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Tonino Delogu – Misteri
Mistero che avvolge, forse impenetrabile, il senso ultimo delle cose che ci circondano. Mistero e nulla – come i pieni e i vuoti in una stessa architettura – concorrono nel sagomare una questione che parla dell’uomo, il quale esiste e diviene attraverso la progressiva assunzione, privazione e mutamento di forme nel tempo e nello spazio.
Comunicato stampa
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Il mistero dei Misteri
Ancora una volta, forse è quella sottile e inesplicabile strada che ognuno di noi percorre, ancora una volta incontro la pittura di Tonino Delogu. Dalle sue Stationes ai Misteri. Mistero che avvolge, forse impenetrabile, il senso ultimo delle cose che ci circondano.
Tonino continua a confrontarsi con la dimensione del Divino. Forse alla ricerca di un senso, una risposta, sicuramente una notizia, un frammento, uno strumento labile, sfuggente… Tonino si confronta con la dimensione del Divino e cerca di costruire una dimensione concreta, una dimensione che traspare dalle “trame” del colore. Trame ineludibili, forti. Ma di difficile identificazione. Il mistero presuppone la non-conoscenza. Una non-conoscenza che genera una dimensione altra. Perché attraverso queste ultime opere di Delogu è possibile imbastire quel rapporto che spesso viene posticipato, non identificato. Ma il Divino rientra nelle opzioni dell’uomo. Il suo nascondersi si riflette nell’ossessione di non riuscire ad imparare, a rendere oggettiva la dimensione della propria vita.
Tonino Delogu sa sicuramente che un velo di mistero impenetrabile circonda il Divino. L’uomo, si è sempre interrogato sull’esistenza di Dio perché non riusciva a vederne il volto. È un unico Dio o esistono altre divinità? Esiste un Dio del bene ed uno del male? E, se ne esiste uno solo, può agire con gli uomini in maniera personale? È benefico o pericoloso? E che relazione intercorre tra la vita divina e quella umana? Potevano esse parlarsi, comunicare, amarsi? Queste sono le domande tipiche di chi è alla ricerca del senso compiuto della propria vita. Il mistero dell’uomo è il mistero di Dio. Quell’unico Dio che appare e scompare nelle opere di Tonino. Quella presenza data spesso per certa ma che va oltre ogni comprensione umana.
Il mistero concerne quindi l’integralità dell’essere umano in quanto significante di una dimensione intrinseca ed altra, la quale può dischiudersi, aprirsi al mistero divino (ovvero al superamento della temporalità e della finitezza di un oltre connesso all’origine).
È lo sguardo di Assunta, quasi di ghiaccio, che riassume questa condizione: si apre lentamente e guarda un punto indefinito all’orizzonte (forse) sicuramente ci interroga su quello che il bene ha costruito nella nostra storia per contrapporsi al male. Donna sola, ma accompagnata da una moltitudine di altri, da una moltitudine che vede nella speranza la dimensione propria.
Il significare del mistero proprio dell’essere umano sembra invocare identità, evocare alterità, provocare trascendenza, che appunto significa come sosteneva Karl Rahner “significa” trascendenza del mistero.
E trascendere attraverso la Rivelazione (Apocalisse) e cioè il ritorno di Cristo. Il ritorno del Signore non è mistico e spirituale, non é il dono dello Spirito Santo a Pentecoste, la conversione del peccatore, la morte del credente, qualche evento storico particolare (p.es. il 70 d.c.) il progresso materiale e sociale, la diffusione del cristianesimo; ma è un evento personale (1Tess 4,16-17 ), drammatico e letterale (Atti 1,11), subitaneo (1 Cor. 15:52), imminente (Ap. 22, 12-20). Quei rossi quasi violenti, crudi, robusti, il vortice che prende le cose e le trasforma. Questo cerchio, forse la Terra, che sembra lentamente ricomporsi un nuovo equilibrio. Quello della fine dei tempi?
Ma il Cenacolo deve ancora essere vissuto, non accennato. Figure, uomini in via di definizione, di concretizzazione. Uomini che hanno di fronte il Bene sommo. Colui che è. Colui che si dona per tutti noi. Non tutto è ancora perduto. Non tutto si potrà smarrire. Perché la via è si stretta, ma praticabile.
