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Venanzo Crocetti
sculture, dipinti e disegni dal 1927 al 2000
Comunicato stampa
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Nell’ambito della sua cinquantesima edizione, il Festival dei Due Mondi, in collaborazione con la Fondazione Museo Crocetti di Roma, dedica un’ampia retrospettiva a Venanzo Crocetti ( Giulianova 1913 – Roma 2003), una delle personalità artistiche più rilevanti della scultura italiana ed europea del Novecento. Curata da Floriano De Santi, la mostra – ordinata negli storici spazi di Palazzo Sansi a Spoleto – raccoglie una sessantina tra bronzi, marmi, terracotta, dipinti e disegni, che coprono un arco di tempo che va dal 1927 al 2000. In essa spiccano capolavori scultorei quali La gravida del 1932, la Gazzella ferita del 1934, la Ragazza seduta del 1946, il Bozzetto per la Porta di San Pietro del 1958, La ballerina del circo del 1964, La Maddalena del 1973 – 76, Il giovane Cavaliere della pace del 1987.
In Europa Crocetti non è stato né il primo né il solo ad avvedersi che il “classico” rimane uno dei problemi di fondo della cultura moderna, il terreno sul quale deve decedersi il dilemma dell’evasione o dall’impegno dell’artista. Bisogna risalire – e questo spiega l’arcaismo delle prime evocazioni plastiche della mitologia mediterranea come Pescatorello con cappello del 1935 e Sibilla del 1939 – alle origini del classico, all’idea di una natura o piuttosto di una naturalità cosi unitaria e armonica da non tollerare un dualismo si apparente o reale: e nella quale il reale è reale perché appare, cioè perché è forma e mito. E’ questo il senso del classicismo moderno di Maillol e di Moore; un classicismo remoto, ancestrale, che si configura come una provvidenza illimitata ed offre agli uomini tutte le più attraenti nourritures terrestres.
A partire dal Gran Premio per la Scultura conseguito alla XXI Biennale d’Arte di Venezia del 1938, la produzione creativa di Crocetti nasce proprio dal bisogno di trovare un accordo tra il vago ma tutt’altro che vano ideale di un’eterna poesia ed i nuovi indirizzi intorno ai concetti di spazio e di tempo, ai valori della percezione e della sensazione, alla qualità e alle condizioni del fenomeno: il quid significat rispetto al quid significatur. Né è poi difficile accorgersi che quell’ideale di poesia comprende per il nostro artista il pensiero di una suprema dignità dell’essere umano, la coscienza del valore della storia e dell’inalienabile diritto di libertà figurativa che ne discende. Se il disegno di Crocetti escogita tutti i mezzi per abbreviare il processo della fattura , per raggiungere la durata minima, la sua scultura non sembra affatto assillata dalla stessa premura: anche quando la forma si attua come trasposizione diretta della figura quella cifra antropomorfa è costretta a “eternarsi” nel bronzo.
Nella Porta dei Sacramenti per la Basilica di San Pietro in Vaticano, cui Crocetti lavora intensamente dal 1953 al 1965, c’è un ritrovamento dell’antichità classica che non avviene per citazioni, ma proprio nel senso del ritmo, della cadenza, della spazialità. Si può dire che da questa esperienza nascono il lavori crocettiani più celebri: da Modella in riposo del 1964 alla Maddalena del 1973-76, dal Giovane cavallerie della pace del 1987 alla Porta del Museo Crocetti del 1998, che celebrano un’ideale di bellezza, nella quale non si scorgono segni di dipendenza formale dal classicismo storico. Ma forse, a guardare con più attenzione, qualcosa si è aggiunto alla sapientia rinascimentale di un Desiderio da Settignano o di un Francesco Laurana: quella struttura per piani, per diedri, danno alle sculture della maturità uno scatto interno, una continua novità di veduta, come se in quella materia di gestazione, in quella nuances sfuggenti, vedessimo la faccia nascosta della luna.
