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Vakhtang Advadze – I colori delle stagioni dal Caucaso al Don
Advadze dipinge la serenità, il tepore di una casa, una partita a carte, la sana vita dei campi, le atmosfere sospese nei lunghi pomeriggi, interminabili nella calma di un villaggio della Georgia o nei mattini luminosi con le ore ritmate dagli impegni di una modesta produzione agricola.
Comunicato stampa
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La pittura sovietica è stata sempre oggetto di interesse della Galleria Antiquaria Carlo Maria Biagiarelli a Roma in Piazza Caprinica, 97 (06 69940728) e lo dimostra la prossima esposizione di 150 dipinti di Vakhtang Advadze (1919-2000) dal titolo I colori delle stagioni dal Caucaso al Don” in programma dal 14 giugno al 16 luglio 2004. Il riconoscimento a livello internazionale di questo pittore ampiamente celebrato nella sua terra di origine, la Georgia, premia una scelta lungimirante. Viva attesa infatti per questa iniziativa che incuriosisce non poco il collezionismo dell’arte e che non mancherà di coinvolgere emotivamente il pubblico italiano.
Un pioppo, un castagno dalle foglie cangianti, un viso scavato e fiero di pastore o di contadino, un animato interno di abitazione, una facciata oltraggiata dai rigori invernali, una mano che ricama o che prepara il cibo, bambini che giocano in un sobborgo, corpi al sole su una spiaggia o volti di campagna. Advadze dipinge la serenità, il tepore di una casa, una partita a carte, la sana vita dei campi, le atmosfere sospese nei lunghi pomeriggi, interminabili nella calma di un villaggio della Georgia o nei mattini luminosi con le ore ritmate dagli impegni di una modesta produzione agricola. Pittura destinata ad un pubblico che sa e vuole riconoscersi nei gesti di una vita quotidiana comune, senza slanci di mondanità eppure così accattivante nella sua semplicità, con una forza e una volontà tanto antiche da apparire persino scritte sui volti della gente. Una vita sociale in armonia con la natura, una sfida agli eventi che passano. Nella sua pittura Advadze sembra volersi soffermare a riflettere. Il suo tempo ha bisogno di tempo e allora induce all’osservazione del dettaglio, del colore, della sfumatura in un microcosmo che diviene d’improvviso un universo, come per incantesimo. E allora esso tutto si dilata, tutto si amplifica, tranne la velocità che invece si placa in una immagine che tutto, eventi e contrappunti, prodigiosamente racchiude.
Advadze ha il privilegio di possedere sulla sua tavolozza colori felici mentre si avvale della formula vincente di saperli fondere fra di loro senza mai mescolarli se non con maestria. I verdi sono sempre tali ma con una gamma straordinaria di sfumature, i cieli sono sempre azzurri ma con quali e quanti riverberi e così pure rossi e i gialli che divengono splendidi colori di arancio nei girasoli in un campo rigoglioso, sotto lo sguardo compiaciuto di una figura contadina che orgogliosamente espone la sua condizione operaia. Advadze sembra privilegiare le piccole dimensioni, capaci di racchiudere in poco spazio grandi emozioni e visioni di vasti mondi interiori. Il pittore, vissuto nella temperie artistica postbellica nel pieno Novecento sembra non voler accorgersi delle strettoie di una società inneggiante al potere sovietico. Eppure egli canta la produzione faticosa di una laboriosa società contadina, esempio da difendere, anzi emulare, secondo il volere dei detentori delle sorti comuni. Egli però non sembra avvedersi dei diktat imperanti e ci lascia in eredità soprattutto la poesia, l’armonia di quella vita, ci tramanda i volti talvolta assuefatti, spesso rassegnati di un popolo che ha conosciuto, come molti nel mondo, la sofferenza e le privazioni ma ne ha fatto tesoro. Quella ricchezza egli ci dona come messaggio da non dimenticare ma piuttosto da sottoscrivere proprio come egli ha fatto sui suoi dipinti, in quegli indimenticabili anni Cinquanta.
Un pioppo, un castagno dalle foglie cangianti, un viso scavato e fiero di pastore o di contadino, un animato interno di abitazione, una facciata oltraggiata dai rigori invernali, una mano che ricama o che prepara il cibo, bambini che giocano in un sobborgo, corpi al sole su una spiaggia o volti di campagna. Advadze dipinge la serenità, il tepore di una casa, una partita a carte, la sana vita dei campi, le atmosfere sospese nei lunghi pomeriggi, interminabili nella calma di un villaggio della Georgia o nei mattini luminosi con le ore ritmate dagli impegni di una modesta produzione agricola. Pittura destinata ad un pubblico che sa e vuole riconoscersi nei gesti di una vita quotidiana comune, senza slanci di mondanità eppure così accattivante nella sua semplicità, con una forza e una volontà tanto antiche da apparire persino scritte sui volti della gente. Una vita sociale in armonia con la natura, una sfida agli eventi che passano. Nella sua pittura Advadze sembra volersi soffermare a riflettere. Il suo tempo ha bisogno di tempo e allora induce all’osservazione del dettaglio, del colore, della sfumatura in un microcosmo che diviene d’improvviso un universo, come per incantesimo. E allora esso tutto si dilata, tutto si amplifica, tranne la velocità che invece si placa in una immagine che tutto, eventi e contrappunti, prodigiosamente racchiude.
Advadze ha il privilegio di possedere sulla sua tavolozza colori felici mentre si avvale della formula vincente di saperli fondere fra di loro senza mai mescolarli se non con maestria. I verdi sono sempre tali ma con una gamma straordinaria di sfumature, i cieli sono sempre azzurri ma con quali e quanti riverberi e così pure rossi e i gialli che divengono splendidi colori di arancio nei girasoli in un campo rigoglioso, sotto lo sguardo compiaciuto di una figura contadina che orgogliosamente espone la sua condizione operaia. Advadze sembra privilegiare le piccole dimensioni, capaci di racchiudere in poco spazio grandi emozioni e visioni di vasti mondi interiori. Il pittore, vissuto nella temperie artistica postbellica nel pieno Novecento sembra non voler accorgersi delle strettoie di una società inneggiante al potere sovietico. Eppure egli canta la produzione faticosa di una laboriosa società contadina, esempio da difendere, anzi emulare, secondo il volere dei detentori delle sorti comuni. Egli però non sembra avvedersi dei diktat imperanti e ci lascia in eredità soprattutto la poesia, l’armonia di quella vita, ci tramanda i volti talvolta assuefatti, spesso rassegnati di un popolo che ha conosciuto, come molti nel mondo, la sofferenza e le privazioni ma ne ha fatto tesoro. Quella ricchezza egli ci dona come messaggio da non dimenticare ma piuttosto da sottoscrivere proprio come egli ha fatto sui suoi dipinti, in quegli indimenticabili anni Cinquanta.
14
giugno 2004
Vakhtang Advadze – I colori delle stagioni dal Caucaso al Don
Dal 14 giugno al 16 luglio 2004
arte contemporanea
Location
GALLERIA CARLO MARIA BIAGIARELLI
Roma, Piazza Capranica, 97, (Roma)
Roma, Piazza Capranica, 97, (Roma)
Orario di apertura
10- 13 / 16 - 19,30 - Chiuso: Festivi e lunedì mattina