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Ugo Frigo – I colori del Garda
Mostra personale
Comunicato stampa
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L’artista veronese Ugo Frigo, dal 22 maggio al 4 giugno espone alla Galleria “Arianna Sartori” di Mantova, in via Cappello 17..
L’esposizione, intitolata “I Colori del Garda”, si inaugura sabato 22 maggio alle ore 17,30, alla presenza dell’artista, e resterà aperta al pubblico fino al 4 giugno con orario dal Lunedì al Sabato, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30.
“C’è un momento, storico come geografico, in cui s’incontrano (e per qualche verso si fondono) la brillan-tezza del color veneto e la naturalità umorosa della cultura lombarda. Sta tra Verona e Brescia. È la terra, vol-gendosi a Ovest; del Foppa, di Savoldo, del Romanino, per molti versi anche di Lorenzo Lotto. Questa ma-niera, che da una parte attinge a Leonardo e dall’altra a Tiziano, diventerà col tempo quasi una categoria d’arte italiana. Credo che ad essa appartenga, sia pur nel crogiuolo della contemporaneità, anche un pittore veronese d’oggi: Ugo Frigo.
Naturalmente i flussi e riflussi, dal primo Cinquecento ad oggi, sono cambiati. Ma è sintomatico tracciare, sia pure con tutte le riserve, un simile parallelo. Intorno agli anni Venti e Trenta del secolo scorso a Verona si forma un cenacolo di artisti (Trentini, Zamboni, Vitturi, Nardi, Beraldini, Zancolli, gli stessi Pigato e Casari-ni) che è parallelo al gruppo storico di Ca’ Pesaro: anzi, ne forma la sua più importante propaggine. È Caso-rati (che vive a Verona dal 1911 al 1918) a fungere da primo tramite. Questi pittori risentono l’aria pura della laguna con l’orchestrazione brillante del colore; ma nel contempo subiscono l’ascendenza di quel movimen-to “novecentista” che si coagulerà nel 1922 attorno a Margherita Sarfatti. Erano i vari Carrà, Funi, Sironi, Oppi e altri ancora, compresi (poco più avanti) Casorati e Morandi.
Ebbene: la generazione dei pittori veronesi nata tra gli anni Venti e Trenta risente, sia pure a distanza, di quel clima di fecondo incontro. Ne risente, in modo particolarmente felice.
Ugo Erigo. La sua pitturai anche recente, anzi recentissima, ne è la conferma lampante. In essa troviam, da un lato, la limpidezza del color veneto, quindi l’armonia dei suoi accordi, nonché un senso finissimo dell’atmosfera; dall’altro una composizione ben equilibrata, bilanciata; di resa della realtà secondo un sodo naturalismo. I due momenti categoriali - come s’è detto - si fondono. Non solo: ma Frigo guarda anche alle avanguardie astratto - geometriche europee (il suo periodo di studi teorici su forma e colore data intorno al 1990) e sviluppa un modo di comporre teso ad una geometria assoluta, che fa da ossatura all’immagine na-turalistica. Tipiche sono le pezzature rigorose di color piatto, che per virtù delle varianti cromatiche formano la stessa prospettiva dell’immagine paesistica. Quindi sintesi plastica e, insieme, poesia del colore. In altre parole: da un lato il senso rorido del color veneto, dall’altra la limpidezza della composizione lombarda.
