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Up Down Town
Up Down Town racconta città reali e città immaginarie. E di queste ci racconta il centro e le periferie. E poi ci racconta in maniera assolutamente non convenzionale lo ‘stile’ di vita urbano.
Durante l’inaugurazione sarà presentato il catalogo della mostra.
Comunicato stampa
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NOTA DI PRESENTAZIONE
Molti sanno che la parola ‘metropoli’ in greco significa letteralmente ‘città-madre’. Ma forse non tutti sanno che tale parola, in antichità, non indicava necessariamente una grande città, ma era stata coniata e veniva usata dai greci delle colonie sparse per il Mediterraneo per indicare la loro città di provenienza. Quindi il termine ‘metropoli’ poteva indicare una megalopoli come Atene, ma anche un minuscolo borgo. Ma soprattutto indicava un rapporto di ‘filiazione’: un rapporto stretto, ‘di sangue’, anche quando tra la ‘città madre’ e la colonia, ‘città figlia’, c’erano centinaia e centinaia di miglia marine. E allora, sulla scorta di questa suggestione etimologica, proviamo ad immaginare le nostre maggiori città italiane come delle “madri”. Ed ecco che la metafora della città-madre può essere illuminante ed in grado di aiutarci a meglio decifrare l’identità, il carattere di queste nostre città. Innanzitutto non tutte ci appaiono, a prima vista, madri così amorevoli. E poi ci sono madri e madri. Ci sono madri distratte, madri sciatte, madri snaturate. Ci sono madri e ci sono matrigne. Napoli e Bologna, ad esempio, sono città madri. Certo il modo di essere madre di una napoletana è ben diverso da una bolognese. Bologna è una città-madre che se ne sta sempre ai fornelli, che ti rimpinza di cibo, una città madre dalle grandi braccia nude e il seno prosperoso, che ti abbraccia così forte da toglierti in fiato. Napoli non so, la conosco meno. La immagino come una madre inquieta, misteriosa, possessiva, con occhi oscuri e fuggitivi, capace di grandi slanci di passione, chiassosi, e poi di repentini mutamenti di umore. Milano e Torino sono senz’altro città matrigne. Asburgiche, rigide, distanti. Maledettamente snob e cerebrali, portano a spasso il loro bel nasino all’in su modello mitteleuropeo e parlano ai loro figli in francese. Peccato che i figli conoscano solo il dialetto.Roma è una città matrona, una vecchia matrona carica di anni, di acciacchi e di storia, a volte un po’ mondana, salottiera. Altre volte borgatara, sboccata e caciarona. Delle maggiori città madre italiane in questa mostra alcuni ‘figli’ più o meno ‘degeneri’ raccontano storie e suggestioni: di Roma, di Bologna (Ivo Stazio), di Milano (Lorenzo Curioni, Davide Ratti). Anche se questo progetto espositivo ed editoriale non si limita a questo.
Up Down Town racconta città reali e città immaginarie. E di queste ci racconta il centro e le periferie. E poi ci racconta in maniera assolutamente non convenzionale lo ‘stile’ di vita urbano.
Quelle di Lorenzo Curioni, Ivo Stazio e Davide Ratti sono città reali. Curioni ci squaderna il fumoso grigiore e la pallida luce invernale di Milano e di New York, rivelandocene la nascosta poesia e le atmosfere malinconiche. Ivo Stazio scava con spatolate di colore nel corpo vibrante di una Bologna contadina e urbana al tempo stesso, svelandoci l’inesistenza di un confine tra la campagna e la città. Il giovane Ratti ci narra le contraddizioni sociali e politiche, le frizioni, i conflitti di Milano, di Genova, di Gerusalemme.
Poi ci sono Carlo Ambrogio Crespi, Mauro Orietti,Eva Reguzzoni e Andrea Terenziani che ci raccontano la città in astratto, la città come idea, la città “sub specie aeternitatis”. Quelle del pontremolese Mauro Orietti, “guest star” della mostra “Urban Style” presente con solo due opere sono vedute di metropoli del tutto immaginarie, immerse in atmosfere plumbee, ma così verosimili da ricordare a ciascuno uno scorcio di città conosciuta: europea, americana o italiana. Londra o Brindisi. Crespi con opere geometriche e concettuali rappresenta la città attraverso due elementi essenziali, uno simbolico e l’altro strutturale: il cartello stradale e l’angolo retto. Anche Eva Reguzzoni affronta la struttura geometrica delle città e degli agglomerati abitativi in chiave giocosa e variopinta. La Reguzzoni e Crespi entrano nelle strutture, nei reticoli del ‘tessuto’ urbano e ne raffigurano degli spaccati. Al contrario il parmense Andrea Terenziani vede la città da lontano, come una sorta di sospesa epifania che si profila all’orizzonte, tanto chimerica ed effimera, quanto materica e concreta è la tecnica pittorica utilizzata.
