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Veritas. L’arte E’ una bugia che permette di svelare la verità
in mostra opere di pittura, fotografia, scultura, installazione
Comunicato stampa
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L’Assessorato alla Cultura del Comune e la Pro Loco di Gualtieri promuovono la mostra collettiva “VERITAS L’arte è una bugia che permette di svelare la verità”, a cura di Mauro Buzzi e Marzio Dall’Acqua, si terrà nel Salone dei Giganti di Palazzo Bentivoglio a Gualtieri (RE), dal 19 settembre al 7 novembre 2010.
L’inaugurazione si terrà domenica 19 settembre alle ore 11.00,
contemporaneamente all’azione poetica di Adriano Engelbrecht “8 ASSI. 36 (P)ASSI. Ovvero l’arte è una Bugìa”
La mostra è patrocinata dalla Provincia di Reggio Emilia e dalla Provincia di Parma, con il sostegno di Gesta S.p.A.
Saranno presenti, con opere di pittura, fotografia, scultura, installazione, gli autori: Anna Boschi, Giuseppe Braghiroli, Mauro Buzzi, Mariangela Canforini, Danilo Cassano, Claudio Cesari, Mauro Coppola, Adriano Engelbrecht, Mirella Lanfranchi, Tiziano Marcheselli, Matteo Mezzadri, Daniela Monica, Alessandro G. Montel, Clelia Mori, Filippo Negroni, Paola Pradella, Silvana Randazzo, Fabrizio Sabini, Giovanna Scapinelli, Pino Volpi, Maria Giulia Ubaldi.
Catalogo in mostra.
TITOLO: VERITAS L’arte è una bugia che permette di svelare la verità
LUOGO: Gualtieri (Reggio Emilia) – Salone dei Giganti di Palazzo Bentivoglio
PERIODO: 19 settembre – 7 novembre 2010
INAUGURAZIONE: domenica 19 settembre, ore 11.00
ORARI DI APERTURA: sabato e domenica 10.00 – 12.30; 15.00 – 18.30
ENTI PROMOTORI: Comune di Gualtieri – Assessorato alla Cultura; Pro Loco di Gualtieri
A CURA DI: Mauro Buzzi e Marzio Dall’Acqua
ORGANIZZAZIONE: Insieme Culturale l’Albero
PATROCINATA DA: Provincia di Reggio Emilia; Provincia di Parma
MAIN SPONSOR: GESTA S.p.a.
SPONSOR TECNICI: Centro Grafico, Areaitalia
VERITAS
Veritas, veritatis dal latino verità, realtà, spontaneità, sincerità, franchezza, onestà, lealtà, rettitudine, imparzialità, regola, norma, ma anche fede nel significato più ampio della parola: la verità di fatto è ciò in cui abbiamo fede, per ciò viene assunta come vera senza nessuna riflessione critica.
Esiste anche un'altra verità per la quale esiste solo la ragione, ecco allora le due verità: l'una è una fede, l'altra è quella logica che scaturisce attraverso il saper pensare. La sola parola “verità” racchiude in sé significati diversi e apparentemente contrastanti fra loro che ogni nostra certezza viene messa in discussione.
La verità e il suo significato sono temi cari da sempre all'Insieme culturale “l'albero”, che da diversi anni si interrogano sul significato del vero nell'arte; molte delle loro mostre collettive sono state dedicate alla ricerca del significato profondo del vero.
Se partiamo dal presupposto che la verità stessa è un concetto relativo che dipende dal nostro modo di vedere e di saper guardare e riflettere sul mondo e sulle cose non possiamo pensare che esista un concetto univoco e oggettivo di realtà.
E l'arte che è rappresentazione, finzione per definizione, come può svelare la verità?
La domanda è molto interessante e sicuramente filosofi e studiosi avranno cercato di dare risposte più o meno plausibili, ciò che oggi ci incuriosisce di più è vedere come gli artisti chiamati dall’Insieme Culturale “l’Albero” a rispondere a questo peculiare quesito si saranno posti di fronte alla ricerca della verità.
Le loro opere sapranno dare “LA” risposta? Certamente ci riserveranno soluzioni non banali, probabilmente non ci daranno una risposta decisa, secca, univoca, anzi ci faranno riflettere, apriranno la nostra mente ad altre domande, sicuramente ci destabilizzeranno e mineranno le nostre sicurezze. Ma in fondo credo che sia proprio questo il compito di un artista: alimentare domande e curiosità in ciascuno di noi, di modo che ognuno sia costretto a scavare dentro di sé e a trovare la sua verità..
