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Translating rooms – La stanza interiore
Il concetto di abitare, in questa mostra, assume il senso di una metafora della condizione interiore espressa attraverso le dinamiche dello sguardo con tutte le varie implicazioni simboliche e percettive
Comunicato stampa
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Understudio, spazio espositivo nato all’insegna dell’interazione tra arte e architettura, inaugura il quarto appuntamento della rassegna “Translating rooms” ideata e curata da Fabio Briguglio e Patrizia Ferri. “Translating rooms” come una sorta di percorso ideale tra i temi dell’abitare, affrontando la revisione delle tradizionali categorie funzionali e comportamentali quali diretta emanazione della sfera privata, pone l’accento su come inedite declinazioni funzionali ed estetiche possano incidere sul carattere dello spazio suggerendo in prospettiva possibili scenari capaci di attivare forti implicazioni emozionali e, in filigrana, di rimandare ad una riflessione necessaria su una nuova cultura progettuale e interdisciplinare che scardini le vecchie categorie dell’utile e dell’inutile per una reale praticabilità nel cosiddetto “luogo delle cose”.
Con appuntamenti a cadenza mensile, continuano ad alternarsi all’Understudio proposizioni site specific potenzialmente riproducibili e intenzionalmente concepite come prototipi applicabili, alla stregua di ogni altro elemento strutturale, alla progettazione degli ambienti e spazi del vivere d’oggi.
Il concetto di abitare, in questa mostra, assume il senso di una metafora della condizione interiore espressa attraverso le dinamiche dello sguardo con tutte le varie implicazioni simboliche e percettive. Abitare è sentirsi a casa, in uno spazio che ingloba il nostro essere e ne è in qualche modo il rispecchiamento, dove l’incontro con l’altro carica di senso le cose e le sottrae all’anonimato affinché il nostro corpo si senta tra esse, reintegrato.
Gregorio Botta e Paolo Cotani presentano due inediti progetti virtuali di “stanze interiori” pensati per lo spazio di Understudio, ovvero “La stanza del tè” e “The russian thea-room”: il primo costituito dall’elemento fortemente iconico di una casa di ferro ed altri episodi formali in vetro, coppe di cera e pigmento verde (terra verde di Nicosia) concepiti come frammenti di una complessità che precipita in una sorta di “setting del pensiero” e che riunifica il tutto nella sua qualità di luogo rituale della contemplazione e della sublimazione nel rimando al velo di Maja e alla caverna platonica, mentre nel secondo si consuma l’esplorazione e il contatto erotico sull’idea del boudoir, rievocato anche dal famoso locale newyorkese che dà il titolo al lavoro, in un filo di specchi che ad altezza dell’occhio attraversa un parato con brani calligrafici orientali e percorre il perimetro di parte della galleria per intercettare lo sguardo ed immetterlo nella visione stereoscopica di uno spazio che diviene luogo delle complicità potenziali, reso praticabile dalle coordinate spaziali dei due “fili battuti” sul soffitto.
Entrambi i progetti evocano uno spazio totale e concentrato, una sorta di rappresentazione perfetta di due modalità emblematiche di essere al mondo che analizzano le dinamiche della visione, transitive e intransitive, il guardare e vedersi guardare, l’intensità, l’imprevedibilità, l’illusorietà, la fuggevolezza, la precarietà della percezione come essenza sostanziale della realtà anche con una dose calibrata di ironia dove si riunifica la dicotomia tipicamente occidentale di anima e corpo. Nelle due “stanze interiori” aleggia il femminile come vissuto del corpo, tensione verso l’altro da sè come assenza e memoria che sottende la radicale attrazione verso il vuoto e i suoi significati.
Come contrappunto delle installazioni, due corti di Francesco Vaccaro conducono lo spettatore nella poetica degli autori.
Understudio è uno spazio espositivo ritagliato all’interno dello studio di architettura e progettazione di ambienti di Massimo Pelliccioni, architetto costantemente impegnato nel confronto con l’arte contemporanea.
Con appuntamenti a cadenza mensile, continuano ad alternarsi all’Understudio proposizioni site specific potenzialmente riproducibili e intenzionalmente concepite come prototipi applicabili, alla stregua di ogni altro elemento strutturale, alla progettazione degli ambienti e spazi del vivere d’oggi.
Il concetto di abitare, in questa mostra, assume il senso di una metafora della condizione interiore espressa attraverso le dinamiche dello sguardo con tutte le varie implicazioni simboliche e percettive. Abitare è sentirsi a casa, in uno spazio che ingloba il nostro essere e ne è in qualche modo il rispecchiamento, dove l’incontro con l’altro carica di senso le cose e le sottrae all’anonimato affinché il nostro corpo si senta tra esse, reintegrato.
Gregorio Botta e Paolo Cotani presentano due inediti progetti virtuali di “stanze interiori” pensati per lo spazio di Understudio, ovvero “La stanza del tè” e “The russian thea-room”: il primo costituito dall’elemento fortemente iconico di una casa di ferro ed altri episodi formali in vetro, coppe di cera e pigmento verde (terra verde di Nicosia) concepiti come frammenti di una complessità che precipita in una sorta di “setting del pensiero” e che riunifica il tutto nella sua qualità di luogo rituale della contemplazione e della sublimazione nel rimando al velo di Maja e alla caverna platonica, mentre nel secondo si consuma l’esplorazione e il contatto erotico sull’idea del boudoir, rievocato anche dal famoso locale newyorkese che dà il titolo al lavoro, in un filo di specchi che ad altezza dell’occhio attraversa un parato con brani calligrafici orientali e percorre il perimetro di parte della galleria per intercettare lo sguardo ed immetterlo nella visione stereoscopica di uno spazio che diviene luogo delle complicità potenziali, reso praticabile dalle coordinate spaziali dei due “fili battuti” sul soffitto.
Entrambi i progetti evocano uno spazio totale e concentrato, una sorta di rappresentazione perfetta di due modalità emblematiche di essere al mondo che analizzano le dinamiche della visione, transitive e intransitive, il guardare e vedersi guardare, l’intensità, l’imprevedibilità, l’illusorietà, la fuggevolezza, la precarietà della percezione come essenza sostanziale della realtà anche con una dose calibrata di ironia dove si riunifica la dicotomia tipicamente occidentale di anima e corpo. Nelle due “stanze interiori” aleggia il femminile come vissuto del corpo, tensione verso l’altro da sè come assenza e memoria che sottende la radicale attrazione verso il vuoto e i suoi significati.
Come contrappunto delle installazioni, due corti di Francesco Vaccaro conducono lo spettatore nella poetica degli autori.
Understudio è uno spazio espositivo ritagliato all’interno dello studio di architettura e progettazione di ambienti di Massimo Pelliccioni, architetto costantemente impegnato nel confronto con l’arte contemporanea.
28
ottobre 2005
Translating rooms – La stanza interiore
Dal 28 ottobre al 23 novembre 2005
architettura
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
UNDERSTUDIO
Roma, Via Agostino Bertani, 20, (Roma)
Roma, Via Agostino Bertani, 20, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 17-19,30
Vernissage
28 Ottobre 2005, ore 19
Autore
Curatore