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Verso il XXI secolo: la strada della fotografia lituana
Questa retrospettiva curata da Mindaugas Kavaliauskas- Direttore del Kaunas Photo Days / F Galerija – e dedicata alla fotografia classica lituana si concentra intorno al lavoro dei suoi tre più famosi fotografi
Comunicato stampa
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Questa retrospettiva curata da Mindaugas Kavaliauskas- Direttore del Kaunas Photo Days / F Galerija - e dedicata alla fotografia classica lituana si concentra intorno al lavoro dei suoi tre più famosi fotografi: Aleksandras Macijauskas, Antanas Sutkus and Romualdas Požerskis e li coglie mentre attraversano la storia contemporanea della Lituania e al contempo sviluppano il loro stile e quello nazionale.Nel lavoro dei tre artisti ritroviamo le direttrici che fanno la storia lituana del ‘900: il passaggio dalla campagna alla città, dai valori privati a quelli pubblici, dall’oppressione all liberazione, dal 1969 al 1991 con gli ideali di indipendenza.
La mostra è una produzione VšĮ “Šviesos raštas” - F Galerija ed è realizzata in collaborazione con Kaunas Photo Days Festival – Photo Festival Union.
In cammino verso il XXI° secolo .Lo sviluppo della Fotografia Lituana
Questa retrospettiva offre una duplice illustrazione dei punti salienti relativi ai tre fotografi lituani più conosciuti, Antanas Sutkus, Aleksandras Macijauskas e Romualdas Požerskis, seguendoli nel loro viaggio nel tempo, per quanto riguarda sia lo sviluppo di uno stile nazionale nelle arti – scuola lituana di fotografia – che l‘evoluzione dei loro stili personali e la storia sociale contemporanea della Lituania. Nelle opere di questi tre artisti, ritroviamo percorsi che scattano dalla campagna alla città, dal privato al pubblico, dalla vita permanente all‘eternità, dall‘oppressione alla liberazione, dal 1969 al 1991, l‘indipendenza….
Il ventesimo secolo in Europa a volte viene suddiviso in vari periodi, per esempio la Bella Epoque, gli anni tra le due guerre mondiali, e naturalmente, gli anni prima e dopo il 1969. Questo anno è particolare perchè i cambiamenti sono stati diverse nei diversi Paesi. Possiamo dire che l‘idea generale degli anni dopo il 1969 è quella della liberazione, o quantomeno del processo dei tentativi di liberazione da ogni tipo di limitazione. .
Mentre gli studenti di Parigi si battevano per i diritti sociali, i giovani di Woodstock invocavano la libertà dei sensi e Praga lottava per la sopravvivenza sotto l‘aggressione Sovietica, il centro geografico d‘Europa ( secondo l‘Institut National de Geographie, Parigi) si avviava verso un altro tipo di rivoluzione culturale. Era il Paese che cercava di primeggiare e così manifestare la propria superiorità rispetto al colonizzatore, l‘Unione Sovietica. Un gruppo di giovani fotografi, guidati da Antanas Sutkus, ottenne un‘autorizzazione da Mosca che consentì la creazione della prima Società formale dei Fotografi d‘Arte in tutta l‘Unione Sovietica, in Lituania. Naturalmente, questa fu soltanto la conseguenza di un lungo processo che portò all‘istituzione ed al riconoscimento pubblico della fotografia come ramo importante dell‘arte.
A metà degli anni Sessanta Antanas Sutkus, Aleksandras Macijauskas e molti altri sentirono il dovere di documentare la vita quotidiana dei Lituani, mettendo a fuoco i loro obiettivi sui segni di una graduale scomparsa di un certo tipo di stile di vita Lituano, nella speranza che le loro fotografie potessero rappresentare una documentazione in grado di contribuire a preservare la mentalità rurale.
Aleksandras Macijauskas si è ispirato ai mercati rurali, in seguito a una visita casuale nel 1965 a uno di questi e hanno continuato ad essere per il fotografo un soggetto chiave nel descrivere il carattere nazionale dei Lituani. Oltre a questa attenzione documentaristica per le tradizioni nazionali, la serie „Mercati Rurali“ pone una forte enfasi sui valori della piccola agricoltura, dell‘amore per gli animali, a volte maggiore di quello per il proprio vicino, dell‘interesse verso i grandi spazi che consentono l‘incontro con gli altri e il mostrarsi, dell‘impegno a guadagnarsi un reddito privatamente, senza considerare gli obblighi pubblici della collettività. Nei lavori successivi: “Spiagge”, “Dimostrazioni”, “Giappone” e anche “Memoria”, di cui qualche opera viene presentato qui, il motivo della vanity fair è onnipresente e suddivide le persone e le cose in simboli e attori.