Naturalmente queste osservazioni sono e restano paradigmatiche: servono ad inquadrare le qualità dell’artista. In realtà Frigo ha acquisito, col tempo, una sua fisionomia del tutto peculiare, soprattutto nelle visioni del Garda e delle colline veronesi. La sua prospettiva, con piani orizzontali piatti, ha un fascino tutto suo. Frigo rifiuta ogni sfumatura dei toni, quindi la stessa concezione antica del paesaggio... Semmai si ri-chiama (ma è anche questa un’indicazione di massima) ad un Quattrocento rivisitato. Le forme del paesag-gio (dagli alberi alle case) sono nette; limpide, a campiture bidimensionali, con qualche marginale accenno di pennellata mossa nella resa della verzura. Quel che risalta; oltre a questa straordinaria nitidezza, è il dono dei rapporti cromatici; sorvegliatissimi e pur in apparenza spontanei; freschi; non certo forzati. E ciò appare, oltre che nei paesaggi, nelle nature morte, nei fiori, nelle vedute urbane, nelle figure. Potremmo dire che è uno stile ben preciso che s’impone: uno stile di incanto vagamente metafisico che ha anche una specie di “firma” personalizzata: cioè una macchia rosa in alto al centro del quadro, che in genere forma un accordo con le dominanti cilestrine dei paesaggi.
Alla fine ci si rende conto che quella di Frigo è, anche e soprattutto, una ricerca di ordine. In un mondo ne-vrotico e convulso come il nostro; la ricerca di un ordine che è mentale oltre che formale; quindi anche etico, è diventata essenziale. Anche l’arte se ne rende conto. La pittura del trash e del caos sta volgendo al termine: essa rispecchia sì una nostra condizione esistenziale; ma non ha sbocchi. Un “ritorno all’ordine” (non certo come lo si intendeva negli anni Venti; ma inserito in quel filone dì pensiero) sta alla base della pittura di Fri-go. Di fronte ad essa ci, sentiamo avvolti da un’aura di serenità; di fiducia nei valori dello spirito. La pittura diventa, platonicamente, il barbaglio di una bellezza-verità che non poteva che discendere dall’ordine cosmico (quindi da Dio).
Ecco che i valori della composizione e del colore; così evidenti in Frigo; si distillano; si purificano ancor più. Essi diventano il balsamo che ci conforma in una dimensione che unisce - come s’è detto - l’ieri al domani; attraverso il guado arduo che con coraggio ci accingiamo ad attraversare.”
Paolo Rizzi
L’esposizione, intitolata “I Colori del Garda”, si inaugura sabato 22 maggio alle ore 17,30, alla presenza dell’artista, e resterà aperta al pubblico fino al 4 giugno con orario dal Lunedì al Sabato, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30.
“C’è un momento, storico come geografico, in cui s’incontrano (e per qualche verso si fondono) la brillan-tezza del color veneto e la naturalità umorosa della cultura lombarda. Sta tra Verona e Brescia. È la terra, vol-gendosi a Ovest; del Foppa, di Savoldo, del Romanino, per molti versi anche di Lorenzo Lotto. Questa ma-niera, che da una parte attinge a Leonardo e dall’altra a Tiziano, diventerà col tempo quasi una categoria d’arte italiana. Credo che ad essa appartenga, sia pur nel crogiuolo della contemporaneità, anche un pittore veronese d’oggi: Ugo Frigo.
Naturalmente i flussi e riflussi, dal primo Cinquecento ad oggi, sono cambiati. Ma è sintomatico tracciare, sia pure con tutte le riserve, un simile parallelo. Intorno agli anni Venti e Trenta del secolo scorso a Verona si forma un cenacolo di artisti (Trentini, Zamboni, Vitturi, Nardi, Beraldini, Zancolli, gli stessi Pigato e Casari-ni) che è parallelo al gruppo storico di Ca’ Pesaro: anzi, ne forma la sua più importante propaggine. È Caso-rati (che vive a Verona dal 1911 al 1918) a fungere da primo tramite. Questi pittori risentono l’aria pura della laguna con l’orchestrazione brillante del colore; ma nel contempo subiscono l’ascendenza di quel movimen-to “novecentista” che si coagulerà nel 1922 attorno a Margherita Sarfatti. Erano i vari Carrà, Funi, Sironi, Oppi e altri ancora, compresi (poco più avanti) Casorati e Morandi.