Il mistero dell’altro è, in fondo, il mistero dell’altro di sé, dell’altro da sé e dell’Altro in sé. Alla pienezza del mistero – distinto dalle sue approssimazioni quali enigma, occulto e magia – pare associarsi la vuotezza del nulla.
Mistero e nulla – come i pieni e i vuoti in una stessa architettura – concorrono nel sagomare una questione che parla dell’uomo, il quale esiste e diviene attraverso la progressiva assunzione, privazione e mutamento di forme nel tempo e nello spazio.
Quei volti, quegli sguardi. Delogu riesce, attraverso poche pennellate a rendere, attraverso lo sguardo, un universo intero. E con questo universo vuole confrontarsi. Quasi per forza. Perché è attraverso questa galleria di umana realtà che Tonino Delogu cerca di collocare la sua capacità di amare e di sentirsi, perché no, amato.
È un mistero che diventa operante nella dimensione vitale, un mistero che rende possibile il cambiamento, dopo un confronto duro e serrato. Senza respiro.
La tutela del segreto impone l’attribuzione di un velo. Proprio il binomio velamento-svelamento sembra essere quella forma specifica sostanziante il nucleo dell’iniziazione ai misteri. Iniziazione al Mistero. Il mistero che condivide le sensazioni con gli altri. L’Altro.
Il silenzio misterico, riconducibile agli iniziati, è legato alla consistenza di ciò che deve essere velato per non essere profanato. Il velato va custodito come tale in funzione di quella conoscenza che riguarda una élite. Non a caso si parla di conoscenza perché l’amante della sophia – cioè il filosofo – è generalmente iniziato ai misteri. E come il Filosofo l’Artista, il Pittore scandaglia gli anfratti di questa dimensione difficile da decifrare
Si definisce mistero (dal latino «mysterium», dal greco «mysterion», cosa da tacere) un evento arcano, di cui non si deve parlare pubblicamente, perché riservata agli iniziati.
Tonino Delogu, attraverso la sua opera pittorica, parla sicuramente agli “iniziati”. Ma è semplice diventarlo. Bisogna entrare nelle sue architetture. Seguirlo lungo le strade dei suoi colori. Attraverso insondabili anfratti dove scorrono acque che improvvisamente appaiono in superficie per poi scomparire ancora, per poi ricomparire chissà dove, chissà quando.
È un gioco che riecheggia passaggi attraverso le certezze (presunte) della vita. Solo il Mendicante, il mendicante di Dio ci aiuta a ripassare l’abc dell’esistenza. La sua postura, la sua barba bianca, il suo sguardo, la sua mano. Sembra che il tempo si sia cristallizzato. Che cosa è che lo ha fermato? la calma tranquilla di questo vecchio, novello Simeone, questo vecchio che sta alla porta di qualsiasi tempio della storia degli uomini. Questo vecchio che interroga tutti noi. Interroga la nostra più profonda interiorità. È uno sguardo che contempla. È uno sguardo contemplativo che affonda nel mistero il suo significato più nascosto. Contemplare per quest’uomo, in questo orizzonte, significa affondare gli occhi della fede, della speranza e dell'amore nel mistero. Contemplare significa sapere, a prescindere dalle nostre umane conoscenze e dalle nostre umane capacità di conoscere, che un tale mistero esiste e si realizza per noi. Contemplare è un sapere tale mistero; sapere nel senso originario di «sàpere», ossia di «gustare», «assaporare» il mistero, più che di scandagliarlo o di anatomizzarlo.
È la mistica delle passioni. Tonino Delogu ne recupera, forse inconsapevolmente, il significato più intimo, il significato più vero. Secondo don Divo Barsotti la mistica consiste nel fatto che «Dio Padre genera il Figlio suo nel cuore dell'uomo, così che l'uomo partecipi in qualche modo a una divina "maternità". Dio si comunica all'uomo prolungando, in qualche modo, all'uomo la generazione del Verbo». Ed è così che forse la presenza solerte, paterna, rispettosa, delicata quasi pudìca di Dio diventa metro di paragone, certezza. Quella presenza che trova in Tonino un uomo aperto al consiglio. Curioso. Un uomo, un artista abituato a scandagliare il proprio cuore.
