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Tommaso Medugno – Il Signore delle Mosche
L’Union è lieta di annunciare la prima mostra personale di Tommaso Medugno (Roma, 1976), giovane artista che, attraverso un segno pittorico e grafico contraddistinto da una pulizia e una precisione quasi maniacali, riproduce episodi rubati alla micro-realtà della sfera infantile
Comunicato stampa
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L'Union è lieta di annunciare la prima mostra personale di Tommaso Medugno (Roma, 1976), giovane artista che, attraverso un segno pittorico e grafico contraddistinto da una pulizia e una precisione quasi maniacali, riproduce episodi rubati alla micro-realtà della sfera infantile per raccontare, in maniera traslata, la società e, in modo particolare, l'universo degli "adulti" e l'intrinseca predisposizione umana alla combattività e alla competizione. Permettendo di rintracciare la radice istintiva e bestiale dell'uomo attraverso l'analisi del suo quotidiano modus operandi.
Il progetto, realizzato appositamente per la galleria (il ciclo di disegni eseguiti su carta e una selezione di dipinti), prende a prestito il suo titolo dal celebre romanzo di William Golding "Lord of the Flies" pubblicato nel 1954 e tradotto in pellicola cinematografica nel 1963 da Peter Brook, e i cui temi cardine rispecchiano appieno l'intento dell'artista di focalizzare l'attenzione su una visione che, benché pessimistica, proietta adeguatamente un profilo lucido e disincantato della società contemporanea. "L'uomo produce il male come le api producono il miele". E' attorno a questa affermazione che prende forma il racconto di Golding, incentrato sull'analisi dei comportamenti di un gruppo di ragazzini britannici che, in fuga da un conflitto planetario, sopravvivono al disastro aereo ritrovandosi da soli su un'isola deserta. Pur tentando di costituirsi in una criteriata organizzazione sociale, i ragazzini si ritrovano sopraffatti dalla loro istintiva tendenza all'autocrazia, "inventano" quindi la guerra e finiscono per subirne i consequenziali esiti. Nel rinnovare l'opinione, parzialmente comune già a metà del secolo scorso, che tendeva a ribaltare la figura del buon selvaggio di Dafoe e, insieme, la fittizia prospettiva di un paradiso tropicale incantato, Medugno ribadisce l'urgenza di prendere coscienza della concreta (ed innata) difficoltà dell'uomo di costruire pacifiche alleanze. Il progetto, inevitabilmente, si riallaccia ad una serie di precedenti illustri (letterari, cinematografici e artistici) che hanno preso in considerazione la figura dell' enfant sauvage come campione di essere umano non contaminato, quindi in grado di esprimersi naturalmente e di rivelare spontaneamente l'essenza del suo apparato comportamentale congenito, nel bene e nel male (da "Il libro della giungla" di Kipling (1894), a "Les enfantes sauvages" di Lucien Malson (1964) a "L'enfant sauvage" di Truffaut (1970) a "L'enigme de Kasper Hauser" di Werner Herzog (1974) fino ai più recenti lavori artistici come il cartone animato di Diego Perrone "I verdi giorni" (2000) e il video di Guy Ben-Ner "Wild Boy" (2004)).