L’Insieme culturale “l’albero” e il suo creatore Mauro Buzzi ci hanno insegnato a ricercare, a scavare, a non accontentarci dell’apparenza prima delle cose. L’arte figurativa dovrebbe accontentare l’occhio immediatamente, l’immagine è ciò che riusciamo a cogliere nell’immediato, tuttavia le mostre de “l’albero” sono sempre riuscite a far nascere nei visitatori quella curiosità necessaria per andare più a fondo, per guardare oltre l’immagine impressa sul foglio.
Probabilmente accadrà così anche con la mostra di quest’anno e allora la verità che vedremo svelata sarà la nostra unica, autentica, assoluta verità.
Livia Bianchi
Assessore alla Cultura del Comune di Gualtieri
L’IMMENSO OCEANO DELLA VERITÀ
La verosimiglianza di un fatto o di un evento (anche se non corrisponde alla realtà) finisce per essere la sola a contare, al giorno d’oggi. Il fenomeno dell’eikos (del verosimile) che già Aristotele poneva come uno dei fondamenti d’ogni azione drammatica, torna ad essere attuale, ma fuori dai limiti appropriati della finzione teatrale, e invece ben dentro quelli della nostra vita di relazione, della nostra arte, della nostra società.
Gillo Dorfles, Fatti e fattoidi. Gli pseudo eventi nell’arte e nella società,
Roma, Alberto Castelvecchio Editori, 2009
Sulla “verità in pittura” sembra volersi sbilanciare, compromettere, Paul Cezanne. All’inizio dell’arte contemporanea, tra il passato che si riassume, si sussume in lui e ogni futura rivoluzione (allora forse appena percepibile e che ora possiamo invece, a secolo maturato, dipanare come un tessuto dai fili aggrovigliati), possiamo intravedere in filigrana per scoprire la radiografia che svela – forse – il segreto, il mare profondo.
Cezanne scrive il 23 ottobre 1905 a Emile Bernard: “ Io vi devo la verità in pittura e ve la dirò”. Ieratico, solenne come per pagare un debito, enunciativo, forse profetico.
E non a caso Jacques Derrida, in “La verità in pittura” [Roma, Newton Compton Editori, 2005, dall’originale edito da Flammarion nel 1978] cerca di svelarne l’ambiguità semantica, evidenziando che la scrittura è e non può non essere insieme un “di-dentro” e un “di-fuori” rispetto all’opera. La presenza di questo pendolarismo riduce, se non annulla, qualsiasi possibile discorso sull’arte.
Il filosofo individua quattro possibili sensi della frase di Cezanne. Il primo: “quel che ha a che fare con la cosa stessa”, cioè “la verità stessa restituita, in persona, senza mediazione, senza artificio, senza maschera o veli. In altre parole la verità vera o la verità della verità, restituita nel suo potere di restituzione, la verità identica a sé, quanto basta per evitare ogni equivoco ed ogni illusione. “È in un certo senso la ricerca dell’essenza, della specificità linguistica della pittura – e per estensione della scultura e delle altre arti visive; il suo linguaggio, ma anche la sua capacità e possibilità di evidenziare una visione del mondo coerente, globale, essenziale, che colpisce al cuore il reale nella sua unicità. La pittura quindi come strumento del filosofare, come bisturi del pensiero o meglio dell’essere uomo, del suo fronteggiare e dominare l’alterità, la materia, il non umano che viene forgiato, piegato alla propria dimensione, assorbito nel proprio essere, umanizzato.
Il secondo senso riguarda la rappresentazione, il rapporto con l’oggetto o il soggetto che dir si voglia della pittura, cioè, per usare le parole stesse di Derrida : “la verità fedelmente rappresentata, tratto per tratto, nel suo ritratto. Il che può andar bene nel suo riflettersi nell’allegoria. La verità non è più allora essa stessa in ciò che la rappresenta in pittura, ma solo il suo doppio, per quanto somigliantissimo, e precisamente altro, proprio in causa della somiglianza. Verità della verità di nuovo, con i due genitivi, ma stavolta il valore d’adeguazione ha eliminato quello del disvelamento”. L’ambiguità è interna così all’operazione del dipingere, come atto di autenticità, di ricerca di un senso delle cose che si fa colore, gesto e forma, si raggruma in un’opera con una precisa identità, con una sua anima speculare doppia che diventa presentazione e rappresentazione, disgiunte ed intrecciate tra loro nell’intenzione dell’artista. Questa consapevolezza è alla base di questo processo di analisi ed è fondamentale, in qualsiasi modo, questa coscienza del fare da parte dell’artista, che in questo caso si misura con diverse possibilità di attingere e raggiungere la verità, di ridurla a immagine strutturata e formata.
