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Un luogo aperto
“Un luogo aperto” sono parole riprese dalla Costituzione Italiana quando si parla del diritto dei cittadini a riunirsi pacificamente e senza armi. Abbiamo scelto queste parole per riflettere sulla piazza intesa come luogo di incontro e conflitto fra le persone, come arena dell’espressione del pieno diritto di cittadinanza, ma nello stesso tempo del rischio della perdita d’identità e dell’omologazione.
Comunicato stampa
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Il titolo “Un luogo aperto” scelto per la mostra d'arte contemporanea che si inaugura sabato 29 giugno in occasione dell'evento Nottilucente, rimanda alle Costituzione Italiana (Art. 17) quando si parla del diritto dei cittadini a riunirsi pacificamente e senza armi. Abbiamo scelto queste parole per riflettere sulla piazza intesa come luogo di incontro e conflitto fra le persone, come arena dell’espressione del pieno diritto di cittadinanza, ma nello stesso tempo del rischio della perdita d’identità e dell’omologazione.
La mostra si apre con un intervento sonoro di Gianfranco Baruchello, l’artista rilegge un testo di Antonio Gramsci (scritto per il Congresso del Partito Socialista che si tenne a Livorno nel 1921) del quale ha modificato la struttura lessicale originaria eliminando i nessi: articoli, ausiliari e preposizioni. Il testo così trasformato perde di comprensione e non riesce più a comunicare con il pubblico per il quale era stato concepito, per quanto conservi la memoria di una forza antica. Questa distanza e questa difficoltà di comunicazione sembrano essere oggi un elemento caratterizzante la piazza.
Nel percorso della mostra si alternano opere dagli anni 70 a oggi che parlano di segni lasciati e azioni agite sulla piazza. Gli artisti progettano uno spazio, tracciano una linea, un segno, altrimenti manifestano nella piazza, la usano per scambiare informazioni, per scambiare esperienze, per accogliere e curare. Dai due opposti di una piazza fatta soltanto di pietra ad una fatta soltanto di persone si inseriscono tante visioni parallele per vivere la dimensione collettiva e gli spazi concepiti per accoglierla. La protesta, la cura del bene collettivo, il monumento, la manifestazione, lo scambio, l’incontro, tutte voci per un dialogo polifonico e collettivo.
La prima sala della mostra ospita opere di Tacita Dean, Emma Ciceri, Serena Fineschi e Giovanni Ozzola ponendo l’accento sull’aspetto più architettonico della piazza, lo spazio ampio creato per accogliere un grande numero di persone, il monumento, la pietra e le campane create per richiamare la comunità, ma anche ciò che la comunità lascia al suo passaggio: pulviscolo, polvere, parole e respiri che si depositano e si stratificano nel tempo.
Nella sala successiva, il video con un’azione compiuta da Adrian Paci: l’artista attraversa la città con una sedia in mano per andare a collocarla in uno spazio pubblico ampio. Da questo gesto del singolo, si innesca un meccanismo collettivo, per cui si crea un cerchio di persone, una piccola comunità di ventiquattro sedie in cerchio, proprio rievocando il processo che porta alla costruzione di una comunità, di una collettività di persone, di una piazza.
Un video prodotto appositamente per la mostra e che richiama alla memoria l’opera permanente di Joseph Kosuth “La sedia davanti alla porta” che si trova nel giardino del Bagolaro proprio davanti alla Galleria De Grada.
La parte centrale della mostra presenta tante possibilità per stare in una piazza: possiamo scegliere, come nell’opera di Francesca Banchelli, se vogliamo essere dei cittadini attivi che si esprimono e agiscono nella piazza o degli interlocutori passivi, degli osservatori o semplicemente dei passanti disinteressati. Il lavoro di Massimo Ricciardo ci presenta la memoria di un viaggio che lui ha realizzato in Cina e durante il quale ha costruito un tappeto fatto di tessuti scambiati con le persone, un’area delimitata frutto dello scambio e della condivisione delle persone e che ancora delimita e definisce il luogo per la comunità, per l’incontro. L’oggetto che anima lo scambio, nella sua fragilità, artificialità, necessità e inutilità è rappresentato da Bundle n.4 di Lorenzo Cianchi.
