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Toru Hamada – La disciplina del dubbio costante
La vita di Toru Hamada somiglia al ciclo elaborativo della sua arte. Si sente, in primis, il legame atavico col
Giappone, ascrivibile ad uno stato dell’essere che privilegia il silenzio atmosferico, la fermezza dello
sguardo, la disciplina tra corpo e spirito.
Comunicato stampa
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La vita di Toru Hamada somiglia al ciclo elaborativo della sua arte. Si sente, in primis, il legame atavico col
Giappone, ascrivibile ad uno stato dell’essere che privilegia il silenzio atmosferico, la fermezza dello
sguardo, la disciplina tra corpo e spirito. Al contempo, si sente la seconda patria in Europa, prima a
Pietrasanta e poi nella campagna francese di Saint-Lubin-de-la-Haye, due luoghi di solida cultura che hanno
accolto l’uomo e l’artista. Asia ed Europa, due continenti che oggi tirano le somme adulte in
quest’esperienza umbra, nel cuore di una Spoleto che da sempre concepisce l’armonia tra mondi lontani.
Toru Hamada, durante l’estate 2018, ha posizionato una scultura davanti al Teatro Nuovo, di fronte al primo
palcoscenico nella città del Festival dei Due Mondi; una collocazione simbolica che esalta l’anima stessa
dell’opera, la sua apertura nel marmo bianco, quel grande occhio atmosferico che connette l’ingresso del
teatro ai tetti della città antica. Oggi siamo dentro Palazzo Collicola Arti Visive, il museo d’arte
contemporanea che incarna la propulsione meticcia delle arti visive. Qui si distendono le opere pittoriche di
un viaggio umano e artistico, un percorso accidentato e al contempo sinuoso, verso le direzioni del possibile
e del plausibile, nel cuore armonico di un’orchestra cromatica.
Toru Hamada si plasma sul mondo come la forma dell’acqua: per adattarsi ai percorsi momentanei, al ciclo
che sta elaborando, alle ispirazioni che lo guidano nel dato periodo. Questo significa non cadere nella
divisione tra generi e tematiche ma mescolare citazioni e memorie, ricreando materia poetica, un humus
pittorico che ragioni come una biologia ispirata. L’arco della carriera si legge nei legami “parentali” tra un
ciclo e l’altro, mai nel distacco tra momenti ma sempre nel rilascio tra un prima, un durante e un dopo.
Decenni di lavoro che raccontano un autore ora dentro lo spazio metafisico ora fuori dal tempo specifico, in
lenta navigazione nella sua idea di caos da ordinare. Un procedere dentro la molteplicità del presente,
dentro un profluvio di colori, elementi, rumori, odori… è qui che l’artista unisce forme distoniche e dissonanti,
accumulando elementi, cucendo dialoghi inaspettati e coraggiosi, mettendo assieme ciò che spesso non
potrebbe convivere. La sua è una visione olistica e babelica, sorta di ciclo continuo in cui talvolta inventa da
zero, altre volte riparte da una personale memoria, altre ancora unisce caratteri di periodi diversi. Decenni di
lavoro pittorico che simulano la complessità e l’eterogeneità di un’esistenza, dove la pluralità del quadro
rispecchia il principio stesso della vita umana.
La pittura e il collagismo di TH generano paesaggi interiori, labirinti e intrecci dell’anima, geografie del colore
che fluiscono come un fiume di pigmenti. I vari momenti tematici hanno un comune denominatore: sono
brani conclusi in un ideale pentagramma figurativo, composizioni stratificate che ragionano come oceani di
colore narrativo. Dentro quei colori nascono eventi, talvolta figure umane, volti, animali, oggetti, numeri…
tutto è sospeso, un volo silenzioso negli spessori del colore, un mare cromatico di vite ed esperienze,
appunti sparsi ma non dispersi di un osservatore speciale.
La disciplina profonda di TH si rivela nel modo in cui il quadro unisce anziché disperdere. Campiture, colori e
contaminazioni sembrano avere un’entropia altissima: pensare e fare sono talmente fusi da rendere il gesto
una continua cucitura di colori, una costruzione lenta che ragiona con equilibrio ingegneristico. Si sente un
quid ispirato e melodioso, una musica in cui la violenza del gesto diventava il rito marziale (Thai Chi) delle
braccia nell’aria, a fendere l’atmosfera con disciplina e risolutezza. Una sonorità che ricorda l’aurora boreale,
profluvio di colori poetici che cela, in realtà, una meteorologia violentissima. Certa pittura somiglia davvero
alle natura del Pianeta: melodia di gesti e colori che nasconde asprezze e drammi, passione e paura,
coraggio e pazienza. Una doppia anima che nasce dal controllo dei movimenti ma anche dal sapere quando
va lasciato spazio al caso, ai segni del destino, alle correnti inaspettate.
