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Tullio Mazzotti Pittore
Presentazione della monografia “Tullio Mazzotti Pittore” a cura di Silvia Campese, testi di Rolando Giovannini e Franco Dante Tiglio, Marco Sabatelli Editore. interverranno: Ferdinando Molteni Assessore alla Cultura del Comune di Savona, Gianluca Nasuti Assessore alla Cultura di Albissola Marina, Silvia Campese curatrice della monografia. Nel corso della presentazione: intervista a Tullio Mazzotti curata da Mino Puppo, video di Enrica Noceto
Comunicato stampa
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Sabato 24 ottobre 2009, alle ore 11 presso la Pinacoteca di Savona verrà presentata la monografia "Tullio Mazzotti Pittore", Marco Sabatelli Editore a cura di Silvia Campese. Si tratta di una pubblicazione, con testi di Rolando Giovannini e Franco Dante Tiglio, dedicata al lavoro artistico in campo pittorico di Tullio Mazzotti dal 1996 al 2009. Testi critici approfondiscono la "pittura" dell'artista, scavandone nei risvolti psicologici, nei dettagli dell'espressione, nell'approccio dell'autore con il mondo dell'arte. Oltre alla pubblicazione delle opere, che vengono divise in DISEGNI, SCRITTI (opere pittoriche in cui l'uso della parola scritta riveste fondamentale importanza), COLLAGE e DIPINTI, sono analizzate alcune "operazioni artistiche" ha realizzato negli anni passati; da "Vietato calpestare l'erba" (2002), in cui l'autore pose dei propri lavori a terra e invitò le persone a camminare sulle sue opere, alla personale in "Pozzo Garitta Studio Fontana" (2004), durante la quale gli spettatori della mostra poterono dipingere sopra ai quadri esposti da Mazzotti, a "L'arte non è rumenta ne bene di consumo" (2005), dove l'artista butto nei cassonetti della spazzatura 15 sui lavori e rimase in attesa di sapere se alcuni di questi lavori venivano recuperati dai passanti, sino a "Natale indifferente" (2006), quando lascio che le automobili nel traffico natalizio passassero sui sui quadri.
Un approfondimento di operazioni apparentemente provocatorie, ma con un contenuto profondo e finalizzato a avvicinare artista, arte, spettatore che si conclude con alcuni testi di Mazzotti sul suo fare arte, racconti dell'attimo creativo durante i quali dipinge.
"La sua arte è un diario figurato di un viaggio nell'esperienza di ogni giorno, in cui l'artista registra immagini ricordo, che hanno marcato la sua storia personale. E' una storia che procede nel tempo: l'artista la sta documentando da anni con sincerità e commozione, ma anche con le ribellioni, che confermano la sua tentazione a uscire dalle righe ogni volta che incontra situazioni di alterità provocate da un diffuso conformismo morale. La sua pittura non è ne una metafisica e neppure una pittura sperimentale; il linguaggio che la caratterizza è crudo e immediato, fatto di distorsioni, di gestualità, di movimento; esso si colloca in un contesto autoironico e fonde spunti autobiografici e filosofia esistenziale per riaprire un discorso con l'uomo comune e con il quotidiano." (Franco Dante Tiglio 2005).