La mistica cristiana, sappiamo, rimanda sì al mistero, ma al mistero cristiano così come lo si intende sin dai tempi neotestamentari, secondo la lezione di san Paolo, cioè il mistero di Dio, per secoli rimasto nascosto nel seno del Padre. Poi si è manifestato agli uomini in Cristo Gesù. Tra gli uomini continua a realizzarsi per la potenza dello Spirito Santo. In questo orizzonte, il mistero non è più considerato come l'«arcano» invisibile, inconoscibile e inaccessibile, bensì come la realtà di Dio-Amore, che si è fatta manifesta e si è messa alla portata di tutti in Cristo Gesù, di «tutti», nessuno escluso.
E sui volti, sui volti dei bambini, sui corpi dei soggetti che si recupera la dimensione di un mistero forse più evocato che vissuto. Un mistero che conduce alla riconsiderazione delle proprie peculiarità! In quei volti è possibile scorgere il respiro di Dio. La ruah è il respiro di Dio, il vento divino che spira dolcemente o che sibila impetuosamente su tutte le creature e che le mantiene in vita, perché segno della presenza e della potenza del Creatore. Il respiro di Dio è la condizione di vita dell'uomo, in un certo senso è la vita stessa. Quella vita che Tonino Delogu continua a scandagliare con impazienza, ma anche con perseveranza, quasi con testardaggine. Perché forse attraverso quei volti, quel colore che ne scava i connotati, i tratti identificativi, cerca di raggiungere un grado di maestria tale che gli possa permettere di attraversare i colori, di attraversare le rughe, le ombre degli zigomi, il languore fermo delle espressioni, la centralità del tempo che scandaglia il cuore di ogni essere vivente. Nel sole che in lontananza sembra non riscaldare. Quasi un’inutile cornice di un mondo che ha bisogno di una continua redenzione. Quella redenzione che porta a rappresentare i propri sogni e una prossima realtà nella dimensione di una concretezza che ancora, forse, non è stata raggiunta.
Dom Ildefonso Mario Chessa
Ancora una volta, forse è quella sottile e inesplicabile strada che ognuno di noi percorre, ancora una volta incontro la pittura di Tonino Delogu. Dalle sue Stationes ai Misteri. Mistero che avvolge, forse impenetrabile, il senso ultimo delle cose che ci circondano.
Tonino continua a confrontarsi con la dimensione del Divino. Forse alla ricerca di un senso, una risposta, sicuramente una notizia, un frammento, uno strumento labile, sfuggente… Tonino si confronta con la dimensione del Divino e cerca di costruire una dimensione concreta, una dimensione che traspare dalle “trame” del colore. Trame ineludibili, forti. Ma di difficile identificazione. Il mistero presuppone la non-conoscenza. Una non-conoscenza che genera una dimensione altra. Perché attraverso queste ultime opere di Delogu è possibile imbastire quel rapporto che spesso viene posticipato, non identificato. Ma il Divino rientra nelle opzioni dell’uomo. Il suo nascondersi si riflette nell’ossessione di non riuscire ad imparare, a rendere oggettiva la dimensione della propria vita.
Tonino Delogu sa sicuramente che un velo di mistero impenetrabile circonda il Divino. L’uomo, si è sempre interrogato sull’esistenza di Dio perché non riusciva a vederne il volto. È un unico Dio o esistono altre divinità? Esiste un Dio del bene ed uno del male? E, se ne esiste uno solo, può agire con gli uomini in maniera personale? È benefico o pericoloso? E che relazione intercorre tra la vita divina e quella umana? Potevano esse parlarsi, comunicare, amarsi? Queste sono le domande tipiche di chi è alla ricerca del senso compiuto della propria vita. Il mistero dell’uomo è il mistero di Dio. Quell’unico Dio che appare e scompare nelle opere di Tonino. Quella presenza data spesso per certa ma che va oltre ogni comprensione umana.
Il mistero concerne quindi l’integralità dell’essere umano in quanto significante di una dimensione intrinseca ed altra, la quale può dischiudersi, aprirsi al mistero divino (ovvero al superamento della temporalità e della finitezza di un oltre connesso all’origine).
