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Travèstiti
In concomitanza con la settimana di MilanodiModa 11 artisti contemporanei presentano altrettante opere ‘a tema’ dal parodiante titolo ‘Travestiti’ con opere realizzate in diversi materiali quali legno, plexiglas, carta, tessuto, materiali di riciclo
Comunicato stampa
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Donatella Airoldi
TRAVESTITI
Golpeggiare continuamente istanti di vita trascorsa sui banchi di scuola o in appartate scrivanie stinte ricoperte di carta venduta al macero con interiori arrivismi piccoli borghesi. E ogni mattina ti travesti da ricca signora o da povero viandante sperando che la tua vita per una volta non ti riconosca e ti lasci per un istante sfuggire via, per strade lastricate di ghiaccio fuso. Cambiare la tua carta d’identità, o meglio non rinnovarla, perché non ti riconosci in quella foto scattata in una metropolitana affollata con tutti i passanti che ti stanno a guardare quando il flash fa arricciare gli occhi e ogni volta ti ritrovi con un occhio semichiuso e una barchetta senza vela, bianca e in bilico, che potrebbe assomigliare a una bocca semiaperta nel tentativo di sorridere.
E ti vorresti travestire da Regina delle Nevi, da Peter Pan che volteggia nel cielo, da fata con il cappello di velo rosa e la bacchetta magica che può esaudire ogni inconfessato desiderio. O da uomo affascinante, con i tacchi a spillo e la gonna attillata, la borsetta con i brillanti finti e il rossetto rosso porpora sparso per il basso viso. Eppure è un piacere infinito travestirsi di gioielli piumati.
Edith Warton in ‘Usanza del paese’, New York 1913, traveste in continuazione la sua bellissima protagonista, scorgi le stoffe meravigliose, le sete delicate, gli abiti sfarzosi, le hall degli hotel più costosi, l’indifferenza di un’aristocrazia incipriata di freddo. E la verità sta sempre dietro e forse non c’è nulla che la potrà mai fare affiorare.
Nella mattina grigia di un tempo passato Freud ci indicava che l’incoscio traveste sempre ogni nostra pulsione, sentiamo di essere forti, ma siamo inconsciamente deboli, amiamo nostra moglie, ma inconsapevolmente la tradiamo sul lago degli amanti. Travestire ogni pulsione nel suo opposto appare facile realtà, desiderabile, senza sensi di colpa tralasciati nel taglio del giardino fiorito.
L’arte è stata la prima a capire che il travestimento realizzato nell’opera portava a una comunicazione trasparente dove la pulsione dell’lo poteva fronteggiare caparbiamente la realtà senza sotterfugi e manifestare apertamente la contemplazione degli opposti, mentre la rimozione abbassava i suoi muri di cemento scheggiando i mattoni rossi di una casa felice.
Forse è un’aspirazione sottesa, caparbiamente istillata in ogni attimo d’esistenza, travestirsi di pelli diverse e variopinte, come i serpenti che piano piano lasciano le loro bucce squamose nel bosco lamato di terra corposa e a volte piacevolmente soffice!
Ballerine che ti vedi passare davanti agli occhi con la speranza che il loro movimento possa quietare ogni moto aggressivo. A Parigi erano sincere e maledette. Una borgata di uomini posticci le stava a guardare, loro piegavano le loro dolci mani verso la platea, correvano per il palco per non essere fissate alla parete, sorridevano con quella falsità dolorosa che piega e strappa ogni pegno dalla forca del destino. Eppure travestivano i loro desideri in sogni ubriachi, colpevoli di avventure a fondo chiuso.
Travestìti come attraversamenti di coppie di fatto che non sanno più cosa raccontarsi, e si guardano estraniati sperando che durante la cena il cameriere accorra spesso per innaffiare il calice di vino bianco e giallo.
“Che cosa era quel moto dell’animo? Brutto, troppo brutto senza dubbio, e guai a me che ne ero preso. Chi può conoscere il peccato? Si dice: andiamo, facciamolo, ed uno si vergogna di non provar vergogna.” S. Agostino, Le confessioni, 397 d.c..
Travèstiti di pillole preziose, mettiti tacchi alti profondi, abbonda con un profumo dolce ma allo stesso tempo aspro, colòrati i capelli di biondo ramato, inchioda la tua gonna al polpaccio superiore, una camicia attillata può disporre di sguardi inopportuni, ma la loro cattura si può aggiungere a una asciutta emotività controllata.
Cerchi di capire perché vorresti cambiare, abito e vita, il pensiero frulla in colline verdi, piene di pecore bianche con il pelo fintobianco, e raggiungi i travestimenti di emozioni sciocche che richiedono silenziosi tradimenti per scoprire nelle piegature della dita una insana voglia di tentazioni e ingurgiti il respiro sperando che passi con la prima aspirina sciolta nel bicchiere.
E la moda giura fedeltà al proprio pubblico e si veste dipingendosi con le labbra tinte di rosso vivo, sperando che il prossimo cliente sia più generoso.
