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Tribute to Andy Warhol – Sunday B. Morning
Una mostra sulle Sunday B. Morning, storiche edizioni non autorizzate (ma perfettamente legali) di opere serigrafiche di Andy Warhol.
Comunicato stampa
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Popolarissime e misteriose: una contraddizione in termini che ben si addice alle Sunday B. Morning, protagoniste della mostra “Tribute to Andy Warhol / Sunday B. Morning” che, da giovedì 13 dicembre, prende il via a Roma, in Via Vittoria Colonna, proponendo al visitatore un percorso espositivo articolato in due diversi spazi, la galleria RestelliArtco e il poliedrico bistrot Le Carrè Français.
È sufficiente una superficiale conoscenza del mercato della Pop Art per sapere che con il singolare nome di Sunday B. Morning si fa riferimento a edizioni non autorizzate di storiche opere serigrafiche di Andy Warhol. Le Sunday B. Morning si distinguono però dalle innumerevoli repliche in circolazione di Marilyn, Flowers e Campbell’s Soup Cans per una miracolosa caratteristica: sono tali e quali ai prototipi originali di Warhol da cui si discostano solo per i marchi apposti sul retro.
Com’è possibile? Da dove nasce quel nome tanto allegro quanto indecifrabile? E, soprattutto, come mai Warhol non fece mai nulla per contrastarne la circolazione?
Strano a dirsi ma, a tutt’oggi, molte di queste domande rimangono senza risposta, perché dietro al clamoroso successo commerciale delle Sunday B. Morning rimane il mistero mai del tutto chiarito della loro nascita. La mostra che Filippo Restelli e Raffaella Rossi hanno voluto estendere dalla loro galleria agli ampi spazi del Carrè Français, un luogo che a Warhol sarebbe sicuramente piaciuto, offre il pretesto per tentare di ricostruire una storia affascinante come un film ma, a tratti, lacunosa.
Perché le Sunday B. Morning sono identiche alle Factory Additions (ma costano cento volte di meno)
La tragica morte di Marilyn Monroe, nel 1967, non lasciò indifferente Warhol, destinato a diventare uno degli artisti più influenti del ‘900 per la rabdomantica capacità di registrare i cambiamenti sociali e culturali degli anni del boom economico. Il volto dell’attrice, desunto dalla locandina di Niagara, uno dei suoi film più noti, fu replicato in un portfolio di 10 serigrafie, identiche ma con varianti di colore diverse. Quel prototipo fu fatto stampare in 250 esemplari. Nasce così la prima, celebre edizione delle Marilyn, quella che gli appassionati chiamano Factory Additions.
La trasfigurazione del volto di Marilyn, proposto come icona di una moderna divinità, registrò una straordinaria accoglienza e a più riprese venne chiesto a Warhol di mettere in cantiere la stampa di una seconda edizione. Da quelle insistite pressioni maturò un progetto probabilmente finalizzato a portare a conseguenze estreme il concetto, centrale nella ricerca dell’artista, di produzione di massa. Nella definizione di quell’idea era affiancato da due amici belgi, Nel 1970, il piccolo gruppo di lavoro doveva essere seriamente orientato a mettere in atto la provocazione di una ristampa delle Marilyn non firmata dall’autore e quindi totalmente serializzata. Forse qualcuno fece notare a Warhol le pericolose derive che l’operazione avrebbe potuto sortire sul mercato delle sue opere, sta di fatto che egli cessò, almeno ufficialmente, di sostenerla. A quel punto, però, le istruzioni e i materiali per produrre la seconda edizione delle Marilyn erano già arrivati in Belgio dove si decise di procedere anche in assenza di formale autorizzazione. La forzatura fu reale o si trattò di una diplomatica messa in scena concordata con l’autore? L’unico dato certo della vicenda è che la seconda edizione delle Marilyn era in qualche modo arrivata: 250 copie del portfolio originale distinguibili da questo solo per alcune varianti di colore e per la presenza, sul retro di ogni stampa, di una dicitura dal valore assolutamente programmatico timbrata in nero: “Published by Sunday B.Morning” e “Fill in your own signature” con lo spazio lasciato all’acquirente per apporre la propria firma. Come dire: “Nel mondo della domocrazia e della produzione di massa anche l’arte è serializzata e la tua firma conta quanto quella dell’artista”.
Perché le Sunday B. Morning sono identiche alle originali Factory Additions della prima edizione? Semplice, perché sono di fatto degli originali!
Come mai Warhol non si attivò per bloccare la circolazione delle Sunday B. Morning?
I tentativi dell’artista di fermare la produzione delle Sunday appaiono talmente poco convinti da indurre a pensare che egli fosse in realtà fin dall’inizio intenzionato a riconoscerle. Ben presto si limitò ad apporre sugli esemplari SBM che gli capitavano a tiro l’ironica firma di disconoscimento: “This is not by me. Andy Warhol”. In progresso di tempo, quella singolare modalità di firma acquistò il valore di un’informale autorizzazione e le serigrafie “dis-autenticate”, le cosiddette This is not by me, divennero un boccone molto apprezzato dai collezionisti.