Uno spirito ironico, graffiante e sagace allo stesso tempo, porta l'artista a tradurre la sua riflessione sulla natura malvagia dell'uomo in rappresentazioni che apparentemente si pongono come vivaci, giocose e innocenti, insinuandosi e ingigantendo alcune delle più comuni scene da cortile condominiale, soffermandosi su visioni tipiche della routine quotidiana ed effigiando accanto a atteggiamenti e dinamiche di gruppo note, stralci di vita di quartiere. Il broncio di un bambino arrabbiato, il capitombolo di un altro, il bisticcio tra compagni di scuola, la rissa per un pallone, si alternano a scene di combattimento tra cani, al fermo immagine su un teschio di rottweiler, all'inquadratura di uno sgambetto. A poco a poco i disegni rivelano però le conseguenze del gioco e dei relativi tafferugli e, sorvolando sull'ordine cronologico dei fatti e sull'obiettiva attribuzione delle colpe, restituiscono un impersonale e angustiante bollettino di guerra: un muso graffiato, un naso gocciolante, un occhio tumefatto, una coscia escoriata. Lentamente, la prepotenza involontaria si palesa come violenza intenzionale e i rivoli di sangue, l'aureola viola del livido, la carne viva balzano in primo piano, così come l'arma dell'offesa o il ghigno rabbioso dell'aggressore. Spingendo, invece, volontariamente in secondo piano le caratteristiche fisionomiche dei bambini, per mantenere un margine di astrazione che impedisca ogni possibile tentazione o curiosità biografica. L'esattezza delle silhouette, i tratti essenziali dei volti come anche la calibrata saturazione dei colori e la creazione di effetti luministici (ottenuti nei disegni grazie a un rigoroso utilizzo della matita e nei quadri dalla stesura scrupolosa dell'olio o dell'acrilico in campiture piatte), pur rimandando all'idea di artificio, di cartoon, sono elementi e stilemi che l'artista adopera per provocare un cortocircuito tra realtà e finzione, e che risolve poi, a lavoro terminato, in un'equazione spiazzante tra i due difformi mondi fenomenici. Distinti da una trama espressiva e facciale "democraticamente" appiattita, perchè impostata su un unico ipnotico stato di attenzione incosciente, i ragazzini ritratti da Medugno non mostrano tratti caratteriali specifici, ma si limitano a manifestare un solo lato della loro identità (individuale e comune allo stesso tempo): un'aggressività impulsiva, universale, cugina carnale della cecità che paralizza non solo i loro sguardi ma anche la loro facoltà di percepire il mondo senza filtri; la stessa che innesca nell'uomo, fin da bambino, una fiducia spropositata nel progresso e nella sua funzione sociale, assimilata in modo impudente al concetto di crescita e di apprendimento, e che impedisce la formazione della capacità critica del singolo e ostacola il discernimento tra reale e virtuale.
TOMMASO MEDUGNO
Roma, 1976 . Vive e lavora a Roma.
Diplomatosi in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi su Malevic, Medugno è noto per aver realizzato numerose copertine della collana "I libri di Carver", per la casa editrice Minimum Fax. Ha preso parte a mostre collettive ed eventi culturali (nel 1999 ha curato la realizzazione di un Padiglione indipendente presso la "La Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo", Roma) e ideato progetti di grafica editoriale.
Nei suoi quadri e nei disegni, Medugno descrive, con meticolosità e precisione, l'artificialità di un mondo viziato dai media ad abitudini e situazioni paradossali, e in cui le conseguenze prendono forma in episodi isolati di "reality-kid show".
I protagonisti delle sue opere sono spesso, infatti, ragazzini, ai quali l'artista delega il compito di incarnare situazioni critiche annidate nell'intimità delle mura domestiche o scene di una normalità spiazzante da cui far emergere situazioni e sentimenti di disagio, di conflittualità, di inadeguatezza. Spesso i suoi set sono costituiti da ambienti strettamente legati alla quotidianità del bambino (la scuola, la palestra, la stanza della tv, il fast food) oppure immortalano momenti di tensione dovuta alla messa in gioco delle potenzialità espressive o agonistiche individuali (il saggio di danza, il brevetto di nuoto, la recita di fine anno, ecc.). Lo spirito di competizione (che nei casi più estremi sfocia in atteggiamenti di rivalità, quindi nella rissa) è ciò che l'artista tende a portare alla luce quale tratto distintivo e atavico dell'essere umano. Vestendo, a volte, i suoi protagonisti con indumenti griffati (sneakers Nike, t-shirt Adidas, ecc.), prelevando quindi icone, marchi e inflessioni di linguaggio dalla sfera della pubblicità e del sistema commerciale, l'artista opera un ulteriore approfondimento, andando a sottolineare i diversi espedienti che la società inventa per incrementare l'innata competitività dell'uomo, e mettendo in luce il funzionamento bieco di certi meccanismi del sistema economico, nell'allevare da un lato il germe della dipendenza e dall'altro nel favorire il progressivo allontanamento dalla realtà. I fondi bianchi e l'assenza di informazioni ambientali che caratterizzano gli ultimi lavori, annullando ogni tipo di coordinata spaziale, non fanno che accelerare questa percezione di smarrimento, disorientando dapprima i protagonisti dei quadri, poi lo spettatore, a cui l'artista richiede, sottilmente, un'immedesimazione temporanea nei soggetti rappresentati.
