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Un abito una danza. La moda da gran sera, 1890-1960
La storia della moda da gran sera, che contraddistinse uno stile di vita a partire dall’ultima decade dell’Ottocento fino alla metà del Novecento, è descritta in questa mostra attraverso l’esposizione di quattordici abiti sontuosi e raffinati, di ricercata manifattura tessile: otto abiti da ballo e da sera sono di proprietà del Museo del Merletto, cinque sono stati concessi in prestito da generosi, storici collezionisti, che sostengono l’attività del Museo da un decennio
Comunicato stampa
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Il giorno venerdì 11 luglio 2008 avrà luogo l’inaugurazione dell’Esposizione “Un abito una danza. La moda da gran sera, 1890-1960” nelle sale del Museo del Merletto di Rapallo alla presenza del Sindaco Mentore Campodonico, del Vice-Sindaco Roberto Di Antonio, del Consigliere delegato alla cultura Gianni Arena, di Giorgio Rossini, Soprintendente per i Beni Architettonici della Liguria, di Piera Rum, Direttrice Onoraria dei Civici Musei di Rapallo e curatrice della mostra, di Caterina Chiarelli, direttrice della Galleria del Costume di Firenze, e di tutte le Autorità civili e militari della Liguria.
L’iniziativa si svolge con la collaborazione della Galleria del Costume di Palazzo Pitti di Firenze. Il quaderno-catalogo che accompagna la mostra è a cura di Piera Rum e Caterina Chiarelli e contiene il saggio di Alessandro Guasti e le schede di Massimiliano Lombardi.
La storia della moda da gran sera, che contraddistinse uno stile di vita a partire dall’ultima decade dell’Ottocento fino alla metà del Novecento, è descritta in questa mostra attraverso l’esposizione di quattordici abiti sontuosi e raffinati, di ricercata manifattura tessile: otto abiti da ballo e da sera sono di proprietà del Museo del Merletto, cinque sono stati concessi in prestito da generosi, storici collezionisti, che sostengono l’attività del Museo da un decennio. Un abito di scena, realizzato dalla Sartoria Umberto Tirelli di Roma, proviene dalla Galleria del Costume di Palazzo Pitti di Firenze. L’abito è stato realizzato nel 1976 per Laura Antonelli, interprete del film “L’innocente” con la regia di Luchino Visconti.
Alla fine dell’Ottocento per recarsi ad un ballo era giudicato indispensabile possedere un abito nuovo e di foggia raffinata. Le feste da ballo erano perciò regolate da una serie di scrupolosi precetti codificati: una fanciulla non poteva presentarsi mai ad un ballo se non accompagnata; meno che mai le era concesso di guardare un uomo direttamente negli occhi, né di rifiutare un ballo.
Per quanto riguarda i vestiti, il bianco e le tonalità chiare erano i colori riservati alle donne più giovani, mentre una madre che avesse accompagnato la figlia ad un ballo doveva possedere un abito ricco ma non troppo chiaro e, per di più, di una stoffa non troppo leggera. Le feste da ballo rappresentavano per le giovani ragazze una tappa fondamentale della vita e gli abiti, con maniche corte e leggere scollature, venivano impreziositi da ricami ricercati, applicazioni di merletto e guarniti con mazzolini di fiori freschi appuntati sulle spalle. Nella ricca borghesia di fine Ottocento era il valzer il ballo più popolare, affermatosi da tempo come sinonimo di buone maniere e di corretta educazione alla vita collettiva. Ai suoi movimenti continui, privi di alcuna interruzione o variazione, si adattavano alla perfezione le creazioni da ballo, che nella raffinata foggia caratterizzata da lunghe gonne svasate a calice, componevano ampi movimenti vorticosi in armonia con le note diffuse dalla musica. Tuttavia all’inizio del secolo successivo il valzer venne progressivamente scalzato dall’affermazione di un nuovo genere musicale, che fece avvertire la propria influenza anche nelle graduali trasformazioni dell’abbigliamento richiesto per danzare: il tango. Intorno al 1907 esplose in Europa, soprattutto a Parigi e a Londra, in locali in cui era possibile, con l’accompagnamento di piccole orchestre, cimentarsi, tra una portata e l’altra, in quella danza. Anche le creazioni per danzare subirono interessanti modifiche: si accentuò la profondità delle scollature, gli orli si fecero più corti lasciando intravedere gambe e piedi e si aprirono audacissimi spacchi.