È lo sguardo di Assunta, quasi di ghiaccio, che riassume questa condizione: si apre lentamente e guarda un punto indefinito all’orizzonte (forse) sicuramente ci interroga su quello che il bene ha costruito nella nostra storia per contrapporsi al male. Donna sola, ma accompagnata da una moltitudine di altri, da una moltitudine che vede nella speranza la dimensione propria.
Il significare del mistero proprio dell’essere umano sembra invocare identità, evocare alterità, provocare trascendenza, che appunto significa come sosteneva Karl Rahner “significa” trascendenza del mistero.
E trascendere attraverso la Rivelazione (Apocalisse) e cioè il ritorno di Cristo. Il ritorno del Signore non è mistico e spirituale, non é il dono dello Spirito Santo a Pentecoste, la conversione del peccatore, la morte del credente, qualche evento storico particolare (p.es. il 70 d.c.) il progresso materiale e sociale, la diffusione del cristianesimo; ma è un evento personale (1Tess 4,16-17 ), drammatico e letterale (Atti 1,11), subitaneo (1 Cor. 15:52), imminente (Ap. 22, 12-20). Quei rossi quasi violenti, crudi, robusti, il vortice che prende le cose e le trasforma. Questo cerchio, forse la Terra, che sembra lentamente ricomporsi un nuovo equilibrio. Quello della fine dei tempi?
Ma il Cenacolo deve ancora essere vissuto, non accennato. Figure, uomini in via di definizione, di concretizzazione. Uomini che hanno di fronte il Bene sommo. Colui che è. Colui che si dona per tutti noi. Non tutto è ancora perduto. Non tutto si potrà smarrire. Perché la via è si stretta, ma praticabile.
Il mistero dell’altro è, in fondo, il mistero dell’altro di sé, dell’altro da sé e dell’Altro in sé. Alla pienezza del mistero – distinto dalle sue approssimazioni quali enigma, occulto e magia – pare associarsi la vuotezza del nulla.
Mistero e nulla – come i pieni e i vuoti in una stessa architettura – concorrono nel sagomare una questione che parla dell’uomo, il quale esiste e diviene attraverso la progressiva assunzione, privazione e mutamento di forme nel tempo e nello spazio.
Quei volti, quegli sguardi. Delogu riesce, attraverso poche pennellate a rendere, attraverso lo sguardo, un universo intero. E con questo universo vuole confrontarsi. Quasi per forza. Perché è attraverso questa galleria di umana realtà che Tonino Delogu cerca di collocare la sua capacità di amare e di sentirsi, perché no, amato.
È un mistero che diventa operante nella dimensione vitale, un mistero che rende possibile il cambiamento, dopo un confronto duro e serrato. Senza respiro.
La tutela del segreto impone l’attribuzione di un velo. Proprio il binomio velamento-svelamento sembra essere quella forma specifica sostanziante il nucleo dell’iniziazione ai misteri. Iniziazione al Mistero. Il mistero che condivide le sensazioni con gli altri. L’Altro.
Il silenzio misterico, riconducibile agli iniziati, è legato alla consistenza di ciò che deve essere velato per non essere profanato. Il velato va custodito come tale in funzione di quella conoscenza che riguarda una élite. Non a caso si parla di conoscenza perché l’amante della sophia – cioè il filosofo – è generalmente iniziato ai misteri. E come il Filosofo l’Artista, il Pittore scandaglia gli anfratti di questa dimensione difficile da decifrare
Si definisce mistero (dal latino «mysterium», dal greco «mysterion», cosa da tacere) un evento arcano, di cui non si deve parlare pubblicamente, perché riservata agli iniziati.
Tonino Delogu, attraverso la sua opera pittorica, parla sicuramente agli “iniziati”. Ma è semplice diventarlo. Bisogna entrare nelle sue architetture. Seguirlo lungo le strade dei suoi colori. Attraverso insondabili anfratti dove scorrono acque che improvvisamente appaiono in superficie per poi scomparire ancora, per poi ricomparire chissà dove, chissà quando.