Terza evenienza. Può voler dire: “la verità, quale si esibisce, si presenta o si rappresenta nel campo propriamente pittorico, nel modo propriamente pittorico” che diventa così un linguaggio particolare proprio della pittura, per cui potrebbe, la verità, presentarsi sotto aspetti diversi dai quali potrebbe apparire da un discorso orale, dalla letteratura, dalla poesia, dal teatro, dalla musica, dallo spazio e dal tempo di altre arti. La specificità della pittura viene così esaltata, quasi concentrata e chiusa in se.
Il quarto senso, il filosofo così lo riassume: “quel che ha a che fare con la verità nell’ordine della pittura quindi, e col soggetto della pittura, …la verità per quanto riguarda la pittura, nel dominio, e a proposito della pittura, il vero sull’arte cosiddetta pittorica”.
Se nell’interpretazione precedente si poneva l’accento sul modo pittorico di assumere o riassumere la verità, in questa proposizione si pone l’attenzione sul contenuto, sulla specificità dell’atto artistico e di quanto di verità ci sia in questo operare.
La sintesi che abbiamo tracciato è ovviamente molto riduttiva del pensiero del filosofo francese, ma ci introduce bene in questa mostra di Gualtieri, che da una parte si riallaccia ad una serie ormai più che decennale di esposizioni e dall’altra apre una nuova stagione, che ci auguriamo proficua e ricca di opere, di realizzazioni artistiche, di grande tensione creativa, di grande qualità espressiva, di forte proposta culturale. Proprio i tempi della crisi che attraversiamo obbligano ad un impegno maggiore e più rigoroso, ad una tensione che apra al nuovo, che scopra strade verso il cambiamento e lo indirizzi con riflessioni, proposte e opere che siano espressione di una ritrovata dignità, di riscatto, di una riappropriazione di spazi che sempre più vengono invasi da fenomeni non artistici, da surrogati, da povertà immaginativa e inventiva, da minimalismo balbettante e dilettantesco, spesso senza retroterra né storico artistico, né culturale e tantomeno propositivo.
Si continua, in un certo senso, il discorso iniziato con la mostra “Vero, verosimile, virtuale” ma con un rigore maggiore, con un desiderio di approfondire, ovviamente con l’unico linguaggio che è tipico degli artisti: la pittura, la scultura, la fotografia nel nostro caso.
L’omaggio a Pino Volpi, un artista morto trent’anni fa, è in un certo senso il segnare un momento di demarcazione, nel quale ancora il pittore doveva scegliere tra i massimi sistemi. Oggi l’artista è invece molto più solo. Forse neppure si pone il problema della verità in una situazione di reciproca contaminazione, di onnipresente citazione, di abbattimento di frazione di tempo, poiché oggi tutta la storia dell’arte è contemporaneamente presente, utilizzabile, manipolabile, dai primi manufatti alla contemporaneità più esasperata che internet, ma non solo - pensiamo alle grandi mostre mercato - ci portano davanti agli occhi quasi ora per ora. Si tratta piuttosto di una ricerca dell’autenticità, la propria autenticità personale. È in questo spazio che dovrebbe aprirsi l’analisi e la discussione tra copia, mimesi, simulacro, tra identità e differenza, tra modello e somiglianza, tra illusione e sostituto. Temi che si possono qui solo accennare, per cui rimandiamo ad Alfonso M. Iacono (L’illusione e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare, Milano, Bruno Mondadori, 2010).
Tutto questo non annulla, anzi valorizza il fare artistico, riassunto in modo splendido da uno scienziato del Settecento, Isaac Newton: “non so che immagine abbia di me il mondo, ma io mi vedo come un bambino che gioca sulla riva del mare e di tanto in tanto si diverte a scoprire una conchiglia più bella, mentre davanti mi si stende, inesplorato, l’immenso oceano della verità.”
