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Tre Versanti dell’Arte Latinoamericana. Costruttivo, Magico-Onirico, Socio-politico
Le opere sono state raggruppate in base alla loro appartenenza a questi versanti, senza seguire un ordine cronologico
Comunicato stampa
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Versanti dell’Arte Latinoamericana
Per intessere un discorso a partire dalla varietà delle opere che ogni Paese Membro dell’Istituto Italo-Latino Americano ha inviato per essere rappresentato nell’esposizione organizzata per il 40° anniversario dell’IILA, abbiamo scelto di riunire i lavori pervenuti in tre versanti: Costruttivo, Magico-Onirico (spesso definito Surrealista) e Sociopolitico che, a volte, si combinano, si intrecciano, si sovrappongono, si mescolano.
Le opere sono state raggruppate in base alla loro appartenenza a questi versanti, senza seguire un ordine cronologico. Iniziamo la selezione a partire dall’opera di tre icone dell’arte latinoamericana quali Jesús Soto, Wifredo Lam e Sebastián Matta.
Secondo una prospettiva centralista, la cultura latinoamericana si limiterebbe a ripetere dei modelli, e di conseguenza poco di nuovo proverrebbe dal Centro-Sud[1]. Joaquín Torres García ribalta questa situazione invertendo la carta geografica del Continente e collocando l’America del Sud al nord. Nell’articolo che accompagna l’illustrazione Torres García sostiene che “Il nostro Nord è il Sud” e difende la creazione di una Escuela del Sur in germe fin dall’apertura, a Montevideo, del Taller de Arte Constructivo. Di questo laboratorio ne è erede Pablo Atchugarry, la cui opera dialoga molto bene con quella del boliviano Cesar Jordán. Il versante Costruttivo in questa mostra è rappresentato dall’ecuadoriano Estuardo Maldonado, che racchiude in un reticolato simboli precolombiani alla maniera della Escuela del Sur, il cinetico Jesús Soto, che assieme a Cruz Diez e Alejandro Otero segnarono generazioni di artisti venezuelani, ed il geometrico Rubem Valentim.
Alejo Carpentier pubblica a Parigi Ecue Yambo, un romanzo sui culti afro-cubani in cui si dà inizio al dibattito sull’influenza surrealista in America Latina, plasmando l’idea del realismo magico che successivamente avrebbe preso piede sia in letteratura, sia nelle arti visive.
Plausibilmente, è di fronte all’opera del cubano Wifredo Lam che l’osservatore assiste alla più perfetta sintesi fra l’arte primitiva ed il pensiero surrealista. Dopo un periodo in cui si trova molto vicino a Picasso, l’eredità afro-cubana di Lam affiora con forza nel 1940, quando a Marsiglia incontra i surrealisti. A partire da La Jungla, quadro che dipinge nel 1942 al suo arrivo a L’Avana, in tutta la sua opera si coniugano le figure umane, le forze della natura e l’elemento magico. A questo sincretismo si aggiunge il vudu, che entra con forza nella sua produzione quando, nel 1945, è invitato ad Haiti assieme a André Breton. La stessa presenza del vudu si ritrova nello stupendo lavoro di Soulouque Cloudi che in questa esposizione rappresenta Haiti. Il lato africano della propria formazione culturale si ritrova anche nelle opere del brasiliano Rubem Valentim, mentre in quelle di Estuardo Maldonado e nei paesaggi fantastici e monumentali di Fernando de Szyszlo, sono le culture precolombiane a scandire il tema della produzione artistica.
Rispetto all’arte Magico- Onirica potremmo mettere l’accento sulle relazioni fra pittura latinoamericana e surrealismo europeo, ricordando che nel 1928 viene fondato in Argentina, qui rappresentata da Arquitectura con Nube Azul di Federico Brook, il primo gruppo surrealista che ruota attorno alla figura di Aldo Pellegrini.
Il primo gruppo surrealista cileno, La Mandrágora, viene fondato nel 1938. Già dal 1935 Sebastián Matta partecipa alle attività del gruppo surrealista a Parigi. Più tardi, parte in esilio a New York con André Breton e Max Ernst e nel 1948 prende parte ad un’esposizione internazionale sul Surrealismo organizzata da artisti cileni. Malgrado le comprovate simpatie di Matta per il Surrealismo, egli rimane sempre al di fuori del gruppo.
Questo raccontare in forma “surrealista” la propria realtà, in questo caso il Día de los muertos, è presente nell’opera costruttiva di Pedro Coronel. Di fatto, questa possiede la dose di humor nero, di dialettica vita-morte, di miscela fra crudeltà ed orrore che i surrealisti richiedono e che, come sostiene Carlos Fuentes[2], costituisce da sempre la realtà quotidiana in Messico ed in America Latina. Stiamo parlando di una fusione spontanea di mito e realtà, sogno e coscienza, ragione e fantasia che ritroviamo nel magico vestito della serie Los Hijos de Neptuno di Cecilia Paredes, nella quasi “magrittiana” fotografia di Luis González Palma e nelle opere di Elvis Avilés e David Salvador.