È un gioco che riecheggia passaggi attraverso le certezze (presunte) della vita. Solo il Mendicante, il mendicante di Dio ci aiuta a ripassare l’abc dell’esistenza. La sua postura, la sua barba bianca, il suo sguardo, la sua mano. Sembra che il tempo si sia cristallizzato. Che cosa è che lo ha fermato? la calma tranquilla di questo vecchio, novello Simeone, questo vecchio che sta alla porta di qualsiasi tempio della storia degli uomini. Questo vecchio che interroga tutti noi. Interroga la nostra più profonda interiorità. È uno sguardo che contempla. È uno sguardo contemplativo che affonda nel mistero il suo significato più nascosto. Contemplare per quest’uomo, in questo orizzonte, significa affondare gli occhi della fede, della speranza e dell'amore nel mistero. Contemplare significa sapere, a prescindere dalle nostre umane conoscenze e dalle nostre umane capacità di conoscere, che un tale mistero esiste e si realizza per noi. Contemplare è un sapere tale mistero; sapere nel senso originario di «sàpere», ossia di «gustare», «assaporare» il mistero, più che di scandagliarlo o di anatomizzarlo.
È la mistica delle passioni. Tonino Delogu ne recupera, forse inconsapevolmente, il significato più intimo, il significato più vero. Secondo don Divo Barsotti la mistica consiste nel fatto che «Dio Padre genera il Figlio suo nel cuore dell'uomo, così che l'uomo partecipi in qualche modo a una divina "maternità". Dio si comunica all'uomo prolungando, in qualche modo, all'uomo la generazione del Verbo». Ed è così che forse la presenza solerte, paterna, rispettosa, delicata quasi pudìca di Dio diventa metro di paragone, certezza. Quella presenza che trova in Tonino un uomo aperto al consiglio. Curioso. Un uomo, un artista abituato a scandagliare il proprio cuore.
La mistica cristiana, sappiamo, rimanda sì al mistero, ma al mistero cristiano così come lo si intende sin dai tempi neotestamentari, secondo la lezione di san Paolo, cioè il mistero di Dio, per secoli rimasto nascosto nel seno del Padre. Poi si è manifestato agli uomini in Cristo Gesù. Tra gli uomini continua a realizzarsi per la potenza dello Spirito Santo. In questo orizzonte, il mistero non è più considerato come l'«arcano» invisibile, inconoscibile e inaccessibile, bensì come la realtà di Dio-Amore, che si è fatta manifesta e si è messa alla portata di tutti in Cristo Gesù, di «tutti», nessuno escluso.
E sui volti, sui volti dei bambini, sui corpi dei soggetti che si recupera la dimensione di un mistero forse più evocato che vissuto. Un mistero che conduce alla riconsiderazione delle proprie peculiarità! In quei volti è possibile scorgere il respiro di Dio. La ruah è il respiro di Dio, il vento divino che spira dolcemente o che sibila impetuosamente su tutte le creature e che le mantiene in vita, perché segno della presenza e della potenza del Creatore. Il respiro di Dio è la condizione di vita dell'uomo, in un certo senso è la vita stessa. Quella vita che Tonino Delogu continua a scandagliare con impazienza, ma anche con perseveranza, quasi con testardaggine. Perché forse attraverso quei volti, quel colore che ne scava i connotati, i tratti identificativi, cerca di raggiungere un grado di maestria tale che gli possa permettere di attraversare i colori, di attraversare le rughe, le ombre degli zigomi, il languore fermo delle espressioni, la centralità del tempo che scandaglia il cuore di ogni essere vivente. Nel sole che in lontananza sembra non riscaldare. Quasi un’inutile cornice di un mondo che ha bisogno di una continua redenzione. Quella redenzione che porta a rappresentare i propri sogni e una prossima realtà nella dimensione di una concretezza che ancora, forse, non è stata raggiunta.
Dom Ildefonso Mario Chessa
12
marzo 2010
Tonino Delogu – Misteri
Dal 12 marzo al 03 aprile 2010
arte contemporanea
Location
PALAZZO DUCALE – MUSEO DELLA CITTA’
Sassari, Piazza Del Comune, 1, (Sassari)
Sassari, Piazza Del Comune, 1, (Sassari)
Orario di apertura
Tutti i giorni escluso il sabato pomeriggio e la domenica dalle ore 10,00 alle 13 e dalle 16,00 alle 19,30
Vernissage
12 Marzo 2010, ore 18 Sala Duce
Autore
Curatore