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Vedute di Firenze tra il Seicento e il Novecento dalla Collezione dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Nell’ordinare il percorso espositivo Emanuele Barletti, curatore della mostra e del catalogo edito da Polistampa (con il saggio introduttivo di Mina Gregori) ha privilegiato principalmente un obiettivo divulgativo, rimandando una più circostanziata trattazione scientifica al prossimo aggiornamento del catalogo generale della collezione, che ormai da anni attende di trovare una sua opportuna sistemazione.
Comunicato stampa
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L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze con la mostra “Vedute di Firenze tra il Seicento e il Novecento dalla collezione dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze” – che avrebbe dovuto chiudere il 27 settembre scorso e che è stata prorogata al 31 gennaio 2010 visto il successo di critica e di pubblico - ha voluto focalizzare l’attenzione del pubblico di Villa Bardini, inserita nel Giardino Bardini, sulle vedute di città con una ampia considerazione per i diversi aspetti che l’argomento induce ad affrontare e, soprattutto, con un numero cospicuo di opere selezionate: 44. Ciò è stato reso possibile grazie ad una straordinaria varietà di soggetti a disposizione che si è formata, a partire dalla metà del Novecento, attraverso una oculata politica di acquisizioni mirata al reperimento sul mercato antiquario e presso i privati di opere che illustrassero l’immagine della città nelle rispettive epoche. Un simile impegno è proseguito anche in questi ultimi anni in modo da assicurare un costante inserimento di nuovi contributi iconografici, che consentissero di allargare le visuali e aumentando di conseguenza il valore documentario oltre a quello artistico della raccolta. Il permanere nel tempo di un’attenzione vigile alle opportunità offerte dal mercato è stata favorita dalla sensibilità dimostrata dagli amministratori e da una serie di circostanze più o meno fortuite o fortunate di cui una istituzione come l’Ente Cassa di Risparmio, al centro della vita sociale e culturale fiorentina, non di rado è partecipe. Nell’ordinare il percorso espositivo Emanuele Barletti, curatore della mostra e del catalogo edito da Polistampa (con il saggio introduttivo di Mina Gregori) ha privilegiato principalmente un obiettivo divulgativo, rimandando una più circostanziata trattazione scientifica al prossimo aggiornamento del catalogo generale della collezione, che ormai da anni attende di trovare una sua opportuna sistemazione. È prevalsa l’esigenza ed anche il desiderio di offrire alla curiosità dei visitatori, più che al giudizio della critica specializzata, quella parte della collezione che riunisce le vedute di Firenze - una porzione significativa - tant’è che la fondazione proprietaria, l’Ente Cassa, può vantare di conservare uno dei nuclei più ricchi e importanti esistenti al mondo. È stato pensato così di costruire un itinerario organizzato in termini di un graduale processo di avvicinamento alla città per poi penetrare fin nel cuore del centro storico. Di qui l’idea di realizzare tre momenti visivi altrettanto suggestivi: le vedute panoramiche, il rapporto con l’Arno, le piazze e le strade. La componente più prestigiosa di cui la mostra offre uno sviluppo pressochè completo, rispetto alle consistenze della raccolta, è rappresentata dalle tele sei e settecentesche di artisti del calibro di Pandolfo Reschi, Gaspar Van Wittel, Giuseppe Zocchi e Thomas Patch, ai quali si deve in gran parte la diffusione e il successo del genere vedustico accompagnato ad una concezione paesistica più aderente alla realtà sociale e al vissuto quotidiano. L’Ottocento è pure presente con importanti esponenti, da Giovanni Signorini, a Carlo Canella, a Giuseppe Moricci, a Lorenzo Gelati, a Francesco e Luigi Gioli, a Telemaco Signorini, ad artisti inglesi e francesi immancabilmente rapiti dal fascino della città come Gifford, Hartley Cromek, Fachot, nomi questi che non dicono molto al grande pubblico ma che pure, passando da Firenze, vollero in qualche modo catturarne le armonie. Un elemento di assoluta novità è costituito dall’inserimento di autori del Novecento fin qui rimasti, nella scala di valori attribuiti alle tele della collezione, a livello di ‘uso arredo’, ma che hanno avuto ruolo ed importanza nella vita artistica e culturale fiorentina come Arrigo Dreoni, Ottone e Bruno Rosai, Dilvo Lotti, Sineo Gemignani, Dino Caponi, Silvio Loffredo, Marcello Boccacci, Michele Garinei, Giotto Sacchetti, Giovanni Tirinnanzi. Potrà apparire persino stridente la presenza di questi pittori accanto alle più auliche visioni dei maestri antichi, ma ciò è chiaramente intenzionale. D’altra parte, l’intento della mostra e’ essenzialmente quello di mostrare