Marzio Dall’Acqua
Presidente dell’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma
L’inaugurazione si terrà domenica 19 settembre alle ore 11.00,
contemporaneamente all’azione poetica di Adriano Engelbrecht “8 ASSI. 36 (P)ASSI. Ovvero l’arte è una Bugìa”
La mostra è patrocinata dalla Provincia di Reggio Emilia e dalla Provincia di Parma, con il sostegno di Gesta S.p.A.
Saranno presenti, con opere di pittura, fotografia, scultura, installazione, gli autori: Anna Boschi, Giuseppe Braghiroli, Mauro Buzzi, Mariangela Canforini, Danilo Cassano, Claudio Cesari, Mauro Coppola, Adriano Engelbrecht, Mirella Lanfranchi, Tiziano Marcheselli, Matteo Mezzadri, Daniela Monica, Alessandro G. Montel, Clelia Mori, Filippo Negroni, Paola Pradella, Silvana Randazzo, Fabrizio Sabini, Giovanna Scapinelli, Pino Volpi, Maria Giulia Ubaldi.
Catalogo in mostra.
TITOLO: VERITAS L’arte è una bugia che permette di svelare la verità
LUOGO: Gualtieri (Reggio Emilia) – Salone dei Giganti di Palazzo Bentivoglio
PERIODO: 19 settembre – 7 novembre 2010
INAUGURAZIONE: domenica 19 settembre, ore 11.00
ORARI DI APERTURA: sabato e domenica 10.00 – 12.30; 15.00 – 18.30
ENTI PROMOTORI: Comune di Gualtieri – Assessorato alla Cultura; Pro Loco di Gualtieri
A CURA DI: Mauro Buzzi e Marzio Dall’Acqua
ORGANIZZAZIONE: Insieme Culturale l’Albero
PATROCINATA DA: Provincia di Reggio Emilia; Provincia di Parma
MAIN SPONSOR: GESTA S.p.a.
SPONSOR TECNICI: Centro Grafico, Areaitalia
VERITAS
Veritas, veritatis dal latino verità, realtà, spontaneità, sincerità, franchezza, onestà, lealtà, rettitudine, imparzialità, regola, norma, ma anche fede nel significato più ampio della parola: la verità di fatto è ciò in cui abbiamo fede, per ciò viene assunta come vera senza nessuna riflessione critica.
Esiste anche un'altra verità per la quale esiste solo la ragione, ecco allora le due verità: l'una è una fede, l'altra è quella logica che scaturisce attraverso il saper pensare. La sola parola “verità” racchiude in sé significati diversi e apparentemente contrastanti fra loro che ogni nostra certezza viene messa in discussione.
La verità e il suo significato sono temi cari da sempre all'Insieme culturale “l'albero”, che da diversi anni si interrogano sul significato del vero nell'arte; molte delle loro mostre collettive sono state dedicate alla ricerca del significato profondo del vero.
Se partiamo dal presupposto che la verità stessa è un concetto relativo che dipende dal nostro modo di vedere e di saper guardare e riflettere sul mondo e sulle cose non possiamo pensare che esista un concetto univoco e oggettivo di realtà.
E l'arte che è rappresentazione, finzione per definizione, come può svelare la verità?
La domanda è molto interessante e sicuramente filosofi e studiosi avranno cercato di dare risposte più o meno plausibili, ciò che oggi ci incuriosisce di più è vedere come gli artisti chiamati dall’Insieme Culturale “l’Albero” a rispondere a questo peculiare quesito si saranno posti di fronte alla ricerca della verità.
Le loro opere sapranno dare “LA” risposta? Certamente ci riserveranno soluzioni non banali, probabilmente non ci daranno una risposta decisa, secca, univoca, anzi ci faranno riflettere, apriranno la nostra mente ad altre domande, sicuramente ci destabilizzeranno e mineranno le nostre sicurezze. Ma in fondo credo che sia proprio questo il compito di un artista: alimentare domande e curiosità in ciascuno di noi, di modo che ognuno sia costretto a scavare dentro di sé e a trovare la sua verità..
L’Insieme culturale “l’albero” e il suo creatore Mauro Buzzi ci hanno insegnato a ricercare, a scavare, a non accontentarci dell’apparenza prima delle cose. L’arte figurativa dovrebbe accontentare l’occhio immediatamente, l’immagine è ciò che riusciamo a cogliere nell’immediato, tuttavia le mostre de “l’albero” sono sempre riuscite a far nascere nei visitatori quella curiosità necessaria per andare più a fondo, per guardare oltre l’immagine impressa sul foglio.
