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triestèfotografia 2007 – Dialog
DIALOG, che si compone di una parte storica ad opera di Tin Piernu, risalente ai primi anni ’50 del secolo scorso ed una parte contemporanea ad opera del fotografo udinese Luca Laureati, è un tipico esempio di uso creativo della fotografia sociale e documentaristica
Comunicato stampa
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Per questa seconda edizione muggesana di triestèfotografia, Photo-Imago ha voluto farsi portatrice della mostra DIALOG, immagini di Tin Piernu e Luca Laureati, organizzata grazie alla grande disponibilità del Centro Studi Nediža che l’ha ideata e realizzata.
Photo-Imago ha sempre perseguito, nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie, in verità da sempre purtroppo assai esigue, l’obbiettivo di privilegiare la fotografia delle aree contigue a quella giuliana, sia da un punto di vista storico, sia da quello dell’humus creativo, nonché per i rapporti intrattenuti con istituzioni ed enti che coltivano il medesimo interesse.
Il Centro Studi Nediža si distingue per l’opera di sensibilizzazione nei confronti di tematiche che caratterizzano la società contemporanea. Pur partendo da specificità locali, in questo caso della Slavia veneta situata nella parte più orientale della provincia di Udine, cerca, con le proprie iniziative, di andare al di là di un localismo che, seppur degno di attenzione, suona troppo “riserva indiana”.
La questione forse più drammatica che il Centro Studi Nediža sta affrontando è lo spopolamento del territorio della Valli del Natisone con conseguente lenta trasformazione dello stesso. Centri abitati, la cui sussistenza era quasi totalmente basata sulle pratiche agricole e boschive, hanno visto negli ultimi cinquant’anni la propria popolazione ridotta ad un terzo e, nei casi più estremi dei comuni montani, quasi del 90 per cento; effetti immediati sono stati la crisi economica, l’emarginazione sociale, la perdita del senso d’appartenenza con conseguente impoverimento anche culturale e linguistico.
La preservazione di questo patrimonio umano passa obbligatoriamente attraverso la fotografia e non solo in questo caso, ove ci troviamo di fronte ad un autentica scoperta di un importante archivio storico, risalente a non molti anni fa, ma sempre e dappertutto, come dimostrano le campagne fotografiche patrocinate dagli enti pubblici più culturalmente evoluti, in Italia ed in Europa.
Questo tipo di analisi ha sinora trovato maggior successo nello studio del territorio, dove, tanto per limitare il discorso al nostro paese, si sono distinti alcuni enti del bacino padano, da Rubiera, a Modena tanto per citarne due, ma che, con l’operazione avviata alcuni anni or sono dal comune di Tavagnacco, in collaborazione con il Circolo Fotografico Friulano, ha interessato anche la regione del Friuli e Venezia Giulia
DIALOG, che si compone di una parte storica ad opera di Tin Piernu, risalente ai primi anni ’50 del secolo scorso ed una parte contemporanea ad opera del fotografo udinese Luca Laureati, è un tipico esempio di uso creativo della fotografia sociale e documentaristica.
L’analisi che ne scaturisce, anche dalla sola osservazione di questi due lavori fotografici, infatti dimostra immediatamente la potenza del mezzo fotografico nel tracciare un ritratto della società, ben calato nel proprio tempo.
Questo genere di operazioni culturali si caratterizzano per una certa complessità di tipo progettuale e vanno portate avanti sistematicamente suddividendo il territorio, anche quello sociale ovviamente, in parti rappresentative della realtà locale; hanno bisogno di un certo arco di tempo per essere realizzate, ma soprattutto devono prevedere una cadenza temporale, tale da poter rilevare i mutamenti che avvengono nel corso degli anni. Questi sono i motivi per i quali queste iniziative di indagine fotografica non possono essere lasciate ai singoli, ma devono trovare nelle amministrazioni locali la naturale committenza.
DIALOG è la dimostrazione di come, partendo da un archivio o da un fondo fotografico storico, si possa successivamente progettare e realizzare un operazione di rilevante valore aggiunto, valida non solo per l’attenzione che richiama sul territorio specifico, ma dalle valenze di carattere più universale.
Ulteriori informazioni su Photo-Imago sul sito www.photoimago.com
“Le fotografie non si bevono e non si mangiano: restano.”
