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Trans-form-action
si animano gli spazi fuori e dentro le cucine dell’ex Ospedale Psichiatrico di Pergine: un grande atelier in presa diretta condotto e vissuto da artisti provenienti da mondi e culture diverse. Art in progress. Oltre l’outsider .
Comunicato stampa
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domenica 4 • lunedì 5 • martedì 6 • mercoledì 7 • giovedì 8 venerdì 9 • sabato 10 luglio
LA CITTÀ DEI MATTI
Teatro, installazioni, video, musica, performance, art in progress, cibo,non stop
Tutti i giorni dalle ore 17.00
CUCINE EX OP TRANS-FORM-ACTION Artisti in cantiere, performance, art in progress.
APERITIVI MUSICALI Luca Vignali,Maurizio Mastrini, La Boîte a Musique.
SOGNO LUCIDO Video non stop incollaborazione con Milano Film Festival,
FuoriDove?, Format, Progetto Memoria PAT.
FUORI! Sezione OFF. Creatività e fermento artistico di giovani compagnie.
CON LA TESTA NEL PALLONEI mondiali commentati da Supermario.
LE FATE TATE Laboratori per bambini.AMACHE SENSORIALI a cura di Esterni Milano.
IL CIBO L'Osteria Storica Morelliallestirà il punto di incontro e ristoro della Città dei Matti.
Dal 3 al 10 luglio si animano gli spazi fuori e dentro le cucine dell’ex Ospedale Psichiatrico di Pergine: un grande atelier in presa diretta condotto e vissuto da artisti provenienti da mondi e culture diverse. Art in progress. Oltre l’outsider .
TRANS-FORM-ACTION
L’ARTE IN CANTIERE DI DANIELA ROSI
Come può darsi forma senza trasformazione? Niente cambia senza l’azione. Nessuno cambia se non in relazione. Per questo motivo quest’anno la “città dei matti” si fa cantiere: un atelier vissuto da artisti di varia provenienza che mettono in moto le loro azio ni creative per ottenere forme e modificazioni di forme. Per tessere relazioni e allacciare rapporti artistici. Si sono scelte tutte le forme di diversità nell’arte: diversità geografiche, diversità di codice espressivo, diversità di stili, diversità di materiali, diversità di condizione sociale. Una grande opera collettiva, unità d’intenti artistici, che solo alla fine della settimana si farà compiuta e sfocerà nella più folle delle mostre collettive. Quale la novità rispetto alle edizioni passate?
Quest’anno – spiega Daniela Rosi – l’idea è quella di dimostrare
in modo performativo, e quindi più vicino alla storia di spettacolo del festival perginese, che l’arte è sempre “out”, sempre aperta al “fuori”. Outsider quest’anno viene interpretato nel suo senso più letterale: fuori dal ristretto confine del nostro paese, della
nostra città, della nostra nazione, del nostro continente; fuori dall’idea tradizionale di “mostra d’arte”; fuori dagli schemi classici dell’arte preconfezionata, scelta in base al valore commerciale, rodata e fuori dal rischio del risultato certo; fuori dal concetto
di “artista insider” e “artista outsider”, per un linguaggio aperto senza definizioni di appartenenza all’una o all’altra categoria; fuori dal concetto di extracomunitario perché il linguaggio dell’arte è il solo vero esperanto; fuori dall’idea che esista un’arte
dei sani e un’arte dei malati; fuori dall’idea che sia impossibileun grande ideale atelier del mondo che sia in grado di contemplare anche la propria follia. Dunque un grande laboratorio a cielo aperto in cui convivono artisti “normali” e artisti outsider…
Che gli artisti possano esprimersi assieme, in vicinanza, mantenendo la loro autonomia specifica, mi sembra una bella cosa, specie se non ci sono barriere fra loro, siano essi italiani o stranieri, giovani o vecchi, sani o malati, figurativi o astratti, visionari o
perrealisti, fotografi o disegnatori, pittori o scultori, videomaker o performer . Ritengo che la vicinanza di “tante diversità” non possa che essere feconda. Ma allora perché chiamare gli artisti “outsider”? Non si rischia forse di stigmatizzare utilizzando questo termine?
l termine “outsider” ha valenza storica e non si riferisce tanto all’opera o al suo valore artistico, quanto piuttosto alla posizione di marginalità in cui si trova a
vivere, suo malgrado, l’artista a cui il termine si riferisce. Dopo la morte di Dubuffet tutto l’interesse del mondo dell’arte per Ramón Ramírez Ruiz, Lienzos (Dipinti)Flavio Eracliti - Atelier FatatoGengiscao, aereo.