Probabilmente accadrà così anche con la mostra di quest’anno e allora la verità che vedremo svelata sarà la nostra unica, autentica, assoluta verità.
Livia Bianchi
Assessore alla Cultura del Comune di Gualtieri
L’IMMENSO OCEANO DELLA VERITÀ
La verosimiglianza di un fatto o di un evento (anche se non corrisponde alla realtà) finisce per essere la sola a contare, al giorno d’oggi. Il fenomeno dell’eikos (del verosimile) che già Aristotele poneva come uno dei fondamenti d’ogni azione drammatica, torna ad essere attuale, ma fuori dai limiti appropriati della finzione teatrale, e invece ben dentro quelli della nostra vita di relazione, della nostra arte, della nostra società.
Gillo Dorfles, Fatti e fattoidi. Gli pseudo eventi nell’arte e nella società,
Roma, Alberto Castelvecchio Editori, 2009
Sulla “verità in pittura” sembra volersi sbilanciare, compromettere, Paul Cezanne. All’inizio dell’arte contemporanea, tra il passato che si riassume, si sussume in lui e ogni futura rivoluzione (allora forse appena percepibile e che ora possiamo invece, a secolo maturato, dipanare come un tessuto dai fili aggrovigliati), possiamo intravedere in filigrana per scoprire la radiografia che svela – forse – il segreto, il mare profondo.
Cezanne scrive il 23 ottobre 1905 a Emile Bernard: “ Io vi devo la verità in pittura e ve la dirò”. Ieratico, solenne come per pagare un debito, enunciativo, forse profetico.
E non a caso Jacques Derrida, in “La verità in pittura” [Roma, Newton Compton Editori, 2005, dall’originale edito da Flammarion nel 1978] cerca di svelarne l’ambiguità semantica, evidenziando che la scrittura è e non può non essere insieme un “di-dentro” e un “di-fuori” rispetto all’opera. La presenza di questo pendolarismo riduce, se non annulla, qualsiasi possibile discorso sull’arte.
Il filosofo individua quattro possibili sensi della frase di Cezanne. Il primo: “quel che ha a che fare con la cosa stessa”, cioè “la verità stessa restituita, in persona, senza mediazione, senza artificio, senza maschera o veli. In altre parole la verità vera o la verità della verità, restituita nel suo potere di restituzione, la verità identica a sé, quanto basta per evitare ogni equivoco ed ogni illusione. “È in un certo senso la ricerca dell’essenza, della specificità linguistica della pittura – e per estensione della scultura e delle altre arti visive; il suo linguaggio, ma anche la sua capacità e possibilità di evidenziare una visione del mondo coerente, globale, essenziale, che colpisce al cuore il reale nella sua unicità. La pittura quindi come strumento del filosofare, come bisturi del pensiero o meglio dell’essere uomo, del suo fronteggiare e dominare l’alterità, la materia, il non umano che viene forgiato, piegato alla propria dimensione, assorbito nel proprio essere, umanizzato.
Il secondo senso riguarda la rappresentazione, il rapporto con l’oggetto o il soggetto che dir si voglia della pittura, cioè, per usare le parole stesse di Derrida : “la verità fedelmente rappresentata, tratto per tratto, nel suo ritratto. Il che può andar bene nel suo riflettersi nell’allegoria. La verità non è più allora essa stessa in ciò che la rappresenta in pittura, ma solo il suo doppio, per quanto somigliantissimo, e precisamente altro, proprio in causa della somiglianza. Verità della verità di nuovo, con i due genitivi, ma stavolta il valore d’adeguazione ha eliminato quello del disvelamento”. L’ambiguità è interna così all’operazione del dipingere, come atto di autenticità, di ricerca di un senso delle cose che si fa colore, gesto e forma, si raggruma in un’opera con una precisa identità, con una sua anima speculare doppia che diventa presentazione e rappresentazione, disgiunte ed intrecciate tra loro nell’intenzione dell’artista. Questa consapevolezza è alla base di questo processo di analisi ed è fondamentale, in qualsiasi modo, questa coscienza del fare da parte dell’artista, che in questo caso si misura con diverse possibilità di attingere e raggiungere la verità, di ridurla a immagine strutturata e formata.
