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Toni Ripa – Dolcemente e con grande industria
Toni Ripa si presenta con una serie di tele e disegni in cui l’approccio scultoreo è applicato alla conoscenza. Ciascuna tela parlerà del profondo e del sommerso, campi di indagine che l’artista ha deciso di scandagliare attraverso le figure degli archetipi e dei loro attributi.
Comunicato stampa
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Indigo Art Gallery è felice di presentare "Dolcemente e con grande industria", una mostra personale di Toni Ripa, che inaugurerà presso la sede della galleria, in via G. Oberdan, 51, nel centro storico di Perugia, sabato 20 maggio a partire dalle ore 18:00.
Toni Ripa è una scultrice. Gli scultori sono un genere che non smette mai di esserlo, in qualsiasi circostanza. C’è sempre un moto di addizione e sottrazione, in cui le mani conoscono, sottraggono, impastano, costruiscono volumi, solidi, corpi. Lo scultore plasma, ama la materia, la conosce con ogni fibra. Quelle mani intelligenti, che sanno agiscono a priori e a posteriori rispetto alla mente, funzionano come organi di senso.
Toni Ripa è una scultrice. Nella mostra “Dolcemente e con grande industria” si presenta con una serie di tele e disegni in cui l’approccio scultoreo è applicato alla conoscenza. Ciascuna tela parlerà del profondo e del sommerso, campi di indagine che l’artista ha deciso di scandagliare attraverso le figure degli archetipi e dei loro attributi. Uomini e donne a farsi simboli dell’umanità, perché ciascuno contiene il mondo e il mondo contiene ciascuno. Ripa ce lo racconta con gli uomini e le donne che la circondano, che prestano i propri corpi a rappresentare caratteri presenti in ogni essere umano.
Le sue figure sono ricche di particolari ma nebulose al tempo stesso, sono esseri umani e fantasmi, sussurrano le parole che si odono solo nei sogni e nelle meditazioni notturne: sono reali e onirici, carnali e spirituali. Le sue sono agiografie laiche, forse profane, perché lei decide di posizionarsi esattamente fuori dal tempio, pro-fanum, per osservarlo, studiarlo, ma non essere parte di una narrazione che pone la divinità fuori dall’uomo e dalle sue conseguenze.
La sua poetica si muove dall’archetipo per accarezzare l’uomo. Lo fa nelle linee di grafite e carboncino, negli sfumati a cui sottrae materia cancellando, come se fosse la gomma il suo scalpello. E poi pochi dettagli dipinti, la pittura come se fosse ricamo, gioiello.
Disegna una Lucia che offre i propri occhi senza però un miracolo che glieli renda, o un Antonio che si abbandona, stanco, alla conoscenza dei demoni. Caino e Abele che sono la compresenza di luce e ombra, il primo essere umano a vivere e il primo essere umano a morire. Una Metterza che racchiude tutto il tempo e tutte le famiglie, tutti i legami, i visibili e gli invisibili. Pentesilea, che nella sofferenza capisce che la rinuncia a volte significa liberazione. I ladroni che uniscono e separano ciò che sembra bene e ciò che sembra male.
La sua è un’indagine che si espande fra il corpo e lo spirito, nella zona mediana fra la pelle e il mondo, fra la pelle e le viscere. Tanto in fuori quanto in dentro si sviluppa la sua proiezione. Non racconta né il bene, né il male, non esiste giudizio o merito, esiste solo la giustizia e la necessità dell’equilibrio, affinché nulla passi inosservato, nulla venga schivato, affinché vivere nella luce significhi conoscere perfettamente l’ombra.
Il suo viaggio si sviluppa con cura, perché è dolcemente che si devono scoprire le cose: non con la fretta, non con l’artificio, ma con l’attesa del sole che faccia maturare i frutti. Come avvicinarsi alle macerie con uno spolverino: prima è necessario togliere i pezzi più grandi, a mano, con fatica, poi va tolta la polvere, con perizia e pazienza, per riuscire a vedere con chiarezza ciò che resta e ciò da cui si deve partire per costruire. E questo viaggio non concede disattenzioni, comporta allenamento costante, tecnica fine, applicazione senza risparmio, per essere intero e coerente.
I mondi sommersi hanno bisogno del particolare, hanno bisogno di onestà, del bello e del brutto, del confortante e dello scostante.
Toni Ripa, prima docente di scultura, Anatomia presso l’Accademia di Belle Arti di Viterbo, attualmente docente di Storia dell’Arte, si è occupata di restauro e di formazione cinematografica e ha partecipato a varie mostre personali e collettive in musei e gallerie.