un repertorio allargato dei volti della città lungo il corso del tempo, non preoccupandosi di seguire un ordine puramente cronologico, quanto piuttosto insistendo, con gli esempi a disposizione, sulle tipologie ambientali ed urbanistiche così come vengono raffigurate in epoche diverse, anche riferite ad uno stesso luogo. Avendo visitato la mostra o sfogliando il catalogo, si ha una chiara percezione di tali luoghi. Innanzitutto la ‘visione d’insieme’: una Firenze che si fa vedere dalle colline circostanti in tutto il suo splendore nelle rappresentazioni più datate così come in quelle legate alla nostra contemporaneità. Eccola apparirci da Bellosguardo, dal Belvedere, dal Monte alle Croci, dal Giardino di Boboli, dai lungarni: la perfetta dimensione ottica degli Zocchi e dei Van Wittel ci regala una visuale omnicomprensiva che tutto include fino ai minimi dettagli delle figure che riempiono ed animano gli spazi urbani. In alcuni degli artisti moderni, all’ambientazione naturalistica si sostituisce invece la dimensione simbolica: Firenze come contenitore di monumenti superlativi, scenario più che paesaggio, così in Angelo Maria Landi, in Sineo Gemignani, mentre in Arrigo Dreoni è semplicemente la musa ispiratrice dei pittori e non solo. Scendendo in piano è l’Arno che la fa da padrone, così intimamente in simbiosi con la città. è inevitabile che l’artista se ne appropri. Le classiche vedute dalle Cascine (a nord) e da S. Niccolò (a sud) sono, negli autori dei secoli XVII e XVIII, nitide cartoline di cui rimpiangiamo l’intatta bellezza della città non ancora violata, con le sue mura e le torri, e della vita che ferve sul fiume, tra pescatori, bagnanti, gente che attraversa col traghetto. I secoli successivi propongono per lo più sprazzi di una contiguità col fiume che non è più l’armonia di insieme del passato, ma il racconto di singole storie: La Chiesa di Cestello che si affaccia sul lungarno di Dino Caponi, l’effetto di pioggia in piazza Goldoni all’imbocco del Ponte alla Carraia di Francesco Gioli, il cacciatore lungo la riva di Raffaello Sorbi, la deliziosa sequenza dei panni stesi al sole a S. Niccolò nel quadro di Lorenzo Gelati. Si passa quindi all’interno dello spazio urbano, in primo luogo con le due piazze simbolo di Firenze, Piazza del Duomo e Piazza della Signoria. L’impeccabile veduta ottocentesca di Santa Maria del Fiore di pittore ignoto è accostata alle due sommarie vedutine di Silvio Loffredo. Piazza della Signoria si accredita con due stupendi insiemi ottocenteschi, mentre Carlo Canella consacra la tipicità della vista da sotto la loggia dei Lanzi con una delle opere più pubblicate sui libri che trattano di Firenze. Altri rimpianti ci giungono dall’iconografia del Mercato Vecchio - l’immagine antica derivata dal prototipo di Filippo Napoletano e la versione di Giuseppe Moricci - laddove sorgeva il quartiere mediovale più antico, cuore del cuore, oggi lo spazio vuoto e asettico di Piazza della Repubblica. Si prosegue con Piazza San Firenze dello Zocchi, Piazza San Pier Maggiore di Vincenzo Torrigiani che documenta l’omonima chiesa prima della distruzione, Piazza San Gallo, oggi Piazza della Libertà, di Ruggero Panerai [solo in catalogo] estremamente affollata di esseri umani e cavalli, Piazzale Vittorio Veneto nella diafana e appena accennata visione di Marcello Boccacci. E poi ancora strade e stradine fino ad arrivare a Porta San Giorgio sotto il Belvedere di Giovanni Tirinnanzi. In fondo al catalogo omaggio infine del curatore al tema della mostra, con una propria opera autografa che raffigura una veduta di Villa Bardini che si apre su Firenze, ossia il sogno di ogni aspirante artista che voglia provare a penetrare l’anima della città.
Firenze, 28 settembre 2009
Firenze, 28 settembre 2009
10
aprile 2009
Vedute di Firenze tra il Seicento e il Novecento dalla Collezione dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Dal 10 aprile 2009 al 31 gennaio 2010
arte antica
arte moderna e contemporanea
arte moderna e contemporanea
Location
VILLA BARDINI
Firenze, Costa San Giorgio, 2, (Firenze)
Firenze, Costa San Giorgio, 2, (Firenze)
Biglietti
Mostra “ Vedute di Firenze” + Museo “Capucci” + Museo “Pietro Annigoni”): 6 Euro, intero 4 Euro, ridotto sopra i 65 anni e da 6 a 18 anni, per i cittadini della Comunità Europea Gratuito, bambini sotto i 6 anni Per la durata della presente mostra saranno sospese tutte le riduzioni extra
Orario di apertura
dal 30 settembre 2009 al 31 gennaio 2010, da mercoledì a venerdì, ore 10.00 – 16.00
sabato e domenica, ore 10.00 – 18.00
*Chiuso lunedì e martedì, il 25 dicembre 2009 e il 1 gennaio 2010
Aperto 1 novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 31 dicembre 2009
La vendita dei biglietti ha termine un’ora prima dell’orario di chiusura del Museo
Editore
POLISTAMPA
Ufficio stampa
CAMILLA SPERANZA
Curatore