Giuseppina Stefičjova, Tercimonte/Tarčmun
La mostra fotografica DIALOG ha come antefatto e premessa la scoperta di un giacimento fotografico, rimasto sepolto per anni in una soffitta: le mille lastre dell’archivio di Tin Piernu (Valentino Trinco, 1922-1990), uomo dai molti ingegni e fotografo autodidatta, che operò tra il secondo dopoguerra e gli anni ‘70 a Tercimonte, piccolo paese sulle pendici del Matajur (Valli del Natisone).
La parte più consistente di questo importante ritrovamento è costituita dalla serie di ritratti che Tin realizzò tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’60, ponendosi a servizio dei compaesani e degli abitanti dei paesi vicini che necessitavano di una fotografia per i documenti di identità. Centinaia di ritratti, raggruppati per nuclei familiari o per paesi di provenienza, realizzati per un uso meramente funzionale, ma che oggi si prestano a diversi livelli di lettura: la serialità “scientifica” – seppure non intenzionale – con cui queste immagini sono state raccolte, evidenzia le somiglianze, le pose, il gusto nell’abbigliamento e nelle acconciature, e testimonia il periodo e il contesto in cui le persone ritratte hanno vissuto.
Queste gallerie di volti – da un lato prova di esistenze anonime confinate nell’istante dello scatto dall’altro palinsesto su cui scrivere e riscrivere frammenti di biografie individuali e collettive – possono essere viste oggi come un importante documento sociologico ed etnografico, quasi si trattasse della mappatura di un’area geografica impressa nelle fisionomie delle persone.
D’altro canto, queste immagini rendono possibile una riflessione a proposito del lavoro fotografico di Tin Piernu anche dal punto di vista della loro qualità, che si estrinseca fondamentalmente nella efficace immediatezza, nella loro “verità”.
Tanto nei ritratti che nelle fotografie che riguardano la vita nel paese, infatti, egli “registra” senza mediazioni ed appesantimenti concettuali la realtà e la comunità di cui è parte, rivelando con ciò l’intimo legame con i luoghi e le persone che appaiono nelle sue fotografie. Lo sguardo di Tin si colloca sempre al centro della scena e si pone, nelle premesse come nei risultati, in modo diametralmente opposto rispetto alla visione di chi, fotografo o meno, tende a relegare i luoghi e le persone di montagna in un astorico passato idilliaco, pittoresco ed accattivante, ma distante dalla vita reale. Quella realtà quotidiana dura e aspra, combattuta giorno dopo giorno da uomini e donne i cui volti affiorano dalle lastre fotografiche come se riemergessero dal passato, le cui tracce possiamo leggere e decifrare nei segni che le preziose immagini di Tin ci hanno tramandato.
In DIALOG i soggetti e l’approccio “spontaneista” al mezzo fotografico di Tin Piernu incontrano una nuova serie di immagini, contemporanee, riprese dal fotografo udinese Luca Laureati nell’estate del 2005.
Laureati ha ripercorso i luoghi in cui operò Tin Piernu, allestendo in occasione delle sagre paesane uno stand da fotografo viaggiante – costituito semplicemente dalla Hasselblad montata sul cavalletto e da un fondale bianco – presso il quale le persone erano invitate a farsi ritrarre.
Un’operazione nata dalla volontà del fotografo di registrare i cambiamenti nel “paesaggio umano” della nostra Regione, che diventano emblematici, in senso più generale, dei cambiamenti della società e del mondo. Inoltre, il precedente costituito dai ritratti di Tin Piernu arricchiva la ricerca di un confronto con il passato, consentendo di porre in relazione lo stesso luogo e la stessa comunità – in alcuni casi le stesse persone – a distanza di mezzo secolo.
Il fotografo udinese già conosceva il lavoro di Tin, avendone curato la stampa dei negativi per le precedenti mostre allestite a cura del Centro Studi Nediža.
Alla prima di queste esposizioni (San Pietro al Natisone, 2003) parlò in questi termini del fotografo di Tercimonte: “Se proprio si deve cercare un’affinità tra lo sguardo di Tin Piernu e quello di altri fotografi, bisogna forse azzardare un paragone con i modi della fotografia americana, paese nel quale la ‘nuova arte’ conobbe un incredibile sviluppo dopo essersi svincolata dalla tradizione della cultura figurativa europea, per affermarsi come un linguaggio forte e innovatore.