Accompagna la mostra “La bellezza moderna di Venanzo Crocetti” un catalogo – libro edito per i tipi Paper’s World Srl di Teramo, introdotto da Francis Menotti, Presidente e Direttore Artistico del Festival dei Due Mondi, e da Antonio Tancredi, Presidente della Fondazione Museo “Venanzo Crocetti”, con un esauriente saggio critico di Floriano De Santi e la riproduzione a colori di tutte le opere esposte.
In Europa Crocetti non è stato né il primo né il solo ad avvedersi che il “classico” rimane uno dei problemi di fondo della cultura moderna, il terreno sul quale deve decedersi il dilemma dell’evasione o dall’impegno dell’artista. Bisogna risalire – e questo spiega l’arcaismo delle prime evocazioni plastiche della mitologia mediterranea come Pescatorello con cappello del 1935 e Sibilla del 1939 – alle origini del classico, all’idea di una natura o piuttosto di una naturalità cosi unitaria e armonica da non tollerare un dualismo si apparente o reale: e nella quale il reale è reale perché appare, cioè perché è forma e mito. E’ questo il senso del classicismo moderno di Maillol e di Moore; un classicismo remoto, ancestrale, che si configura come una provvidenza illimitata ed offre agli uomini tutte le più attraenti nourritures terrestres.
A partire dal Gran Premio per la Scultura conseguito alla XXI Biennale d’Arte di Venezia del 1938, la produzione creativa di Crocetti nasce proprio dal bisogno di trovare un accordo tra il vago ma tutt’altro che vano ideale di un’eterna poesia ed i nuovi indirizzi intorno ai concetti di spazio e di tempo, ai valori della percezione e della sensazione, alla qualità e alle condizioni del fenomeno: il quid significat rispetto al quid significatur. Né è poi difficile accorgersi che quell’ideale di poesia comprende per il nostro artista il pensiero di una suprema dignità dell’essere umano, la coscienza del valore della storia e dell’inalienabile diritto di libertà figurativa che ne discende. Se il disegno di Crocetti escogita tutti i mezzi per abbreviare il processo della fattura , per raggiungere la durata minima, la sua scultura non sembra affatto assillata dalla stessa premura: anche quando la forma si attua come trasposizione diretta della figura quella cifra antropomorfa è costretta a “eternarsi” nel bronzo.
Nella Porta dei Sacramenti per la Basilica di San Pietro in Vaticano, cui Crocetti lavora intensamente dal 1953 al 1965, c’è un ritrovamento dell’antichità classica che non avviene per citazioni, ma proprio nel senso del ritmo, della cadenza, della spazialità. Si può dire che da questa esperienza nascono il lavori crocettiani più celebri: da Modella in riposo del 1964 alla Maddalena del 1973-76, dal Giovane cavallerie della pace del 1987 alla Porta del Museo Crocetti del 1998, che celebrano un’ideale di bellezza, nella quale non si scorgono segni di dipendenza formale dal classicismo storico. Ma forse, a guardare con più attenzione, qualcosa si è aggiunto alla sapientia rinascimentale di un Desiderio da Settignano o di un Francesco Laurana: quella struttura per piani, per diedri, danno alle sculture della maturità uno scatto interno, una continua novità di veduta, come se in quella materia di gestazione, in quella nuances sfuggenti, vedessimo la faccia nascosta della luna.
Accompagna la mostra “La bellezza moderna di Venanzo Crocetti” un catalogo – libro edito per i tipi Paper’s World Srl di Teramo, introdotto da Francis Menotti, Presidente e Direttore Artistico del Festival dei Due Mondi, e da Antonio Tancredi, Presidente della Fondazione Museo “Venanzo Crocetti”, con un esauriente saggio critico di Floriano De Santi e la riproduzione a colori di tutte le opere esposte.
29
giugno 2007
Venanzo Crocetti
Dal 29 giugno al 15 settembre 2007
arte contemporanea
disegno e grafica
arti decorative e industriali
disegno e grafica
arti decorative e industriali
Location
MUSEO FONDAZIONE VENANZO CROCETTI
Roma, Via Cassia, 492, (Roma)
Roma, Via Cassia, 492, (Roma)
Orario di apertura
dalle 10,00 alle 17,00; chiuso martedì e mercoledì
Vernissage
29 Giugno 2007, ore 17
Autore
Curatore