"Tullio Mazzotti ama discutere con artisti e amici il tema della funzione dell’arte. Con atteggiamento provocatorio, spesso, conclude gli accesi confronti radicalizzando l’aforisma di Oscar Wilde “L’arte è la più inutile delle cose indispensabili” in “L’arte è inutile”. Affermazione che lui stesso smentisce con i fatti attraverso un lavoro che, molto spesso, diviene veicolo unico di comunicazione tra l’artista e il mondo, tra l’autore e gli altri. Un’arte, quindi, indispensabile, ma anche viscerale, primitiva, autentica e “necessaria” quanto lo furono le pitture rupestri delle Grotte di Altamira per i primi uomini. Del resto, che il suo modo di “sentire” sia viscerale e animale è dichiarato dallo stesso Mazzotti in un collage in cui, sopra a un ritaglio di giornale, scrive a pastello nero: “Oggi io sono un animale”. L’affermazione iniziale sull’inutilità dell’arte si colloca quindi, già da una prima riflessione, su due differenti piani: il primo si lega a un rifiuto di un certo modo di fare arte. Mazzotti manifesta un volontario rigetto nei confronti di un forzato intellettualismo che spesso si allontana dalla sostanza, e anche dalla fisicità, del fare artistico sino a elaborare un personale atteggiamento a cavallo tra l’ironico e l’irriverente. ... Un lungo percorso e un tormentato travaglio hanno portato Mazzotti al raggiungimento di un linguaggio artistico completo e personale dove la sapiente costruzione degli spazi e il rapporto tra colore e segno hanno trovato la via più intensa per tradurre le emozioni, vero senso dell’arte di Mazzotti. E allora, la frase iniziale pronunciata dall’artista, “L’arte è inutile”, trova, a conclusione di questo lavoro, il suo autentico significato: “L’arte è inutile se non è emozione, se non è vita”." (Silvia Campese 2009).
"Essere nato in un luogo intriso della cultura dell’arte, in un contesto ampio e soprattutto in una città come non molte altre, sinonimo di profonda cultura artistica, quale Albissola, deve costituire una esperienza di vita veramente unica. ... E’ così che le confluenze, gli incroci, le concomitanze, le opportunità, ben condivise e supportate da una sicura ospitalità, hanno consentito a luoghi geografici di compilare pagine di storia come quella Futurista di inizio Novecento, dove più artisti applicarono pensiero e poetica con una attiva sperimentazione delle tecniche della ceramica, come pure sequenze artistiche straordinarie in periodi successivi e precedenti. Tullio ha vissuto tra stampi, terre, oggetti, fin da piccolo, probabilmente giocandovi anche a nascondino con i coetanei, nonché celando qualche segreto in angoli poco frequentati e personali. Questo perché così avviene per tutti quando si è piccoli, ma diverso può essere vivere in un contesto in cui tutto parla di innovazione, di creatività, di invenzione, di ideazione, di fare, fare bene, a regola d’arte. Senza creare questo intorno all’ultimo nato di Casa Mazzotti, non si può comprendere il personaggio. E non si può neppure capire perché egli -ben conscio di tutte le tecniche e di tutti i processi della ceramica dalla formazione alla vendita nell’indispensabile negozio-bottega- si rifugi non di rado nella pittura, in una sorta di isolamento personale verso una tela silenziosa, in un’attesa, talvolta drammaticamente vuota. Lo fa perché solo lì è se stesso, fuori dall’obbligo di essere, fuori dalla necessità di un confronto, di un ruolo assegnato, di dover mostrarsi in stile e sintonia con gli avi, nonché essere più o meno bravo o storico di Loro. ... Ora il tema del ruolo, della mission, dell’impegno sociale dell’artista. Lavoro, svago, dinastia, espressione o passione? -domanda Rolando Giovannini a Tullio Mazzotti- “Durante le mie giornate ci sono due anime: quella del lavoro, artigianale, imprenditoriale (che è la parte che mi affascina maggiormente anche se poi continuo a essere un casinista con più cuore che raziocinio); poi l'arte, dove la creazione e l'espressione sono disgiunte dal mercato. La mia linea di demarcazione sta nel fatto che l'artigianato risponde al mercato, l'arte risponde all'autore. La dinastia c'è, non posso farci nulla, né in un senso né nell'altro, credo comunque sia un vantaggio (forse)”. ... Sul tema “Ami la pittura? fino a dove la pittura è rappresentazione e quando diviene poetica, pensiero?”, si giocano le carte della regole, dello spessore di un artista, della motivazione, del reale contatto tra l’opera d’arte e lo spettatore, della profondità di ragionamento. Mazzotti risponde: “Non amo la pittura, dipingo è diverso; sono un figurativo nel senso che nei miei dipinti c'è sempre una rappresentazione di un emozione, di una situazione, mentre invece nell'esecuzione non c'è assolutamente un raziocinio, anzi potrei spingermi a dire che dipingo come un informale, mentre (ripeto) nei contenuti sono un figurativo”. E conclude, “... poi altra annotazione... delle schedature stilistiche (espressionista, impressionista, eccetera) non mi interessa assolutamente nulla”. E da ultimo, “Quando diventa poetica e pensiero ? non so dare un significato alla parola poetica”. ... La grinta e l’estemporaneità che pone nel quadro quasi a divorarlo, a farlo proprio, a segnarlo con simboli e artifizi spesso criptati, segnali in codice mirati per alcuni, sono la vera garanzia dell’ossatura del più giovane Tullio, che esprime la saggia cultura italiana del nostro tempo." (Rolando Giovannini 2009).