La mancanza di sovrastrutture, l’immediatezza, la semplicità, lo sguardo frontale, diretto, il rendere consapevoli i soggetti di cosa sta avvenendo e quindi l’assenza di immagini rubate, di ‘momenti decisivi’, denotano la ‘purezza’ di un approccio che per Tin Piernu ha origine in una cultura contadina e montanara vecchia di secoli e che per ragioni legate all’isolamento e al ritardo nello sviluppo economico dell’Italia e in particolare di tutte le zone alpine, ha, dobbiamo dire per fortuna, ritardato di molto l’avvento di quella omologazione culturale così fortemente denunciata da Pier Paolo Pasolini che tanta mediocrità e volgarità in pochi anni, dopo l’avvento della televisione, ha diffuso in tutto il paese.”
Nel ritrarre le persone Luca Laureati ha aderito ad un approccio che ricorda quello dei grandi fotografi americani, in particolare Richard Avedon, che nella sua ricerca nel West degli Stati Uniti ne riprese gli abitanti astraendoli dal proprio contesto grazie all’utilizzo di un fondale bianco e proiettandoli così in un “assoluto universale”. L’attenzione dunque anche nel caso di questa nuova serie fotografica è focalizzata sulla figura umana e sulla sua forza comunicativa, veicolata attraverso un linguaggio semplice e diretto, dalla richiesta alle persone ritratte di guardare in macchina per innescare una sorta di gioco di specchi, una serie di rimandi tra soggetto e osservatore.
D’altra parte, come Laureati ha affermato in occasione della prima esposizione di DIALOG (Cividale del Friuli, 2005) “guardare un ritratto è in fondo come guardare contemporaneamente dentro di sé e fuori di sé: nel viso degli altri cerchiamo noi stessi, chi siamo, chi vorremmo essere, ciò che di noi ci piace e quello che non ci piace.
Atteggiamenti, espressioni, posture diventano così gli elementi di un discorso interiore, le frasi di un dialogo.”
Ulteriori informazioni sugli autori, la mostra DIALOG e l’attività del Centro Studi Nediža sul sito internet www.nediza.org
Photo-Imago ha sempre perseguito, nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie, in verità da sempre purtroppo assai esigue, l’obbiettivo di privilegiare la fotografia delle aree contigue a quella giuliana, sia da un punto di vista storico, sia da quello dell’humus creativo, nonché per i rapporti intrattenuti con istituzioni ed enti che coltivano il medesimo interesse.
Il Centro Studi Nediža si distingue per l’opera di sensibilizzazione nei confronti di tematiche che caratterizzano la società contemporanea. Pur partendo da specificità locali, in questo caso della Slavia veneta situata nella parte più orientale della provincia di Udine, cerca, con le proprie iniziative, di andare al di là di un localismo che, seppur degno di attenzione, suona troppo “riserva indiana”.
La questione forse più drammatica che il Centro Studi Nediža sta affrontando è lo spopolamento del territorio della Valli del Natisone con conseguente lenta trasformazione dello stesso. Centri abitati, la cui sussistenza era quasi totalmente basata sulle pratiche agricole e boschive, hanno visto negli ultimi cinquant’anni la propria popolazione ridotta ad un terzo e, nei casi più estremi dei comuni montani, quasi del 90 per cento; effetti immediati sono stati la crisi economica, l’emarginazione sociale, la perdita del senso d’appartenenza con conseguente impoverimento anche culturale e linguistico.
La preservazione di questo patrimonio umano passa obbligatoriamente attraverso la fotografia e non solo in questo caso, ove ci troviamo di fronte ad un autentica scoperta di un importante archivio storico, risalente a non molti anni fa, ma sempre e dappertutto, come dimostrano le campagne fotografiche patrocinate dagli enti pubblici più culturalmente evoluti, in Italia ed in Europa.
Questo tipo di analisi ha sinora trovato maggior successo nello studio del territorio, dove, tanto per limitare il discorso al nostro paese, si sono distinti alcuni enti del bacino padano, da Rubiera, a Modena tanto per citarne due, ma che, con l’operazione avviata alcuni anni or sono dal comune di Tavagnacco, in collaborazione con il Circolo Fotografico Friulano, ha interessato anche la regione del Friuli e Venezia Giulia
DIALOG, che si compone di una parte storica ad opera di Tin Piernu, risalente ai primi anni ’50 del secolo scorso ed una parte contemporanea ad opera del fotografo udinese Luca Laureati, è un tipico esempio di uso creativo della fotografia sociale e documentaristica.