La piazza può ancora essere il luogo della dimostrazione pubblica per risvegliare attenzione e proteggere i diritti delle persone e così è la camminata dalla Corte de Costitucionalidad al Palacio Nacional de Guatemala compiuta da Regina José Galindo con i piedi impregnati nel sangue umano come protesta contro la candidatura a presidente dell’ex militare, genocida e golpista Efrain Rios. Ma la forza dell’azione può rischiare di perdersi e dissolversi nel tempo, per diventare la sagoma vuota di cartelli di manifestanti tracciati con le stringhe di scarpe come nell’opera di Nari Ward o scudi antisommossa che sono diventati di carta, fragili, preziosi e completamente snaturati come nell’opera di Giacomo Ricci.
La sala si chiude con una delle celeberrime foto in bianco e nero di Mario Giacomelli con sacerdoti che corrono nella piazza, dalla serie di Io non ho mani che mi accarezzino il volto, e con la foto di Pascale Marthine Tayou dove un colorito gruppo di bambini africani sta in posa su una piazza di terra battuta.
Possibilità e vie di azione si aprono con il progetto Care. Rammendi creativi per relazioni preziose di Lovedifference/Fondazione M. Pistoletto dove la cura, l’incontro e l’ascolto sono le possibili basi sulle quali ricreare una comunità, come nell’opera di Michele Bazzana, dove la passione per una moto crea contatti, scambi e relazioni autentiche fra gli uomini. Ma ancora si può osare di più e considerare la città come un corpo organico sul quale, secondo la medicina tradizionale cinese, si possono individuare punti critici dal punto di vista energetico da trattare simbolicamente con performance terapeutiche così come praticato da Maria Pecchioli. Chiude il percorso un’opera di Marco Andrea Magni con un elemento sonoro che rievoca l’apertura della mostra con la voce di Gianfranco Baruchello, ma che adesso ci riporta alla memoria le note di una celebre aria popolare, per quanto disturbate e distorte, che risuonano dietro a superfici specchianti dove l’individuo nelle sue possibilità e unicità è l’elemento centrale e il punto di forza.
La memoria poi di due movimenti centrali degli anni Settanta: Ufo, nel panorama nazionale italiano, e Bread&Puppet, in ambito internazionale, ci ricordano come in quegli anni il cambiamento e il miglioramento ampio della società tramite la cultura e la partecipazione fossero l’obiettivo e la spinta principali che ci auguriamo possano tornare di grande e intelligente attualità anche oggi.
La mostra fa parte del progetto Nottilucente del Comune di San Gimignano in collaborazione con Associazione Culture Attive
Trasporti a cura di Adarte
INFO
inaugurazione: sabato 29 giugno ore 17, apertura straordinaria fino alle ore 0.00
La mostra rimarrà aperta fino al 1 ottobre 2012 orari di apertura: ore 11.00/17.30.
tel: 0577 940348 email: carolina@cultureattive.org
fb: https://www.facebook.com/Nottilucente?ref=hl
Biografie degli artisti
Francesca Banchelli (Montevarchi, AR, 1981), vive e lavora di base tra Londra e Firenze.
Nel 2010 termina la sua formazione presso l’MA Fine Art alla Central Saint Martins di Londra.
Il suo lavoro contempla l’utilizzo di media diversi, andando dal disegno alla performance, abitualmente intersecati con il video e l’installazione. Nel 2012 riceve il primo premio “Portali Dello Scompiglio #1” alla Tenuta dello Scompiglio presso Vorno, Lucca, per la sua installazione There is not a Priori ansie to this dilemma (The Dolphin Hotel).