"Avrei voluto avere una tela, ma c’era solo una tavola di legno a disposizione. Avevo voglia di dipingere il mio stato d’animo, un po’ teso, agitato, proiettato in avanti. Non mi curo molto dei colori che ho a disposizione, anzi, evito di farlo talvolta coscientemente. Da tempo mi manca un bel nero, un blu decente, un bianco fluido, dei pennelli accettabili. Al contrario ho barattoli di acrilico reduci da lavori di manutenzione ai muri della fabbrica di ceramica. Oppure vecchi di altre 7 o 8 anni. Vecchi rimasugli, scarti, materiali generici. Possiedo anche, questo volutamente, dei pastelli a olio, matite, gessetti e polvere d’oro. Insomma una variegata accozzaglia di materiali. Quando mi accingo a dipingere mi disturba spostare tutta questa roba vicino al tavolo di lavoro. Mi sembra di perdere concentrazione. Comunque si parte. ...
Sto dipingendo il secondo quadro della serata. Sono teso. La tavola di legno su cui lavorerò è pulita, truciolato. Misure a caso, presa in falegnameria fra gli scarti. La superficie è scivolosa, i barattoli di colore sono tutti aperti, indosso guanti di gomma per non sporcarmi le mani. Come spesso faccio stendo del colore sulla superficie. Senza un senso perfettamente logico. Le campiture di colore sono umori, sono il vissuto, sono terreno su cui camminare. Giallo e rosso, due colori definiti fra quelli che ho a disposizione. Due colori forti, assolutamente non pastello. Mi piace il rosso, meno il giallo, che comunque da contrasto. Tensione. Immergo le dita dentro al barattolo del nero. Un surf e un motociclista. Spesso … il mio “vocabolario pittorico” è scarno, composto da poche simboli. Surf e moto sono passioni, le grandi onde, la sfida con il mare, il rispetto con esso, la voglia di cavalcare l’acqua, di misurarsi con la forza del vento e della natura. Il coraggio di mettersi alla prova. Così come in moto, andando al limite, spensieratamente. Conta molto per me andare al limite, cercare di raggiungerlo, senza superarlo/superandolo. Lo sport insegna : rispetto e ricerca. Mai nulla di assoluto. ...
Un vecchio legno su cui avevo già dipinto. Fondo bianco, un po’ sporco. Sopra un uomo appoggiato al bancone di un bar, tavolini in primo piano, con sopra bottiglie e bicchieri. Segni in oro. In alto, disegnati con un verde tenue, figure appena accennate. Questo è quello che ho davanti. Non ho una tavola nuova su cui trasferire le mie emozioni di adesso. Solo questa. Per altro, la forma della tavola è molto allungata. Inusuale. La prima cosa che faccio è una scritta, con un pastello a olio, nero. Scrivo “RISCHIA SEMPRE”. Quando sciavo, e poi dopo quando facevo l’allenatore, sostenevo (e sostengo) che il rischio paga sempre. Vale sempre la pena di prendere un rischio. Se vuoi qualcosa di importante, se credi in qualcosa veramente, devi saper prendere dei rischi (non stupidamente, ma devi saperlo fare). Rischia sempre. Lei è lì, bellissima, sorridente. La sento, non so quanto sia vicina, non so molto di lei, ma so che sono emozionato. La dipingo con dei segni neri, il nero è assoluto, forte, definito. In piedi sorridente. Poi ci vado sopra con del bianco, altrettanto definito come colore. Sottolineo le curve del suo corpo. Poi con il rosso, fuoco, segno le labbra e i capezzoli. La sua gonna. Sono veloce nel dipingere. Chissà se quello che sto facendo è pittura o disegno. Forse solo segno. Non mi importa. Mi interessa che ci sia un vortice, sovrapposizioni, velocità. Con della vernice trasparente, con cui giorni prima ho verniciato i gradini del mio negozio, cerco di far vibrare la figura, rendendola, se possibile, splendente. Prendo della polvere d’oro, dopo aver messo il quadro in verticale, la faccio colare dall’alto. Risplende ancora di più. ... " (Tullio Mazzotti 2006).
