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Vered Gamliel
Personale
Comunicato stampa
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Un'umanità di un realismo pieno, ma tutt'altro che convenzionale, viene proposta dall'artista israeliana (ma da tempo attiva a Firenze) Vered Gamliel, in mostra alla galleria Agheiro, corso Buenos Aires 60, a Lavagna, da sabato 12 marzo (con inaugurazione alle ore 18).
La trentacinquenne Gamliel si muove all'interno di un'oggettività "spiazzata", che ribalta il concetto tradizionale e regolare di inquadratura del personaggio. Ne riporta piuttosto l'identità nella sua incertezza, attraverso particolari peculiari, senza preoccuparsi di una figurale integrità, ma privilegiando la "qualità" del proprio sguardo, l'attenzione su gesti rapìti con un taglio non usuale, nella loro palpitante, ma a volte anche corsiva e imperfetta, istantaneità spaziale. Le persone (e il loro quotidiano disporsi in mezzo alle cose, spesso in positure curiose o rilassate) vengono prese dall'artista proprio per quel tanto di sfasato, di provvisorio, che se non le individua nella loro struttura fisica "finita", sembra piuttosto tentare di avvicinarne, con l'affermazione di una incompletezza figurale, il mistero "non finito", e fors'anche una creaturale essenza, un nòcciolo meno effimero.
Certo, come ha messo in risalto Maurizio Sciaccaluga in un testo dedicato alla pittura di Gamliel e significativamente intitolato "Middle class", si percepisce in atteggiamenti ripetuti ed elementi "di scena" (come per esempio scampoli di abiti "di moda") una lettura, e probabilmente, una critica alla standardizzazione del presente, che omologa comportamenti e situazioni. Ma, per quanto il contesto sia uniformato, è proprio la incompiutezza della figura a suggerire con una sorta di problematica allusività un limite esistenziale e, nel tempo stesso, il suo possibile superamento.
Questa idea di fuga, che ancora Sciaccaluga evoca, è rappresa in una luce che visi, nasi, braccia, mani e piedi riescono a emanare, di là dagli stessi dettagli comportamentali, in un sapiente gioco di intensi lampi, che carezzano frammentarie superfici epidermiche e che, nel loro biancore, le rendono simili, in una misura di sensualità affatto singolare e non esibita, a certi pallidi incarnati, sacrali e profani, di Guido Reni. La tecnica di Gamliel nel creare questo effetto è alta, quasi virtuosistica.
La sua opera, pienamente calata nella contemporaneità (e non estranea al richiamo visivo-visionario della fotografia e del cinema), si specchia in questa consistenza testuale, in un raffinato "sottotraccia". Ne emerge una poetica spiccata, destinata a imporsi con originalità e novità, specie nell'àmbito, oggi a volte deficitario, di un troppo timido ritorno alla pittura vera e alla figurazione di ricerca.
Mauro Bocci
La trentacinquenne Gamliel si muove all'interno di un'oggettività "spiazzata", che ribalta il concetto tradizionale e regolare di inquadratura del personaggio. Ne riporta piuttosto l'identità nella sua incertezza, attraverso particolari peculiari, senza preoccuparsi di una figurale integrità, ma privilegiando la "qualità" del proprio sguardo, l'attenzione su gesti rapìti con un taglio non usuale, nella loro palpitante, ma a volte anche corsiva e imperfetta, istantaneità spaziale. Le persone (e il loro quotidiano disporsi in mezzo alle cose, spesso in positure curiose o rilassate) vengono prese dall'artista proprio per quel tanto di sfasato, di provvisorio, che se non le individua nella loro struttura fisica "finita", sembra piuttosto tentare di avvicinarne, con l'affermazione di una incompletezza figurale, il mistero "non finito", e fors'anche una creaturale essenza, un nòcciolo meno effimero.
Certo, come ha messo in risalto Maurizio Sciaccaluga in un testo dedicato alla pittura di Gamliel e significativamente intitolato "Middle class", si percepisce in atteggiamenti ripetuti ed elementi "di scena" (come per esempio scampoli di abiti "di moda") una lettura, e probabilmente, una critica alla standardizzazione del presente, che omologa comportamenti e situazioni. Ma, per quanto il contesto sia uniformato, è proprio la incompiutezza della figura a suggerire con una sorta di problematica allusività un limite esistenziale e, nel tempo stesso, il suo possibile superamento.
Questa idea di fuga, che ancora Sciaccaluga evoca, è rappresa in una luce che visi, nasi, braccia, mani e piedi riescono a emanare, di là dagli stessi dettagli comportamentali, in un sapiente gioco di intensi lampi, che carezzano frammentarie superfici epidermiche e che, nel loro biancore, le rendono simili, in una misura di sensualità affatto singolare e non esibita, a certi pallidi incarnati, sacrali e profani, di Guido Reni. La tecnica di Gamliel nel creare questo effetto è alta, quasi virtuosistica.
La sua opera, pienamente calata nella contemporaneità (e non estranea al richiamo visivo-visionario della fotografia e del cinema), si specchia in questa consistenza testuale, in un raffinato "sottotraccia". Ne emerge una poetica spiccata, destinata a imporsi con originalità e novità, specie nell'àmbito, oggi a volte deficitario, di un troppo timido ritorno alla pittura vera e alla figurazione di ricerca.
Mauro Bocci
12
marzo 2005
Vered Gamliel
Dal 12 marzo al 09 aprile 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA AGHEIRO
Lavagna, Corso Buenos Ayres, 60, (Genova)
Lavagna, Corso Buenos Ayres, 60, (Genova)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 15-19 o su appuntamento
Vernissage
12 Marzo 2005, ore 18
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