Toni Ripa è una scultrice. Gli scultori sono un genere che non smette mai di esserlo, in qualsiasi circostanza. C’è sempre un moto di addizione e sottrazione, in cui le mani conoscono, sottraggono, impastano, costruiscono volumi, solidi, corpi. Lo scultore plasma, ama la materia, la conosce con ogni fibra. Quelle mani intelligenti, che sanno agiscono a priori e a posteriori rispetto alla mente, funzionano come organi di senso.
Toni Ripa è una scultrice. Nella mostra “Dolcemente e con grande industria” si presenta con una serie di tele e disegni in cui l’approccio scultoreo è applicato alla conoscenza. Ciascuna tela parlerà del profondo e del sommerso, campi di indagine che l’artista ha deciso di scandagliare attraverso le figure degli archetipi e dei loro attributi. Uomini e donne a farsi simboli dell’umanità, perché ciascuno contiene il mondo e il mondo contiene ciascuno. Ripa ce lo racconta con gli uomini e le donne che la circondano, che prestano i propri corpi a rappresentare caratteri presenti in ogni essere umano.
Le sue figure sono ricche di particolari ma nebulose al tempo stesso, sono esseri umani e fantasmi, sussurrano le parole che si odono solo nei sogni e nelle meditazioni notturne: sono reali e onirici, carnali e spirituali. Le sue sono agiografie laiche, forse profane, perché lei decide di posizionarsi esattamente fuori dal tempio, pro-fanum, per osservarlo, studiarlo, ma non essere parte di una narrazione che pone la divinità fuori dall’uomo e dalle sue conseguenze.
La sua poetica si muove dall’archetipo per accarezzare l’uomo. Lo fa nelle linee di grafite e carboncino, negli sfumati a cui sottrae materia cancellando, come se fosse la gomma il suo scalpello. E poi pochi dettagli dipinti, la pittura come se fosse ricamo, gioiello.
Disegna una Lucia che offre i propri occhi senza però un miracolo che glieli renda, o un Antonio che si abbandona, stanco, alla conoscenza dei demoni. Caino e Abele che sono la compresenza di luce e ombra, il primo essere umano a vivere e il primo essere umano a morire. Una Metterza che racchiude tutto il tempo e tutte le famiglie, tutti i legami, i visibili e gli invisibili. Pentesilea, che nella sofferenza capisce che la rinuncia a volte significa liberazione. I ladroni che uniscono e separano ciò che sembra bene e ciò che sembra male.
La sua è un’indagine che si espande fra il corpo e lo spirito, nella zona mediana fra la pelle e il mondo, fra la pelle e le viscere. Tanto in fuori quanto in dentro si sviluppa la sua proiezione. Non racconta né il bene, né il male, non esiste giudizio o merito, esiste solo la giustizia e la necessità dell’equilibrio, affinché nulla passi inosservato, nulla venga schivato, affinché vivere nella luce significhi conoscere perfettamente l’ombra.
Il suo viaggio si sviluppa con cura, perché è dolcemente che si devono scoprire le cose: non con la fretta, non con l’artificio, ma con l’attesa del sole che faccia maturare i frutti. Come avvicinarsi alle macerie con uno spolverino: prima è necessario togliere i pezzi più grandi, a mano, con fatica, poi va tolta la polvere, con perizia e pazienza, per riuscire a vedere con chiarezza ciò che resta e ciò da cui si deve partire per costruire. E questo viaggio non concede disattenzioni, comporta allenamento costante, tecnica fine, applicazione senza risparmio, per essere intero e coerente.
I mondi sommersi hanno bisogno del particolare, hanno bisogno di onestà, del bello e del brutto, del confortante e dello scostante.
Toni Ripa, prima docente di scultura, Anatomia presso l’Accademia di Belle Arti di Viterbo, attualmente docente di Storia dell’Arte, si è occupata di restauro e di formazione cinematografica e ha partecipato a varie mostre personali e collettive in musei e gallerie.
20
maggio 2023
Toni Ripa – Dolcemente e con grande industria
Dal 20 maggio al 29 luglio 2023
arte contemporanea
Location
Indigo Art Gallery
Perugia, Via Guglielmo Oberdan, 51, (PG)
Perugia, Via Guglielmo Oberdan, 51, (PG)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15:30-21:30
Vernissage
20 Maggio 2023, Ore 18:00
Sito web
Autore
Curatore