Gli anni Venti furono pervasi dal desiderio di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra che si tradusse nella moltiplicazione delle occasioni di svago e nella ricerca di evasione.. Spettò agli Stati Uniti il merito di riuscire a imporre un nuovo tipo di musica perfettamente in linea con una filosofia di vita divenuta più libera e dinamica: il jazz. E fu soprattutto grazie al più famoso ballo da eseguire sulle note del jazz americano, il charleston, che le profonde trasformazioni che stavano interessando l’Europa lasciarono una decisiva impronta anche sulla moda del periodo. Il charleston a Parigi fu introdotto nei primi anni Venti dagli spettacoli della Revue Nègre al Theatre des Champs-Elysées, in cui si esibiva come ballerina solista Josephine Baker. Lo scatenato ritmo del charleston richiedeva abiti dalla foggia particolare, di un’essenzialità quasi geometrica, come i tre esemplari presenti in mostra. Questo perché il passo cercava di mantenere le ginocchia unite, seguendo poi sgambettamenti velocissimi. L’abito per il charleston doveva quindi essere corto e di linea semplice, senza maniche e con il punto vita ribassato all’altezza dei fianchi.
La fine dell’età del charleston coincise con il crollo nel 1929 di Wall Street. Per quanto riguarda il ballo, i primi anni Trenta registrarono un prevedibile e nostalgico ritorno alle danze da sala di provenienza europea come il valzer, dovuto dall’ondata di sentimentalismo che pervase la società negli anni della Grande Depressione. Ma il bisogno di una musica nuova non poteva essere soffocato. La risposta a questa nuovo slancio di vitalità fu lo swing, altro genere musicale nato negli States.
Ad influenzare maggiormente la linea delle creazioni da sera fu un altro importantissimo fattore: il trionfo del cinema di Hollywood. Greta Garbo, Marlene Dietrich, Jean Harlow, Joan Crawford e tutte le attrici più note del grande schermo, vennero universalmente elette al rango di icone di uno stile, glamour e sofisticato, che occorreva emulare negli abiti. E Hollywood accrebbe in questo periodo la proprio fama, grazie al lancio di un nuovo filone cinematografico, il musical, ben esemplificato da Fred Astaire e Ginger Rogers. Le creazioni da gran sera degli anni Trenta perciò, influenzate dalle mise delle dive del cinema, mescolavano austerità e lusso. La figura femminile acquistava contorni diversi, la schiena era spesso provocatoriamente scoperta da vertiginose scollature, come nello splendido abito in velluto chiffon presente in mostra, per rispondere al puritanesimo hollywoodiano.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’occupazione di Parigi da parte dei tedeschi nel 1940, l’evoluzione della moda dovette subire un secondo, brutale, arresto.
I fasti della moda francese vennero nuovamente rinverditi, nell’immediato dopoguerra, dal couturier Christian Dior, che sorretto dal più potente magnate della grande industria tessile francese, Marcel Boussac, il 12 Febbraio 1947 Dior presentò a Parigi una collezione rivoluzionaria, ribattezzata dalla stampa americana New Look. Gli abiti New Look proponevano un’idea di femminilità lussuosa e romantica, vagamente allusiva delle sontuose toilettes del XIX secolo. Le spalle ripresero i loro contorni naturali, le maniche tesero a scomparire definitivamente dai corpetti; il punto vita, evidenziato in modo estremo, venne reso otticamente ancor più sottile grazie a bustini aderenti che sottolineavano il seno e a gonne voluminose, dalla linea a corolla.