A partire dagli anni Sessanta, Antanas Sutkus è stato sempre un fotografo di città. Una mostra recente, intitolata “Archivi di Routine Quotidiana”, involontariamente racconta la storia di Vilnius che diventa capitale, la cui popolazione, secondo una battuta popolare in Lituania, è gente che viene da Kaunas, l’ex capitale, o dai paesi. Lo sguardo sensibile di Antanas Sutkus si limita a un ritratto desolato delle vita gioiosa della città. E’ una testimonianza personale della vita di coloro che hanno detto “addio” al contesto ed alla cultura ritratta nei “Mercati Rurali” di Aleksandras Macijauskas. Le fotografie di Antanas Sutkus rivelano un’attenzione per la vita pubblica nella città, dove i nuovi arrivati si trovano ad avere a che fare con strutture istituzionali rozze, agghindate in un’architettura incredibile, patetica, grigia e danneggiata. Soltanto i giovani, pronti per l’avventura della vita, irradiano il fascino degli anni ’60 e non sembrano esprimere alcuna protesta o preoccupazione circa la vita politica desolante. I futuri genitori del baby boom amano piuttosto la compagnia degli amici, la scena culturale in ebollizione e fanno affidamento sui piani per il futuro elaborati dal partito comunista.
Il più giovane dei tre fotografi, che in ogni caso detiene il titolo di “classico” della fotografia lituana, Romualdas Požerskis, è fortunatamente sfuggito al fato di martire del KGB quando nel 1972 fotografò una manifestazione di giovani in onore di Romas Kalanta, che si diede il fuoco pubblicamente durante una dimostrazione contro l‘oppressione sovietica. Per fortuna a Požerskis fu soltanto confiscata la sua Zenit e gli fu impedito di continuare i suoi studi al Politecnico. E‘ stato il momento decisivo in cui Romualdas è diventato fotografo. Iniziò col fotografare gare motociclistiche, ma gli impareggiabili pellegrinaggi religiosi divennero il tema per eccellenza della sua vita creativa. La Lituania è stata l‘ultima nazione in Europa a ricevere il battesimo e quindi la religione ha svolto un ruolo importante come fattore di equilibrio rispetto all‘agricoltura collettiva, la pianificazione disumana della vita, la rimodellazione della natura. Quindi i „Pellegrinaggi“ e le altre serie quali „L‘Ultima Casa“, „L‘Ospedale“, „Città Antiche“ vengono costruite sulla base di aneddoti tranquilli e del simbolismo di bene e male, di inizio e fine, la preghiera ed il „dopo la festa“. La consapevolezza costante dell‘incertezza legata all‘attività semi-illecita di fotografare i riti religiosi e nascondere i negativi in casa di amici e parenti, ha contribuito a sviluppare un forte senso di coraggio civico in Romualdas Požerskis, che è stato uno dei pochissimi fotografi a documentare in maniera estesa l‘ultimo tentativo fatto dai Sovietici di distruggere l‘indipendenza Lituana nel Gennaio 1991. Požerskis è stato anche altrettanto attento al cambiamento di ideali a metà degli anni Novanta nella Lituania indipendente dove un sottobosco di attività illegali si mischiava con il cielo limpido delle opportunità e degli ideali. La sua opera sul lavoro ed i sogni del piccolo Alfonsas, un‘immagina nitida e simbolica di tutti noi nell‘ultimo decennio del ventesimo secolo, è uno degli ultimi grandi lavori „a la lituanienne“ – bianco e nero, serie a tema, reportage carico di immaginazione e carattere ...
La scuola lituana di fotografia si basa su un approccio particolare che si concentra sull’ essere umano, sul suo essere piuttosto che benessere. Può essere quindi a volte criticato per la mancanza di attenzione verso gli aspetti materiali della vita. Ma lo scopo di questa mostra è dimostrare il contrario, il fatto che i segni di vita sono sufficientemente presenti da consentire una comprensione del circostante, del contesto in cui la generazione del curatore di questa mostra è nata e cresciuta. L’assenza di pop puro nel fotografare le attività sociali ed economiche fa piuttosto riferimento a una questione di mentalità, che si basa sul rispetto per l’uomo, che si tratti di bambino, adulto o anziano.
Lui, lei, loro, l' homo che sente, crede e pensa liberamente, sono superiori alla tecnica, alle invenzioni, ai capolavori dell’architettura. Questa affermazione ha nutrito i fotografi lituani dai primi anni Sessanta e ispirerà, speriamo, anche uno sguardo nuovo sulla nostra vita consumata del XXI° secolo.
Mindaugas Kavaliauskas
Aleksandras Macijauskas, nato nel 1938 è diventato negli anni ’60 il fotografo più ribelle e politicamente scorretto dell’USSR per il suo immaginario distorto e grottesco nelle serie 'Country Markets', 'Demonstrations','Summer','Veterinary Clinic'.