Poste in connessione così stretta con Wahrol da essersi conquistate la pubblicazione nel suo catalogo ragionato, le Sunday B. Morning del 1970 compaiono nelle grandi aste internazionali dove raggiungono quotazioni che possono anche aggirarsi intorno ai quindicimila dollari per un singolo esemplare.
La mostra
Le 29 opere in mostra sono Sunday B. Morning di ultima generazione. Negli anni ’90 un imprenditore di grande fiuto ha infatti acquistato il marchio e ripreso la produzione che si era nel frattempo interrotta. Le Sunday B. Morning contemporanee si diversificano da quelle del 1970 per il colore del timbro sul retro, che non è più nero ma blu. Per il resto nulla è cambiato: esse vengono prodotte nella stessa stamperia belga in cui vide la luce la prima mitica edizione, sfruttando i negativi delle fotografie forniti da Warhol e il procedimento di stampa da lui rivelato. Il risultato finale è un’opera di Warhol venduta, in modo del tutto legale, a prezzi popolari. Un’idea che incarna pienamente lo spirito dell’artista che ha conseguito lo strabiliante risultato di avere raggiunto quotazioni da capogiro coesistenti con possibilità d’acquisto a prezzi più che ragionevoli. Come dire che Warhol è per pochi ma è anche per tutti, il che fa di lui uno degli artisti più comprati e venduti di tutti i tempi.
Sunday B. Morning Art Gallery, questo il nome aggiornato del marchio, ha ampliato la produzione dalle serie delle Marilyn, Flowers e Campbell’s Soup Cans ad altre celebri invenzioni del guru della Pop Art: i Mao e i Dollar Sign. Da settembre si è aggiunto l’Urlo di Munch, ovviamente nella rivisitazione serigrafica ideata da Warhol.
La presenza in mostra di una delle prime stampe dell’Urlo targate SBM rappresenta una preziosa occasione offerta al pubblico italiano per prendere visione della nuova riedizione. Filippo Restelli e Raffaella Rossi hanno inoltre affiancato alle classiche versioni di Campbell’s Soup, Dollar Sign e Marilyn, anche alcune Golden Marilyn, una variante inventata da Sunday B. Morning nelle tonalità oro, argento, rosso e nero.
Con le Sunday B. Morning è sempre andata così: figlie illegittime del grande padre della Pop Art si sono conquistate il diritto di continuarne legalmente l’impresa anche concedendosi disciplinati spazi di autonomia, un diritto che, nel mondo, solo a loro è concesso.
È sufficiente una superficiale conoscenza del mercato della Pop Art per sapere che con il singolare nome di Sunday B. Morning si fa riferimento a edizioni non autorizzate di storiche opere serigrafiche di Andy Warhol. Le Sunday B. Morning si distinguono però dalle innumerevoli repliche in circolazione di Marilyn, Flowers e Campbell’s Soup Cans per una miracolosa caratteristica: sono tali e quali ai prototipi originali di Warhol da cui si discostano solo per i marchi apposti sul retro.
Com’è possibile? Da dove nasce quel nome tanto allegro quanto indecifrabile? E, soprattutto, come mai Warhol non fece mai nulla per contrastarne la circolazione?
Strano a dirsi ma, a tutt’oggi, molte di queste domande rimangono senza risposta, perché dietro al clamoroso successo commerciale delle Sunday B. Morning rimane il mistero mai del tutto chiarito della loro nascita. La mostra che Filippo Restelli e Raffaella Rossi hanno voluto estendere dalla loro galleria agli ampi spazi del Carrè Français, un luogo che a Warhol sarebbe sicuramente piaciuto, offre il pretesto per tentare di ricostruire una storia affascinante come un film ma, a tratti, lacunosa.
Perché le Sunday B. Morning sono identiche alle Factory Additions (ma costano cento volte di meno)
La tragica morte di Marilyn Monroe, nel 1967, non lasciò indifferente Warhol, destinato a diventare uno degli artisti più influenti del ‘900 per la rabdomantica capacità di registrare i cambiamenti sociali e culturali degli anni del boom economico. Il volto dell’attrice, desunto dalla locandina di Niagara, uno dei suoi film più noti, fu replicato in un portfolio di 10 serigrafie, identiche ma con varianti di colore diverse. Quel prototipo fu fatto stampare in 250 esemplari. Nasce così la prima, celebre edizione delle Marilyn, quella che gli appassionati chiamano Factory Additions.