In tutta l’Europa, compresa l’Italia, riprendono le occasioni mondane, quali appunto i balli, spesso allestiti in grandi palazzi storici, appositamente aperti per cene dispendiose e spettacolari feste in maschera. Musicalmente si registrò un romantico ritorno ai balli di coppia, che recuperavano, in una versione attualizzata, il valzer, reputato il genere più conforme alla teatrale eleganza dell’abbigliamento femminile da gran sera, fatto di gonne di ampiezza smisurata, corsetti attillatissimi con generose scollature a cuore.
Alla metà del decennio si cominciò ad avvertire una precisa inversione di tendenza, volta a una graduale semplificazione dell’abbigliamento. Tale trasformazione è parzialmente ascrivibile alla diffusione di un nuovo ballo, il twist, che contribuì all’evoluzione delle fogge degli abiti da sera verso uno stile più informale. La novità del twist fu la definitiva rottura della coppia. A tutto ciò va aggiunto che tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta parve eclissarsi anche il gusto per le grandi occasioni mondane e per le lussuose feste da ballo, cui si preferì, sull’onda di una novità giunta dagli Stati Uniti, l’organizzazione di serate culturali come vernissage privati e happening artistici, che non richiedessero abiti particolarmente appariscenti. Una tendenza all’essenzialità di linee e di forme questa, che continuò a rafforzarsi in tutti gli anni Sessanta, decennio interamente scandito dal pop o dal folk e soprattutto dal rock: altri balli destinati a diventare celebri nel tempo, con la complicità di altri, semplicissimi abiti.
Tra gli abiti in mostra spiccano:
Un abito da ballo in due pezzi, corpetto e gonna, del 1899 in taffetas moiré rosa intenso, ricamato a “bouquets” di fiori e foglie con perle di vetro rosa e canutiglie dorate, paillettes metalliche e perline di vetro. L’abito è stato eseguito da una celebre sartoria romana in occasione di un ballo organizzato in onore della Regina Margherita e del Re Umberto I nell'aprile del 1899 a Sassari.
Un abito corto da sera del 1925 di linea dritta in crêpe di seta senape, privo di maniche, con lieve scollo a punta, più profondo sul retro e orlo sagomato a più punte. Ampia apertura sul lato sinistro, con inserto di un pannello in chiffon di seta rosa salmone, ricadente a foulard di lunghezza maggiore dell’orlo e raccolto alla sommità a creare una rosa.
L’essenzialità e la leggerezza della creazione, la lunghezza ridotta, le scollature audaci e l’orlo dal caratteristico motivo a punta, sono tutte peculiarità degli abiti da sera, che rispondevano a un’ideale di donna libera ed emancipata, come appunto la “garçonne” degli anni Venti.
Un completo da sera in due pezzi, abito e giacchino, in velluto chiffon di seta nero. Abito lungo con corpetto, scollo quadrato sul davanti da cui partono larghe spalline che si ricongiungono sul retro al termine della profonda scollatura a V. Gonna lunga di linea avvolgente.
La foggia del bolero, l’audace scollatura posteriore, la linea piuttosto aderente dell’abito, sottolineata dalla morbidezza del velluto mettono in risalto il corpo femminile con corpetto fasciante e scollo vertiginoso, ispirati al fascino e alla sensualità delle più famose dive hollywoodiane.
Un abito da sera corto del 1952-1955 in raso di seta color bronzo, con corpetto aderente, tagliato in vita e sotto al seno, senza spalline, con scollatura a cuore e chiusura posteriore. Ampia gonna a grandi piegoni che partono dal punto vita e ricamo in paillettes argento, strass e perline bianche, canutiglie iridescenti e dorate, cordoncino di seta bianca ricoperto di filato metallico.
