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Unplugged
Sono acidi, psichedelici, dissociati, malinconici, stonati, di moda perché fuori moda. Sono immersi nel ritmo del mondo attuale, ma lo contestano con sottili effrazioni. Vanno in diretta, ma talvolta staccano la spina. Sono gli artisti della mostra Unplugged.
Comunicato stampa
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Sono gli artisti della mostra Unplugged, curata per la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento da Laura Culpan con la collaborazione di Ali Subotnick. Una selezione di dieci ottimi nomi internazionali, presenti attualmente nelle mostre più quotate, molti dei quali non ancora visti in Italia: Pawel Althamer, Martin Creed, Urs Fischer, Christian Holstad, Jim Lambie, Henrik Olesen, Dan McCarthy, Alessandro Pessoli, Anselm Reyle, Aida Ruilova.
Unplugged è una mostra ruvida, fatta di suoni e immagini dissonanti: armonie dolci e stacchi improvvisi - rumori di fondo e assoli lancinanti. Un disco graffiato o una vecchia cassetta: Unplugged è una compilation, un remix di opere viste e scovate a New York, a Brooklyn, a Londra, a Berlino e Varsavia. La colonna sonora per un viaggio interiore.
Oggetti, dipinti, video e installazioni: una mostra collage, che descrive un’atmosfera, invece di definire un gruppo o un movimento. Unplugged è una discoteca sorpresa poco prima dell’orario di chiusura: c’è aria di festa e di eccessi adolescenziali, ma anche il fantasma di un’improvvisa malinconia.
Unplugged racconta il bisogno di staccare la spina, di rinchiudersi in se stessi: ripartire da zero e reinventarsi il mondo con gesti semplici ma radicali.
Jim Lambie, scozzese (1964) invade il pianterreno della Galleria con uno dei suoi pavimenti in vinile, migliaia di strisce di materiale adesivo che - seguendo il ritmo delle pareti, degli slarghi e dei restringimenti - formano un tracciato psichedelico e vibrante.
Martin Creed, inglese (1968), vincitore del “Turner Prize” nel 2001, gioca sulla presentazione essenziale e formalmente pulita di oggetti o frasi banali: “fuck off” è la scritta bianca al neon che campeggia su una parete bianca, con trasformatori e cavi in vista, anch’essi rigorosamente candidi.
Anselm Reyle, tedesco (1970), artista eclettico che usa tutti i mezzi espressivi oggi disponibili, porta in mostra un quadro in cui il colore verde acido si spalma su un foglio di carta di alluminio e un lampadario demodé che si accende in modo stroboscopico.
Urs Fischer, svizzero (1973), forse il più ironico degli artisti esposti, imbevuto anche di spirito punk, irride agli aspetti banali della nostra esistenza quotidiana: un cane dimezzato continua a scuotere la coda, un braccio esce dal muro tenendo per la coda un gatto.
Aida Ruilova, statunitense (1974), realizza video forti e drammatici, in cui ripete ossessivamente un piccolo frame: un urlo, un singulto, un semplice gesto si trasformano in una claustrofobica ossessione.
Henrik Olesen, danese che vive in Germania (1967), utilizza materiali semplici e poveri: rami, scatole, fotocopie. Attraverso sottili riferimenti analogici (ramo/pene, uova/individui) mette in luce le ambiguità e le incongruenze del mondo attuale.
Christian Holstad, statunitense (1972), personaggio strambo e bizzarro che si vede girare per le strade di New York con un orsacchiotto, trasforma con segni di matita le photoreality ritagliate dai quotidiani in immagini surreali e inquietanti.
Dan McCarthy, hawayano che vive a New York (1962), produce dipinti bizzarri in cui si mescolano il brutto, il kitsch, l’onirico.
Alessandro Pessoli, italiano (1963), capace di una pittura veloce che mescola l’impressione della fugacità dell’immagine televisiva al tratto informale, presenta un’elaborazione video con immagini in movimento.
Infine Pawel Althamer, polacco (1967), avvezzo a manifestare il suo disturbo della personalità facendo partecipare altri in sua vece (un suo omonimo o tutti gli Althamer dell’elenco telefonico di Berlino o persino la figlia di sette anni), in questo caso ha invitato al suo posto la moglie Monika Althamer, una pittrice dilettante che realizza paesaggi naturalistici.
La mostra prevede uno sviluppo del sottofondo musicale: ogni venerdì fino all’8 febbraio 2004, sempre alle 18.00, si avvicenderanno gruppi nazionali e locali per tenere brevi concerti.
Il giorno dell’inaugurazione, sabato 22 novembre 2003, saranno l’ex cantante dei Bluvertigo Morgan & The Communist Gay Nigger a proporre al dj set una performance ispirata all'effetto “radio schizzoide (interferenze comprese)” che attraversa la mostra.
Testi e immagini della mostra, con approfondimenti sul tema e focus sui singoli artisti, sono contenuti in Work. Art in progress n. 7, la rivista della Galleria Civica in uscita in questa occasione.
Unplugged si affianca ai progetti “site specific” di Situazioni. Trentino Arte 2003, l’iniziativa promossa dalla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento e dal Mart che, fino al 6 gennaio 2004, vede le installazioni di artisti trentini esposte negli spazi pubblici della città di Trento. Le opere, realizzate da Roberto Conz, Anna de Manincor, Fasoli m&m, Giuliano Orsingher, Maria Salvati, ricoprono un ampio spettro di tipologie stilistiche e aprono dialettiche differenti con ciascun luogo in cui sono collocate.
