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Touch me, please!
Touch me, please! è un nuovo modo di vedere, intendere e percepire
l’arte. Finalmente è, non solo concesso ma obbligatorio “toccare” le opere.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Una serie di lavori di piccole dimensioni parlano al pubblico,
chiedono di essere non solo guardate ma percepite attraverso tutti i sensi e
soprattutto il tatto.
Quasi venti opere giocano per farsi gustare tra lo sguardo e le dita
oltre la critica e il buon gusto.
Per reinventare forme e materiali non conformi al proprio ruolo in un
giardino tra fantasia e gioco.
Nessuna paura, nessuna esitazione, anzi touch me, please!
Isabella Nurigiani, Nicoletta Zanchi, Lorenzo Baruffi, Antonella
Catini, Elizabeth Frolet, Serge Uberti, Stella Tasca, Fabia Rodi e Marcello
Orlando, Bruno D’Amicis, Anna Tufano, Roberto Carlos Umpierrez, Giulio
Squillacciotti, Francesca Manzini, Giulia Cantisani, Mauro Molle,
Lucianella Cafagna, Matt Vullo e Chris Bonobò.
Tra le opere esposte “L’albero della cuccagna” di Isabella Nurigiani .
Un lavoro che assume le caratteristiche fisiche, tangibili proprio del
contrario di un simbolo considerato il guadagno facile, il modo per
mangiare, bere, avere anche il superfluo senza lavorare.
Non è previsto “prendere”, ma “dare” vista la necessità di imprimere
una forza per spingere, metafora di un atto di generosità.
“Lo stereoscopio” di Francesca Manzini fa tornare alle origini della
fotografia. Un oggetto da prendere in mano e guardare da vicino,
lentamente osservare ogni immagine che acquista profondità grazie al gioco delle
lenti. Un'azione quasi rituale in cui il toccare diventa guardare.
stereoscopìa s.f. ( comp. di stereo- e -scopia ).- La percezione del rilievo di un
oggetto che si ha in conseguenza della visione binoculare;..- Il
meccanismo fisiologico che consente la visione stereoscopica è notevolmente
complesso e tuttora non ben chiarito; si può dire comunque che essa è dovuta alla
fusione tra le due diverse immagini ( coppia stereoscopica ) che di un
oggetto si formano nei due occhi.
stereoscòpio s.m. ( comp. di stereo- e -scopio ) .- Dispositivo atto a
fornire la sensazione del rilievo nell'osservazione delle due immagini
piane costituenti una coppia stereoscopica (v. STEREOSCOPIA ). Lo
stereoscopio si basa sull'artificio di far vedere a ciascun occhio una sola delle
immagini.
“Orso Grill” di Fabia Rodi e Marcello Orlando
Il gusto, si sa, e' cosa personale, non bastano a volte le convenzioni
culturali a spiegare il piacere scatenato dai sensi in qualcosa
ritenuto dai più ripugnante, da qui il tentativo di documentare il piacere
dell'esperienza del tatto tra persone obese, che hanno poco a vedere
con i parametri estetici occidentali, ma che comunque esistono, amano si
amano e sopratutto si toccano, con molto piacere anche!
“Eat me, please! drink me, please!” di Stella Tasca invita la gente a
riflettere sulla sottile divisione tra generosità e avidità insita nel
carattere anche e non solo dell’uomo. La dove si crede di ricevere in
realtà cospira un trappola che esteticamente e fisicamente ci costringe
avolere tutto ma proprio tutto. Puoi mangiare gratis ma, dopo, quando ti
verrà sete sarai costretto a pagare per la tua smania, naturale
reazione di quando si vuole e si vuole gratis.
Attenzione a quello che mangi, a quello che bevi e soprattutto a chi te
lo offre!
“La tavola votiva” di Serge Uberti è la prima di una serie di 7; un
teatro che parte da un immagine fissa acquista movimento aprendosi con una
gancetto e scoprendo un'altra scena .
