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Tre Oci/Tre Mostre
Tre Oci/Tre Mostre è un percorso di ricerca articolato su più livelli, che trasforma i Tre Oci in una vera e propria Kunsthalle, proponendo un percorso visivo di confronto tra i linguaggi contemporanei e la grande tradizione della fotografia veneziana
Comunicato stampa
Segnala l'evento
TRE OCI / TRE MOSTRE
GIUDECCA FOTOGRAFIA
Casa dei Tre Oci
23 gennaio > 28 marzo 2016
Inaugurazione 22 gennaio
Il Circolo Fotografico La Gondola
Lo specchio di Alice
Sguardi femminili
Vincitrici del Portfolio 2015
NeroSuBianco
Fotografie 1950-1960
a cura di
Manfredo Manfroi
Roberto Polillo
Visions of Venice
a cura di
Alessandro Luigi Perna
Giulio Obici
Il flâneur detective
a cura di
Renato Corsini
Tre Oci Tre Mostre, format di successo giunto alla quarta edizione, inaugura la stagione
espositiva 2016 della Casa dei Tre Oci, dedicata alla fotografia.
Un percorso di ricerca articolato su più livelli, proponendo un percorso visivo di confronto tra i
linguaggi contemporanei e la grande tradizione della fotografia veneziana.
Tre proposte espositive differenti fra loro che cercano d’interpretare l’essenza della fotografia
di oggi in una logica che si muove verso il superamento dei generi e la trasversalità.
Non si cerchi quindi di trovare un rigido filo conduttore, se non quello dell’originalità e
dell’apertura verso nuove esperienze e tendenze, nella prospettiva, fortemente voluta dal
direttore artistico Denis Curti, di valorizzare le eccellenze territoriali. Come monadi distinte,
universi paralleli dotati di significato e di stile autonomi, le tre mostre del 2016 sono proiettate
pur sempre verso uno sfondo comune, che diviene anche soggetto di alcune delle immagini
esposte: Venezia, cui La Gondola, Polillo e Obici rimandano costantemente, perché con questa
città si confrontano e dialogano.
Al pianterreno della Casa il programma espositivo del Circolo Fotografico La Gondola si
articolerà in tre sezioni.
Lo specchio di Alice, ispirandosi al titolo del racconto di Lewis Carroll “Attraverso lo specchio”,
intende trattare un aspetto della fotografia contemporanea assai dibattuto: il disaccordo tra la
presunta realtà rappresentata e l'autonomia di significato che la medesima assume per il solo
fatto di essere stata traslata in una fotografia.
Sin da quando è stata -per così dire- esonerata dall'obbligo di “certificare” la realtà, sostituita
dai nuovi media d'informazione più coinvolgenti e immediati, l’immagine fotografica ha
manifestato il suo potere, quasi magico, di “oltrepassare” se stessa, come nello specchio di
Alice, e di introdurre chi guarda in un mondo in cui tutto assume una dimensione allusiva,
incerta e aperta su svariati orizzonti.
Le immagini esposte non hanno certo l’intento di sedurre, ma piuttosto di costringere lo
sguardo e la mente a un gioco ermeneutico, in cui lo spettatore tenta di scovare -
nell'oggettività rappresentata - il possibile inganno, le ipotesi alternative a cui non si può dare
risposta.
Espongono i soci de La Gondola: Lisa Andreani, Andrea Avezzù, Antonio Baldi, Maurizio
Braiato, Aldo Brandolisio, Ilaria Brandolisio, Fabrizio Brugnaro, Lorenzo Bullo, Nicola Bustreo,
Dario Caputo, Paola Casanova, Carlo Chiapponi, Maria Teresa Crisigiovanni, Francesco Del
Negro, Gianfranco Giantin, Matteo Miotto, Stefano Pandiani, David Salvadori, Giorgio
Semenzato, Massimo Stefanutti, Maurizio Trifilidis, Fabrizio Uliana, Izabella Vegh, Giovanni Vio,
Emilio Zangiacomi Pompanin, Anna Zemella.
