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Ugo Riva- Il codice del corpo
Next Art Gallery, la galleria aretina d’arte contemporanea diretta dai fratelli Macrì, continua la propria attività espositiva con un’importante personale dello scultore italiano Ugo Riva…
La mostra, curata dal critico d’arte Fabio Migliorati, s’intitola Ugo Riva: il codice del corpo.
Comunicato stampa
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Riva plasma la materia fissa e anelastica (terracotta ma più spesso bronzo) concedendole la grazia della forma e, con elegante ritegno, persino qualche misurato ornamento. La materia non resta più priva di sagoma (arte informale) e d’ogni intenzione decorativa (arte povera), ma diviene tentativo (imperfetto e realissimo) di raccontare la persona e la vita.
L’arte riscopre il codice del corpo con un linguaggio che Ugo Riva declina accostando al magma della lega, fredda e lasciata appena abbozzata, dolci e trasognate figure di donne (senza tempo ma non senza memorie). Temi classici come ballerine, maternità, eros e finanche il sacro, sono affrontati con la narrazione concreta dei corpi corrosi e, forse, animati da non fuggevoli sentimenti o da sensazioni di stabile incertezza.
L’arte di Ugo Riva si riversa nella scultura perché soltanto così, cioè attraverso essa, può coerentemente formare un contributo umano profondo, senza trascenderne la condizione. Tale via scopre il senso della propria influenza, grazie al ruolo della materia esperito nel realismo della terza dimensione: elemento di un linguaggio spesso, pesante, denso; ambiente di risorsa e ambito di crescita. È la capacità dell’appartenenza, che si svolge nel valore di un viatico classico: dall’antropologia al simbolo, fino all’ambiguità (sogno o timore della metafisica). Riva attribuisce un nome intimo sempre nuovo allo stato interiore, scoprendone, volentieri e senza remore, il limite. Egli plasma quest’energia col «sapere tondo» del tempo: ricordo indelebile di pose o di sguardi che, muti arcaismi, sanno di civiltà etrusche o assiro-babilonesi. Del moderno non si giova, se non fosse per la memoria di Arturo Martini: bellezza già più nostra, sebbene non illesa dalla spinta alta dell’antico. Arte, dunque, come segreto contemporaneo, spirito arcano che contamina stregando; e la semplicità, anch’essa ammaliata di sé, diventa scia dell’infinito, traccia perenne di una versione complessa delle cose. Perché lo stile è quello del sentimento religioso che pervade la miseria umana con la forza della ricerca, del misticismo, della scienza ieratica di una qualche attesa. È l’innocenza di un’emozione rugginosa, seppure mai stanca né pigra. C’è tutta la verità dell’archetipo, del mito, della tragedia, ma sempre nell’anonima allegoria che giace al confine della deformazione, sul sapore misterico che è indizio d’ignoto, salendo da basso come fumo, per lambire i volti vuoti di creature ossificate. Quella ex vita pare attrarre per rivelare, come voluttà di dialogo indecifrabile: si percepisce in silenzio, nel cuore della propria costrizione, ferma al dovere «dell’esserci», del non-vivere: la vista vi scopre un’ombra d’incerto e d’interrotto, mentre il tatto vibra seguendone l’erosione in rima. Dalla stasi ossidata di un principio dell’informe, all’atto di un gesto primordiale...
Ugo Riva si concede anche il lusso di un certo ornamento; è il relitto, ormai, di un’estinta decorazione, ma in un cenno che, pur mummificata classicità nella sacra quiete dell’enigma, forgia eleganza, compostezza, solennità: doti pregevoli dell’uomo universale, quale fiero benché finito individuo.
L’arte riscopre il codice del corpo con un linguaggio che Ugo Riva declina accostando al magma della lega, fredda e lasciata appena abbozzata, dolci e trasognate figure di donne (senza tempo ma non senza memorie). Temi classici come ballerine, maternità, eros e finanche il sacro, sono affrontati con la narrazione concreta dei corpi corrosi e, forse, animati da non fuggevoli sentimenti o da sensazioni di stabile incertezza.
L’arte di Ugo Riva si riversa nella scultura perché soltanto così, cioè attraverso essa, può coerentemente formare un contributo umano profondo, senza trascenderne la condizione. Tale via scopre il senso della propria influenza, grazie al ruolo della materia esperito nel realismo della terza dimensione: elemento di un linguaggio spesso, pesante, denso; ambiente di risorsa e ambito di crescita. È la capacità dell’appartenenza, che si svolge nel valore di un viatico classico: dall’antropologia al simbolo, fino all’ambiguità (sogno o timore della metafisica). Riva attribuisce un nome intimo sempre nuovo allo stato interiore, scoprendone, volentieri e senza remore, il limite. Egli plasma quest’energia col «sapere tondo» del tempo: ricordo indelebile di pose o di sguardi che, muti arcaismi, sanno di civiltà etrusche o assiro-babilonesi. Del moderno non si giova, se non fosse per la memoria di Arturo Martini: bellezza già più nostra, sebbene non illesa dalla spinta alta dell’antico. Arte, dunque, come segreto contemporaneo, spirito arcano che contamina stregando; e la semplicità, anch’essa ammaliata di sé, diventa scia dell’infinito, traccia perenne di una versione complessa delle cose. Perché lo stile è quello del sentimento religioso che pervade la miseria umana con la forza della ricerca, del misticismo, della scienza ieratica di una qualche attesa. È l’innocenza di un’emozione rugginosa, seppure mai stanca né pigra. C’è tutta la verità dell’archetipo, del mito, della tragedia, ma sempre nell’anonima allegoria che giace al confine della deformazione, sul sapore misterico che è indizio d’ignoto, salendo da basso come fumo, per lambire i volti vuoti di creature ossificate. Quella ex vita pare attrarre per rivelare, come voluttà di dialogo indecifrabile: si percepisce in silenzio, nel cuore della propria costrizione, ferma al dovere «dell’esserci», del non-vivere: la vista vi scopre un’ombra d’incerto e d’interrotto, mentre il tatto vibra seguendone l’erosione in rima. Dalla stasi ossidata di un principio dell’informe, all’atto di un gesto primordiale...
Ugo Riva si concede anche il lusso di un certo ornamento; è il relitto, ormai, di un’estinta decorazione, ma in un cenno che, pur mummificata classicità nella sacra quiete dell’enigma, forgia eleganza, compostezza, solennità: doti pregevoli dell’uomo universale, quale fiero benché finito individuo.
04
ottobre 2008
Ugo Riva- Il codice del corpo
Dal 04 ottobre al 16 novembre 2008
arte contemporanea
presentazione
presentazione
Location
NAG 1
Arezzo, Via Bicchieraia, 20, (Arezzo)
Arezzo, Via Bicchieraia, 20, (Arezzo)
Orario di apertura
mercoledì-sabato: 16.00-19.30
sabato mattina 10:30-12:30
domenica 17:00-19:00
e su appuntamento
Vernissage
4 Ottobre 2008, ore 18.00
Autore
Curatore