Un approfondimento di operazioni apparentemente provocatorie, ma con un contenuto profondo e finalizzato a avvicinare artista, arte, spettatore che si conclude con alcuni testi di Mazzotti sul suo fare arte, racconti dell'attimo creativo durante i quali dipinge.
"La sua arte è un diario figurato di un viaggio nell'esperienza di ogni giorno, in cui l'artista registra immagini ricordo, che hanno marcato la sua storia personale. E' una storia che procede nel tempo: l'artista la sta documentando da anni con sincerità e commozione, ma anche con le ribellioni, che confermano la sua tentazione a uscire dalle righe ogni volta che incontra situazioni di alterità provocate da un diffuso conformismo morale. La sua pittura non è ne una metafisica e neppure una pittura sperimentale; il linguaggio che la caratterizza è crudo e immediato, fatto di distorsioni, di gestualità, di movimento; esso si colloca in un contesto autoironico e fonde spunti autobiografici e filosofia esistenziale per riaprire un discorso con l'uomo comune e con il quotidiano." (Franco Dante Tiglio 2005).
"Tullio Mazzotti ama discutere con artisti e amici il tema della funzione dell’arte. Con atteggiamento provocatorio, spesso, conclude gli accesi confronti radicalizzando l’aforisma di Oscar Wilde “L’arte è la più inutile delle cose indispensabili” in “L’arte è inutile”. Affermazione che lui stesso smentisce con i fatti attraverso un lavoro che, molto spesso, diviene veicolo unico di comunicazione tra l’artista e il mondo, tra l’autore e gli altri. Un’arte, quindi, indispensabile, ma anche viscerale, primitiva, autentica e “necessaria” quanto lo furono le pitture rupestri delle Grotte di Altamira per i primi uomini. Del resto, che il suo modo di “sentire” sia viscerale e animale è dichiarato dallo stesso Mazzotti in un collage in cui, sopra a un ritaglio di giornale, scrive a pastello nero: “Oggi io sono un animale”. L’affermazione iniziale sull’inutilità dell’arte si colloca quindi, già da una prima riflessione, su due differenti piani: il primo si lega a un rifiuto di un certo modo di fare arte. Mazzotti manifesta un volontario rigetto nei confronti di un forzato intellettualismo che spesso si allontana dalla sostanza, e anche dalla fisicità, del fare artistico sino a elaborare un personale atteggiamento a cavallo tra l’ironico e l’irriverente. ... Un lungo percorso e un tormentato travaglio hanno portato Mazzotti al raggiungimento di un linguaggio artistico completo e personale dove la sapiente costruzione degli spazi e il rapporto tra colore e segno hanno trovato la via più intensa per tradurre le emozioni, vero senso dell’arte di Mazzotti. E allora, la frase iniziale pronunciata dall’artista, “L’arte è inutile”, trova, a conclusione di questo lavoro, il suo autentico significato: “L’arte è inutile se non è emozione, se non è vita”." (Silvia Campese 2009).