La Gondola presenta, inoltre, NeroSuBianco, un compendio, ridotto ma significativo, delle
tendenze espressive in cui si riconobbe, nel secondo dopoguerra, la fotografia italiana nel
decennio 1950-1960.
Le immagini sono fortemente rappresentative dei due principali orientamenti dell’epoca:
l’uno, teorizzato da Giuseppe Cavalli, intellettuale di formazione cattolica e crociana, tentava di
rifarsi alla nostra tradizione figurativa, alle atmosfere pittoriche del primo Quattrocento: un
“high key” sofisticato che suggerisse attraverso bassi contrasti la solarità e il languore
mediterraneo del nostro Paese; l’altro, che ha trovato un notevole interprete in Paolo Monti,
sviluppava un confronto con il percorso della Subjective Fotografie del dott. Otto Steinert,
optando per una fotografia dai toni bassi, un “low key” di ascendenza quasi espressionista e in
tal senso opposta alla visione di Cavalli.
In mostra le celebri fotografie di Sergio Del Pero, Mario Giacomelli, Paolo Monti, Fulvio Roiter,
ma anche di Gino Bolognini, Gian Pietro Cadamuro Morgante, Libero Dell'Agnese, Stanislao
Farri, Ferruccio Ferroni, Nino Fornasiero, Federico Gasparotto, Riccardo Gasparotto, Piero
Gioppo, Carlo Mantovani, Laura Martinelli, Gustavo Millozzi, Vittorio Piergiovanni, Ezio Quiresi,
Luciano Regini, Bruno Rosso, Giancarlo Sala, Luciano Scattola, Carlo Trois.
Infine, una stanza è dedicata alle vincitrici della lettura portfolio Sguardi Femminili del 2015.
Francesca Cesari con il lavoro In the room riproduce la dimensione appartata e silenziosa del
luogo in cui una madre addormenta il bambino attraverso l’allattamento al seno, col
progressivo ammorbidirsi del corpo e l’abbandono di ogni resistenza, gioco e ostinazione.
Monia Perissinotto propone un percorso emozionale con Istanbul, rappresentata come "colei
che indaga il [suo] essere straniera". Caterina Burlini con Flora elabora un progetto fotografico
ampio, tutt'ora in corso, in cui la natura e la figura femminile si fondono, fino a diventare l'una
parte dell'altra.
Nei saloni del piano nobile, la mostra Visions of Venice, curata da Alessandro Luigi Perna: 75
immagini di Venezia (dal piccolo al grande formato) realizzate da Roberto Polillo nell'ambito di
un progetto personale pluriennale dedicato alla città, che a sua volta costituisce il primo
capitolo del più ampio "Impressions of the World", un lavoro fotografico che tenta di cogliere il
Genius Loci di vari paesi del mondo.
Polillo sembra usare la macchina fotografica- grazie alla tecnica di ripresa ICM, Intentional
Camera Movement - come fosse un pennello: tempi molto lunghi e movimenti di ripresa
sempre diversi - verticali, orizzontali, circolari, obliqui, lenti o bruschi - fanno delle sue
fotografie affascinanti rappresentazioni pittoriche della realtà. Le “immagini-acquarello”
sembrano così ritrarre una Venezia eterna, luogo dell’anima, che pare essersi fermata, come
una pellicola, a registrare il transito ininterrotto di mercanti, viaggiatori, letterati e artisti.
Come un alfabeto o un codice matematico Visions of Venice si presenta come una sequenza
dove la brillantezza cromatica e la luminosità catturano lo sguardo di chi guarda, dove la
celerità dello scatto fotografico cede il posto alla fluidità e al movimento delicato.
A ispirare Polillo sono grandi i pittori viaggiatori dell'Ottocento (in particolare gli orientalisti) e
artisti quali Delacroix, Matisse, Renoir, Van Gogh, Turner, De Chirico.