La trasfigurazione del volto di Marilyn, proposto come icona di una moderna divinità, registrò una straordinaria accoglienza e a più riprese venne chiesto a Warhol di mettere in cantiere la stampa di una seconda edizione. Da quelle insistite pressioni maturò un progetto probabilmente finalizzato a portare a conseguenze estreme il concetto, centrale nella ricerca dell’artista, di produzione di massa. Nella definizione di quell’idea era affiancato da due amici belgi, Nel 1970, il piccolo gruppo di lavoro doveva essere seriamente orientato a mettere in atto la provocazione di una ristampa delle Marilyn non firmata dall’autore e quindi totalmente serializzata. Forse qualcuno fece notare a Warhol le pericolose derive che l’operazione avrebbe potuto sortire sul mercato delle sue opere, sta di fatto che egli cessò, almeno ufficialmente, di sostenerla. A quel punto, però, le istruzioni e i materiali per produrre la seconda edizione delle Marilyn erano già arrivati in Belgio dove si decise di procedere anche in assenza di formale autorizzazione. La forzatura fu reale o si trattò di una diplomatica messa in scena concordata con l’autore? L’unico dato certo della vicenda è che la seconda edizione delle Marilyn era in qualche modo arrivata: 250 copie del portfolio originale distinguibili da questo solo per alcune varianti di colore e per la presenza, sul retro di ogni stampa, di una dicitura dal valore assolutamente programmatico timbrata in nero: “Published by Sunday B.Morning” e “Fill in your own signature” con lo spazio lasciato all’acquirente per apporre la propria firma. Come dire: “Nel mondo della domocrazia e della produzione di massa anche l’arte è serializzata e la tua firma conta quanto quella dell’artista”.
Perché le Sunday B. Morning sono identiche alle originali Factory Additions della prima edizione? Semplice, perché sono di fatto degli originali!
Come mai Warhol non si attivò per bloccare la circolazione delle Sunday B. Morning?
I tentativi dell’artista di fermare la produzione delle Sunday appaiono talmente poco convinti da indurre a pensare che egli fosse in realtà fin dall’inizio intenzionato a riconoscerle. Ben presto si limitò ad apporre sugli esemplari SBM che gli capitavano a tiro l’ironica firma di disconoscimento: “This is not by me. Andy Warhol”. In progresso di tempo, quella singolare modalità di firma acquistò il valore di un’informale autorizzazione e le serigrafie “dis-autenticate”, le cosiddette This is not by me, divennero un boccone molto apprezzato dai collezionisti.
Poste in connessione così stretta con Wahrol da essersi conquistate la pubblicazione nel suo catalogo ragionato, le Sunday B. Morning del 1970 compaiono nelle grandi aste internazionali dove raggiungono quotazioni che possono anche aggirarsi intorno ai quindicimila dollari per un singolo esemplare.
La mostra
Le 29 opere in mostra sono Sunday B. Morning di ultima generazione. Negli anni ’90 un imprenditore di grande fiuto ha infatti acquistato il marchio e ripreso la produzione che si era nel frattempo interrotta. Le Sunday B. Morning contemporanee si diversificano da quelle del 1970 per il colore del timbro sul retro, che non è più nero ma blu. Per il resto nulla è cambiato: esse vengono prodotte nella stessa stamperia belga in cui vide la luce la prima mitica edizione, sfruttando i negativi delle fotografie forniti da Warhol e il procedimento di stampa da lui rivelato. Il risultato finale è un’opera di Warhol venduta, in modo del tutto legale, a prezzi popolari. Un’idea che incarna pienamente lo spirito dell’artista che ha conseguito lo strabiliante risultato di avere raggiunto quotazioni da capogiro coesistenti con possibilità d’acquisto a prezzi più che ragionevoli. Come dire che Warhol è per pochi ma è anche per tutti, il che fa di lui uno degli artisti più comprati e venduti di tutti i tempi.
Sunday B. Morning Art Gallery, questo il nome aggiornato del marchio, ha ampliato la produzione dalle serie delle Marilyn, Flowers e Campbell’s Soup Cans ad altre celebri invenzioni del guru della Pop Art: i Mao e i Dollar Sign. Da settembre si è aggiunto l’Urlo di Munch, ovviamente nella rivisitazione serigrafica ideata da Warhol.
La presenza in mostra di una delle prime stampe dell’Urlo targate SBM rappresenta una preziosa occasione offerta al pubblico italiano per prendere visione della nuova riedizione. Filippo Restelli e Raffaella Rossi hanno inoltre affiancato alle classiche versioni di Campbell’s Soup, Dollar Sign e Marilyn, anche alcune Golden Marilyn, una variante inventata da Sunday B. Morning nelle tonalità oro, argento, rosso e nero.
Con le Sunday B. Morning è sempre andata così: figlie illegittime del grande padre della Pop Art si sono conquistate il diritto di continuarne legalmente l’impresa anche concedendosi disciplinati spazi di autonomia, un diritto che, nel mondo, solo a loro è concesso.
12
dicembre 2018
Tribute to Andy Warhol – Sunday B. Morning
Dal 12 dicembre 2018 al 31 gennaio 2019
disegno e grafica
Location
RESTELLIARTCO
Roma, Via Vittoria Colonna, 9, (Roma)
Roma, Via Vittoria Colonna, 9, (Roma)
Orario di apertura
10,30-13,30 e 15,30-20,00
Vernissage
12 Dicembre 2018, h 18,30 - 21,30
Autore
Curatore