Unplugged è una mostra ruvida, fatta di suoni e immagini dissonanti: armonie dolci e stacchi improvvisi - rumori di fondo e assoli lancinanti. Un disco graffiato o una vecchia cassetta: Unplugged è una compilation, un remix di opere viste e scovate a New York, a Brooklyn, a Londra, a Berlino e Varsavia. La colonna sonora per un viaggio interiore.
Oggetti, dipinti, video e installazioni: una mostra collage, che descrive un’atmosfera, invece di definire un gruppo o un movimento. Unplugged è una discoteca sorpresa poco prima dell’orario di chiusura: c’è aria di festa e di eccessi adolescenziali, ma anche il fantasma di un’improvvisa malinconia.
Unplugged racconta il bisogno di staccare la spina, di rinchiudersi in se stessi: ripartire da zero e reinventarsi il mondo con gesti semplici ma radicali.
Jim Lambie, scozzese (1964) invade il pianterreno della Galleria con uno dei suoi pavimenti in vinile, migliaia di strisce di materiale adesivo che - seguendo il ritmo delle pareti, degli slarghi e dei restringimenti - formano un tracciato psichedelico e vibrante.
Martin Creed, inglese (1968), vincitore del “Turner Prize” nel 2001, gioca sulla presentazione essenziale e formalmente pulita di oggetti o frasi banali: “fuck off” è la scritta bianca al neon che campeggia su una parete bianca, con trasformatori e cavi in vista, anch’essi rigorosamente candidi.
Anselm Reyle, tedesco (1970), artista eclettico che usa tutti i mezzi espressivi oggi disponibili, porta in mostra un quadro in cui il colore verde acido si spalma su un foglio di carta di alluminio e un lampadario demodé che si accende in modo stroboscopico.
Urs Fischer, svizzero (1973), forse il più ironico degli artisti esposti, imbevuto anche di spirito punk, irride agli aspetti banali della nostra esistenza quotidiana: un cane dimezzato continua a scuotere la coda, un braccio esce dal muro tenendo per la coda un gatto.
Aida Ruilova, statunitense (1974), realizza video forti e drammatici, in cui ripete ossessivamente un piccolo frame: un urlo, un singulto, un semplice gesto si trasformano in una claustrofobica ossessione.
Henrik Olesen, danese che vive in Germania (1967), utilizza materiali semplici e poveri: rami, scatole, fotocopie. Attraverso sottili riferimenti analogici (ramo/pene, uova/individui) mette in luce le ambiguità e le incongruenze del mondo attuale.
Christian Holstad, statunitense (1972), personaggio strambo e bizzarro che si vede girare per le strade di New York con un orsacchiotto, trasforma con segni di matita le photoreality ritagliate dai quotidiani in immagini surreali e inquietanti.
Dan McCarthy, hawayano che vive a New York (1962), produce dipinti bizzarri in cui si mescolano il brutto, il kitsch, l’onirico.
Alessandro Pessoli, italiano (1963), capace di una pittura veloce che mescola l’impressione della fugacità dell’immagine televisiva al tratto informale, presenta un’elaborazione video con immagini in movimento.
Infine Pawel Althamer, polacco (1967), avvezzo a manifestare il suo disturbo della personalità facendo partecipare altri in sua vece (un suo omonimo o tutti gli Althamer dell’elenco telefonico di Berlino o persino la figlia di sette anni), in questo caso ha invitato al suo posto la moglie Monika Althamer, una pittrice dilettante che realizza paesaggi naturalistici.
La mostra prevede uno sviluppo del sottofondo musicale: ogni venerdì fino all’8 febbraio 2004, sempre alle 18.00, si avvicenderanno gruppi nazionali e locali per tenere brevi concerti.
Il giorno dell’inaugurazione, sabato 22 novembre 2003, saranno l’ex cantante dei Bluvertigo Morgan & The Communist Gay Nigger a proporre al dj set una performance ispirata all'effetto “radio schizzoide (interferenze comprese)” che attraversa la mostra.
Testi e immagini della mostra, con approfondimenti sul tema e focus sui singoli artisti, sono contenuti in Work. Art in progress n. 7, la rivista della Galleria Civica in uscita in questa occasione.
Unplugged si affianca ai progetti “site specific” di Situazioni. Trentino Arte 2003, l’iniziativa promossa dalla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento e dal Mart che, fino al 6 gennaio 2004, vede le installazioni di artisti trentini esposte negli spazi pubblici della città di Trento. Le opere, realizzate da Roberto Conz, Anna de Manincor, Fasoli m&m, Giuliano Orsingher, Maria Salvati, ricoprono un ampio spettro di tipologie stilistiche e aprono dialettiche differenti con ciascun luogo in cui sono collocate.
22
novembre 2003
Unplugged
Dal 22 novembre 2003 all'otto febbraio 2004
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE GALLERIA CIVICA – CENTRO DI RICERCA SULLA CONTEMPORANEITA’ DI TRENTO
Trento, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 19, (Trento)
Trento, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 19, (Trento)
Orario di apertura
martedì - venerdì 10 –13 / 15 –19
sabato e domenica 15 –19. Lunedì chiuso
Vernissage
22 Novembre 2003, h.18