Servendosi della fotografia per esprimere emozioni, l’autore non aspira a raccontare o
descrivere Venezia, ma a esplorarla nelle sue variazioni, in differenti momenti della giornata e
nelle diverse stagioni dell'anno, carica di colori e umori mutevoli. Come fosse in grado di
delineare la vasta gamma dei sentimenti umani attraverso le sue luci, le sue ombre, è luminosa
e solare, cupa e misteriosa, gotica e avventurosa oppure malinconica, desolata, a volte persino
disperata.
La mostra è accompagnata da un volume, edito da Skira, in edizione bilingue italiano e inglese,
che presenta circa 120 immagini, oltre a una selezione di citazioni su Venezia tratte dalle opere
di alcuni dei più grandi scrittori italiani e internazionali.
Al secondo piano la mostra di Giulio Obici, Il flâneur detective, a cura di Renato Corsini.
Per oltre quarant’anni editorialista e inviato speciale, Obici ha seguito le grandi inchieste sul
terrorismo, da Piazza Fontana al delitto Moro, indagando parallelamente i grandi eventi
giudiziari.
Come fotografo ha rivolto lo sguardo alle radici del Palazzo, la strada, là dove scorre la vita
della gente, senza smarrire il piglio indagatore e il rigore analitico esercitati nel mestiere di
giornalista. Nel 2015 Marsilio Editori ha pubblicato il libro Il flâneur detective: una serie di
racconti che Obici aveva scritto verso la fine degli anni ‘90, resi disponibili grazie al lavoro di
Olivia Corsini che, dopo la morte del giornalista-fotografo, ha dato forma al suo archivio,
provinandolo, catalogandolo, sezionandolo e interpretandolo.
Il flâneur detective è anche il titolo di questa selezione di fotografie. A detta di Walter
Benjamin, il flâneur è colui che “viene condotto” dalla strada in un tempo scomparso: “Chi
cammina lungo le strade senza meta viene colto dall’ebbrezza ... e sempre più irresistibile si fa
il magnetismo del prossimo angolo di strada, di un lontano gruppo di foglie, del nome di una
strada...” (Parigi, capitale del XIX secolo: i passages di Parigi).
E la strada è la protagonista delle immagini di Obici: “sono un fotografo di strada: là mi trovo a
mio agio. Come da giornalista, così da fotografo, non invento un fatto; ma lo cerco, lo indago o
lo colgo al volo, e lo narro”. Obici: il flâneur per eccellenza che ritrae vetrine, muri, cartelloni,
vie. Forte è la percezione della consapevolezza di un senso di decadenza e di vuoto, di degrado
e omologazione verso cui si avviava l’Italia, come un’intuizione di scomparsa, un’atmosfera di
grigiore e mediocrità ulteriormente dilatate e amplificate dal bianco e nero. Obici del resto
fotografava esclusivamente in bianco e nero, con le Leica M, stampando da sé le proprie foto.
Come sottolinea il curatore Renato Corsini, l’approccio di Obici allo scatto “è personalissimo,
mai banale, attento a ogni accadimento, furbo e ironico, ricercato, atteso e provocato dalla sua
capacità di osservatore, intimo, mai invasivo, colto e capace di vederne il dopo, di
interpretarne anzitempo la storicizzazione, coinvolgente e spesso divertente”.
La fotografia riproduce qui un “piccolo miracolo”: quello del gesto che in una frazione di
secondi tratteggia un intero mondo.
La Fondazione di Venezia, negli anni ha acquisito vari archivi e fondi fotografici per dedicarli
alla fruizione e in generale alla diffusione della cultura fotografica in Italia, e in particolare
a Venezia dove ha aperto al pubblico la Casa dei Tre Oci. Ai Tre Oci la fotografia ha trovato la
propria casa con mostre, workshop, seminari, laboratori, convegni, e importanti esposizioni
monografiche dei grandi maestri della scena internazionale.
Il progetto Tre Oci è sviluppato in collaborazione con Civita Tre Venezie e con il sostegno di
Veneto Banca e Grafica Veneta.
