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Traceable
Otto artisti sono condotti a esprimersi dal curatore, secondo la nozione di un’entità rintracciabile e volutamente non meglio precisata
Comunicato stampa
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Galleria ZAK è lieta di annunciare l’apertura di TRACEABLE a cura Fabio Migliorati con la partecipazione e la presenza degli artisti internazionali Manon Bellet (Basilea 1979); Huber. Huber (Zurigo 1975); Andreas Marti (Zurigo 1967); Christian Niccoli (Bolzano 1976); Jorg Nittenwilm (Coblenza 1967); Martin Skauen (Fredrikstad 1975); Esther Stocker (Schlanders 1974); Heike Weber (Siegen 1962).
Otto artisti sono condotti a esprimersi dal curatore, secondo la nozione di un’entità rintracciabile e volutamente non meglio precisata: Manon Bellet (Basilea, 1979); Huber.Huber (Zurigo, 1975); Andreas Marti (Zurigo, 1967); Christian Niccoli (Bolzano, 1976); Jorg Nittenwilm (Coblenza, 1967); Martin Skauen (Fredrikstad, 1975); Esther Stocker (Schlanders, 1974); Heike Weber (Siegen, 1962). Tutti, secondo il critico aretino, lavorano per celebrare le tracce, più o meno evidenti e transitorie, dell’arte di oggi. La Svizzera di Bellet, di Marti, dei gemelli Huber partecipa rispettivamente con un’installazione in carta bruciata; un wall-drawing a chiazze e una pila di fogli bianchi; e con “Fireplace”, scultura-souvenir falòmorfica, da centro, posata sul pavimento e composta di idoli tribali afro-asiatici carbonizzati, circondati da pietre. Il video è presente con Niccoli e Skauen (il primo fa della teatralità una pratica simbolicamente antropologica; il secondo riprende con la camera i propri disegni, in una narrativa meccanicamente circolare articolata). Poi la Stocker accorre con un informale quasi optical, dalla sensazione labirintica, straniante, e Nittenwilm disperde ulteriormente il tratto tramite il suo disegnare libero sulle pareti: sinuoso, propulsivo. Infine la Germania evoca l’oriente dei manufatti etnologici, mediante alcuni disegni dal motivo di tappeto persiano che Weber è capace di costruire con l’uso di delicatissimi inchiostri su carte appese senza cornice.
TRACEABLE testo di Fabio Migliorati
ZAK! presenta Traceable, a cura di Fabio Migliorati: collettiva internazionale che, da una centralità mittel-europea, si slancia in incursioni norvegesi. Traceable: qualità dell’arte, nell’epoca della sua rintracciabilità. E se da Walter Benjamin si mutua una specie di slogan per assurgere al ruolo privilegiato dell’espressione creativa, allora quel messaggio è anche riconducibile al linguaggio di oggi, come fosse estetica che sancisce una forma della bellezza. Più il senso dell’opera si rintraccia, più si comprende, più si gusta – più è considerabile, valutabile secondo un canone presente o futuro. Sì, perché nel Duemila l’arte si cosparge nella propria mutevolezza; e spesso capita di percepire un andamento espressivo che genera galassie di varietà che è verità. Dall’opera, al documento dell’opera, tutto accade nel trasalire della nostra convulsa era contemporanea, fatta di rumore e di velocità (la “modernità liquida” di Zygmunt Bauman, la “dromocrazia” di Paul Virilio, la “accelerazione sociale” di Hartmut Rosa). L’attualità, quindi, va dal sistema di una società dirompente, alla deriva di una cultura della fermezza. E la liquefazione del contenuto sociopolitico corrisponde a quella della forma culturale: alla rincorsa di un presente socializzato composto di contaminazioni insinuanti. Dinamicità e frastuono sono caratteristiche imperanti, da esportare con la garanzia democratica di fiero stampo occidentale – quella decisa occidentalizzazione della contemporaneità che è direttamente ed esplicitamente collegata a un criterio della norma dilatata, per usare il tempo quale paradigma di nesso puramente politico il cui ritmo viene scandito dalla pretesa di un’incessante crescita della produttività. L’arte, allora, non è più quel moto che determina, ma diviene il brandello che rimane, che resta in giro o viene accantonato (a galla nel non-senso dei nostri giorni). L’entità artistica diventa una sorta di rielaborazione della memoria latente: a preservare l’identità debole di ognuno di noi, minacciata da timori e incertezze. Il vissuto personale è ormai una minaccia, un’indispensabile morbosità che si fa dialettica nello spazio della creatività, tanto del concepire quanto del percepire. Immagine come simbolo di uno stadio contraddetto delle cose, come risultanza delle specificità (più spesso aniconiche) assunte a testo: ritracciando il concetto di “Mnemosyne” quale memoria del mondo di Aby Warburg, adesso costituito di spoglie, residui fattivi che regalano contenuto linguistico in quanto stimoli all’originario peso del testo. A testimonianza di ciò, infatti, sta il rapporto fra opera e documentazione dell’opera; nel suo realizzarsi e nel suo mostrarsi. Via, così, per l’efficacia o la rilevanza dell’apparato tecnico riproduttivo, o per la presenza temporanea in un luogo espositivo – mirando un’arte dissimulante, instabile, trasparente (fino all’arte come traccia). Di qui, il concetto di rintracciabilità: incontro alla verifica di un tale stato delle cose. È questo lo spirito che riflette la sostanza della nostra interiorità umana: una frammentazione sviluppatasi come riflessione sulla graduale decostruzione della soggettività. Dall'ermeneutica tedesca – attraverso la scissione foucaultiana – al pensiero debole italiano, gli individui divengono soli insieme: in comunità che celano l’apporto del singolo, fino allo stadio di un soggetto che viene ridotto a mero indice di rifrazione degli altri.