Il quotidiano in America Latina vede come suoi protagonisti la politica, i problemi sociali ed economici. Parliamo continuamente di inflazione, recessione, disoccupazione, debito estero, corruzione, squadroni della morte, sterminio di indios e bambini, prostituzione infantile, sem-terra, senza tetto, sequestri, violenza della polizia, etc. Al di là delle differenze regionali e storiche, ciò che abbiamo in comune è il carattere di emergenza dei problemi trattati da diversi punti di vista e realtà da Donna Conlon, Xenia Mejía, Ronald Morán, Oscar Muñoz, Nélida Mendoza.
Vorrei concludere questa presentazione ricordando l’affermazione di Oswald de Andrade[3] nel Manifiesto Antropofagico: se necessario dobbiamo essere insolenti, tanto nella difesa delle nostre tradizioni, quanto nell’assimilazione di ciò che viene dall’esterno. Né timidezza né pudicizia. Possiamo e dobbiamo cercare, ovunque sia, ciò di cui abbiamo bisogno per rinnovare la nostra creatività plastica. Come l’arte dei grandi centri, l’arte latino-americana è plurale, dinamica e contraddittoria, ibrida e sincretica e la sua esistenza presuppone scambio, confronto ed un relazionarsi costante e aperto.
Irma Arestizábal
Segretario Culturale IILA
[1] Dobbiamo ricordare, invece, che esiste un pionierismo latinoamericano, come per esempio nel caso di Matías Goeritz, con il suo Serpiente, 1953, Las Torres, ed il monumentale Centro de Espacio Escultórico e la Minimal Art, o la stupenda opera dei neoconcretos in Brasile, fra i quali spiccano gli oggi rinosciuti Ligia Clark e Helio Oiticica. Per approfondire il tema si rimanda a Frederico Moraes, “Prólogo”, Catálogo I Bienal del Mercosur, Porto Alegre, 1997.
[2] O Diário de Frida Kahlo, Introducão, Río de Janeiro, José Olympo, 1995.
[3] È l’antropofagia di cui ci parla Oswald nel suo “Manifesto Antropofágico”, scritto a Piratininga nell’ “Anno 374 da Deglutição do Bispo Sardinha” e che dà il nome ad un’opera di Tarsila do Amaral: ci nutriamo della cultura europea, la deglutiamo e produciamo un’altra creazione, diversa, fresca ed indipendente. Sul tema si rimanda a Frederico Moraes, op. cit.
Per intessere un discorso a partire dalla varietà delle opere che ogni Paese Membro dell’Istituto Italo-Latino Americano ha inviato per essere rappresentato nell’esposizione organizzata per il 40° anniversario dell’IILA, abbiamo scelto di riunire i lavori pervenuti in tre versanti: Costruttivo, Magico-Onirico (spesso definito Surrealista) e Sociopolitico che, a volte, si combinano, si intrecciano, si sovrappongono, si mescolano.
Le opere sono state raggruppate in base alla loro appartenenza a questi versanti, senza seguire un ordine cronologico. Iniziamo la selezione a partire dall’opera di tre icone dell’arte latinoamericana quali Jesús Soto, Wifredo Lam e Sebastián Matta.
Secondo una prospettiva centralista, la cultura latinoamericana si limiterebbe a ripetere dei modelli, e di conseguenza poco di nuovo proverrebbe dal Centro-Sud[1]. Joaquín Torres García ribalta questa situazione invertendo la carta geografica del Continente e collocando l’America del Sud al nord. Nell’articolo che accompagna l’illustrazione Torres García sostiene che “Il nostro Nord è il Sud” e difende la creazione di una Escuela del Sur in germe fin dall’apertura, a Montevideo, del Taller de Arte Constructivo. Di questo laboratorio ne è erede Pablo Atchugarry, la cui opera dialoga molto bene con quella del boliviano Cesar Jordán. Il versante Costruttivo in questa mostra è rappresentato dall’ecuadoriano Estuardo Maldonado, che racchiude in un reticolato simboli precolombiani alla maniera della Escuela del Sur, il cinetico Jesús Soto, che assieme a Cruz Diez e Alejandro Otero segnarono generazioni di artisti venezuelani, ed il geometrico Rubem Valentim.
Alejo Carpentier pubblica a Parigi Ecue Yambo, un romanzo sui culti afro-cubani in cui si dà inizio al dibattito sull’influenza surrealista in America Latina, plasmando l’idea del realismo magico che successivamente avrebbe preso piede sia in letteratura, sia nelle arti visive.