Giappone, ascrivibile ad uno stato dell’essere che privilegia il silenzio atmosferico, la fermezza dello
sguardo, la disciplina tra corpo e spirito. Al contempo, si sente la seconda patria in Europa, prima a
Pietrasanta e poi nella campagna francese di Saint-Lubin-de-la-Haye, due luoghi di solida cultura che hanno
accolto l’uomo e l’artista. Asia ed Europa, due continenti che oggi tirano le somme adulte in
quest’esperienza umbra, nel cuore di una Spoleto che da sempre concepisce l’armonia tra mondi lontani.
Toru Hamada, durante l’estate 2018, ha posizionato una scultura davanti al Teatro Nuovo, di fronte al primo
palcoscenico nella città del Festival dei Due Mondi; una collocazione simbolica che esalta l’anima stessa
dell’opera, la sua apertura nel marmo bianco, quel grande occhio atmosferico che connette l’ingresso del
teatro ai tetti della città antica. Oggi siamo dentro Palazzo Collicola Arti Visive, il museo d’arte
contemporanea che incarna la propulsione meticcia delle arti visive. Qui si distendono le opere pittoriche di
un viaggio umano e artistico, un percorso accidentato e al contempo sinuoso, verso le direzioni del possibile
e del plausibile, nel cuore armonico di un’orchestra cromatica.
Toru Hamada si plasma sul mondo come la forma dell’acqua: per adattarsi ai percorsi momentanei, al ciclo
che sta elaborando, alle ispirazioni che lo guidano nel dato periodo. Questo significa non cadere nella
divisione tra generi e tematiche ma mescolare citazioni e memorie, ricreando materia poetica, un humus
pittorico che ragioni come una biologia ispirata. L’arco della carriera si legge nei legami “parentali” tra un
ciclo e l’altro, mai nel distacco tra momenti ma sempre nel rilascio tra un prima, un durante e un dopo.
Decenni di lavoro che raccontano un autore ora dentro lo spazio metafisico ora fuori dal tempo specifico, in
lenta navigazione nella sua idea di caos da ordinare. Un procedere dentro la molteplicità del presente,
dentro un profluvio di colori, elementi, rumori, odori… è qui che l’artista unisce forme distoniche e dissonanti,
accumulando elementi, cucendo dialoghi inaspettati e coraggiosi, mettendo assieme ciò che spesso non
potrebbe convivere. La sua è una visione olistica e babelica, sorta di ciclo continuo in cui talvolta inventa da
zero, altre volte riparte da una personale memoria, altre ancora unisce caratteri di periodi diversi. Decenni di
lavoro pittorico che simulano la complessità e l’eterogeneità di un’esistenza, dove la pluralità del quadro
rispecchia il principio stesso della vita umana.
La pittura e il collagismo di TH generano paesaggi interiori, labirinti e intrecci dell’anima, geografie del colore
che fluiscono come un fiume di pigmenti. I vari momenti tematici hanno un comune denominatore: sono
brani conclusi in un ideale pentagramma figurativo, composizioni stratificate che ragionano come oceani di
colore narrativo. Dentro quei colori nascono eventi, talvolta figure umane, volti, animali, oggetti, numeri…
tutto è sospeso, un volo silenzioso negli spessori del colore, un mare cromatico di vite ed esperienze,
appunti sparsi ma non dispersi di un osservatore speciale.
La disciplina profonda di TH si rivela nel modo in cui il quadro unisce anziché disperdere. Campiture, colori e
contaminazioni sembrano avere un’entropia altissima: pensare e fare sono talmente fusi da rendere il gesto
una continua cucitura di colori, una costruzione lenta che ragiona con equilibrio ingegneristico. Si sente un
quid ispirato e melodioso, una musica in cui la violenza del gesto diventava il rito marziale (Thai Chi) delle
braccia nell’aria, a fendere l’atmosfera con disciplina e risolutezza. Una sonorità che ricorda l’aurora boreale,
profluvio di colori poetici che cela, in realtà, una meteorologia violentissima. Certa pittura somiglia davvero
alle natura del Pianeta: melodia di gesti e colori che nasconde asprezze e drammi, passione e paura,
coraggio e pazienza. Una doppia anima che nasce dal controllo dei movimenti ma anche dal sapere quando
va lasciato spazio al caso, ai segni del destino, alle correnti inaspettate.
27
ottobre 2018
Toru Hamada – La disciplina del dubbio costante
Dal 27 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019
arte contemporanea
Location
PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE – MUSEO CARANDENTE
Spoleto, Via Loreto Vittori, 11, (Perugia)
Spoleto, Via Loreto Vittori, 11, (Perugia)
Vernissage
27 Ottobre 2018, h 12
Autore
Curatore