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Trip visioni in pillole
Per incominciare nel segno di arte e creatività contemporanee, Barriera inaugura presentando una mostra di opere realizzate appositamente dagli allievi dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino che hanno interagito con il quartiere
Comunicato stampa
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Barriera è aperta. Barriera non è uno strumento per separare, ma un luogo torinese che un gruppo di amici dell'arte contemporanea, i quali sono anche amici tra loro, ha scelto come magazzino di opere d'arte e come spazio per incontrarsi e incontrare. Barriera non è il simbolo di un confine, ma, al contrario, vuole essere parte comune di un quartiere ricco di energie e diversità. Barriera ha scelto di circondarsi del brusio di una periferia di tradizione e di tenersi distante dal rimbombo del centro patinato della città. A Barriera si parlerà di arte e cioè di tutto ciò che i contemporanei chiamano arte. In attesa dell'imprevisto.
Per incominciare nel segno di arte e creatività contemporanee, Barriera inaugura presentando una mostra di opere realizzate appositamente dagli allievi dell'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino che hanno interagito con il quartiere. Sono Sara Zampedri, Caterina Motta, Antonio Falbo, Samantha McMillan, Simone Didonna, Federico Ghigo, Donato Canosa, Diego Scroppo. Presentano sei installazioni e due video d'artista.
Le opere presentate sono molto diverse tra loro, ma le unisce la consapevolezza del valore dei luoghi. Sono tutte riconducibili a tematiche politico-sociali, ma affrontate con toni ironici e un delicato senso poetico.
Questi lavori ci costringono a un continuo spostamento di visuale, tra realtà e mondi di fantasia, in un gioco di specchi al cui centro c’è sempre l’essere umano, chiunque esso sia, senza barriere intorno. Lo spiazzamento, sembrano suggerire i nostri giovani artisti, è necessario per poter vivere con ironia e leggerezza la responsabilità individuale di uomini e donne contemporanee.
Per Sara Zampedri la realtà diventa un gioco dai colori vivaci, il lego, e il quartiere assume una fisionomia nuova e desiderabile, in cui l’uniformità esteriore simboleggia quella interiore: nelle case tutte uguali vivono cittadini tutti uguali tra loro, senza discriminazioni e differenze sociali.
Caterina Motta, descrive un’archeologia del futuro con geroglifici che diventano moderni graffiti e sono lo sfondo di figure anonime, identità migranti, che si muovono. Antonio Falbo nel video rappresenta una realtà asettica, dove l’individuo è solo un viso coperto da una mascherina o una mano protetta da guanti di plastica. Samantha McMillan con ironia descrive la scoperta del quartiere da parte degli artisti, trasformati in scimmiette, in un video d’animazione. Simone Didonna racconta una storia, con un orsetto di peluche che recita una frase di Peter Pan: è uno sguardo “ribassato”, il desiderio di usare un punto di vista di bambino, a cui di solito non si pensa. Ed è un’operazione importante, che caratterizza un po’ tutti i lavori: partire da sé per entrare in un’altra ottica, lasciando il centro e andando a posizionarsi ai margini. Federico Ghigo costruisce una mappa intima, composta da foto istantanee scattate con il cellulare e assemblate in un modo a prima vista casuale: l’ordine è quello che ognuno di noi vorrà dare, usando anche i filmati proiettati come dei videogiochi. Donato Canosa ci fa riflettere sul significato di essere umano: i suoi ritratti sono riconoscibili solo dalle informazioni anagrafiche, perché i tratti del viso sono stati volutamente sfocati. Ognuno di loro (e di noi) diventa, quindi è, quelle scarne parole che descrivono solo alcuni aspetti della persona. I grandi visi senza occhi e bocca ci circondano e vivono esclusivamente nella narrazione di sé, in rapporto agli altri e al quartiere: si è vivi solo se si è di fronte a un “altro” che ci guarda e ci ascolta, dando senso al nostro essere al mondo. Diego Scroppo costruisce un elemento gigante che si muove leggero nello spazio, simile a un’enorme pastiglia. L’artista, scoperto che lo spazio espositivo era stata una fabbrica farmaceutica, ha creato con uno slittamento semantico, il “gioco” dei giorni nostri, le pillole. Molti ne fanno uso per sentirsi diversi, o perché sentono di essere diversi ed esclusi: c’è una barriera a dividere chi è “sano e normale”, da chi è “altro”, secondo regole codificate da un Potere che si modifica nel tempo per mantenersi tale. Scroppo va oltre la specificità del luogo per trattare argomenti che toccano ogni essere vivente, destinato a trovarsi almeno una volta, ai margini delle regole e, per questo, a essere discriminato.