L’analisi che ne scaturisce, anche dalla sola osservazione di questi due lavori fotografici, infatti dimostra immediatamente la potenza del mezzo fotografico nel tracciare un ritratto della società, ben calato nel proprio tempo.
Questo genere di operazioni culturali si caratterizzano per una certa complessità di tipo progettuale e vanno portate avanti sistematicamente suddividendo il territorio, anche quello sociale ovviamente, in parti rappresentative della realtà locale; hanno bisogno di un certo arco di tempo per essere realizzate, ma soprattutto devono prevedere una cadenza temporale, tale da poter rilevare i mutamenti che avvengono nel corso degli anni. Questi sono i motivi per i quali queste iniziative di indagine fotografica non possono essere lasciate ai singoli, ma devono trovare nelle amministrazioni locali la naturale committenza.
DIALOG è la dimostrazione di come, partendo da un archivio o da un fondo fotografico storico, si possa successivamente progettare e realizzare un operazione di rilevante valore aggiunto, valida non solo per l’attenzione che richiama sul territorio specifico, ma dalle valenze di carattere più universale.
Ulteriori informazioni su Photo-Imago sul sito www.photoimago.com
“Le fotografie non si bevono e non si mangiano: restano.”
Giuseppina Stefičjova, Tercimonte/Tarčmun
La mostra fotografica DIALOG ha come antefatto e premessa la scoperta di un giacimento fotografico, rimasto sepolto per anni in una soffitta: le mille lastre dell’archivio di Tin Piernu (Valentino Trinco, 1922-1990), uomo dai molti ingegni e fotografo autodidatta, che operò tra il secondo dopoguerra e gli anni ‘70 a Tercimonte, piccolo paese sulle pendici del Matajur (Valli del Natisone).
La parte più consistente di questo importante ritrovamento è costituita dalla serie di ritratti che Tin realizzò tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’60, ponendosi a servizio dei compaesani e degli abitanti dei paesi vicini che necessitavano di una fotografia per i documenti di identità. Centinaia di ritratti, raggruppati per nuclei familiari o per paesi di provenienza, realizzati per un uso meramente funzionale, ma che oggi si prestano a diversi livelli di lettura: la serialità “scientifica” – seppure non intenzionale – con cui queste immagini sono state raccolte, evidenzia le somiglianze, le pose, il gusto nell’abbigliamento e nelle acconciature, e testimonia il periodo e il contesto in cui le persone ritratte hanno vissuto.
Queste gallerie di volti – da un lato prova di esistenze anonime confinate nell’istante dello scatto dall’altro palinsesto su cui scrivere e riscrivere frammenti di biografie individuali e collettive – possono essere viste oggi come un importante documento sociologico ed etnografico, quasi si trattasse della mappatura di un’area geografica impressa nelle fisionomie delle persone.
D’altro canto, queste immagini rendono possibile una riflessione a proposito del lavoro fotografico di Tin Piernu anche dal punto di vista della loro qualità, che si estrinseca fondamentalmente nella efficace immediatezza, nella loro “verità”.
Tanto nei ritratti che nelle fotografie che riguardano la vita nel paese, infatti, egli “registra” senza mediazioni ed appesantimenti concettuali la realtà e la comunità di cui è parte, rivelando con ciò l’intimo legame con i luoghi e le persone che appaiono nelle sue fotografie. Lo sguardo di Tin si colloca sempre al centro della scena e si pone, nelle premesse come nei risultati, in modo diametralmente opposto rispetto alla visione di chi, fotografo o meno, tende a relegare i luoghi e le persone di montagna in un astorico passato idilliaco, pittoresco ed accattivante, ma distante dalla vita reale. Quella realtà quotidiana dura e aspra, combattuta giorno dopo giorno da uomini e donne i cui volti affiorano dalle lastre fotografiche come se riemergessero dal passato, le cui tracce possiamo leggere e decifrare nei segni che le preziose immagini di Tin ci hanno tramandato.