L’artista partecipa a diverse mostre nazionali ed internazionali tra cui, nel 2012: “24Hours/25Days” presso New Capital a Chicago; “The Sunshine Vineyard Program” al Frankfurter Kunstverein; “S1 Salon” (selected by Ben Rivers), al S1 Artspace di Sheffield; “Cartabianca_firenze / Tornare per partire” al Museo di Villa Croce di Genova. Nel 2010 si ricordano: “Post Monument”, XIV Biennale di Scultura di Carrara e “Zeitgeist” presso MURO Gallery a Gènève in Svizzera. Nel 2009, “Opa 0.2 (On Perform Art) ad Atene; “Sarah’s Journey – 7° Bulgarian Biennial” a Varna, BG; “Studi d’Armonia” presso la Tenuta dello Scompiglio a Vorno, Lucca; nel 2008, “Noi per adesso siamo qua”, presso Villa Romana a Firenze.
Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924) vive e lavora tra Roma e Parigi. La sua ricerca si orienta sull’happening, l’effimero e l’assemblage, l’installazione, esplorando diversi mezzi tra cui disegno, pittura e video, così come la scrittura e il cinema, mantenendo da sempre un’indipendenza nei sistemi di pensiero e azione.
L’artista stesso definisce il suo lavoro come una creazione di spazi nei quali ci sia una fusione di contraddizioni, in un’alternativa costante ai grandi sistemi politico, sociali, religiosi, sfociando in un interesse per l’archivio e in contaminazioni tra arte, agricoltura e zootecnia.
Nel 1962 conosce Marcel Duchamp e nel 1963 ha la sua prima personale presso la Galleria La Tartaruga di Roma. Partecipa a mostre come Collages et objets di Parigi, New Realists a New York, nel 1962, per esporre poi nelle più prestigiose sedi internazionali come: MoMA (1965 e 1970) e Guggenheim di New York (1966, 1969 e 1970), il Museum of Contemporary Art di Chicago (2009), il Centre Pompidou di Parigi (tra il 1989 e il 2011), il MACRO di Roma (2006 e 2012), la Serpentine Gallery di Londra (2011). Espone inoltre a dOCUMENTA 6 e 13 a Kassel e a diverse edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte de La Biennale di Venezia (dal 1972 al 2011). Dal1998 si attesta la nascita della Fondazione Baruchello a Roma.
Michele Bazzana
Michele Bazzana (S. Vito al Tagliamento, PN, 1979) vive e lavora a Codroipo, Udine.
Il suo lavoro inizia con la manualità, con l’assemblaggio, con il recupero di oggetti comuni, di lavoro e domestici. Da questi elementi parte un meccanismo più o meno complicato che l’artista intraprende per costruire marchingegni, azionare processi. Il risultato sono opere/macchinari con una funzione pratica, ma non per questo utile. Le sue opere, sempre sottilmente ironiche nei titoli, vogliono far partecipare o semplicemente assistere a delle azioni e a dei processi e far riflettere sulla quotidianità e sulla società, sempre così tecnologica e complessa, spesso per ottenere risultati discutibili.
Bazzana si forma all’Accademia di Belle Arti di Venezia e nel 2007 frequenta il Corso Superiore di Arti Visive Antonio Ratti a Como. Nel 2009 partecipa al programma di residenze della Dena Foundation for Contemporary Art, Parigi, e nel 2011 alla residenza da CARS ad Omegna, sul lago d’Orta. Nel 2007 prende parte al Premio Internazionale della Performance, Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento. Tra le ultime mostre: Motohome, SpazioA, Pistoia; Indoor, Monotono Contemporary Art, Vicenza, a cura di Daniela Zangrando; When the Impossible Happens, Festival 03 Performazioni, M.A.GA – Museo d’arte di Gallarate; Future Pass, Fondazione Claudio Buziol, Venezia e Wereldmuseum; Rotterdam, a cura di Renzo di Renzo, Victoria Lu, Felix Schöber.