(testo critico a cura di Cristina Giudice)
Per incominciare nel segno di arte e creatività contemporanee, Barriera inaugura presentando una mostra di opere realizzate appositamente dagli allievi dell'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino che hanno interagito con il quartiere. Sono Sara Zampedri, Caterina Motta, Antonio Falbo, Samantha McMillan, Simone Didonna, Federico Ghigo, Donato Canosa, Diego Scroppo. Presentano sei installazioni e due video d'artista.
Le opere presentate sono molto diverse tra loro, ma le unisce la consapevolezza del valore dei luoghi. Sono tutte riconducibili a tematiche politico-sociali, ma affrontate con toni ironici e un delicato senso poetico.
Questi lavori ci costringono a un continuo spostamento di visuale, tra realtà e mondi di fantasia, in un gioco di specchi al cui centro c’è sempre l’essere umano, chiunque esso sia, senza barriere intorno. Lo spiazzamento, sembrano suggerire i nostri giovani artisti, è necessario per poter vivere con ironia e leggerezza la responsabilità individuale di uomini e donne contemporanee.
Per Sara Zampedri la realtà diventa un gioco dai colori vivaci, il lego, e il quartiere assume una fisionomia nuova e desiderabile, in cui l’uniformità esteriore simboleggia quella interiore: nelle case tutte uguali vivono cittadini tutti uguali tra loro, senza discriminazioni e differenze sociali.
Caterina Motta, descrive un’archeologia del futuro con geroglifici che diventano moderni graffiti e sono lo sfondo di figure anonime, identità migranti, che si muovono. Antonio Falbo nel video rappresenta una realtà asettica, dove l’individuo è solo un viso coperto da una mascherina o una mano protetta da guanti di plastica. Samantha McMillan con ironia descrive la scoperta del quartiere da parte degli artisti, trasformati in scimmiette, in un video d’animazione. Simone Didonna racconta una storia, con un orsetto di peluche che recita una frase di Peter Pan: è uno sguardo “ribassato”, il desiderio di usare un punto di vista di bambino, a cui di solito non si pensa. Ed è un’operazione importante, che caratterizza un po’ tutti i lavori: partire da sé per entrare in un’altra ottica, lasciando il centro e andando a posizionarsi ai margini. Federico Ghigo costruisce una mappa intima, composta da foto istantanee scattate con il cellulare e assemblate in un modo a prima vista casuale: l’ordine è quello che ognuno di noi vorrà dare, usando anche i filmati proiettati come dei videogiochi. Donato Canosa ci fa riflettere sul significato di essere umano: i suoi ritratti sono riconoscibili solo dalle informazioni anagrafiche, perché i tratti del viso sono stati volutamente sfocati. Ognuno di loro (e di noi) diventa, quindi è, quelle scarne parole che descrivono solo alcuni aspetti della persona. I grandi visi senza occhi e bocca ci circondano e vivono esclusivamente nella narrazione di sé, in rapporto agli altri e al quartiere: si è vivi solo se si è di fronte a un “altro” che ci guarda e ci ascolta, dando senso al nostro essere al mondo. Diego Scroppo costruisce un elemento gigante che si muove leggero nello spazio, simile a un’enorme pastiglia. L’artista, scoperto che lo spazio espositivo era stata una fabbrica farmaceutica, ha creato con uno slittamento semantico, il “gioco” dei giorni nostri, le pillole. Molti ne fanno uso per sentirsi diversi, o perché sentono di essere diversi ed esclusi: c’è una barriera a dividere chi è “sano e normale”, da chi è “altro”, secondo regole codificate da un Potere che si modifica nel tempo per mantenersi tale. Scroppo va oltre la specificità del luogo per trattare argomenti che toccano ogni essere vivente, destinato a trovarsi almeno una volta, ai margini delle regole e, per questo, a essere discriminato.
(testo critico a cura di Cristina Giudice)
07
febbraio 2007
Trip visioni in pillole
Dal 07 febbraio al 13 marzo 2007
giovane arte
Location
BARRIERA
Torino, Via Crescentino, 25, (Torino)
Torino, Via Crescentino, 25, (Torino)
Vernissage
7 Febbraio 2007, ore 18,30
Autore
Curatore