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Urbs, urbis
Nell’ambito della Festa in rosso di Verona, diversi artisti sono stati chiamati a interpretare il tema della città.
Comunicato stampa
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Nell'ambito della Festa in rosso di Verona, dal 24 agosto al 2 settembre presso i Giardini di via Porta Catena, diversi artisti - Aere Roberto, Castellani Alice, de Ghantuz Cubbe Elena, Petrucci Pasquale, Tagetto Ivano, Tinto Enrico, Turri Angela - sono stati chiamati a interpretare il tema della città in una mostra collettiva dal titolo “Urbs, urbis”. Le visioni di ognuno hanno potuto spaziare senza limiti né direzioni, utilizzando differenti modalità artistiche e diversi approcci. Ognuno presenta la sua visione sulla città, città vissuta personalmente, città quotidiana o europea, ma anche città immaginaria, città in cui entrare, passare e osservare. Una città che può essere una riva a cui affacciarsi per contemplare, ma anche una tana per nascondersi e vivere il proprio sottosuolo metropolitano. Mappature che sono riletture soggettive, sganciate da catalogazioni ufficiali e condivise, ma caratterizzate da un'impronta sensoriale ed emozionale. Odori, ricordi, sapori, umori, luce e buio: ognuno contiene in sé la propria idea di città, unica e diversa, da esplorare, condividere, mettere in gioco. L'uso del colore, l'interpretazione dei vuoti e dei pieni dei soggetti urbani, la tensione tra realtà e immaginario attraversano come fili conduttori questa collettiva. I colori emotivi dei quadri di Roberto Aere e i materiali non sempre ortodossi di Alice Castellani e Angela Turri, le ceramiche in dissolvenza di Elena de Ghantuz Cubbe e la visione poeticamente europea di Pasquale Petrucci, gli spazi riempiti e lasciati vuoti di Ivano Tagetto ed Enrico Tinto: visioni contraddittorie e complementari di un presente complesso e non iscrivibile in categorie definite, piuttosto sempre in evoluzione, sempre in movimento, sempre aperto al nuovo.
Aere Roberto. I suoi lavori si presentano all'insegna dei colori in movimento, capaci di attraversare le forme, travestirne metafore e delinearne i contorni, e dei colori d'impatto emotivo, in grado di trattenere gli stimoli urbani e definirne le forme impercettibili, occupando spazi e superando limiti. “Il colore trasforma le sensazioni, offusca la percezione e costringe il brivido della fantasia ad esporsi”. Il linguaggio cromatico è ancorato a stimoli esistenziali: gioie, paure, turbamenti quotidiani. Roberto Aere utilizza una tecnica pittorica che richiede tempo, ma nasce istintiva, veloce, umorale. Il quadro nasce da un gesto continuo, “tutto deve succedere con un segno unico e definitivo che solca tavole di legno imbiancato, fissando forme trasparenti e sovrapposte, fatte di tanti casuali e differenti spazi da riempire”. In mostra una visione personale di Procida tra mare e cielo, uno tra i suoi quadri che ferma
il ricordo di paesaggi particolari.
Castellani Alice. L'indagine sulla rappresentazione urbana è uno dei temi più cari all'artista, affrontata con tecniche miste e materiali vari, non sempre ortodossi; da differenti punti di vista e tramite molteplici linguaggi espressivi, all'insegna dell'emotività e della visione soggettiva dell'ambiente urbano, sia esso reale o soltanto immaginato. Dalla rappresentazione della città emerge un discorso sul modo di intendere gli spazi e i luoghi in cui gli uomini vivono, si muovono, lavorano, dove spesso sono soli, di corsa, dove non trovano il tempo per la contemplazione, la riflessione, l'osservazione estatica. A volte il paesaggio urbano, grazie all'uso del colore e di tecniche miste, perde la sua forma reale e appare come un luogo della mente, grazie all'estrema libertà con cui l'immaginario urbano è affrontato, seguendo gli aspetti più individuali della visione e della sua interiorizzazione. Alcune opere sono dedicate alla città in cui Alice vive e lavora, Verona, altre a luoghi più onirici che reali, in una tensione tra paesaggio e immaginario urbano. La città e speso ripresa in una staticità irreale che vuole come fermare il tempo, costringere ad un'osservazione cui di solito la frenesia tipica della vitalità urbana sottrae.