Bread&Puppet
Il Bread&Puppet Theater (Glover, Vermont, 1962-1963), ampiamente conosciuto come Bread&Puppet, è una compagnia teatrale fondata negli anni Sessanta a New York City, e oggi di base in Vermont, da Peter Schumann, attuale direttore artistico del gruppo.
La mostra si apre con un intervento sonoro di Gianfranco Baruchello, l’artista rilegge un testo di Antonio Gramsci (scritto per il Congresso del Partito Socialista che si tenne a Livorno nel 1921) del quale ha modificato la struttura lessicale originaria eliminando i nessi: articoli, ausiliari e preposizioni. Il testo così trasformato perde di comprensione e non riesce più a comunicare con il pubblico per il quale era stato concepito, per quanto conservi la memoria di una forza antica. Questa distanza e questa difficoltà di comunicazione sembrano essere oggi un elemento caratterizzante la piazza.
Nel percorso della mostra si alternano opere dagli anni 70 a oggi che parlano di segni lasciati e azioni agite sulla piazza. Gli artisti progettano uno spazio, tracciano una linea, un segno, altrimenti manifestano nella piazza, la usano per scambiare informazioni, per scambiare esperienze, per accogliere e curare. Dai due opposti di una piazza fatta soltanto di pietra ad una fatta soltanto di persone si inseriscono tante visioni parallele per vivere la dimensione collettiva e gli spazi concepiti per accoglierla. La protesta, la cura del bene collettivo, il monumento, la manifestazione, lo scambio, l’incontro, tutte voci per un dialogo polifonico e collettivo.
La prima sala della mostra ospita opere di Tacita Dean, Emma Ciceri, Serena Fineschi e Giovanni Ozzola ponendo l’accento sull’aspetto più architettonico della piazza, lo spazio ampio creato per accogliere un grande numero di persone, il monumento, la pietra e le campane create per richiamare la comunità, ma anche ciò che la comunità lascia al suo passaggio: pulviscolo, polvere, parole e respiri che si depositano e si stratificano nel tempo.
Nella sala successiva, il video con un’azione compiuta da Adrian Paci: l’artista attraversa la città con una sedia in mano per andare a collocarla in uno spazio pubblico ampio. Da questo gesto del singolo, si innesca un meccanismo collettivo, per cui si crea un cerchio di persone, una piccola comunità di ventiquattro sedie in cerchio, proprio rievocando il processo che porta alla costruzione di una comunità, di una collettività di persone, di una piazza.
Un video prodotto appositamente per la mostra e che richiama alla memoria l’opera permanente di Joseph Kosuth “La sedia davanti alla porta” che si trova nel giardino del Bagolaro proprio davanti alla Galleria De Grada.
La parte centrale della mostra presenta tante possibilità per stare in una piazza: possiamo scegliere, come nell’opera di Francesca Banchelli, se vogliamo essere dei cittadini attivi che si esprimono e agiscono nella piazza o degli interlocutori passivi, degli osservatori o semplicemente dei passanti disinteressati. Il lavoro di Massimo Ricciardo ci presenta la memoria di un viaggio che lui ha realizzato in Cina e durante il quale ha costruito un tappeto fatto di tessuti scambiati con le persone, un’area delimitata frutto dello scambio e della condivisione delle persone e che ancora delimita e definisce il luogo per la comunità, per l’incontro. L’oggetto che anima lo scambio, nella sua fragilità, artificialità, necessità e inutilità è rappresentato da Bundle n.4 di Lorenzo Cianchi.