Terza evenienza. Può voler dire: “la verità, quale si esibisce, si presenta o si rappresenta nel campo propriamente pittorico, nel modo propriamente pittorico” che diventa così un linguaggio particolare proprio della pittura, per cui potrebbe, la verità, presentarsi sotto aspetti diversi dai quali potrebbe apparire da un discorso orale, dalla letteratura, dalla poesia, dal teatro, dalla musica, dallo spazio e dal tempo di altre arti. La specificità della pittura viene così esaltata, quasi concentrata e chiusa in se.
Il quarto senso, il filosofo così lo riassume: “quel che ha a che fare con la verità nell’ordine della pittura quindi, e col soggetto della pittura, …la verità per quanto riguarda la pittura, nel dominio, e a proposito della pittura, il vero sull’arte cosiddetta pittorica”.
Se nell’interpretazione precedente si poneva l’accento sul modo pittorico di assumere o riassumere la verità, in questa proposizione si pone l’attenzione sul contenuto, sulla specificità dell’atto artistico e di quanto di verità ci sia in questo operare.
La sintesi che abbiamo tracciato è ovviamente molto riduttiva del pensiero del filosofo francese, ma ci introduce bene in questa mostra di Gualtieri, che da una parte si riallaccia ad una serie ormai più che decennale di esposizioni e dall’altra apre una nuova stagione, che ci auguriamo proficua e ricca di opere, di realizzazioni artistiche, di grande tensione creativa, di grande qualità espressiva, di forte proposta culturale. Proprio i tempi della crisi che attraversiamo obbligano ad un impegno maggiore e più rigoroso, ad una tensione che apra al nuovo, che scopra strade verso il cambiamento e lo indirizzi con riflessioni, proposte e opere che siano espressione di una ritrovata dignità, di riscatto, di una riappropriazione di spazi che sempre più vengono invasi da fenomeni non artistici, da surrogati, da povertà immaginativa e inventiva, da minimalismo balbettante e dilettantesco, spesso senza retroterra né storico artistico, né culturale e tantomeno propositivo.
Si continua, in un certo senso, il discorso iniziato con la mostra “Vero, verosimile, virtuale” ma con un rigore maggiore, con un desiderio di approfondire, ovviamente con l’unico linguaggio che è tipico degli artisti: la pittura, la scultura, la fotografia nel nostro caso.
L’omaggio a Pino Volpi, un artista morto trent’anni fa, è in un certo senso il segnare un momento di demarcazione, nel quale ancora il pittore doveva scegliere tra i massimi sistemi. Oggi l’artista è invece molto più solo. Forse neppure si pone il problema della verità in una situazione di reciproca contaminazione, di onnipresente citazione, di abbattimento di frazione di tempo, poiché oggi tutta la storia dell’arte è contemporaneamente presente, utilizzabile, manipolabile, dai primi manufatti alla contemporaneità più esasperata che internet, ma non solo - pensiamo alle grandi mostre mercato - ci portano davanti agli occhi quasi ora per ora. Si tratta piuttosto di una ricerca dell’autenticità, la propria autenticità personale. È in questo spazio che dovrebbe aprirsi l’analisi e la discussione tra copia, mimesi, simulacro, tra identità e differenza, tra modello e somiglianza, tra illusione e sostituto. Temi che si possono qui solo accennare, per cui rimandiamo ad Alfonso M. Iacono (L’illusione e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare, Milano, Bruno Mondadori, 2010).
Tutto questo non annulla, anzi valorizza il fare artistico, riassunto in modo splendido da uno scienziato del Settecento, Isaac Newton: “non so che immagine abbia di me il mondo, ma io mi vedo come un bambino che gioca sulla riva del mare e di tanto in tanto si diverte a scoprire una conchiglia più bella, mentre davanti mi si stende, inesplorato, l’immenso oceano della verità.”
Marzio Dall’Acqua
Presidente dell’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma
19
settembre 2010
Veritas. L’arte E’ una bugia che permette di svelare la verità
Dal 19 settembre al 07 novembre 2010
arte contemporanea
Location
PALAZZO BENTIVOGLIO
Gualtieri, Piazza 4 Novembre, (Reggio Nell'emilia)
Gualtieri, Piazza 4 Novembre, (Reggio Nell'emilia)
Orario di apertura
sabato e domenica 10.00 – 12.30; 15.00 – 18.30
Vernissage
19 Settembre 2010, ore 11 contemporaneamente all’azione poetica di Adriano Engelbrecht 8 Assi 36 (P)assi ovvero l’arte è una bugia
Autore
Curatore