de Ghantuz Cubbe Elena. Artista di origine siriana, nata a Roma e residente a Verona da oltre 40 anni, espone alcuni dei suoi lavori in ceramica che come frammenti di terra, fantasia e poesia nascono dall'esigenza di uscire, almeno tramite l'arte, dal nostro mondo e dalle sue storture, colorandolo e dandogli nuova forma, ma anche giocando con le proprie paure come nell'opera ESPLOSIONE DEMOGRAFICA, un grattacielo che presenta delle aperture dall'interno, come se fosse scoppiato per l'incapacità di trattenere il suo contenuto e che vuole rappresentare con gioioso umorismo il problema della sovrappopolazione mondiale. Il tutto prima che avvenisse la terribile deflagrazione delle Torri gemelle a cui, ironia della sorte, di primo acchito quest'opera potrebbe far pensare. Interessanti anche alcune opere dedicate a città ormai fondamentali per l'immaginario artistico, come quella dedicata a VENEZIA e quella ispirata a PARIGI; più eteree opere come CASE SULL'ACQUA, dove vari elementi tenuti insieme da fili mostrano la fragilità e la mobilità di qualcosa apparentemente immobile e statico, un altro modo per giocare con i punti di vista più consolidati e raramente messi in discussione.
Petrucci Pasquale. L'artista affronta la dimensione della città in chiave europea, con uno sguardo capace, attraverso composizioni urbane, di evocare la connessione profonda tra due canoni di bellezza differenti. Da una parte la fredda linea architettonica, dall'altra la morbida curva del corpo umano. Entrambe si lasciano modellare dalla luce per meglio evidenziare la propria bellezza. I modelli urbani presi in considerazione sono le principali capitali Europee, per rafforzare attraverso il linguaggio universale dell'arte, la consapevolezza dell'arricchimento collettivo del patrimonio artistico in una Europa unita. La tecnica mista vede foto in bianco e nero antichizzate sposarsi con colori a olio su tela, in una commistione di linguaggi tipica della contemporaneità. Da un paio di anni Pasquale Petrucci lavora ad un ciclo, cui ha dato il titolo di “Nuraghe contemporanee”, per il quale fa ricorso all'immagine di un'iconografia urbana, quella dei cosiddetti cimiteri delle auto, che, ridotte a carcasse, finiscono, accatastate, con l'occupare spazi periferici della città, pur sempre appartenenti alla geografia dello sguardo. Petrucci rivolge la propria attenzione ad un “paesaggio” che il XX secolo ci ha restituito come immagine tecnologica ed urbana, concentrandosi su un frammento di esso, nel quadro di una più generale indeterminatezza che rende ormai impossibile dare del reale un'immagine unitaria.
Tagetto Ivano. Visioni di luoghi vissuti e immaginati, di pieni e di vuoti, caratterizzano i lavori dell'artista, dai tratti leggeri anche quando hanno lo spessore del ferro, in una ricerca dei vuoti che va a sottolineare con forza l'importanza di quello che non c'è, dell'assenza. L'opera di Tagetto è il sussurro continuo che non fa dormire. La città, per quanto solida e murata, è vista dall'artista come una mera ipotesi, un tentativo di convivenza dalla forma variabile e soggetta a modificazioni, spesso imprevedibili e inconsulte. La città è tempo-spazio, tempo scandito in spazio ordinato. Nel profilo apparentemente immobile della città, è possibile veder emergere l'uomo, quasi fosse un vuoto scavato in quel pieno, un vuoto presente dentro un pieno assente, un vuoto che è capace di farsi sentire come il cielo di notte. La pittura di Tagetto si avvicina sempre più al minimale, all'essenziale, tramite vie molteplici, inesauribili, mai uguali, interessando all'artista non il risultato di una tecnica o di un'altra, ma l'iter eruttivo del momento creativo. Tagetto è uno sperimentatore alla continua ricerca del giusto fertilizzante per le sue creazioni/creature, guidato dalla ricerca di un diverso e possibile futuro di pienezza e consapevolezza, dove spazio e tempo si abbraccino e si sciolgano senza limiti, a recuperare la dimensione dell'anima.