Ebbene: la generazione dei pittori veronesi nata tra gli anni Venti e Trenta risente, sia pure a distanza, di quel clima di fecondo incontro. Ne risente, in modo particolarmente felice.
Ugo Erigo. La sua pitturai anche recente, anzi recentissima, ne è la conferma lampante. In essa troviam, da un lato, la limpidezza del color veneto, quindi l’armonia dei suoi accordi, nonché un senso finissimo dell’atmosfera; dall’altro una composizione ben equilibrata, bilanciata; di resa della realtà secondo un sodo naturalismo. I due momenti categoriali - come s’è detto - si fondono. Non solo: ma Frigo guarda anche alle avanguardie astratto - geometriche europee (il suo periodo di studi teorici su forma e colore data intorno al 1990) e sviluppa un modo di comporre teso ad una geometria assoluta, che fa da ossatura all’immagine na-turalistica. Tipiche sono le pezzature rigorose di color piatto, che per virtù delle varianti cromatiche formano la stessa prospettiva dell’immagine paesistica. Quindi sintesi plastica e, insieme, poesia del colore. In altre parole: da un lato il senso rorido del color veneto, dall’altra la limpidezza della composizione lombarda.
Naturalmente queste osservazioni sono e restano paradigmatiche: servono ad inquadrare le qualità dell’artista. In realtà Frigo ha acquisito, col tempo, una sua fisionomia del tutto peculiare, soprattutto nelle visioni del Garda e delle colline veronesi. La sua prospettiva, con piani orizzontali piatti, ha un fascino tutto suo. Frigo rifiuta ogni sfumatura dei toni, quindi la stessa concezione antica del paesaggio... Semmai si ri-chiama (ma è anche questa un’indicazione di massima) ad un Quattrocento rivisitato. Le forme del paesag-gio (dagli alberi alle case) sono nette; limpide, a campiture bidimensionali, con qualche marginale accenno di pennellata mossa nella resa della verzura. Quel che risalta; oltre a questa straordinaria nitidezza, è il dono dei rapporti cromatici; sorvegliatissimi e pur in apparenza spontanei; freschi; non certo forzati. E ciò appare, oltre che nei paesaggi, nelle nature morte, nei fiori, nelle vedute urbane, nelle figure. Potremmo dire che è uno stile ben preciso che s’impone: uno stile di incanto vagamente metafisico che ha anche una specie di “firma” personalizzata: cioè una macchia rosa in alto al centro del quadro, che in genere forma un accordo con le dominanti cilestrine dei paesaggi.
Alla fine ci si rende conto che quella di Frigo è, anche e soprattutto, una ricerca di ordine. In un mondo ne-vrotico e convulso come il nostro; la ricerca di un ordine che è mentale oltre che formale; quindi anche etico, è diventata essenziale. Anche l’arte se ne rende conto. La pittura del trash e del caos sta volgendo al termine: essa rispecchia sì una nostra condizione esistenziale; ma non ha sbocchi. Un “ritorno all’ordine” (non certo come lo si intendeva negli anni Venti; ma inserito in quel filone dì pensiero) sta alla base della pittura di Fri-go. Di fronte ad essa ci, sentiamo avvolti da un’aura di serenità; di fiducia nei valori dello spirito. La pittura diventa, platonicamente, il barbaglio di una bellezza-verità che non poteva che discendere dall’ordine cosmico (quindi da Dio).
Ecco che i valori della composizione e del colore; così evidenti in Frigo; si distillano; si purificano ancor più. Essi diventano il balsamo che ci conforma in una dimensione che unisce - come s’è detto - l’ieri al domani; attraverso il guado arduo che con coraggio ci accingiamo ad attraversare.”
Paolo Rizzi
22
maggio 2010
Ugo Frigo – I colori del Garda
Dal 22 maggio al 04 giugno 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
ore 10.00 - 12.30 / 16.00 - 19.30. Chiuso festivi.
Vernissage
22 Maggio 2010, ore: 17.30
Autore
Curatore