In DIALOG i soggetti e l’approccio “spontaneista” al mezzo fotografico di Tin Piernu incontrano una nuova serie di immagini, contemporanee, riprese dal fotografo udinese Luca Laureati nell’estate del 2005.
Laureati ha ripercorso i luoghi in cui operò Tin Piernu, allestendo in occasione delle sagre paesane uno stand da fotografo viaggiante – costituito semplicemente dalla Hasselblad montata sul cavalletto e da un fondale bianco – presso il quale le persone erano invitate a farsi ritrarre.
Un’operazione nata dalla volontà del fotografo di registrare i cambiamenti nel “paesaggio umano” della nostra Regione, che diventano emblematici, in senso più generale, dei cambiamenti della società e del mondo. Inoltre, il precedente costituito dai ritratti di Tin Piernu arricchiva la ricerca di un confronto con il passato, consentendo di porre in relazione lo stesso luogo e la stessa comunità – in alcuni casi le stesse persone – a distanza di mezzo secolo.
Il fotografo udinese già conosceva il lavoro di Tin, avendone curato la stampa dei negativi per le precedenti mostre allestite a cura del Centro Studi Nediža.
Alla prima di queste esposizioni (San Pietro al Natisone, 2003) parlò in questi termini del fotografo di Tercimonte: “Se proprio si deve cercare un’affinità tra lo sguardo di Tin Piernu e quello di altri fotografi, bisogna forse azzardare un paragone con i modi della fotografia americana, paese nel quale la ‘nuova arte’ conobbe un incredibile sviluppo dopo essersi svincolata dalla tradizione della cultura figurativa europea, per affermarsi come un linguaggio forte e innovatore.
La mancanza di sovrastrutture, l’immediatezza, la semplicità, lo sguardo frontale, diretto, il rendere consapevoli i soggetti di cosa sta avvenendo e quindi l’assenza di immagini rubate, di ‘momenti decisivi’, denotano la ‘purezza’ di un approccio che per Tin Piernu ha origine in una cultura contadina e montanara vecchia di secoli e che per ragioni legate all’isolamento e al ritardo nello sviluppo economico dell’Italia e in particolare di tutte le zone alpine, ha, dobbiamo dire per fortuna, ritardato di molto l’avvento di quella omologazione culturale così fortemente denunciata da Pier Paolo Pasolini che tanta mediocrità e volgarità in pochi anni, dopo l’avvento della televisione, ha diffuso in tutto il paese.”
Nel ritrarre le persone Luca Laureati ha aderito ad un approccio che ricorda quello dei grandi fotografi americani, in particolare Richard Avedon, che nella sua ricerca nel West degli Stati Uniti ne riprese gli abitanti astraendoli dal proprio contesto grazie all’utilizzo di un fondale bianco e proiettandoli così in un “assoluto universale”. L’attenzione dunque anche nel caso di questa nuova serie fotografica è focalizzata sulla figura umana e sulla sua forza comunicativa, veicolata attraverso un linguaggio semplice e diretto, dalla richiesta alle persone ritratte di guardare in macchina per innescare una sorta di gioco di specchi, una serie di rimandi tra soggetto e osservatore.
D’altra parte, come Laureati ha affermato in occasione della prima esposizione di DIALOG (Cividale del Friuli, 2005) “guardare un ritratto è in fondo come guardare contemporaneamente dentro di sé e fuori di sé: nel viso degli altri cerchiamo noi stessi, chi siamo, chi vorremmo essere, ciò che di noi ci piace e quello che non ci piace.
Atteggiamenti, espressioni, posture diventano così gli elementi di un discorso interiore, le frasi di un dialogo.”
Ulteriori informazioni sugli autori, la mostra DIALOG e l’attività del Centro Studi Nediža sul sito internet www.nediza.org
01
settembre 2007
triestèfotografia 2007 – Dialog
Dal primo al 22 settembre 2007
fotografia
Location
SALA COMUNALE D’ARTE GIUSEPPE NEGRISIN
Muggia, Piazza Della Repubblica, 4, (Trieste)
Muggia, Piazza Della Repubblica, 4, (Trieste)
Orario di apertura
lunedì-sabato 10-12 e 17-19
Vernissage
1 Settembre 2007, ore 12
Sito web
www.photoimago.com
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