La piazza può ancora essere il luogo della dimostrazione pubblica per risvegliare attenzione e proteggere i diritti delle persone e così è la camminata dalla Corte de Costitucionalidad al Palacio Nacional de Guatemala compiuta da Regina José Galindo con i piedi impregnati nel sangue umano come protesta contro la candidatura a presidente dell’ex militare, genocida e golpista Efrain Rios. Ma la forza dell’azione può rischiare di perdersi e dissolversi nel tempo, per diventare la sagoma vuota di cartelli di manifestanti tracciati con le stringhe di scarpe come nell’opera di Nari Ward o scudi antisommossa che sono diventati di carta, fragili, preziosi e completamente snaturati come nell’opera di Giacomo Ricci.
La sala si chiude con una delle celeberrime foto in bianco e nero di Mario Giacomelli con sacerdoti che corrono nella piazza, dalla serie di Io non ho mani che mi accarezzino il volto, e con la foto di Pascale Marthine Tayou dove un colorito gruppo di bambini africani sta in posa su una piazza di terra battuta.
Possibilità e vie di azione si aprono con il progetto Care. Rammendi creativi per relazioni preziose di Lovedifference/Fondazione M. Pistoletto dove la cura, l’incontro e l’ascolto sono le possibili basi sulle quali ricreare una comunità, come nell’opera di Michele Bazzana, dove la passione per una moto crea contatti, scambi e relazioni autentiche fra gli uomini. Ma ancora si può osare di più e considerare la città come un corpo organico sul quale, secondo la medicina tradizionale cinese, si possono individuare punti critici dal punto di vista energetico da trattare simbolicamente con performance terapeutiche così come praticato da Maria Pecchioli. Chiude il percorso un’opera di Marco Andrea Magni con un elemento sonoro che rievoca l’apertura della mostra con la voce di Gianfranco Baruchello, ma che adesso ci riporta alla memoria le note di una celebre aria popolare, per quanto disturbate e distorte, che risuonano dietro a superfici specchianti dove l’individuo nelle sue possibilità e unicità è l’elemento centrale e il punto di forza.
La memoria poi di due movimenti centrali degli anni Settanta: Ufo, nel panorama nazionale italiano, e Bread&Puppet, in ambito internazionale, ci ricordano come in quegli anni il cambiamento e il miglioramento ampio della società tramite la cultura e la partecipazione fossero l’obiettivo e la spinta principali che ci auguriamo possano tornare di grande e intelligente attualità anche oggi.
La mostra fa parte del progetto Nottilucente del Comune di San Gimignano in collaborazione con Associazione Culture Attive
Trasporti a cura di Adarte
INFO
inaugurazione: sabato 29 giugno ore 17, apertura straordinaria fino alle ore 0.00
La mostra rimarrà aperta fino al 1 ottobre 2012 orari di apertura: ore 11.00/17.30.
tel: 0577 940348 email: carolina@cultureattive.org
fb: https://www.facebook.com/Nottilucente?ref=hl
Biografie degli artisti
Francesca Banchelli (Montevarchi, AR, 1981), vive e lavora di base tra Londra e Firenze.
Nel 2010 termina la sua formazione presso l’MA Fine Art alla Central Saint Martins di Londra.
Il suo lavoro contempla l’utilizzo di media diversi, andando dal disegno alla performance, abitualmente intersecati con il video e l’installazione. Nel 2012 riceve il primo premio “Portali Dello Scompiglio #1” alla Tenuta dello Scompiglio presso Vorno, Lucca, per la sua installazione There is not a Priori ansie to this dilemma (The Dolphin Hotel).
L’artista partecipa a diverse mostre nazionali ed internazionali tra cui, nel 2012: “24Hours/25Days” presso New Capital a Chicago; “The Sunshine Vineyard Program” al Frankfurter Kunstverein; “S1 Salon” (selected by Ben Rivers), al S1 Artspace di Sheffield; “Cartabianca_firenze / Tornare per partire” al Museo di Villa Croce di Genova. Nel 2010 si ricordano: “Post Monument”, XIV Biennale di Scultura di Carrara e “Zeitgeist” presso MURO Gallery a Gènève in Svizzera. Nel 2009, “Opa 0.2 (On Perform Art) ad Atene; “Sarah’s Journey – 7° Bulgarian Biennial” a Varna, BG; “Studi d’Armonia” presso la Tenuta dello Scompiglio a Vorno, Lucca; nel 2008, “Noi per adesso siamo qua”, presso Villa Romana a Firenze.
Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924) vive e lavora tra Roma e Parigi. La sua ricerca si orienta sull’happening, l’effimero e l’assemblage, l’installazione, esplorando diversi mezzi tra cui disegno, pittura e video, così come la scrittura e il cinema, mantenendo da sempre un’indipendenza nei sistemi di pensiero e azione.
L’artista stesso definisce il suo lavoro come una creazione di spazi nei quali ci sia una fusione di contraddizioni, in un’alternativa costante ai grandi sistemi politico, sociali, religiosi, sfociando in un interesse per l’archivio e in contaminazioni tra arte, agricoltura e zootecnia.
Nel 1962 conosce Marcel Duchamp e nel 1963 ha la sua prima personale presso la Galleria La Tartaruga di Roma. Partecipa a mostre come Collages et objets di Parigi, New Realists a New York, nel 1962, per esporre poi nelle più prestigiose sedi internazionali come: MoMA (1965 e 1970) e Guggenheim di New York (1966, 1969 e 1970), il Museum of Contemporary Art di Chicago (2009), il Centre Pompidou di Parigi (tra il 1989 e il 2011), il MACRO di Roma (2006 e 2012), la Serpentine Gallery di Londra (2011). Espone inoltre a dOCUMENTA 6 e 13 a Kassel e a diverse edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte de La Biennale di Venezia (dal 1972 al 2011). Dal1998 si attesta la nascita della Fondazione Baruchello a Roma.
Michele Bazzana
Michele Bazzana (S. Vito al Tagliamento, PN, 1979) vive e lavora a Codroipo, Udine.
Il suo lavoro inizia con la manualità, con l’assemblaggio, con il recupero di oggetti comuni, di lavoro e domestici. Da questi elementi parte un meccanismo più o meno complicato che l’artista intraprende per costruire marchingegni, azionare processi. Il risultato sono opere/macchinari con una funzione pratica, ma non per questo utile. Le sue opere, sempre sottilmente ironiche nei titoli, vogliono far partecipare o semplicemente assistere a delle azioni e a dei processi e far riflettere sulla quotidianità e sulla società, sempre così tecnologica e complessa, spesso per ottenere risultati discutibili.
Bazzana si forma all’Accademia di Belle Arti di Venezia e nel 2007 frequenta il Corso Superiore di Arti Visive Antonio Ratti a Como. Nel 2009 partecipa al programma di residenze della Dena Foundation for Contemporary Art, Parigi, e nel 2011 alla residenza da CARS ad Omegna, sul lago d’Orta. Nel 2007 prende parte al Premio Internazionale della Performance, Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento. Tra le ultime mostre: Motohome, SpazioA, Pistoia; Indoor, Monotono Contemporary Art, Vicenza, a cura di Daniela Zangrando; When the Impossible Happens, Festival 03 Performazioni, M.A.GA – Museo d’arte di Gallarate; Future Pass, Fondazione Claudio Buziol, Venezia e Wereldmuseum; Rotterdam, a cura di Renzo di Renzo, Victoria Lu, Felix Schöber.
Bread&Puppet
Il Bread&Puppet Theater (Glover, Vermont, 1962-1963), ampiamente conosciuto come Bread&Puppet, è una compagnia teatrale fondata negli anni Sessanta a New York City, e oggi di base in Vermont, da Peter Schumann, attuale direttore artistico del gruppo.
29
giugno 2013
Un luogo aperto
29 giugno 2013
serata - evento
Location
SEDI VARIE – San Gimignano
San Gimignano, (Siena)
San Gimignano, (Siena)
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