“Realtà o medicina finta?” di Lorenzo Baruffi cerca di superare la
finta realtà che pervade le vite di molte, troppe persone. L’immedesimarsi in
un medico tenta di liberare l’uomo moderno dal dover fare una sola cosa.
Lo spettatore per un giorno diventa un medico qualificato, osserva delle
lastre, e da il suo referto che oggi non è reale, è solo il frutto di
un nuovo viaggio. Prima di aver finito questo viaggio lo spettatore dovrà
scrivere il suo referto, fatto di realtà o solo di emozioni date dal
sapore di nuove conoscenze.
“Play me, please! due dadi con le facce” di Giulio Squillacciotti è un
gioco con due dadi. 12 facce. 6 femmine 6 maschi. Maschio contro
femmina.
Femmina contro maschio. Alla femmina le femmine, al maschio i maschi.
Tre tiri a testa. Chi fa il numero più alto per più volte vince. In caso di
pareggio a oltranza.
“Earth” di Antonella Catini sollecita l’attenzione dello spettatore
sull’operato sconsiderato e distruttivo dell’uomo sull’ambiente
invitandolo
provocatoriamente ad intervenire sulla tela in modo personale ed
anticonvenzionale con l’utilizzo di chewing gum.
“Danse Macabre” di Elizabeth Frolet è l’interpretazione contemporanea
del tema medievale della danse des morts. Una serie di tre tra teschi e
sessi femminili e maschili fanno da sfondo ad un pupazzo rosso libero di
scegliere dove toccarsi.
“Prova tangibile“ di Mauro Molle fa venire subito in mente la tv, che
mostra spesso quello che ti vorrebbe far avere o essere ma non si può. Nel
caso della ormai sfruttatissima figura femminile, nuda, senza più veli, che
parla poco e mostra molto; dice col suo corpo "toccami ". Tutto questo è
secondo l’artista, la sintesi di come i media possano fare del cervello umano
una macchina spenta che guarda assopita quei corpi bidimensionali senza
poterne avere mai un contatto vero.
chiedono di essere non solo guardate ma percepite attraverso tutti i sensi e
soprattutto il tatto.
Quasi venti opere giocano per farsi gustare tra lo sguardo e le dita
oltre la critica e il buon gusto.
Per reinventare forme e materiali non conformi al proprio ruolo in un
giardino tra fantasia e gioco.
Nessuna paura, nessuna esitazione, anzi touch me, please!
Isabella Nurigiani, Nicoletta Zanchi, Lorenzo Baruffi, Antonella
Catini, Elizabeth Frolet, Serge Uberti, Stella Tasca, Fabia Rodi e Marcello
Orlando, Bruno D’Amicis, Anna Tufano, Roberto Carlos Umpierrez, Giulio
Squillacciotti, Francesca Manzini, Giulia Cantisani, Mauro Molle,
Lucianella Cafagna, Matt Vullo e Chris Bonobò.
Tra le opere esposte “L’albero della cuccagna” di Isabella Nurigiani .
Un lavoro che assume le caratteristiche fisiche, tangibili proprio del
contrario di un simbolo considerato il guadagno facile, il modo per
mangiare, bere, avere anche il superfluo senza lavorare.
Non è previsto “prendere”, ma “dare” vista la necessità di imprimere
una forza per spingere, metafora di un atto di generosità.
“Lo stereoscopio” di Francesca Manzini fa tornare alle origini della
fotografia. Un oggetto da prendere in mano e guardare da vicino,
lentamente osservare ogni immagine che acquista profondità grazie al gioco delle
lenti. Un'azione quasi rituale in cui il toccare diventa guardare.
stereoscopìa s.f. ( comp. di stereo- e -scopia ).- La percezione del rilievo di un
oggetto che si ha in conseguenza della visione binoculare;..- Il
meccanismo fisiologico che consente la visione stereoscopica è notevolmente
complesso e tuttora non ben chiarito; si può dire comunque che essa è dovuta alla
fusione tra le due diverse immagini ( coppia stereoscopica ) che di un
oggetto si formano nei due occhi.
stereoscòpio s.m. ( comp. di stereo- e -scopio ) .- Dispositivo atto a
fornire la sensazione del rilievo nell'osservazione delle due immagini
piane costituenti una coppia stereoscopica (v. STEREOSCOPIA ). Lo
stereoscopio si basa sull'artificio di far vedere a ciascun occhio una sola delle
immagini.