le produzioni spontanee, realizzate da autori non colti, non formati accademicamente e spesso rivolti a produrre soprattutto per sé, più che per gli altri o per il mercato, trova il suo terminedi riferimento nella parola “outsider”, coniata da Roger Cardinal nel 1974 e che verrà poi adottata da tutti coloro che vorranno indicare “la creazione spontanea, originaria, primitiva”. All’interno della categoria non trovano spazio solo le produzioni dei
malati di mente, ma quelle di ogni artista marginale, sia esso visionario, solitario, analfabeta isolato, graffitaro e altro ancora. Il problema dello stigma esiste in chi guarda, non nel termine insé. Se fosse appurato che la malattia mentale non è un problema, per nessuno la produzione di un malato mentale costituirebbe “un caso” in sé. Tanto più che la dilazione percettiva di chi ha visioni allucinatorie è grande e può donare punti di vista
ignoti ai più. Il termine, quindi, è talmente lato da perdere addirittura i suoi
confini e non costituisce per niente un “vulnus”, anzi. Io sono convinta che, a parità di talento, l’artista colpito da malattia psichica, che sente voci e vede immagini surreali e allucinate, possiede un quid in più. Ha una percezione dilatata, come dicevo, e quindi attinge a po- Mirco Tarsi, Autoritratto n. 60 tenziali espressivi più vasti. Per me dire outsider vuol dire riconoscere un qualcosa in più all’opera rispetto a quello che può
essere riconosciuto a un artista che non “gode” di queste alterazioni.
Avere quest’anno un mega-atelier di tanti artisti diversi, che accoglieranno anche artisti provenienti dai vari atelier outsider italiani, significa dare diritto di cittadinanza a “ogni differenza positiva”, così che si possa senz’altro affermare che l’Arte, ovunue si manifesti, rappresenta sempre la condizione sana di una società.
DANIELA ROSI nasce a Isola della Scala (Verona) nel 1959. Diploma accademico
in Scenografia, è stata curatrice di oltre cinquanta mostre di Arte irregolare, realizzate in diverse città italiane, tra cui la sezione speciale dedicata all’OutsiderArt alla fiera mercato ArtVerona fin dalla prima edizione del 2005. È coordinatrice del progetto sull’Outsider Art all’Accademia di Belle Arti di Verona e degli atelier dei reparti di psichiatria delle aziende ospedalieredi Verona e di Mantova. Autrice di diversi articoli e saggi sul tema dell’Outsider Art per riviste e cataloghi d’arte nazionali e internazionali, dirige la collana “I Funamboli” per i tipi della Campanotto di Udine, dedicata agli artisti marginali. È responsabile culturale del Centro di Riabilitazione neurologica “Franca Martini” di Trento. Per le edizioni 2008 e 2009 del festival PSA ha curato l’esposizione outsider e le installazioni realizzate all’interno del Padiglione Perugini e dentro le cucine dell’ex OP.
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Sara Sciortino
LA CITTÀ DEI MATTI
Teatro, installazioni, video, musica, performance, art in progress, cibo,non stop
Tutti i giorni dalle ore 17.00
CUCINE EX OP TRANS-FORM-ACTION Artisti in cantiere, performance, art in progress.
APERITIVI MUSICALI Luca Vignali,Maurizio Mastrini, La Boîte a Musique.
SOGNO LUCIDO Video non stop incollaborazione con Milano Film Festival,
FuoriDove?, Format, Progetto Memoria PAT.
FUORI! Sezione OFF. Creatività e fermento artistico di giovani compagnie.
CON LA TESTA NEL PALLONEI mondiali commentati da Supermario.
LE FATE TATE Laboratori per bambini.AMACHE SENSORIALI a cura di Esterni Milano.
IL CIBO L'Osteria Storica Morelliallestirà il punto di incontro e ristoro della Città dei Matti.
Dal 3 al 10 luglio si animano gli spazi fuori e dentro le cucine dell’ex Ospedale Psichiatrico di Pergine: un grande atelier in presa diretta condotto e vissuto da artisti provenienti da mondi e culture diverse. Art in progress. Oltre l’outsider .
TRANS-FORM-ACTION
L’ARTE IN CANTIERE DI DANIELA ROSI
Come può darsi forma senza trasformazione? Niente cambia senza l’azione. Nessuno cambia se non in relazione. Per questo motivo quest’anno la “città dei matti” si fa cantiere: un atelier vissuto da artisti di varia provenienza che mettono in moto le loro azio ni creative per ottenere forme e modificazioni di forme. Per tessere relazioni e allacciare rapporti artistici. Si sono scelte tutte le forme di diversità nell’arte: diversità geografiche, diversità di codice espressivo, diversità di stili, diversità di materiali, diversità di condizione sociale. Una grande opera collettiva, unità d’intenti artistici, che solo alla fine della settimana si farà compiuta e sfocerà nella più folle delle mostre collettive. Quale la novità rispetto alle edizioni passate?
