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Vasco Ascolini – Persistenze
Chiunque sia in grado di usare una macchina fotografica può servirsene per “registrare” ciò che incontra, ma solo un artista come Vasco Ascolini può anche usarla per “interpretare” ciò che vede.
Ernst H.Gombrich
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Galleria Spazia a partire da sabato 15 marzo ospiterà, come di consueto nella sua tradizione, una mostra dedicata alla fotografia.
L'esposizione, che vede protagonista uno dei più grandi fotografi italiani apprezzati all’estero, presenta 40 immagini che documentano l'intera stagione creativa di Vasco Ascolini a partire dal teatro, gli scorci silenziosi e deserti delle città d'arte, le sculture nei musei e nei parchi, le antiche rovine fino ai lavori più recenti : fotografie in copia unica, "sperimentali", ottenute attraverso un intervento diretto (bruciature, graffiature) sul negativo, che rivisitano il tema dell'onirico, dal quale Ascolini, attraverso la lettura costante dell'opera di Borges, si sente particolarmente attratto.
Il lavoro del fotografo emiliano è tutto basato sulla sua visione del mondo; non sono tanto gli oggetti ad interessarlo, quanto piuttosto i dettagli sui quali si focalizza il suo sguardo. Le sue fotografie sono dei costanti fermo-immagine, particolari su cui gli occhi si arrestano, pause di un lungo film, quello delle sue esperienze vissute e dei luoghi percorsi.
La scelta di privilegiare “piccole cose inutili”, per riprendere uno degli slogan legati alla corrente letteraria del Crepuscolarismo, provoca quella che Gombrich chiama “alienazione”. Ma questa alienazione diventa “straniamento”, perchè l’insieme non si lascia catturare. Il milieu in cui la foto è immersa è evocato, non svelato, resta qualcosa di indefinito. Quello a cui è chiamato lo spettatore, che si trova di fronte alle opere fotografiche di Vasco Ascolini, diventa allora indagine, ricerca emotiva, tutta basata su personalissime suggestioni.
Le città metafisiche, deserte, altro tema centrale per rappresentare e in un certo qualmodo cercare di contenere il lavoro di Ascolini, recano in nuce richiami alla pittura di De Chirico, come pure alle riflessioni aristoteliche. Il fotografo sceglie volutamente di immortalare anche in questo dettagli, che diventano vie di fuga, sfuggenti, che non si lasciano catturare dalle parole.
Se Goya diceva del suo mondo “questo io vidi”, Ascolini sembra dirci “di questo io mi ricordo”. Gli slanci e le tensioni degli attori in scena, le piazze assolate, le nuvole bianche catturano la sua attenzione e lui ce ne restituisce delle rappresentazioni a volte drammatiche. L’insidia delle cose è sottesa, sussurrata, mai gridata. Ancora una volta, lo spettatore è chiamato a lasciarsi andare alla visione.
Infine, la cifra stilistica delle sue fotografie, rivolta al nero, attiva continui rimandi a quella dimensione onirica, tanto cara a Jorge Luis Borges, in un mondo in cui sogno e veglia si confondono, diventano inscindibili, si stampano nella mente di chi le guarda, diventano, appunto, “persistenze”.
L'esposizione, che vede protagonista uno dei più grandi fotografi italiani apprezzati all’estero, presenta 40 immagini che documentano l'intera stagione creativa di Vasco Ascolini a partire dal teatro, gli scorci silenziosi e deserti delle città d'arte, le sculture nei musei e nei parchi, le antiche rovine fino ai lavori più recenti : fotografie in copia unica, "sperimentali", ottenute attraverso un intervento diretto (bruciature, graffiature) sul negativo, che rivisitano il tema dell'onirico, dal quale Ascolini, attraverso la lettura costante dell'opera di Borges, si sente particolarmente attratto.
Il lavoro del fotografo emiliano è tutto basato sulla sua visione del mondo; non sono tanto gli oggetti ad interessarlo, quanto piuttosto i dettagli sui quali si focalizza il suo sguardo. Le sue fotografie sono dei costanti fermo-immagine, particolari su cui gli occhi si arrestano, pause di un lungo film, quello delle sue esperienze vissute e dei luoghi percorsi.
La scelta di privilegiare “piccole cose inutili”, per riprendere uno degli slogan legati alla corrente letteraria del Crepuscolarismo, provoca quella che Gombrich chiama “alienazione”. Ma questa alienazione diventa “straniamento”, perchè l’insieme non si lascia catturare. Il milieu in cui la foto è immersa è evocato, non svelato, resta qualcosa di indefinito. Quello a cui è chiamato lo spettatore, che si trova di fronte alle opere fotografiche di Vasco Ascolini, diventa allora indagine, ricerca emotiva, tutta basata su personalissime suggestioni.
Le città metafisiche, deserte, altro tema centrale per rappresentare e in un certo qualmodo cercare di contenere il lavoro di Ascolini, recano in nuce richiami alla pittura di De Chirico, come pure alle riflessioni aristoteliche. Il fotografo sceglie volutamente di immortalare anche in questo dettagli, che diventano vie di fuga, sfuggenti, che non si lasciano catturare dalle parole.
Se Goya diceva del suo mondo “questo io vidi”, Ascolini sembra dirci “di questo io mi ricordo”. Gli slanci e le tensioni degli attori in scena, le piazze assolate, le nuvole bianche catturano la sua attenzione e lui ce ne restituisce delle rappresentazioni a volte drammatiche. L’insidia delle cose è sottesa, sussurrata, mai gridata. Ancora una volta, lo spettatore è chiamato a lasciarsi andare alla visione.
Infine, la cifra stilistica delle sue fotografie, rivolta al nero, attiva continui rimandi a quella dimensione onirica, tanto cara a Jorge Luis Borges, in un mondo in cui sogno e veglia si confondono, diventano inscindibili, si stampano nella mente di chi le guarda, diventano, appunto, “persistenze”.
15
marzo 2014
Vasco Ascolini – Persistenze
Dal 15 marzo al 03 maggio 2014
fotografia
Location
GALLERIA SPAZIA
Bologna, Via Dell'inferno, 5, (Bologna)
Bologna, Via Dell'inferno, 5, (Bologna)
Orario di apertura
10-12.30 / 15.30 - 19.30
Vernissage
15 Marzo 2014, ore 18.00
Autore
Curatore