Tinto Enrico. Il tema della città è privilegiato dell'artista, che la elegge a terreno ideale per le sue sperimentazioni attraverso tecniche molteplici, dalle incisioni alla pittura con tecniche miste e bidimensionali alla scultura. I suoi paesaggi urbani danno origine a visioni di luoghi vissuti e immaginati, di spazi riempiti e lasciati vuoti, con il concetto di serialità della vita moderna spesso espresso nella ripetizione e nell'addossarsi dei palazzi e delle torri. Nelle stampe di Tinto si avverte l'occhio che guarda, ogni volta come fosse la prima volta, quasi fosse un punto di luce, un vortice, emanando il colore e anche la sua completa assenza. L'artista ci suggerisce così che non è la realtà delle cose a cambiare, ma il modo, la posizione in cui la osserviamo, la viviamo, e che da questa posizione dipende lo spessore della realtà. Il paesaggio è spesso materico, rappresentazione del sentimento della realtà metropolitana, ricettacolo di solitudine, di forti contraddizioni ed oblio dei sentimenti. Anche la ricerca di risposte nell'emozione della materia recuperata, lavorata e trasformata è importante nel processo creativo dell'artista e nella sua interpretazione della realtà dei nostri giorni.
Turri Angela. I suoi lavori sono un insieme di tecniche miste eseguite su supporti di recupero, tele e pannelli di legno in particolare, su cui l'artista opera interventi utilizzando materiali diversi, come acrilici, silicone, foto o fotocopie di foto. Un insieme di visioni asimmetriche che raccontano la vita quotidiana in chiave visionaria, particolari che sembrano essere inutili all'occhio frenetico della folle corsa postmoderna. Il sovvertimento della non normalità trova spazio negli angoli più oscuri del presente come rampa di lancio per le contraddizioni estemporanee. Leonardo Zanfretta affianca la sua scrittura improvvisando sui lavori di Angela, estraendone un'emotività non sempre immediatamente riconducibile all'opera di partenza, a tratti ermetica e dirompente verso nuove prospettive. L'improvvisazione sostituisce l'opinione negata dal potere. Il rigurgito per tutto il resto. Manipolare per non essere coinvolti in misere cerimonie di ipocrisia. Il prodotto finale non è altro che il risultato della matematica dell'inconscio che cataloga l'emotività individuale indirizzandola in perimetri entropici predisposti a raccontarci momenti che ci inseguono proiettandoci nella fantasia dei sogni.
Aere Roberto. I suoi lavori si presentano all'insegna dei colori in movimento, capaci di attraversare le forme, travestirne metafore e delinearne i contorni, e dei colori d'impatto emotivo, in grado di trattenere gli stimoli urbani e definirne le forme impercettibili, occupando spazi e superando limiti. “Il colore trasforma le sensazioni, offusca la percezione e costringe il brivido della fantasia ad esporsi”. Il linguaggio cromatico è ancorato a stimoli esistenziali: gioie, paure, turbamenti quotidiani. Roberto Aere utilizza una tecnica pittorica che richiede tempo, ma nasce istintiva, veloce, umorale. Il quadro nasce da un gesto continuo, “tutto deve succedere con un segno unico e definitivo che solca tavole di legno imbiancato, fissando forme trasparenti e sovrapposte, fatte di tanti casuali e differenti spazi da riempire”. In mostra una visione personale di Procida tra mare e cielo, uno tra i suoi quadri che ferma
il ricordo di paesaggi particolari.