Otto artisti sono condotti a esprimersi dal curatore, secondo la nozione di un’entità rintracciabile e volutamente non meglio precisata: Manon Bellet (Basilea, 1979); Huber.Huber (Zurigo, 1975); Andreas Marti (Zurigo, 1967); Christian Niccoli (Bolzano, 1976); Jorg Nittenwilm (Coblenza, 1967); Martin Skauen (Fredrikstad, 1975); Esther Stocker (Schlanders, 1974); Heike Weber (Siegen, 1962). Tutti, secondo il critico aretino, lavorano per celebrare le tracce, più o meno evidenti e transitorie, dell’arte di oggi. La Svizzera di Bellet, di Marti, dei gemelli Huber partecipa rispettivamente con un’installazione in carta bruciata; un wall-drawing a chiazze e una pila di fogli bianchi; e con “Fireplace”, scultura-souvenir falòmorfica, da centro, posata sul pavimento e composta di idoli tribali afro-asiatici carbonizzati, circondati da pietre. Il video è presente con Niccoli e Skauen (il primo fa della teatralità una pratica simbolicamente antropologica; il secondo riprende con la camera i propri disegni, in una narrativa meccanicamente circolare articolata). Poi la Stocker accorre con un informale quasi optical, dalla sensazione labirintica, straniante, e Nittenwilm disperde ulteriormente il tratto tramite il suo disegnare libero sulle pareti: sinuoso, propulsivo. Infine la Germania evoca l’oriente dei manufatti etnologici, mediante alcuni disegni dal motivo di tappeto persiano che Weber è capace di costruire con l’uso di delicatissimi inchiostri su carte appese senza cornice.
TRACEABLE testo di Fabio Migliorati
ZAK! presenta Traceable, a cura di Fabio Migliorati: collettiva internazionale che, da una centralità mittel-europea, si slancia in incursioni norvegesi. Traceable: qualità dell’arte, nell’epoca della sua rintracciabilità. E se da Walter Benjamin si mutua una specie di slogan per assurgere al ruolo privilegiato dell’espressione creativa, allora quel messaggio è anche riconducibile al linguaggio di oggi, come fosse estetica che sancisce una forma della bellezza. Più il senso dell’opera si rintraccia, più si comprende, più si gusta – più è considerabile, valutabile secondo un canone presente o futuro. Sì, perché nel Duemila l’arte si cosparge nella propria mutevolezza; e spesso capita di percepire un andamento espressivo che genera galassie di varietà che è verità. Dall’opera, al documento dell’opera, tutto accade nel trasalire della nostra convulsa era contemporanea, fatta di rumore e di velocità (la “modernità liquida” di Zygmunt Bauman, la “dromocrazia” di Paul Virilio, la “accelerazione sociale” di Hartmut Rosa). L’attualità, quindi, va dal sistema di una società dirompente, alla deriva di una cultura della fermezza. E la liquefazione del contenuto sociopolitico corrisponde a quella della forma culturale: alla rincorsa di un presente socializzato composto di contaminazioni insinuanti. Dinamicità e frastuono sono caratteristiche imperanti, da esportare con la garanzia democratica di fiero stampo occidentale – quella decisa occidentalizzazione della contemporaneità che è direttamente ed esplicitamente collegata a un criterio della norma dilatata, per usare il tempo quale paradigma di nesso puramente politico il cui ritmo viene scandito dalla pretesa di un’incessante crescita della produttività. L’arte, allora, non è più quel moto che determina, ma diviene il brandello che rimane, che resta in giro o viene accantonato (a galla nel non-senso dei nostri giorni). L’entità artistica diventa una sorta di rielaborazione della memoria latente: a preservare l’identità debole di ognuno di noi, minacciata da timori e incertezze. Il vissuto personale è ormai una minaccia, un’indispensabile morbosità che si fa dialettica nello spazio della creatività, tanto del concepire quanto del percepire. Immagine come simbolo di uno stadio contraddetto delle cose, come risultanza delle specificità (più spesso aniconiche) assunte a testo: ritracciando il concetto di “Mnemosyne” quale memoria del mondo di Aby Warburg, adesso costituito di spoglie, residui fattivi che regalano contenuto linguistico in quanto stimoli all’originario peso del testo. A testimonianza di ciò, infatti, sta il rapporto fra opera e documentazione dell’opera; nel suo realizzarsi e nel suo mostrarsi. Via, così, per l’efficacia o la rilevanza dell’apparato tecnico riproduttivo, o per la presenza temporanea in un luogo espositivo – mirando un’arte dissimulante, instabile, trasparente (fino all’arte come traccia). Di qui, il concetto di rintracciabilità: incontro alla verifica di un tale stato delle cose. È questo lo spirito che riflette la sostanza della nostra interiorità umana: una frammentazione sviluppatasi come riflessione sulla graduale decostruzione della soggettività. Dall'ermeneutica tedesca – attraverso la scissione foucaultiana – al pensiero debole italiano, gli individui divengono soli insieme: in comunità che celano l’apporto del singolo, fino allo stadio di un soggetto che viene ridotto a mero indice di rifrazione degli altri.
08
gennaio 2011
Traceable
Dall'otto gennaio all'otto aprile 2011
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
GALLERIA ZAK
Monteriggioni, Piazza Roma, 13, (Siena)
Monteriggioni, Piazza Roma, 13, (Siena)
Orario di apertura
ore 11/14 - 15/20
Vernissage
8 Gennaio 2011, ore 18
Autore
Curatore