GIUDECCA FOTOGRAFIA
Casa dei Tre Oci
23 gennaio > 28 marzo 2016
Inaugurazione 22 gennaio
Il Circolo Fotografico La Gondola
Lo specchio di Alice
Sguardi femminili
Vincitrici del Portfolio 2015
NeroSuBianco
Fotografie 1950-1960
a cura di
Manfredo Manfroi
Roberto Polillo
Visions of Venice
a cura di
Alessandro Luigi Perna
Giulio Obici
Il flâneur detective
a cura di
Renato Corsini
Tre Oci Tre Mostre, format di successo giunto alla quarta edizione, inaugura la stagione
espositiva 2016 della Casa dei Tre Oci, dedicata alla fotografia.
Un percorso di ricerca articolato su più livelli, proponendo un percorso visivo di confronto tra i
linguaggi contemporanei e la grande tradizione della fotografia veneziana.
Tre proposte espositive differenti fra loro che cercano d’interpretare l’essenza della fotografia
di oggi in una logica che si muove verso il superamento dei generi e la trasversalità.
Non si cerchi quindi di trovare un rigido filo conduttore, se non quello dell’originalità e
dell’apertura verso nuove esperienze e tendenze, nella prospettiva, fortemente voluta dal
direttore artistico Denis Curti, di valorizzare le eccellenze territoriali. Come monadi distinte,
universi paralleli dotati di significato e di stile autonomi, le tre mostre del 2016 sono proiettate
pur sempre verso uno sfondo comune, che diviene anche soggetto di alcune delle immagini
esposte: Venezia, cui La Gondola, Polillo e Obici rimandano costantemente, perché con questa
città si confrontano e dialogano.
Al pianterreno della Casa il programma espositivo del Circolo Fotografico La Gondola si
articolerà in tre sezioni.
Lo specchio di Alice, ispirandosi al titolo del racconto di Lewis Carroll “Attraverso lo specchio”,
intende trattare un aspetto della fotografia contemporanea assai dibattuto: il disaccordo tra la
presunta realtà rappresentata e l'autonomia di significato che la medesima assume per il solo
fatto di essere stata traslata in una fotografia.
Sin da quando è stata -per così dire- esonerata dall'obbligo di “certificare” la realtà, sostituita
dai nuovi media d'informazione più coinvolgenti e immediati, l’immagine fotografica ha
manifestato il suo potere, quasi magico, di “oltrepassare” se stessa, come nello specchio di
Alice, e di introdurre chi guarda in un mondo in cui tutto assume una dimensione allusiva,
incerta e aperta su svariati orizzonti.
Le immagini esposte non hanno certo l’intento di sedurre, ma piuttosto di costringere lo
sguardo e la mente a un gioco ermeneutico, in cui lo spettatore tenta di scovare -
nell'oggettività rappresentata - il possibile inganno, le ipotesi alternative a cui non si può dare
risposta.
Espongono i soci de La Gondola: Lisa Andreani, Andrea Avezzù, Antonio Baldi, Maurizio
Braiato, Aldo Brandolisio, Ilaria Brandolisio, Fabrizio Brugnaro, Lorenzo Bullo, Nicola Bustreo,
Dario Caputo, Paola Casanova, Carlo Chiapponi, Maria Teresa Crisigiovanni, Francesco Del
Negro, Gianfranco Giantin, Matteo Miotto, Stefano Pandiani, David Salvadori, Giorgio
Semenzato, Massimo Stefanutti, Maurizio Trifilidis, Fabrizio Uliana, Izabella Vegh, Giovanni Vio,
Emilio Zangiacomi Pompanin, Anna Zemella.
La Gondola presenta, inoltre, NeroSuBianco, un compendio, ridotto ma significativo, delle
tendenze espressive in cui si riconobbe, nel secondo dopoguerra, la fotografia italiana nel
decennio 1950-1960.