Il progetto, realizzato appositamente per la galleria (il ciclo di disegni eseguiti su carta e una selezione di dipinti), prende a prestito il suo titolo dal celebre romanzo di William Golding "Lord of the Flies" pubblicato nel 1954 e tradotto in pellicola cinematografica nel 1963 da Peter Brook, e i cui temi cardine rispecchiano appieno l'intento dell'artista di focalizzare l'attenzione su una visione che, benché pessimistica, proietta adeguatamente un profilo lucido e disincantato della società contemporanea. "L'uomo produce il male come le api producono il miele". E' attorno a questa affermazione che prende forma il racconto di Golding, incentrato sull'analisi dei comportamenti di un gruppo di ragazzini britannici che, in fuga da un conflitto planetario, sopravvivono al disastro aereo ritrovandosi da soli su un'isola deserta. Pur tentando di costituirsi in una criteriata organizzazione sociale, i ragazzini si ritrovano sopraffatti dalla loro istintiva tendenza all'autocrazia, "inventano" quindi la guerra e finiscono per subirne i consequenziali esiti. Nel rinnovare l'opinione, parzialmente comune già a metà del secolo scorso, che tendeva a ribaltare la figura del buon selvaggio di Dafoe e, insieme, la fittizia prospettiva di un paradiso tropicale incantato, Medugno ribadisce l'urgenza di prendere coscienza della concreta (ed innata) difficoltà dell'uomo di costruire pacifiche alleanze. Il progetto, inevitabilmente, si riallaccia ad una serie di precedenti illustri (letterari, cinematografici e artistici) che hanno preso in considerazione la figura dell' enfant sauvage come campione di essere umano non contaminato, quindi in grado di esprimersi naturalmente e di rivelare spontaneamente l'essenza del suo apparato comportamentale congenito, nel bene e nel male (da "Il libro della giungla" di Kipling (1894), a "Les enfantes sauvages" di Lucien Malson (1964) a "L'enfant sauvage" di Truffaut (1970) a "L'enigme de Kasper Hauser" di Werner Herzog (1974) fino ai più recenti lavori artistici come il cartone animato di Diego Perrone "I verdi giorni" (2000) e il video di Guy Ben-Ner "Wild Boy" (2004)).
Uno spirito ironico, graffiante e sagace allo stesso tempo, porta l'artista a tradurre la sua riflessione sulla natura malvagia dell'uomo in rappresentazioni che apparentemente si pongono come vivaci, giocose e innocenti, insinuandosi e ingigantendo alcune delle più comuni scene da cortile condominiale, soffermandosi su visioni tipiche della routine quotidiana ed effigiando accanto a atteggiamenti e dinamiche di gruppo note, stralci di vita di quartiere. Il broncio di un bambino arrabbiato, il capitombolo di un altro, il bisticcio tra compagni di scuola, la rissa per un pallone, si alternano a scene di combattimento tra cani, al fermo immagine su un teschio di rottweiler, all'inquadratura di uno sgambetto. A poco a poco i disegni rivelano però le conseguenze del gioco e dei relativi tafferugli e, sorvolando sull'ordine cronologico dei fatti e sull'obiettiva attribuzione delle colpe, restituiscono un impersonale e angustiante bollettino di guerra: un muso graffiato, un naso gocciolante, un occhio tumefatto, una coscia escoriata. Lentamente, la prepotenza involontaria si palesa come violenza intenzionale e i rivoli di sangue, l'aureola viola del livido, la carne viva balzano in primo piano, così come l'arma dell'offesa o il ghigno rabbioso dell'aggressore. Spingendo, invece, volontariamente in secondo piano le caratteristiche fisionomiche dei bambini, per mantenere un margine di astrazione che impedisca ogni possibile tentazione o curiosità biografica. L'esattezza delle silhouette, i tratti essenziali dei volti come anche la calibrata saturazione dei colori e la creazione di effetti luministici (ottenuti nei disegni grazie a un rigoroso utilizzo della matita e nei quadri dalla stesura scrupolosa dell'olio o dell'acrilico in campiture piatte), pur rimandando all'idea di artificio, di cartoon, sono elementi e stilemi che l'artista adopera per provocare un cortocircuito tra realtà e finzione, e che risolve poi, a lavoro terminato, in un'equazione spiazzante tra i due difformi mondi fenomenici. Distinti da una trama espressiva e facciale "democraticamente" appiattita, perchè impostata su un unico ipnotico stato di attenzione incosciente, i ragazzini ritratti da Medugno non mostrano tratti caratteriali specifici, ma si limitano a manifestare un solo lato della loro identità (individuale e comune allo stesso tempo): un'aggressività impulsiva, universale, cugina carnale della cecità che paralizza non solo i loro sguardi ma anche la loro facoltà di percepire il mondo senza filtri; la stessa che innesca nell'uomo, fin da bambino, una fiducia spropositata nel progresso e nella sua funzione sociale, assimilata in modo impudente al concetto di crescita e di apprendimento, e che impedisce la formazione della capacità critica del singolo e ostacola il discernimento tra reale e virtuale.