Quest’anno – spiega Daniela Rosi – l’idea è quella di dimostrare
in modo performativo, e quindi più vicino alla storia di spettacolo del festival perginese, che l’arte è sempre “out”, sempre aperta al “fuori”. Outsider quest’anno viene interpretato nel suo senso più letterale: fuori dal ristretto confine del nostro paese, della
nostra città, della nostra nazione, del nostro continente; fuori dall’idea tradizionale di “mostra d’arte”; fuori dagli schemi classici dell’arte preconfezionata, scelta in base al valore commerciale, rodata e fuori dal rischio del risultato certo; fuori dal concetto
di “artista insider” e “artista outsider”, per un linguaggio aperto senza definizioni di appartenenza all’una o all’altra categoria; fuori dal concetto di extracomunitario perché il linguaggio dell’arte è il solo vero esperanto; fuori dall’idea che esista un’arte
dei sani e un’arte dei malati; fuori dall’idea che sia impossibileun grande ideale atelier del mondo che sia in grado di contemplare anche la propria follia. Dunque un grande laboratorio a cielo aperto in cui convivono artisti “normali” e artisti outsider…
Che gli artisti possano esprimersi assieme, in vicinanza, mantenendo la loro autonomia specifica, mi sembra una bella cosa, specie se non ci sono barriere fra loro, siano essi italiani o stranieri, giovani o vecchi, sani o malati, figurativi o astratti, visionari o
perrealisti, fotografi o disegnatori, pittori o scultori, videomaker o performer . Ritengo che la vicinanza di “tante diversità” non possa che essere feconda. Ma allora perché chiamare gli artisti “outsider”? Non si rischia forse di stigmatizzare utilizzando questo termine?
l termine “outsider” ha valenza storica e non si riferisce tanto all’opera o al suo valore artistico, quanto piuttosto alla posizione di marginalità in cui si trova a
vivere, suo malgrado, l’artista a cui il termine si riferisce. Dopo la morte di Dubuffet tutto l’interesse del mondo dell’arte per Ramón Ramírez Ruiz, Lienzos (Dipinti)Flavio Eracliti - Atelier FatatoGengiscao, aereo.
le produzioni spontanee, realizzate da autori non colti, non formati accademicamente e spesso rivolti a produrre soprattutto per sé, più che per gli altri o per il mercato, trova il suo terminedi riferimento nella parola “outsider”, coniata da Roger Cardinal nel 1974 e che verrà poi adottata da tutti coloro che vorranno indicare “la creazione spontanea, originaria, primitiva”. All’interno della categoria non trovano spazio solo le produzioni dei
malati di mente, ma quelle di ogni artista marginale, sia esso visionario, solitario, analfabeta isolato, graffitaro e altro ancora. Il problema dello stigma esiste in chi guarda, non nel termine insé. Se fosse appurato che la malattia mentale non è un problema, per nessuno la produzione di un malato mentale costituirebbe “un caso” in sé. Tanto più che la dilazione percettiva di chi ha visioni allucinatorie è grande e può donare punti di vista
ignoti ai più. Il termine, quindi, è talmente lato da perdere addirittura i suoi
confini e non costituisce per niente un “vulnus”, anzi. Io sono convinta che, a parità di talento, l’artista colpito da malattia psichica, che sente voci e vede immagini surreali e allucinate, possiede un quid in più. Ha una percezione dilatata, come dicevo, e quindi attinge a po- Mirco Tarsi, Autoritratto n. 60 tenziali espressivi più vasti. Per me dire outsider vuol dire riconoscere un qualcosa in più all’opera rispetto a quello che può
essere riconosciuto a un artista che non “gode” di queste alterazioni.
Avere quest’anno un mega-atelier di tanti artisti diversi, che accoglieranno anche artisti provenienti dai vari atelier outsider italiani, significa dare diritto di cittadinanza a “ogni differenza positiva”, così che si possa senz’altro affermare che l’Arte, ovunue si manifesti, rappresenta sempre la condizione sana di una società.
DANIELA ROSI nasce a Isola della Scala (Verona) nel 1959. Diploma accademico
in Scenografia, è stata curatrice di oltre cinquanta mostre di Arte irregolare, realizzate in diverse città italiane, tra cui la sezione speciale dedicata all’OutsiderArt alla fiera mercato ArtVerona fin dalla prima edizione del 2005. È coordinatrice del progetto sull’Outsider Art all’Accademia di Belle Arti di Verona e degli atelier dei reparti di psichiatria delle aziende ospedalieredi Verona e di Mantova. Autrice di diversi articoli e saggi sul tema dell’Outsider Art per riviste e cataloghi d’arte nazionali e internazionali, dirige la collana “I Funamboli” per i tipi della Campanotto di Udine, dedicata agli artisti marginali. È responsabile culturale del Centro di Riabilitazione neurologica “Franca Martini” di Trento. Per le edizioni 2008 e 2009 del festival PSA ha curato l’esposizione outsider e le installazioni realizzate all’interno del Padiglione Perugini e dentro le cucine dell’ex OP.
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Sara Sciortino
03
luglio 2010
Trans-form-action
Dal 03 al 10 luglio 2010
design
arte contemporanea
performance - happening
arte contemporanea
performance - happening
Location
OSPEDALE PISCHIATRICO
Pergine Valsugana, Via San Pietro, (Trento)
Pergine Valsugana, Via San Pietro, (Trento)
Vernissage
3 Luglio 2010, ore 17
Curatore