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Until
Until, riunisce opere di quattro artisti, Riccardo De Marchi, Marco Gastini, Franco Guerzoni, Marco Gastini, attraverso i quali la galleria intende indagare ancora una volta la pittura come linguaggio aperto, che sconfina dalla tela, utilizzando materiali e supporti diversi.
Comunicato stampa
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MARCOROSSI artecontemporanea è lieta di presentare la mostra UNTIL, che apre a una dialettica, entro al perimetro della
pittura, tra il lavoro più progettato di Marco Tirelli e Riccardo De Marchi, e quello più emotivo di Marco Gastini e
Franco Guerzoni. “È forse la natura intima del tempo – scrive Marco Tonelli – ad accomunare le opere dei quattro artisti, nel
loro passare dalla materia alla pittura, dal nulla alla forma. Un tempo cadenzato come uno spartito astratto da De Marchi,
enunciato come un enigma da Tirelli, accompagnato come un processo alchemico da Gastini e atteso come un’epifania nelle
stratificazioni di Guerzoni. In tutti i casi si tratta comunque di ripensare l’essenza della superficie pittorica senza volerla
abbandonare né negare.”
Riccardo De Marchi (Mereto di Tomba, Udine, 1964) è un artista demiurgo, quasi asceta nel suo processo artistico che lo
vede isolato e tenace a imprimere la sua esistenza quotidiana sui materiali. Astrazione materica e leggerezza visiva sono il
risultato di massivi interventi sulle superfici dei quadri. Aspetti che trovano compiutezza nel gesto e nella traccia lasciata da
infiniti fori (l’attraversamento) realizzati con il trapano a punteggiare le diverse superfici utilizzate, dal plexiglass al piombo
all’acciaio. Un punto nodale della sua ricerca è l’analisi del segno, elaborato fino a dare vita ad una meta-scrittura, un “alfabeto
possibile”; l’idea che attraverso la scrittura si possa rappresentare un simbolo che non sia traducibile ma che mantenga la sua
forza iconica, e persino una precisa impronta umana.
Marco Gastini (Torino, 1938-2018), dopo un primo tempo dedicato alla definizione di una pittura fatta di tracce e gesti
minimi, prossima ai territori praticati dalla minimal art e dalla pittura analitica, giunge ad una visione del tutto inedita in cui
ritorna il colore e si fa largo uso di materiali eterogenei che sembrano apparentemente allontanarlo dalla pittura. In realtà ne
contraddistinguono un nuovo modo di intenderla, evidenziando la problematicità e il rapporto stretto della pittura con lo
spazio, sia mentale che fisico, che diviene una costante del suo linguaggio. L'opera sconfina dalla superficie della tela, della
carta o degli altri supporti e si conquista la parete, l'ambiente circostante creando un impatto fisico. Sono sempre primarie ed
essenziali, nel lavoro, le nozioni di spazio, energia, tensione, il coinvolgimento, l’attrazione e la repulsione nei confronti del
contesto in cui si collocano le opere.
Franco Guerzoni (Modena, 1948) dedica la sua intima ricerca all'esplorazione del mondo dell'archeologia, con un'attenzione
ad aspetti legati alla stratificazione della cultura e all'idea di "antico" come perdita e sottrazione. Attraverso grandi cicli
pittorici, approfondisce la personale poetica della rovina e del frammento, intesa come sopravvivenza di un passato perduto e
solo interpretabile con le categorie della fantasia. Dalla lunga meditazione sul quadro, correlata a lente procedure di
esecuzione e costanti verifiche sul piano dei risultati, nascono superfici con un’evidenza materica simile a quella di un muro, di
un’architettura logorata dal tempo. Le opere sono 'pareti dimenticate', cariche di segni visivi capaci di stimolare “un viaggio
verso l’interno che consente di rintracciare il vissuto, le memorie, i segni, i simboli, tutto ciò che nel corso dei secoli [quella
parete] ha raccolto”.
Marco Tirelli (Roma, 1956) ricerca sull’immagine il limite sottile fra forze dialettiche e pacificate, ma ancora memori di una
tensione insolubile. Luce e ombra, visibile e invisibile, fisico e metafisico ricorrono nel lavoro dell’artista. La tela diventa il luogo
di scambio tra mondo fisico e visione metafisica, concentrata, assorta e depurata di tutto ciò che non sia essenziale alla
definizione dell’immagine. La geometria è il linguaggio ideale della sintesi, lo strumento esatto per arrivare all’essenza della
forma. Le apparizioni volumetriche così come le allusioni spaziali e luminose dei quadri, sono visioni di attimi congelati nella
visione di un istante e indagati nei dettagli essenziali con una tecnica puntinista sviluppata dall’artista. Nascono immagini
cariche di pathos che agiscono a livello dell’inconscio, sono enormi attimi congelati nella visione di un istante e indagati nei
loro dettagli essenziali con una tecnica puntinista sviluppata dall’artista. Ciò che resta della cosa rappresentata è il simbolo,
nell’accezione più aperta alla molteplicità di sensi e significati profondi dell’uno.
pittura, tra il lavoro più progettato di Marco Tirelli e Riccardo De Marchi, e quello più emotivo di Marco Gastini e
Franco Guerzoni. “È forse la natura intima del tempo – scrive Marco Tonelli – ad accomunare le opere dei quattro artisti, nel
loro passare dalla materia alla pittura, dal nulla alla forma. Un tempo cadenzato come uno spartito astratto da De Marchi,
enunciato come un enigma da Tirelli, accompagnato come un processo alchemico da Gastini e atteso come un’epifania nelle
stratificazioni di Guerzoni. In tutti i casi si tratta comunque di ripensare l’essenza della superficie pittorica senza volerla
abbandonare né negare.”