TRAVESTITI
Golpeggiare continuamente istanti di vita trascorsa sui banchi di scuola o in appartate scrivanie stinte ricoperte di carta venduta al macero con interiori arrivismi piccoli borghesi. E ogni mattina ti travesti da ricca signora o da povero viandante sperando che la tua vita per una volta non ti riconosca e ti lasci per un istante sfuggire via, per strade lastricate di ghiaccio fuso. Cambiare la tua carta d’identità, o meglio non rinnovarla, perché non ti riconosci in quella foto scattata in una metropolitana affollata con tutti i passanti che ti stanno a guardare quando il flash fa arricciare gli occhi e ogni volta ti ritrovi con un occhio semichiuso e una barchetta senza vela, bianca e in bilico, che potrebbe assomigliare a una bocca semiaperta nel tentativo di sorridere.
E ti vorresti travestire da Regina delle Nevi, da Peter Pan che volteggia nel cielo, da fata con il cappello di velo rosa e la bacchetta magica che può esaudire ogni inconfessato desiderio. O da uomo affascinante, con i tacchi a spillo e la gonna attillata, la borsetta con i brillanti finti e il rossetto rosso porpora sparso per il basso viso. Eppure è un piacere infinito travestirsi di gioielli piumati.
Edith Warton in ‘Usanza del paese’, New York 1913, traveste in continuazione la sua bellissima protagonista, scorgi le stoffe meravigliose, le sete delicate, gli abiti sfarzosi, le hall degli hotel più costosi, l’indifferenza di un’aristocrazia incipriata di freddo. E la verità sta sempre dietro e forse non c’è nulla che la potrà mai fare affiorare.
Nella mattina grigia di un tempo passato Freud ci indicava che l’incoscio traveste sempre ogni nostra pulsione, sentiamo di essere forti, ma siamo inconsciamente deboli, amiamo nostra moglie, ma inconsapevolmente la tradiamo sul lago degli amanti. Travestire ogni pulsione nel suo opposto appare facile realtà, desiderabile, senza sensi di colpa tralasciati nel taglio del giardino fiorito.
L’arte è stata la prima a capire che il travestimento realizzato nell’opera portava a una comunicazione trasparente dove la pulsione dell’lo poteva fronteggiare caparbiamente la realtà senza sotterfugi e manifestare apertamente la contemplazione degli opposti, mentre la rimozione abbassava i suoi muri di cemento scheggiando i mattoni rossi di una casa felice.
Forse è un’aspirazione sottesa, caparbiamente istillata in ogni attimo d’esistenza, travestirsi di pelli diverse e variopinte, come i serpenti che piano piano lasciano le loro bucce squamose nel bosco lamato di terra corposa e a volte piacevolmente soffice!
Ballerine che ti vedi passare davanti agli occhi con la speranza che il loro movimento possa quietare ogni moto aggressivo. A Parigi erano sincere e maledette. Una borgata di uomini posticci le stava a guardare, loro piegavano le loro dolci mani verso la platea, correvano per il palco per non essere fissate alla parete, sorridevano con quella falsità dolorosa che piega e strappa ogni pegno dalla forca del destino. Eppure travestivano i loro desideri in sogni ubriachi, colpevoli di avventure a fondo chiuso.
Travestìti come attraversamenti di coppie di fatto che non sanno più cosa raccontarsi, e si guardano estraniati sperando che durante la cena il cameriere accorra spesso per innaffiare il calice di vino bianco e giallo.
“Che cosa era quel moto dell’animo? Brutto, troppo brutto senza dubbio, e guai a me che ne ero preso. Chi può conoscere il peccato? Si dice: andiamo, facciamolo, ed uno si vergogna di non provar vergogna.” S. Agostino, Le confessioni, 397 d.c..
Travèstiti di pillole preziose, mettiti tacchi alti profondi, abbonda con un profumo dolce ma allo stesso tempo aspro, colòrati i capelli di biondo ramato, inchioda la tua gonna al polpaccio superiore, una camicia attillata può disporre di sguardi inopportuni, ma la loro cattura si può aggiungere a una asciutta emotività controllata.
Cerchi di capire perché vorresti cambiare, abito e vita, il pensiero frulla in colline verdi, piene di pecore bianche con il pelo fintobianco, e raggiungi i travestimenti di emozioni sciocche che richiedono silenziosi tradimenti per scoprire nelle piegature della dita una insana voglia di tentazioni e ingurgiti il respiro sperando che passi con la prima aspirina sciolta nel bicchiere.
E la moda giura fedeltà al proprio pubblico e si veste dipingendosi con le labbra tinte di rosso vivo, sperando che il prossimo cliente sia più generoso.
20
febbraio 2006
Travèstiti
Dal 20 febbraio al primo marzo 2006
arte contemporanea
Location
QUINTOCORTILE
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 17,30-19,30
Vernissage
20 Febbraio 2006, ore 18
Autore
Curatore