La linea romantica della creazione, con corpetto dal taglio affusolato e privo di spalline, gonna dalla forma a cupola, ampia e corta alla caviglia, ripropone le caratteristiche principali degli abiti da sera databili all’inizio degli anni Cinquanta. Una moda che si discosta dall’austerità del decennio precedente per recuperare la femminilità degli abiti della metà del XIX secolo e che trova in Christian Dior uno dei maggiori interpreti della couture internazionale.
L’iniziativa si svolge con la collaborazione della Galleria del Costume di Palazzo Pitti di Firenze. Il quaderno-catalogo che accompagna la mostra è a cura di Piera Rum e Caterina Chiarelli e contiene il saggio di Alessandro Guasti e le schede di Massimiliano Lombardi.
La storia della moda da gran sera, che contraddistinse uno stile di vita a partire dall’ultima decade dell’Ottocento fino alla metà del Novecento, è descritta in questa mostra attraverso l’esposizione di quattordici abiti sontuosi e raffinati, di ricercata manifattura tessile: otto abiti da ballo e da sera sono di proprietà del Museo del Merletto, cinque sono stati concessi in prestito da generosi, storici collezionisti, che sostengono l’attività del Museo da un decennio. Un abito di scena, realizzato dalla Sartoria Umberto Tirelli di Roma, proviene dalla Galleria del Costume di Palazzo Pitti di Firenze. L’abito è stato realizzato nel 1976 per Laura Antonelli, interprete del film “L’innocente” con la regia di Luchino Visconti.
Alla fine dell’Ottocento per recarsi ad un ballo era giudicato indispensabile possedere un abito nuovo e di foggia raffinata. Le feste da ballo erano perciò regolate da una serie di scrupolosi precetti codificati: una fanciulla non poteva presentarsi mai ad un ballo se non accompagnata; meno che mai le era concesso di guardare un uomo direttamente negli occhi, né di rifiutare un ballo.
Per quanto riguarda i vestiti, il bianco e le tonalità chiare erano i colori riservati alle donne più giovani, mentre una madre che avesse accompagnato la figlia ad un ballo doveva possedere un abito ricco ma non troppo chiaro e, per di più, di una stoffa non troppo leggera. Le feste da ballo rappresentavano per le giovani ragazze una tappa fondamentale della vita e gli abiti, con maniche corte e leggere scollature, venivano impreziositi da ricami ricercati, applicazioni di merletto e guarniti con mazzolini di fiori freschi appuntati sulle spalle. Nella ricca borghesia di fine Ottocento era il valzer il ballo più popolare, affermatosi da tempo come sinonimo di buone maniere e di corretta educazione alla vita collettiva. Ai suoi movimenti continui, privi di alcuna interruzione o variazione, si adattavano alla perfezione le creazioni da ballo, che nella raffinata foggia caratterizzata da lunghe gonne svasate a calice, componevano ampi movimenti vorticosi in armonia con le note diffuse dalla musica. Tuttavia all’inizio del secolo successivo il valzer venne progressivamente scalzato dall’affermazione di un nuovo genere musicale, che fece avvertire la propria influenza anche nelle graduali trasformazioni dell’abbigliamento richiesto per danzare: il tango. Intorno al 1907 esplose in Europa, soprattutto a Parigi e a Londra, in locali in cui era possibile, con l’accompagnamento di piccole orchestre, cimentarsi, tra una portata e l’altra, in quella danza. Anche le creazioni per danzare subirono interessanti modifiche: si accentuò la profondità delle scollature, gli orli si fecero più corti lasciando intravedere gambe e piedi e si aprirono audacissimi spacchi.