Riccardo De Marchi (Mereto di Tomba, Udine, 1964) è un artista demiurgo, quasi asceta nel suo processo artistico che lo
vede isolato e tenace a imprimere la sua esistenza quotidiana sui materiali. Astrazione materica e leggerezza visiva sono il
risultato di massivi interventi sulle superfici dei quadri. Aspetti che trovano compiutezza nel gesto e nella traccia lasciata da
infiniti fori (l’attraversamento) realizzati con il trapano a punteggiare le diverse superfici utilizzate, dal plexiglass al piombo
all’acciaio. Un punto nodale della sua ricerca è l’analisi del segno, elaborato fino a dare vita ad una meta-scrittura, un “alfabeto
possibile”; l’idea che attraverso la scrittura si possa rappresentare un simbolo che non sia traducibile ma che mantenga la sua
forza iconica, e persino una precisa impronta umana.
Marco Gastini (Torino, 1938-2018), dopo un primo tempo dedicato alla definizione di una pittura fatta di tracce e gesti
minimi, prossima ai territori praticati dalla minimal art e dalla pittura analitica, giunge ad una visione del tutto inedita in cui
ritorna il colore e si fa largo uso di materiali eterogenei che sembrano apparentemente allontanarlo dalla pittura. In realtà ne
contraddistinguono un nuovo modo di intenderla, evidenziando la problematicità e il rapporto stretto della pittura con lo
spazio, sia mentale che fisico, che diviene una costante del suo linguaggio. L'opera sconfina dalla superficie della tela, della
carta o degli altri supporti e si conquista la parete, l'ambiente circostante creando un impatto fisico. Sono sempre primarie ed
essenziali, nel lavoro, le nozioni di spazio, energia, tensione, il coinvolgimento, l’attrazione e la repulsione nei confronti del
contesto in cui si collocano le opere.
Franco Guerzoni (Modena, 1948) dedica la sua intima ricerca all'esplorazione del mondo dell'archeologia, con un'attenzione
ad aspetti legati alla stratificazione della cultura e all'idea di "antico" come perdita e sottrazione. Attraverso grandi cicli
pittorici, approfondisce la personale poetica della rovina e del frammento, intesa come sopravvivenza di un passato perduto e
solo interpretabile con le categorie della fantasia. Dalla lunga meditazione sul quadro, correlata a lente procedure di
esecuzione e costanti verifiche sul piano dei risultati, nascono superfici con un’evidenza materica simile a quella di un muro, di
un’architettura logorata dal tempo. Le opere sono 'pareti dimenticate', cariche di segni visivi capaci di stimolare “un viaggio
verso l’interno che consente di rintracciare il vissuto, le memorie, i segni, i simboli, tutto ciò che nel corso dei secoli [quella
parete] ha raccolto”.
Marco Tirelli (Roma, 1956) ricerca sull’immagine il limite sottile fra forze dialettiche e pacificate, ma ancora memori di una
tensione insolubile. Luce e ombra, visibile e invisibile, fisico e metafisico ricorrono nel lavoro dell’artista. La tela diventa il luogo
di scambio tra mondo fisico e visione metafisica, concentrata, assorta e depurata di tutto ciò che non sia essenziale alla
definizione dell’immagine. La geometria è il linguaggio ideale della sintesi, lo strumento esatto per arrivare all’essenza della
forma. Le apparizioni volumetriche così come le allusioni spaziali e luminose dei quadri, sono visioni di attimi congelati nella
visione di un istante e indagati nei dettagli essenziali con una tecnica puntinista sviluppata dall’artista. Nascono immagini
cariche di pathos che agiscono a livello dell’inconscio, sono enormi attimi congelati nella visione di un istante e indagati nei
loro dettagli essenziali con una tecnica puntinista sviluppata dall’artista. Ciò che resta della cosa rappresentata è il simbolo,
nell’accezione più aperta alla molteplicità di sensi e significati profondi dell’uno.
21
novembre 2019
Until
Dal 21 novembre 2019 al 15 gennaio 2020
arte contemporanea
Location
MARCOROSSI ARTECONTEMPORANEA
Milano, Corso Venezia, 29, (Milano)
Milano, Corso Venezia, 29, (Milano)
Orario di apertura
11-13
Vernissage
21 Novembre 2019, h 18,30
Sito web
Editore
Marcorossi artecontemporanea
Ufficio stampa
Cristina Ghisolfi
Autore
Autore testo critico
Progetto grafico