“Orso Grill” di Fabia Rodi e Marcello Orlando
Il gusto, si sa, e' cosa personale, non bastano a volte le convenzioni
culturali a spiegare il piacere scatenato dai sensi in qualcosa
ritenuto dai più ripugnante, da qui il tentativo di documentare il piacere
dell'esperienza del tatto tra persone obese, che hanno poco a vedere
con i parametri estetici occidentali, ma che comunque esistono, amano si
amano e sopratutto si toccano, con molto piacere anche!
“Eat me, please! drink me, please!” di Stella Tasca invita la gente a
riflettere sulla sottile divisione tra generosità e avidità insita nel
carattere anche e non solo dell’uomo. La dove si crede di ricevere in
realtà cospira un trappola che esteticamente e fisicamente ci costringe
avolere tutto ma proprio tutto. Puoi mangiare gratis ma, dopo, quando ti
verrà sete sarai costretto a pagare per la tua smania, naturale
reazione di quando si vuole e si vuole gratis.
Attenzione a quello che mangi, a quello che bevi e soprattutto a chi te
lo offre!
“La tavola votiva” di Serge Uberti è la prima di una serie di 7; un
teatro che parte da un immagine fissa acquista movimento aprendosi con una
gancetto e scoprendo un'altra scena .
“Realtà o medicina finta?” di Lorenzo Baruffi cerca di superare la
finta realtà che pervade le vite di molte, troppe persone. L’immedesimarsi in
un medico tenta di liberare l’uomo moderno dal dover fare una sola cosa.
Lo spettatore per un giorno diventa un medico qualificato, osserva delle
lastre, e da il suo referto che oggi non è reale, è solo il frutto di
un nuovo viaggio. Prima di aver finito questo viaggio lo spettatore dovrà
scrivere il suo referto, fatto di realtà o solo di emozioni date dal
sapore di nuove conoscenze.
“Play me, please! due dadi con le facce” di Giulio Squillacciotti è un
gioco con due dadi. 12 facce. 6 femmine 6 maschi. Maschio contro
femmina.
Femmina contro maschio. Alla femmina le femmine, al maschio i maschi.
Tre tiri a testa. Chi fa il numero più alto per più volte vince. In caso di
pareggio a oltranza.
“Earth” di Antonella Catini sollecita l’attenzione dello spettatore
sull’operato sconsiderato e distruttivo dell’uomo sull’ambiente
invitandolo
provocatoriamente ad intervenire sulla tela in modo personale ed
anticonvenzionale con l’utilizzo di chewing gum.
“Danse Macabre” di Elizabeth Frolet è l’interpretazione contemporanea
del tema medievale della danse des morts. Una serie di tre tra teschi e
sessi femminili e maschili fanno da sfondo ad un pupazzo rosso libero di
scegliere dove toccarsi.
“Prova tangibile“ di Mauro Molle fa venire subito in mente la tv, che
mostra spesso quello che ti vorrebbe far avere o essere ma non si può. Nel
caso della ormai sfruttatissima figura femminile, nuda, senza più veli, che
parla poco e mostra molto; dice col suo corpo "toccami ". Tutto questo è
secondo l’artista, la sintesi di come i media possano fare del cervello umano
una macchina spenta che guarda assopita quei corpi bidimensionali senza
poterne avere mai un contatto vero.
17
settembre 2005
Touch me, please!
Dal 17 al 27 settembre 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA STELLA
Roma, Via Di San Calisto, 8, (Roma)
Roma, Via Di San Calisto, 8, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16:00-20:00
Vernissage
17 Settembre 2005, dalle 19:00 alle 04:00 di notte
Autore