogo da Raffaele De Grada. Nel capoluogo lombardo seguiranno personali alla Galleria Diarcon, Palmieri, Annunciata, Palazzo Sormani, Aleph, Bonaparte, Università Bocconi, Studio d’Arte Grafica, Il Torchio, Centro dell’Incisione presentate via via da Enzo Fabiani, Paolo Volponi, Alberto Cavicchi, Paolo Bellini, Giorgio Seveso, Luciano Caramel, Vincenzo Consolo, Tommaso Trini, Sergio Spadaro, Gianni Pre, Ivan Croce e Francesco Poli.
Nel 1982 espone a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, a Wroclaw in Polonia e ad Helsinki in Finlandia. Fonda con Leopoldo Paratore le Edizioni dello Scarabeo che pubblicano una monografia delle sue incisioni a cura di Alberto Cavicchi. Nel 1989 la città di Messina gli dedica un’antologica curata da Lucio Barbera e nel catalogo, delle Edizioni Mazzotta, appaiono i testi critici dello stesso Barbera, di Paolo Bellini e Luciano Caramel. Nel 1991 è invitato da Renzo Bertoni alla rassegna ”Sicilia mito e realtà” al Museo Pepoli di Trapani. Nel 1996 l’Ente Mostra di Pittura “Città di Marsala” allestisce una sua personale presentata da Giuseppe Quatriglio. Negli stessi locali del Convento del Carmine tiene, l’anno successivo, un Corso di Incisione Calcografica.
Aldo Gerbino lo invita a Roma, al Vittoriale, per la mostra “L’isola dipinta” e, nello stesso anno Lucio Barbera a “La Sicilia è un arcipelago”, mostra ospitata all’Acquario di Roma poi a New York, Palermo e Messina. Nel 1999 espone 20 tele al Parlamento Europeo di Bruxelles; vince il premio di pittura Santhià e nel 2000 gli viene assegnato, a Roma, il Premio “Antonello da Messina” per le Arti Figurative.
Gli viene affidata l’organizzazione della VIII Triennale dell’Incisione assieme a Enrico della Torre e Walter Valentini
Nel 2007 espone a Villa Genovesi, S. Alessio, presentato in catalogo da Giovanna Giordano e nel novembre dello stesso anno è, con Alvaro, al Museo della Permanente di Milano. La testimonianza in catalogo è di Angela Manganaro. Dal 1999 al 2004 è titolare della Cattedra di Incisione presso l’Accademia di Belle Arti “Aldo Galli” di Como. Dallo stesso anno e fino al 2005 ha un contratto, in esclusiva,con i gruppi editoriali Torcular e Telemarket.
Pubblica, con la Est Ticino, una cartella di incisioni curata da Terenzio Baronchelli, con un testo critico di Giorgio Seveso e per le Edizioni Avatar, assieme a Michele Cannaò e Tano Santoro è presente nella raccolta “Per Amore” con testo di Angela Manganaro e tre poesie di Juan Gelman, Franco Loi e Guido Oldani. Partecipa alla Via Crucis da “Il Chiodo Fisso” di Guido Oldani, mostra itinerante a cura di Michele Cannaò.
E’ presente nel progetto di Vittorio Ferri “Domino” assieme a Sonja Aeschlimann, Alvaro, Michele Cannaò, Ignazio Moncada, Sara Montani, Susan Post, Augusto Sciacca, Alberto Venditti.
Allestisce, nei mesi di luglio e agosto 2009, una personale a Taormina alla Fondazione Mazzullo, presentato in catalogo da Lucio Barbera.
E’ invitato alla Biennale di Lodi. Espone alcuni dipinti nelle sale del Museo Leone da Perego di Legnano per la Cooperativa Est Ticino. Partecipa alla Rassegna organizzata dal Museo del Fango presso la fondazione Mazzullo di Taormina, mostra che testimonia la solidarietà a favore dei paesi del messinese distrutti dall’ultima alluvione.
E’ presente, con una serie di opere, alla mostra dell’Incisione Italiana Contemporanea, a cura di Vladimiro Elvieri, al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona, opere che andranno al Museo della Slesia di Katovice (PL).
Nel mese di giugno del 2010 espone a Milano presso la Galleria San Carlo presentato in catalogo da Franceso Poli; in ottobre partecipa alla rassegna curata da Giovanni Bonanno, presso l’Albergo delle Povere a Palermo, “ Il Sacro in Arte”. L’Università di Messina organizza, nel 2011, una sua mostra antologica curata da Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli; l’allestimento e di Marco Dentici.
E’ invitato alla rassegna “Grafica Oggi”, a cura di Floriano De Santi e Chiara Gatti, a Torino.
Dipinge, per il Comune di Messina, il manifesto della “Vara”.
Togo è stato invitato alla 54. Biennale di Venezia - Padiglione Italia a Torino nel Palazzo delle Esposizioni - Sala Nervi, a cura di Vittorio Sgarbi, dal 17 dicembre 2011 al 30 gennaio 2012
Per l’Associazione “Roberto Boccafogli”, con Sara Montani, è docente e responsabile della “Stamperia Boccafogli”, finalizzata alla promozione della didattica dell’incisione nel mondo della formazione.
04
febbraio 2012
Togo
Dal 04 al 16 febbraio 2012
arte contemporanea
Location
ARIANNA SARTORI ARTE & OBJECT DESIGN
Mantova, Via Ippolito Nievo, 10, (Mantova)
Mantova, Via Ippolito Nievo, 10, (Mantova)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.00, chiuso festivi
Vernissage
4 Febbraio 2012, ore 17.00
Autore
Curatore