Castellani Alice. L'indagine sulla rappresentazione urbana è uno dei temi più cari all'artista, affrontata con tecniche miste e materiali vari, non sempre ortodossi; da differenti punti di vista e tramite molteplici linguaggi espressivi, all'insegna dell'emotività e della visione soggettiva dell'ambiente urbano, sia esso reale o soltanto immaginato. Dalla rappresentazione della città emerge un discorso sul modo di intendere gli spazi e i luoghi in cui gli uomini vivono, si muovono, lavorano, dove spesso sono soli, di corsa, dove non trovano il tempo per la contemplazione, la riflessione, l'osservazione estatica. A volte il paesaggio urbano, grazie all'uso del colore e di tecniche miste, perde la sua forma reale e appare come un luogo della mente, grazie all'estrema libertà con cui l'immaginario urbano è affrontato, seguendo gli aspetti più individuali della visione e della sua interiorizzazione. Alcune opere sono dedicate alla città in cui Alice vive e lavora, Verona, altre a luoghi più onirici che reali, in una tensione tra paesaggio e immaginario urbano. La città e speso ripresa in una staticità irreale che vuole come fermare il tempo, costringere ad un'osservazione cui di solito la frenesia tipica della vitalità urbana sottrae.
de Ghantuz Cubbe Elena. Artista di origine siriana, nata a Roma e residente a Verona da oltre 40 anni, espone alcuni dei suoi lavori in ceramica che come frammenti di terra, fantasia e poesia nascono dall'esigenza di uscire, almeno tramite l'arte, dal nostro mondo e dalle sue storture, colorandolo e dandogli nuova forma, ma anche giocando con le proprie paure come nell'opera ESPLOSIONE DEMOGRAFICA, un grattacielo che presenta delle aperture dall'interno, come se fosse scoppiato per l'incapacità di trattenere il suo contenuto e che vuole rappresentare con gioioso umorismo il problema della sovrappopolazione mondiale. Il tutto prima che avvenisse la terribile deflagrazione delle Torri gemelle a cui, ironia della sorte, di primo acchito quest'opera potrebbe far pensare. Interessanti anche alcune opere dedicate a città ormai fondamentali per l'immaginario artistico, come quella dedicata a VENEZIA e quella ispirata a PARIGI; più eteree opere come CASE SULL'ACQUA, dove vari elementi tenuti insieme da fili mostrano la fragilità e la mobilità di qualcosa apparentemente immobile e statico, un altro modo per giocare con i punti di vista più consolidati e raramente messi in discussione.
Petrucci Pasquale. L'artista affronta la dimensione della città in chiave europea, con uno sguardo capace, attraverso composizioni urbane, di evocare la connessione profonda tra due canoni di bellezza differenti. Da una parte la fredda linea architettonica, dall'altra la morbida curva del corpo umano. Entrambe si lasciano modellare dalla luce per meglio evidenziare la propria bellezza. I modelli urbani presi in considerazione sono le principali capitali Europee, per rafforzare attraverso il linguaggio universale dell'arte, la consapevolezza dell'arricchimento collettivo del patrimonio artistico in una Europa unita. La tecnica mista vede foto in bianco e nero antichizzate sposarsi con colori a olio su tela, in una commistione di linguaggi tipica della contemporaneità. Da un paio di anni Pasquale Petrucci lavora ad un ciclo, cui ha dato il titolo di “Nuraghe contemporanee”, per il quale fa ricorso all'immagine di un'iconografia urbana, quella dei cosiddetti cimiteri delle auto, che, ridotte a carcasse, finiscono, accatastate, con l'occupare spazi periferici della città, pur sempre appartenenti alla geografia dello sguardo. Petrucci rivolge la propria attenzione ad un “paesaggio” che il XX secolo ci ha restituito come immagine tecnologica ed urbana, concentrandosi su un frammento di esso, nel quadro di una più generale indeterminatezza che rende ormai impossibile dare del reale un'immagine unitaria.