"Essere nato in un luogo intriso della cultura dell’arte, in un contesto ampio e soprattutto in una città come non molte altre, sinonimo di profonda cultura artistica, quale Albissola, deve costituire una esperienza di vita veramente unica. ... E’ così che le confluenze, gli incroci, le concomitanze, le opportunità, ben condivise e supportate da una sicura ospitalità, hanno consentito a luoghi geografici di compilare pagine di storia come quella Futurista di inizio Novecento, dove più artisti applicarono pensiero e poetica con una attiva sperimentazione delle tecniche della ceramica, come pure sequenze artistiche straordinarie in periodi successivi e precedenti. Tullio ha vissuto tra stampi, terre, oggetti, fin da piccolo, probabilmente giocandovi anche a nascondino con i coetanei, nonché celando qualche segreto in angoli poco frequentati e personali. Questo perché così avviene per tutti quando si è piccoli, ma diverso può essere vivere in un contesto in cui tutto parla di innovazione, di creatività, di invenzione, di ideazione, di fare, fare bene, a regola d’arte. Senza creare questo intorno all’ultimo nato di Casa Mazzotti, non si può comprendere il personaggio. E non si può neppure capire perché egli -ben conscio di tutte le tecniche e di tutti i processi della ceramica dalla formazione alla vendita nell’indispensabile negozio-bottega- si rifugi non di rado nella pittura, in una sorta di isolamento personale verso una tela silenziosa, in un’attesa, talvolta drammaticamente vuota. Lo fa perché solo lì è se stesso, fuori dall’obbligo di essere, fuori dalla necessità di un confronto, di un ruolo assegnato, di dover mostrarsi in stile e sintonia con gli avi, nonché essere più o meno bravo o storico di Loro. ... Ora il tema del ruolo, della mission, dell’impegno sociale dell’artista. Lavoro, svago, dinastia, espressione o passione? -domanda Rolando Giovannini a Tullio Mazzotti- “Durante le mie giornate ci sono due anime: quella del lavoro, artigianale, imprenditoriale (che è la parte che mi affascina maggiormente anche se poi continuo a essere un casinista con più cuore che raziocinio); poi l'arte, dove la creazione e l'espressione sono disgiunte dal mercato. La mia linea di demarcazione sta nel fatto che l'artigianato risponde al mercato, l'arte risponde all'autore. La dinastia c'è, non posso farci nulla, né in un senso né nell'altro, credo comunque sia un vantaggio (forse)”. ... Sul tema “Ami la pittura? fino a dove la pittura è rappresentazione e quando diviene poetica, pensiero?”, si giocano le carte della regole, dello spessore di un artista, della motivazione, del reale contatto tra l’opera d’arte e lo spettatore, della profondità di ragionamento. Mazzotti risponde: “Non amo la pittura, dipingo è diverso; sono un figurativo nel senso che nei miei dipinti c'è sempre una rappresentazione di un emozione, di una situazione, mentre invece nell'esecuzione non c'è assolutamente un raziocinio, anzi potrei spingermi a dire che dipingo come un informale, mentre (ripeto) nei contenuti sono un figurativo”. E conclude, “... poi altra annotazione... delle schedature stilistiche (espressionista, impressionista, eccetera) non mi interessa assolutamente nulla”. E da ultimo, “Quando diventa poetica e pensiero ? non so dare un significato alla parola poetica”. ... La grinta e l’estemporaneità che pone nel quadro quasi a divorarlo, a farlo proprio, a segnarlo con simboli e artifizi spesso criptati, segnali in codice mirati per alcuni, sono la vera garanzia dell’ossatura del più giovane Tullio, che esprime la saggia cultura italiana del nostro tempo." (Rolando Giovannini 2009).