TOMMASO MEDUGNO
Roma, 1976 . Vive e lavora a Roma.
Diplomatosi in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi su Malevic, Medugno è noto per aver realizzato numerose copertine della collana "I libri di Carver", per la casa editrice Minimum Fax. Ha preso parte a mostre collettive ed eventi culturali (nel 1999 ha curato la realizzazione di un Padiglione indipendente presso la "La Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo", Roma) e ideato progetti di grafica editoriale.
Nei suoi quadri e nei disegni, Medugno descrive, con meticolosità e precisione, l'artificialità di un mondo viziato dai media ad abitudini e situazioni paradossali, e in cui le conseguenze prendono forma in episodi isolati di "reality-kid show".
I protagonisti delle sue opere sono spesso, infatti, ragazzini, ai quali l'artista delega il compito di incarnare situazioni critiche annidate nell'intimità delle mura domestiche o scene di una normalità spiazzante da cui far emergere situazioni e sentimenti di disagio, di conflittualità, di inadeguatezza. Spesso i suoi set sono costituiti da ambienti strettamente legati alla quotidianità del bambino (la scuola, la palestra, la stanza della tv, il fast food) oppure immortalano momenti di tensione dovuta alla messa in gioco delle potenzialità espressive o agonistiche individuali (il saggio di danza, il brevetto di nuoto, la recita di fine anno, ecc.). Lo spirito di competizione (che nei casi più estremi sfocia in atteggiamenti di rivalità, quindi nella rissa) è ciò che l'artista tende a portare alla luce quale tratto distintivo e atavico dell'essere umano. Vestendo, a volte, i suoi protagonisti con indumenti griffati (sneakers Nike, t-shirt Adidas, ecc.), prelevando quindi icone, marchi e inflessioni di linguaggio dalla sfera della pubblicità e del sistema commerciale, l'artista opera un ulteriore approfondimento, andando a sottolineare i diversi espedienti che la società inventa per incrementare l'innata competitività dell'uomo, e mettendo in luce il funzionamento bieco di certi meccanismi del sistema economico, nell'allevare da un lato il germe della dipendenza e dall'altro nel favorire il progressivo allontanamento dalla realtà. I fondi bianchi e l'assenza di informazioni ambientali che caratterizzano gli ultimi lavori, annullando ogni tipo di coordinata spaziale, non fanno che accelerare questa percezione di smarrimento, disorientando dapprima i protagonisti dei quadri, poi lo spettatore, a cui l'artista richiede, sottilmente, un'immedesimazione temporanea nei soggetti rappresentati.
31
maggio 2007
Tommaso Medugno – Il Signore delle Mosche
Dal 31 maggio al 16 settembre 2007
arte contemporanea
Location
L’UNION ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Reggio Emilia, 32a, (Roma)
Roma, Via Reggio Emilia, 32a, (Roma)
Orario di apertura
mart-sab 11:00-13:00 e 16:00-19:30
Vernissage
31 Maggio 2007, ore 19
Autore
Curatore