Virgilio Patarini
Molti sanno che la parola ‘metropoli’ in greco significa letteralmente ‘città-madre’. Ma forse non tutti sanno che tale parola, in antichità, non indicava necessariamente una grande città, ma era stata coniata e veniva usata dai greci delle colonie sparse per il Mediterraneo per indicare la loro città di provenienza. Quindi il termine ‘metropoli’ poteva indicare una megalopoli come Atene, ma anche un minuscolo borgo. Ma soprattutto indicava un rapporto di ‘filiazione’: un rapporto stretto, ‘di sangue’, anche quando tra la ‘città madre’ e la colonia, ‘città figlia’, c’erano centinaia e centinaia di miglia marine. E allora, sulla scorta di questa suggestione etimologica, proviamo ad immaginare le nostre maggiori città italiane come delle “madri”. Ed ecco che la metafora della città-madre può essere illuminante ed in grado di aiutarci a meglio decifrare l’identità, il carattere di queste nostre città. Innanzitutto non tutte ci appaiono, a prima vista, madri così amorevoli. E poi ci sono madri e madri. Ci sono madri distratte, madri sciatte, madri snaturate. Ci sono madri e ci sono matrigne. Napoli e Bologna, ad esempio, sono città madri. Certo il modo di essere madre di una napoletana è ben diverso da una bolognese. Bologna è una città-madre che se ne sta sempre ai fornelli, che ti rimpinza di cibo, una città madre dalle grandi braccia nude e il seno prosperoso, che ti abbraccia così forte da toglierti in fiato. Napoli non so, la conosco meno. La immagino come una madre inquieta, misteriosa, possessiva, con occhi oscuri e fuggitivi, capace di grandi slanci di passione, chiassosi, e poi di repentini mutamenti di umore. Milano e Torino sono senz’altro città matrigne. Asburgiche, rigide, distanti. Maledettamente snob e cerebrali, portano a spasso il loro bel nasino all’in su modello mitteleuropeo e parlano ai loro figli in francese. Peccato che i figli conoscano solo il dialetto.Roma è una città matrona, una vecchia matrona carica di anni, di acciacchi e di storia, a volte un po’ mondana, salottiera. Altre volte borgatara, sboccata e caciarona. Delle maggiori città madre italiane in questa mostra alcuni ‘figli’ più o meno ‘degeneri’ raccontano storie e suggestioni: di Roma, di Bologna (Ivo Stazio), di Milano (Lorenzo Curioni, Davide Ratti). Anche se questo progetto espositivo ed editoriale non si limita a questo.
Up Down Town racconta città reali e città immaginarie. E di queste ci racconta il centro e le periferie. E poi ci racconta in maniera assolutamente non convenzionale lo ‘stile’ di vita urbano.
Quelle di Lorenzo Curioni, Ivo Stazio e Davide Ratti sono città reali. Curioni ci squaderna il fumoso grigiore e la pallida luce invernale di Milano e di New York, rivelandocene la nascosta poesia e le atmosfere malinconiche. Ivo Stazio scava con spatolate di colore nel corpo vibrante di una Bologna contadina e urbana al tempo stesso, svelandoci l’inesistenza di un confine tra la campagna e la città. Il giovane Ratti ci narra le contraddizioni sociali e politiche, le frizioni, i conflitti di Milano, di Genova, di Gerusalemme.
Poi ci sono Carlo Ambrogio Crespi, Mauro Orietti,Eva Reguzzoni e Andrea Terenziani che ci raccontano la città in astratto, la città come idea, la città “sub specie aeternitatis”. Quelle del pontremolese Mauro Orietti, “guest star” della mostra “Urban Style” presente con solo due opere sono vedute di metropoli del tutto immaginarie, immerse in atmosfere plumbee, ma così verosimili da ricordare a ciascuno uno scorcio di città conosciuta: europea, americana o italiana. Londra o Brindisi. Crespi con opere geometriche e concettuali rappresenta la città attraverso due elementi essenziali, uno simbolico e l’altro strutturale: il cartello stradale e l’angolo retto. Anche Eva Reguzzoni affronta la struttura geometrica delle città e degli agglomerati abitativi in chiave giocosa e variopinta. La Reguzzoni e Crespi entrano nelle strutture, nei reticoli del ‘tessuto’ urbano e ne raffigurano degli spaccati. Al contrario il parmense Andrea Terenziani vede la città da lontano, come una sorta di sospesa epifania che si profila all’orizzonte, tanto chimerica ed effimera, quanto materica e concreta è la tecnica pittorica utilizzata.
Virgilio Patarini
27
aprile 2011
Up Down Town
Dal 27 aprile all'otto maggio 2011
arte contemporanea
Location
ZAMENHOF
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Milano, Via Ludovico Lazzaro Zamenhof, 11, (Milano)
Orario di apertura
Dal mercoledì al sabato dalle ore 11 alle 13 e dalle 14 alle 18. Domenica dalle ore 14 alle 18.
Lunedì e martedì chiuso.
Vernissage
27 Aprile 2011, ore 18.30
Autore
Curatore