Gli anni Venti furono pervasi dal desiderio di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra che si tradusse nella moltiplicazione delle occasioni di svago e nella ricerca di evasione.. Spettò agli Stati Uniti il merito di riuscire a imporre un nuovo tipo di musica perfettamente in linea con una filosofia di vita divenuta più libera e dinamica: il jazz. E fu soprattutto grazie al più famoso ballo da eseguire sulle note del jazz americano, il charleston, che le profonde trasformazioni che stavano interessando l’Europa lasciarono una decisiva impronta anche sulla moda del periodo. Il charleston a Parigi fu introdotto nei primi anni Venti dagli spettacoli della Revue Nègre al Theatre des Champs-Elysées, in cui si esibiva come ballerina solista Josephine Baker. Lo scatenato ritmo del charleston richiedeva abiti dalla foggia particolare, di un’essenzialità quasi geometrica, come i tre esemplari presenti in mostra. Questo perché il passo cercava di mantenere le ginocchia unite, seguendo poi sgambettamenti velocissimi. L’abito per il charleston doveva quindi essere corto e di linea semplice, senza maniche e con il punto vita ribassato all’altezza dei fianchi.
La fine dell’età del charleston coincise con il crollo nel 1929 di Wall Street. Per quanto riguarda il ballo, i primi anni Trenta registrarono un prevedibile e nostalgico ritorno alle danze da sala di provenienza europea come il valzer, dovuto dall’ondata di sentimentalismo che pervase la società negli anni della Grande Depressione. Ma il bisogno di una musica nuova non poteva essere soffocato. La risposta a questa nuovo slancio di vitalità fu lo swing, altro genere musicale nato negli States.
Ad influenzare maggiormente la linea delle creazioni da sera fu un altro importantissimo fattore: il trionfo del cinema di Hollywood. Greta Garbo, Marlene Dietrich, Jean Harlow, Joan Crawford e tutte le attrici più note del grande schermo, vennero universalmente elette al rango di icone di uno stile, glamour e sofisticato, che occorreva emulare negli abiti. E Hollywood accrebbe in questo periodo la proprio fama, grazie al lancio di un nuovo filone cinematografico, il musical, ben esemplificato da Fred Astaire e Ginger Rogers. Le creazioni da gran sera degli anni Trenta perciò, influenzate dalle mise delle dive del cinema, mescolavano austerità e lusso. La figura femminile acquistava contorni diversi, la schiena era spesso provocatoriamente scoperta da vertiginose scollature, come nello splendido abito in velluto chiffon presente in mostra, per rispondere al puritanesimo hollywoodiano.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’occupazione di Parigi da parte dei tedeschi nel 1940, l’evoluzione della moda dovette subire un secondo, brutale, arresto.
I fasti della moda francese vennero nuovamente rinverditi, nell’immediato dopoguerra, dal couturier Christian Dior, che sorretto dal più potente magnate della grande industria tessile francese, Marcel Boussac, il 12 Febbraio 1947 Dior presentò a Parigi una collezione rivoluzionaria, ribattezzata dalla stampa americana New Look. Gli abiti New Look proponevano un’idea di femminilità lussuosa e romantica, vagamente allusiva delle sontuose toilettes del XIX secolo. Le spalle ripresero i loro contorni naturali, le maniche tesero a scomparire definitivamente dai corpetti; il punto vita, evidenziato in modo estremo, venne reso otticamente ancor più sottile grazie a bustini aderenti che sottolineavano il seno e a gonne voluminose, dalla linea a corolla.
In tutta l’Europa, compresa l’Italia, riprendono le occasioni mondane, quali appunto i balli, spesso allestiti in grandi palazzi storici, appositamente aperti per cene dispendiose e spettacolari feste in maschera. Musicalmente si registrò un romantico ritorno ai balli di coppia, che recuperavano, in una versione attualizzata, il valzer, reputato il genere più conforme alla teatrale eleganza dell’abbigliamento femminile da gran sera, fatto di gonne di ampiezza smisurata, corsetti attillatissimi con generose scollature a cuore.