Plausibilmente, è di fronte all’opera del cubano Wifredo Lam che l’osservatore assiste alla più perfetta sintesi fra l’arte primitiva ed il pensiero surrealista. Dopo un periodo in cui si trova molto vicino a Picasso, l’eredità afro-cubana di Lam affiora con forza nel 1940, quando a Marsiglia incontra i surrealisti. A partire da La Jungla, quadro che dipinge nel 1942 al suo arrivo a L’Avana, in tutta la sua opera si coniugano le figure umane, le forze della natura e l’elemento magico. A questo sincretismo si aggiunge il vudu, che entra con forza nella sua produzione quando, nel 1945, è invitato ad Haiti assieme a André Breton. La stessa presenza del vudu si ritrova nello stupendo lavoro di Soulouque Cloudi che in questa esposizione rappresenta Haiti. Il lato africano della propria formazione culturale si ritrova anche nelle opere del brasiliano Rubem Valentim, mentre in quelle di Estuardo Maldonado e nei paesaggi fantastici e monumentali di Fernando de Szyszlo, sono le culture precolombiane a scandire il tema della produzione artistica.
Rispetto all’arte Magico- Onirica potremmo mettere l’accento sulle relazioni fra pittura latinoamericana e surrealismo europeo, ricordando che nel 1928 viene fondato in Argentina, qui rappresentata da Arquitectura con Nube Azul di Federico Brook, il primo gruppo surrealista che ruota attorno alla figura di Aldo Pellegrini.
Il primo gruppo surrealista cileno, La Mandrágora, viene fondato nel 1938. Già dal 1935 Sebastián Matta partecipa alle attività del gruppo surrealista a Parigi. Più tardi, parte in esilio a New York con André Breton e Max Ernst e nel 1948 prende parte ad un’esposizione internazionale sul Surrealismo organizzata da artisti cileni. Malgrado le comprovate simpatie di Matta per il Surrealismo, egli rimane sempre al di fuori del gruppo.
Questo raccontare in forma “surrealista” la propria realtà, in questo caso il Día de los muertos, è presente nell’opera costruttiva di Pedro Coronel. Di fatto, questa possiede la dose di humor nero, di dialettica vita-morte, di miscela fra crudeltà ed orrore che i surrealisti richiedono e che, come sostiene Carlos Fuentes[2], costituisce da sempre la realtà quotidiana in Messico ed in America Latina. Stiamo parlando di una fusione spontanea di mito e realtà, sogno e coscienza, ragione e fantasia che ritroviamo nel magico vestito della serie Los Hijos de Neptuno di Cecilia Paredes, nella quasi “magrittiana” fotografia di Luis González Palma e nelle opere di Elvis Avilés e David Salvador.
Il quotidiano in America Latina vede come suoi protagonisti la politica, i problemi sociali ed economici. Parliamo continuamente di inflazione, recessione, disoccupazione, debito estero, corruzione, squadroni della morte, sterminio di indios e bambini, prostituzione infantile, sem-terra, senza tetto, sequestri, violenza della polizia, etc. Al di là delle differenze regionali e storiche, ciò che abbiamo in comune è il carattere di emergenza dei problemi trattati da diversi punti di vista e realtà da Donna Conlon, Xenia Mejía, Ronald Morán, Oscar Muñoz, Nélida Mendoza.
Vorrei concludere questa presentazione ricordando l’affermazione di Oswald de Andrade[3] nel Manifiesto Antropofagico: se necessario dobbiamo essere insolenti, tanto nella difesa delle nostre tradizioni, quanto nell’assimilazione di ciò che viene dall’esterno. Né timidezza né pudicizia. Possiamo e dobbiamo cercare, ovunque sia, ciò di cui abbiamo bisogno per rinnovare la nostra creatività plastica. Come l’arte dei grandi centri, l’arte latino-americana è plurale, dinamica e contraddittoria, ibrida e sincretica e la sua esistenza presuppone scambio, confronto ed un relazionarsi costante e aperto.
Irma Arestizábal
Segretario Culturale IILA
[1] Dobbiamo ricordare, invece, che esiste un pionierismo latinoamericano, come per esempio nel caso di Matías Goeritz, con il suo Serpiente, 1953, Las Torres, ed il monumentale Centro de Espacio Escultórico e la Minimal Art, o la stupenda opera dei neoconcretos in Brasile, fra i quali spiccano gli oggi rinosciuti Ligia Clark e Helio Oiticica. Per approfondire il tema si rimanda a Frederico Moraes, “Prólogo”, Catálogo I Bienal del Mercosur, Porto Alegre, 1997.
[2] O Diário de Frida Kahlo, Introducão, Río de Janeiro, José Olympo, 1995.
[3] È l’antropofagia di cui ci parla Oswald nel suo “Manifesto Antropofágico”, scritto a Piratininga nell’ “Anno 374 da Deglutição do Bispo Sardinha” e che dà il nome ad un’opera di Tarsila do Amaral: ci nutriamo della cultura europea, la deglutiamo e produciamo un’altra creazione, diversa, fresca ed indipendente. Sul tema si rimanda a Frederico Moraes, op. cit.
11
dicembre 2006
Tre Versanti dell’Arte Latinoamericana. Costruttivo, Magico-Onirico, Socio-politico
Dall'undici al 22 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
IILA – ISTITUTO ITALO-LATINO AMERICANO
Roma, Via Giovanni Paisiello, 24, (Roma)
Roma, Via Giovanni Paisiello, 24, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 11-19
Vernissage
11 Dicembre 2006, ore 19
Autore
Curatore