Tagetto Ivano. Visioni di luoghi vissuti e immaginati, di pieni e di vuoti, caratterizzano i lavori dell'artista, dai tratti leggeri anche quando hanno lo spessore del ferro, in una ricerca dei vuoti che va a sottolineare con forza l'importanza di quello che non c'è, dell'assenza. L'opera di Tagetto è il sussurro continuo che non fa dormire. La città, per quanto solida e murata, è vista dall'artista come una mera ipotesi, un tentativo di convivenza dalla forma variabile e soggetta a modificazioni, spesso imprevedibili e inconsulte. La città è tempo-spazio, tempo scandito in spazio ordinato. Nel profilo apparentemente immobile della città, è possibile veder emergere l'uomo, quasi fosse un vuoto scavato in quel pieno, un vuoto presente dentro un pieno assente, un vuoto che è capace di farsi sentire come il cielo di notte. La pittura di Tagetto si avvicina sempre più al minimale, all'essenziale, tramite vie molteplici, inesauribili, mai uguali, interessando all'artista non il risultato di una tecnica o di un'altra, ma l'iter eruttivo del momento creativo. Tagetto è uno sperimentatore alla continua ricerca del giusto fertilizzante per le sue creazioni/creature, guidato dalla ricerca di un diverso e possibile futuro di pienezza e consapevolezza, dove spazio e tempo si abbraccino e si sciolgano senza limiti, a recuperare la dimensione dell'anima.
Tinto Enrico. Il tema della città è privilegiato dell'artista, che la elegge a terreno ideale per le sue sperimentazioni attraverso tecniche molteplici, dalle incisioni alla pittura con tecniche miste e bidimensionali alla scultura. I suoi paesaggi urbani danno origine a visioni di luoghi vissuti e immaginati, di spazi riempiti e lasciati vuoti, con il concetto di serialità della vita moderna spesso espresso nella ripetizione e nell'addossarsi dei palazzi e delle torri. Nelle stampe di Tinto si avverte l'occhio che guarda, ogni volta come fosse la prima volta, quasi fosse un punto di luce, un vortice, emanando il colore e anche la sua completa assenza. L'artista ci suggerisce così che non è la realtà delle cose a cambiare, ma il modo, la posizione in cui la osserviamo, la viviamo, e che da questa posizione dipende lo spessore della realtà. Il paesaggio è spesso materico, rappresentazione del sentimento della realtà metropolitana, ricettacolo di solitudine, di forti contraddizioni ed oblio dei sentimenti. Anche la ricerca di risposte nell'emozione della materia recuperata, lavorata e trasformata è importante nel processo creativo dell'artista e nella sua interpretazione della realtà dei nostri giorni.
Turri Angela. I suoi lavori sono un insieme di tecniche miste eseguite su supporti di recupero, tele e pannelli di legno in particolare, su cui l'artista opera interventi utilizzando materiali diversi, come acrilici, silicone, foto o fotocopie di foto. Un insieme di visioni asimmetriche che raccontano la vita quotidiana in chiave visionaria, particolari che sembrano essere inutili all'occhio frenetico della folle corsa postmoderna. Il sovvertimento della non normalità trova spazio negli angoli più oscuri del presente come rampa di lancio per le contraddizioni estemporanee. Leonardo Zanfretta affianca la sua scrittura improvvisando sui lavori di Angela, estraendone un'emotività non sempre immediatamente riconducibile all'opera di partenza, a tratti ermetica e dirompente verso nuove prospettive. L'improvvisazione sostituisce l'opinione negata dal potere. Il rigurgito per tutto il resto. Manipolare per non essere coinvolti in misere cerimonie di ipocrisia. Il prodotto finale non è altro che il risultato della matematica dell'inconscio che cataloga l'emotività individuale indirizzandola in perimetri entropici predisposti a raccontarci momenti che ci inseguono proiettandoci nella fantasia dei sogni.
24
agosto 2007
Urbs, urbis
Dal 24 agosto al 02 settembre 2007
arte contemporanea
Location
GIARDINI DI VIA PORTA CATENA
Verona, Via Porta Catena, (Verona)
Verona, Via Porta Catena, (Verona)
Orario di apertura
tutte le sere, dalle 20.00 circa
Vernissage
24 Agosto 2007, ore 21.00
Autore
Curatore