Alla metà del decennio si cominciò ad avvertire una precisa inversione di tendenza, volta a una graduale semplificazione dell’abbigliamento. Tale trasformazione è parzialmente ascrivibile alla diffusione di un nuovo ballo, il twist, che contribuì all’evoluzione delle fogge degli abiti da sera verso uno stile più informale. La novità del twist fu la definitiva rottura della coppia. A tutto ciò va aggiunto che tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta parve eclissarsi anche il gusto per le grandi occasioni mondane e per le lussuose feste da ballo, cui si preferì, sull’onda di una novità giunta dagli Stati Uniti, l’organizzazione di serate culturali come vernissage privati e happening artistici, che non richiedessero abiti particolarmente appariscenti. Una tendenza all’essenzialità di linee e di forme questa, che continuò a rafforzarsi in tutti gli anni Sessanta, decennio interamente scandito dal pop o dal folk e soprattutto dal rock: altri balli destinati a diventare celebri nel tempo, con la complicità di altri, semplicissimi abiti.
Tra gli abiti in mostra spiccano:
Un abito da ballo in due pezzi, corpetto e gonna, del 1899 in taffetas moiré rosa intenso, ricamato a “bouquets” di fiori e foglie con perle di vetro rosa e canutiglie dorate, paillettes metalliche e perline di vetro. L’abito è stato eseguito da una celebre sartoria romana in occasione di un ballo organizzato in onore della Regina Margherita e del Re Umberto I nell'aprile del 1899 a Sassari.
Un abito corto da sera del 1925 di linea dritta in crêpe di seta senape, privo di maniche, con lieve scollo a punta, più profondo sul retro e orlo sagomato a più punte. Ampia apertura sul lato sinistro, con inserto di un pannello in chiffon di seta rosa salmone, ricadente a foulard di lunghezza maggiore dell’orlo e raccolto alla sommità a creare una rosa.
L’essenzialità e la leggerezza della creazione, la lunghezza ridotta, le scollature audaci e l’orlo dal caratteristico motivo a punta, sono tutte peculiarità degli abiti da sera, che rispondevano a un’ideale di donna libera ed emancipata, come appunto la “garçonne” degli anni Venti.
Un completo da sera in due pezzi, abito e giacchino, in velluto chiffon di seta nero. Abito lungo con corpetto, scollo quadrato sul davanti da cui partono larghe spalline che si ricongiungono sul retro al termine della profonda scollatura a V. Gonna lunga di linea avvolgente.
La foggia del bolero, l’audace scollatura posteriore, la linea piuttosto aderente dell’abito, sottolineata dalla morbidezza del velluto mettono in risalto il corpo femminile con corpetto fasciante e scollo vertiginoso, ispirati al fascino e alla sensualità delle più famose dive hollywoodiane.
Un abito da sera corto del 1952-1955 in raso di seta color bronzo, con corpetto aderente, tagliato in vita e sotto al seno, senza spalline, con scollatura a cuore e chiusura posteriore. Ampia gonna a grandi piegoni che partono dal punto vita e ricamo in paillettes argento, strass e perline bianche, canutiglie iridescenti e dorate, cordoncino di seta bianca ricoperto di filato metallico.
La linea romantica della creazione, con corpetto dal taglio affusolato e privo di spalline, gonna dalla forma a cupola, ampia e corta alla caviglia, ripropone le caratteristiche principali degli abiti da sera databili all’inizio degli anni Cinquanta. Una moda che si discosta dall’austerità del decennio precedente per recuperare la femminilità degli abiti della metà del XIX secolo e che trova in Christian Dior uno dei maggiori interpreti della couture internazionale.
12
luglio 2008
Un abito una danza. La moda da gran sera, 1890-1960
Dal 12 luglio al 28 settembre 2008
arti decorative e industriali
Location
MUSEO DEL MERLETTO – VILLA TIGULLIO
Rapallo, Via Luigi Casale, (Genova)
Rapallo, Via Luigi Casale, (Genova)
Orario di apertura
lunedì, martedì, mercoledì, venerdì e sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00
giovedì e domenica dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle 16.00 alle 19.00
gruppi su prenotazione
Curatore