"Avrei voluto avere una tela, ma c’era solo una tavola di legno a disposizione. Avevo voglia di dipingere il mio stato d’animo, un po’ teso, agitato, proiettato in avanti. Non mi curo molto dei colori che ho a disposizione, anzi, evito di farlo talvolta coscientemente. Da tempo mi manca un bel nero, un blu decente, un bianco fluido, dei pennelli accettabili. Al contrario ho barattoli di acrilico reduci da lavori di manutenzione ai muri della fabbrica di ceramica. Oppure vecchi di altre 7 o 8 anni. Vecchi rimasugli, scarti, materiali generici. Possiedo anche, questo volutamente, dei pastelli a olio, matite, gessetti e polvere d’oro. Insomma una variegata accozzaglia di materiali. Quando mi accingo a dipingere mi disturba spostare tutta questa roba vicino al tavolo di lavoro. Mi sembra di perdere concentrazione. Comunque si parte. ...
Sto dipingendo il secondo quadro della serata. Sono teso. La tavola di legno su cui lavorerò è pulita, truciolato. Misure a caso, presa in falegnameria fra gli scarti. La superficie è scivolosa, i barattoli di colore sono tutti aperti, indosso guanti di gomma per non sporcarmi le mani. Come spesso faccio stendo del colore sulla superficie. Senza un senso perfettamente logico. Le campiture di colore sono umori, sono il vissuto, sono terreno su cui camminare. Giallo e rosso, due colori definiti fra quelli che ho a disposizione. Due colori forti, assolutamente non pastello. Mi piace il rosso, meno il giallo, che comunque da contrasto. Tensione. Immergo le dita dentro al barattolo del nero. Un surf e un motociclista. Spesso … il mio “vocabolario pittorico” è scarno, composto da poche simboli. Surf e moto sono passioni, le grandi onde, la sfida con il mare, il rispetto con esso, la voglia di cavalcare l’acqua, di misurarsi con la forza del vento e della natura. Il coraggio di mettersi alla prova. Così come in moto, andando al limite, spensieratamente. Conta molto per me andare al limite, cercare di raggiungerlo, senza superarlo/superandolo. Lo sport insegna : rispetto e ricerca. Mai nulla di assoluto. ...
Un vecchio legno su cui avevo già dipinto. Fondo bianco, un po’ sporco. Sopra un uomo appoggiato al bancone di un bar, tavolini in primo piano, con sopra bottiglie e bicchieri. Segni in oro. In alto, disegnati con un verde tenue, figure appena accennate. Questo è quello che ho davanti. Non ho una tavola nuova su cui trasferire le mie emozioni di adesso. Solo questa. Per altro, la forma della tavola è molto allungata. Inusuale. La prima cosa che faccio è una scritta, con un pastello a olio, nero. Scrivo “RISCHIA SEMPRE”. Quando sciavo, e poi dopo quando facevo l’allenatore, sostenevo (e sostengo) che il rischio paga sempre. Vale sempre la pena di prendere un rischio. Se vuoi qualcosa di importante, se credi in qualcosa veramente, devi saper prendere dei rischi (non stupidamente, ma devi saperlo fare). Rischia sempre. Lei è lì, bellissima, sorridente. La sento, non so quanto sia vicina, non so molto di lei, ma so che sono emozionato. La dipingo con dei segni neri, il nero è assoluto, forte, definito. In piedi sorridente. Poi ci vado sopra con del bianco, altrettanto definito come colore. Sottolineo le curve del suo corpo. Poi con il rosso, fuoco, segno le labbra e i capezzoli. La sua gonna. Sono veloce nel dipingere. Chissà se quello che sto facendo è pittura o disegno. Forse solo segno. Non mi importa. Mi interessa che ci sia un vortice, sovrapposizioni, velocità. Con della vernice trasparente, con cui giorni prima ho verniciato i gradini del mio negozio, cerco di far vibrare la figura, rendendola, se possibile, splendente. Prendo della polvere d’oro, dopo aver messo il quadro in verticale, la faccio colare dall’alto. Risplende ancora di più. ... " (Tullio Mazzotti 2006).
24
ottobre 2009
Tullio Mazzotti Pittore
24 ottobre 2009
presentazione
Location
PINACOTECA CIVICA – PALAZZO GAVOTTI
Savona, Piazza Chabrol, 1, (Savona)
Savona, Piazza Chabrol, 1, (Savona)
Vernissage
24 Ottobre 2009, ore 11
Curatore