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Valentina De’ Mathà – #inthespace
#inthespace di Valentina De’ Mathà invita il fruitore a creare una rete sociale, interagendo con le parti concave dell’installazione attraverso l’utilizzo del proprio smartphone, con l’invito a postare le immagini sui social network.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il progetto #INTHESPACE nasce da una riflessione sulla complessità e sul disordine della realtà narrati ne “Le città invisibili” di Italo Calvino, i cui racconti di luoghi immaginari e paradigmatici si intersecano e si proiettano nella società contemporanea, dove tutto sembra apparentemente “levigato”, ma che in realtà, questa levigatezza, spesso cela disfacimenti senza fine né forma. Altro elemento di riflessione sono i grafi: strutture relazionali e organizzazione dati che troviamo nella vita quotidiana e nella comunicazione virtuale [dal latino communico = mettere in comune, far partecipe]; volgendo, di conseguenza, l’attenzione sul modo di esprimersi della società di oggi, gli scambi culturali, le relazioni interpersonali, il concetto di spazio/luogo e stratificazione degli eventi e della storia.
L’uomo è sempre stato diviso dal desiderio di stabilirsi e mettere radici, e quello di volgersi altrove per trovare stimoli sempre nuovi.
I Greci dicevano che la città inizia appena fuori dalle mura della nostra casa, dove la nostra vita diventa pubblica. I luoghi sono il punto in cui viviamo e comunichiamo e, al giorno d’oggi, non abbiamo più necessariamente bisogno di uscire fuori: attraverso internet e i social network, possiamo avere costantemente una vita collettiva ovunque ci troviamo; i confini diventano fluidi e relativi più che mai.
I riflessi e la lucentezza dei poliesteri emulsionati utilizzati per questo progetto installativo, sono, appunto, attraverso un’attenta analisi del filosofo coreano Byung-Chul Han sulla società di oggi, un rimando agli schermi lucidi e levigati degli smartphone attraverso i quali siamo abituati a comunicare.
Le intersezioni delle incisioni praticate su queste superfici, stanno a simboleggiare le reti sociali e la frammentazione dell’individuo attraverso le scomposizioni indette da una realtà dei fatti sempre più distorta, e dalla raccolta dati che, volontariamente e involontariamente, forniamo nel quotidiano.
Ma queste “città invisibili” come spiega Italo Calvino “ sono anche un’indagine alle ragioni segrete che portano gli uomini a vivere certi luoghi, al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: memoria, desideri, segni di un linguaggio; luoghi di scambio, non soltanto di merci, ma anche di parole, desideri e ricordi”.
Il passo successivo alla realizzazione di queste mappe, “città impossibili”, “nonluoghi”, nell'accezione e nella visione di Marc Augè, pavimentazioni, confini geopolitici, collegamenti neuronali.... è stato quello di renderle tridimensionali avvolgendole su se stesse fino a creare una forma altra: involucri di esperienze vissute, e bocche, simbolo per antonomasia dal quale fuoriesce la comunicazione verbale; ma anche mezzo di apertura attraverso cui ci si può lasciare sorprendere dal suo contenuto guardando all’interno.
Queste bocche/colonne/alberi andranno a formare simbolicamente un bosco, elemento di evidente rimando ad un ritorno alla natura umana più intima, logo dove lo spettatore può esplorare ed esperire l'opera proiettando il suo sguardo all’interno di ogni “cilindro”, anziché rimanere in superficie e vagare nel buio.
L’installazione verrà ospitata nella Black Room del Museo Macro e, questo stato di penombra, porterà il visitatore, in maniera naturale, all’utilizzo della luce del proprio smartphone: estensione fisica ormai inscindibile da noi. A tal proposito, l’ intento è quello di invitare il fruitore a creare una nuova rete sociale, scattando fotografie e video a queste “aperture”, munito di flash e postando le immagini sui vari social network, con l’hashtag #INTHESPACE.
Spàzio s. m. [dal lat. spatium, forse der. di patēre «essere aperto»]
L’uomo è sempre stato diviso dal desiderio di stabilirsi e mettere radici, e quello di volgersi altrove per trovare stimoli sempre nuovi.
I Greci dicevano che la città inizia appena fuori dalle mura della nostra casa, dove la nostra vita diventa pubblica. I luoghi sono il punto in cui viviamo e comunichiamo e, al giorno d’oggi, non abbiamo più necessariamente bisogno di uscire fuori: attraverso internet e i social network, possiamo avere costantemente una vita collettiva ovunque ci troviamo; i confini diventano fluidi e relativi più che mai.
I riflessi e la lucentezza dei poliesteri emulsionati utilizzati per questo progetto installativo, sono, appunto, attraverso un’attenta analisi del filosofo coreano Byung-Chul Han sulla società di oggi, un rimando agli schermi lucidi e levigati degli smartphone attraverso i quali siamo abituati a comunicare.
Le intersezioni delle incisioni praticate su queste superfici, stanno a simboleggiare le reti sociali e la frammentazione dell’individuo attraverso le scomposizioni indette da una realtà dei fatti sempre più distorta, e dalla raccolta dati che, volontariamente e involontariamente, forniamo nel quotidiano.
Ma queste “città invisibili” come spiega Italo Calvino “ sono anche un’indagine alle ragioni segrete che portano gli uomini a vivere certi luoghi, al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: memoria, desideri, segni di un linguaggio; luoghi di scambio, non soltanto di merci, ma anche di parole, desideri e ricordi”.
Il passo successivo alla realizzazione di queste mappe, “città impossibili”, “nonluoghi”, nell'accezione e nella visione di Marc Augè, pavimentazioni, confini geopolitici, collegamenti neuronali.... è stato quello di renderle tridimensionali avvolgendole su se stesse fino a creare una forma altra: involucri di esperienze vissute, e bocche, simbolo per antonomasia dal quale fuoriesce la comunicazione verbale; ma anche mezzo di apertura attraverso cui ci si può lasciare sorprendere dal suo contenuto guardando all’interno.
Queste bocche/colonne/alberi andranno a formare simbolicamente un bosco, elemento di evidente rimando ad un ritorno alla natura umana più intima, logo dove lo spettatore può esplorare ed esperire l'opera proiettando il suo sguardo all’interno di ogni “cilindro”, anziché rimanere in superficie e vagare nel buio.
L’installazione verrà ospitata nella Black Room del Museo Macro e, questo stato di penombra, porterà il visitatore, in maniera naturale, all’utilizzo della luce del proprio smartphone: estensione fisica ormai inscindibile da noi. A tal proposito, l’ intento è quello di invitare il fruitore a creare una nuova rete sociale, scattando fotografie e video a queste “aperture”, munito di flash e postando le immagini sui vari social network, con l’hashtag #INTHESPACE.
Spàzio s. m. [dal lat. spatium, forse der. di patēre «essere aperto»]
01
ottobre 2019
Valentina De’ Mathà – #inthespace
Dal primo al 03 ottobre 2019
arte contemporanea
Location
MACRO – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DI ROMA
Roma, Via Nizza, 138, (Roma)
Roma, Via Nizza, 138, (Roma)
Orario di apertura
1-2 ottobre 2019 ore 10:00 - 20:00
3 ottobre 2019 ore 10:00 - 18:00
Sito web
Autore
Autore testo critico