Le immagini sono fortemente rappresentative dei due principali orientamenti dell’epoca:
l’uno, teorizzato da Giuseppe Cavalli, intellettuale di formazione cattolica e crociana, tentava di
rifarsi alla nostra tradizione figurativa, alle atmosfere pittoriche del primo Quattrocento: un
“high key” sofisticato che suggerisse attraverso bassi contrasti la solarità e il languore
mediterraneo del nostro Paese; l’altro, che ha trovato un notevole interprete in Paolo Monti,
sviluppava un confronto con il percorso della Subjective Fotografie del dott. Otto Steinert,
optando per una fotografia dai toni bassi, un “low key” di ascendenza quasi espressionista e in
tal senso opposta alla visione di Cavalli.
In mostra le celebri fotografie di Sergio Del Pero, Mario Giacomelli, Paolo Monti, Fulvio Roiter,
ma anche di Gino Bolognini, Gian Pietro Cadamuro Morgante, Libero Dell'Agnese, Stanislao
Farri, Ferruccio Ferroni, Nino Fornasiero, Federico Gasparotto, Riccardo Gasparotto, Piero
Gioppo, Carlo Mantovani, Laura Martinelli, Gustavo Millozzi, Vittorio Piergiovanni, Ezio Quiresi,
Luciano Regini, Bruno Rosso, Giancarlo Sala, Luciano Scattola, Carlo Trois.
Infine, una stanza è dedicata alle vincitrici della lettura portfolio Sguardi Femminili del 2015.
Francesca Cesari con il lavoro In the room riproduce la dimensione appartata e silenziosa del
luogo in cui una madre addormenta il bambino attraverso l’allattamento al seno, col
progressivo ammorbidirsi del corpo e l’abbandono di ogni resistenza, gioco e ostinazione.
Monia Perissinotto propone un percorso emozionale con Istanbul, rappresentata come "colei
che indaga il [suo] essere straniera". Caterina Burlini con Flora elabora un progetto fotografico
ampio, tutt'ora in corso, in cui la natura e la figura femminile si fondono, fino a diventare l'una
parte dell'altra.
Nei saloni del piano nobile, la mostra Visions of Venice, curata da Alessandro Luigi Perna: 75
immagini di Venezia (dal piccolo al grande formato) realizzate da Roberto Polillo nell'ambito di
un progetto personale pluriennale dedicato alla città, che a sua volta costituisce il primo
capitolo del più ampio "Impressions of the World", un lavoro fotografico che tenta di cogliere il
Genius Loci di vari paesi del mondo.
Polillo sembra usare la macchina fotografica- grazie alla tecnica di ripresa ICM, Intentional
Camera Movement - come fosse un pennello: tempi molto lunghi e movimenti di ripresa
sempre diversi - verticali, orizzontali, circolari, obliqui, lenti o bruschi - fanno delle sue
fotografie affascinanti rappresentazioni pittoriche della realtà. Le “immagini-acquarello”
sembrano così ritrarre una Venezia eterna, luogo dell’anima, che pare essersi fermata, come
una pellicola, a registrare il transito ininterrotto di mercanti, viaggiatori, letterati e artisti.
Come un alfabeto o un codice matematico Visions of Venice si presenta come una sequenza
dove la brillantezza cromatica e la luminosità catturano lo sguardo di chi guarda, dove la
celerità dello scatto fotografico cede il posto alla fluidità e al movimento delicato.
A ispirare Polillo sono grandi i pittori viaggiatori dell'Ottocento (in particolare gli orientalisti) e
artisti quali Delacroix, Matisse, Renoir, Van Gogh, Turner, De Chirico.
Servendosi della fotografia per esprimere emozioni, l’autore non aspira a raccontare o
descrivere Venezia, ma a esplorarla nelle sue variazioni, in differenti momenti della giornata e
nelle diverse stagioni dell'anno, carica di colori e umori mutevoli. Come fosse in grado di
delineare la vasta gamma dei sentimenti umani attraverso le sue luci, le sue ombre, è luminosa
e solare, cupa e misteriosa, gotica e avventurosa oppure malinconica, desolata, a volte persino
disperata.
La mostra è accompagnata da un volume, edito da Skira, in edizione bilingue italiano e inglese,
che presenta circa 120 immagini, oltre a una selezione di citazioni su Venezia tratte dalle opere
di alcuni dei più grandi scrittori italiani e internazionali.
Al secondo piano la mostra di Giulio Obici, Il flâneur detective, a cura di Renato Corsini.
Per oltre quarant’anni editorialista e inviato speciale, Obici ha seguito le grandi inchieste sul
terrorismo, da Piazza Fontana al delitto Moro, indagando parallelamente i grandi eventi
giudiziari.
Come fotografo ha rivolto lo sguardo alle radici del Palazzo, la strada, là dove scorre la vita
della gente, senza smarrire il piglio indagatore e il rigore analitico esercitati nel mestiere di
giornalista. Nel 2015 Marsilio Editori ha pubblicato il libro Il flâneur detective: una serie di
racconti che Obici aveva scritto verso la fine degli anni ‘90, resi disponibili grazie al lavoro di
Olivia Corsini che, dopo la morte del giornalista-fotografo, ha dato forma al suo archivio,
provinandolo, catalogandolo, sezionandolo e interpretandolo.
Il flâneur detective è anche il titolo di questa selezione di fotografie. A detta di Walter
Benjamin, il flâneur è colui che “viene condotto” dalla strada in un tempo scomparso: “Chi
cammina lungo le strade senza meta viene colto dall’ebbrezza ... e sempre più irresistibile si fa
il magnetismo del prossimo angolo di strada, di un lontano gruppo di foglie, del nome di una
strada...” (Parigi, capitale del XIX secolo: i passages di Parigi).
E la strada è la protagonista delle immagini di Obici: “sono un fotografo di strada: là mi trovo a
mio agio. Come da giornalista, così da fotografo, non invento un fatto; ma lo cerco, lo indago o
lo colgo al volo, e lo narro”. Obici: il flâneur per eccellenza che ritrae vetrine, muri, cartelloni,
vie. Forte è la percezione della consapevolezza di un senso di decadenza e di vuoto, di degrado
e omologazione verso cui si avviava l’Italia, come un’intuizione di scomparsa, un’atmosfera di
grigiore e mediocrità ulteriormente dilatate e amplificate dal bianco e nero. Obici del resto
fotografava esclusivamente in bianco e nero, con le Leica M, stampando da sé le proprie foto.
Come sottolinea il curatore Renato Corsini, l’approccio di Obici allo scatto “è personalissimo,
mai banale, attento a ogni accadimento, furbo e ironico, ricercato, atteso e provocato dalla sua
capacità di osservatore, intimo, mai invasivo, colto e capace di vederne il dopo, di
interpretarne anzitempo la storicizzazione, coinvolgente e spesso divertente”.
La fotografia riproduce qui un “piccolo miracolo”: quello del gesto che in una frazione di
secondi tratteggia un intero mondo.
La Fondazione di Venezia, negli anni ha acquisito vari archivi e fondi fotografici per dedicarli
alla fruizione e in generale alla diffusione della cultura fotografica in Italia, e in particolare
a Venezia dove ha aperto al pubblico la Casa dei Tre Oci. Ai Tre Oci la fotografia ha trovato la
propria casa con mostre, workshop, seminari, laboratori, convegni, e importanti esposizioni
monografiche dei grandi maestri della scena internazionale.
Il progetto Tre Oci è sviluppato in collaborazione con Civita Tre Venezie e con il sostegno di
Veneto Banca e Grafica Veneta.
22
gennaio 2016
Tre Oci/Tre Mostre
Dal 22 gennaio al 28 marzo 2016
fotografia
Location
CASA DEI TRE OCI
Venezia, Fondamenta De Le Zitelle, 43, (Venezia)
Venezia, Fondamenta De Le Zitelle, 43, (Venezia)
Vernissage
22 Gennaio 2016, ore 18
Autore
Curatore