Antanas Sutkus, 1939, ha dedicato la sua vita a documentare la vita in Lituania, con uno sguardo attento sulla dignità dell’uomo. Traslocando all’inizio di quest’anno ha scoperto che il suo archivio consiste di 1 milione di negativi del peso di 5 tonnellate. La sua principale occupazione oggi consiste nello studiare vecchi negativi e creare mostre e libri dal titolo “Archives of the Routine”.
Romualdas Požerskis, 1951, appartiene alla generazione della liberazione. Ha cominciato la sua carriera fotografando corse di motociclette e nel ’91 ha coronato la sua carriera fotografando il colpo militare sovietico. Il suo lavoro è caratterizzato dall’attenzione a piccoli aneddoti e un approccio inaspettato alla realtà.
La mostra è una produzione VšĮ “Šviesos raštas” - F Galerija ed è realizzata in collaborazione con Kaunas Photo Days Festival – Photo Festival Union.
In cammino verso il XXI° secolo .Lo sviluppo della Fotografia Lituana
Questa retrospettiva offre una duplice illustrazione dei punti salienti relativi ai tre fotografi lituani più conosciuti, Antanas Sutkus, Aleksandras Macijauskas e Romualdas Požerskis, seguendoli nel loro viaggio nel tempo, per quanto riguarda sia lo sviluppo di uno stile nazionale nelle arti – scuola lituana di fotografia – che l‘evoluzione dei loro stili personali e la storia sociale contemporanea della Lituania. Nelle opere di questi tre artisti, ritroviamo percorsi che scattano dalla campagna alla città, dal privato al pubblico, dalla vita permanente all‘eternità, dall‘oppressione alla liberazione, dal 1969 al 1991, l‘indipendenza….
Il ventesimo secolo in Europa a volte viene suddiviso in vari periodi, per esempio la Bella Epoque, gli anni tra le due guerre mondiali, e naturalmente, gli anni prima e dopo il 1969. Questo anno è particolare perchè i cambiamenti sono stati diverse nei diversi Paesi. Possiamo dire che l‘idea generale degli anni dopo il 1969 è quella della liberazione, o quantomeno del processo dei tentativi di liberazione da ogni tipo di limitazione. .
Mentre gli studenti di Parigi si battevano per i diritti sociali, i giovani di Woodstock invocavano la libertà dei sensi e Praga lottava per la sopravvivenza sotto l‘aggressione Sovietica, il centro geografico d‘Europa ( secondo l‘Institut National de Geographie, Parigi) si avviava verso un altro tipo di rivoluzione culturale. Era il Paese che cercava di primeggiare e così manifestare la propria superiorità rispetto al colonizzatore, l‘Unione Sovietica. Un gruppo di giovani fotografi, guidati da Antanas Sutkus, ottenne un‘autorizzazione da Mosca che consentì la creazione della prima Società formale dei Fotografi d‘Arte in tutta l‘Unione Sovietica, in Lituania. Naturalmente, questa fu soltanto la conseguenza di un lungo processo che portò all‘istituzione ed al riconoscimento pubblico della fotografia come ramo importante dell‘arte.
A metà degli anni Sessanta Antanas Sutkus, Aleksandras Macijauskas e molti altri sentirono il dovere di documentare la vita quotidiana dei Lituani, mettendo a fuoco i loro obiettivi sui segni di una graduale scomparsa di un certo tipo di stile di vita Lituano, nella speranza che le loro fotografie potessero rappresentare una documentazione in grado di contribuire a preservare la mentalità rurale.
Aleksandras Macijauskas si è ispirato ai mercati rurali, in seguito a una visita casuale nel 1965 a uno di questi e hanno continuato ad essere per il fotografo un soggetto chiave nel descrivere il carattere nazionale dei Lituani. Oltre a questa attenzione documentaristica per le tradizioni nazionali, la serie „Mercati Rurali“ pone una forte enfasi sui valori della piccola agricoltura, dell‘amore per gli animali, a volte maggiore di quello per il proprio vicino, dell‘interesse verso i grandi spazi che consentono l‘incontro con gli altri e il mostrarsi, dell‘impegno a guadagnarsi un reddito privatamente, senza considerare gli obblighi pubblici della collettività. Nei lavori successivi: “Spiagge”, “Dimostrazioni”, “Giappone” e anche “Memoria”, di cui qualche opera viene presentato qui, il motivo della vanity fair è onnipresente e suddivide le persone e le cose in simboli e attori.
A partire dagli anni Sessanta, Antanas Sutkus è stato sempre un fotografo di città. Una mostra recente, intitolata “Archivi di Routine Quotidiana”, involontariamente racconta la storia di Vilnius che diventa capitale, la cui popolazione, secondo una battuta popolare in Lituania, è gente che viene da Kaunas, l’ex capitale, o dai paesi. Lo sguardo sensibile di Antanas Sutkus si limita a un ritratto desolato delle vita gioiosa della città. E’ una testimonianza personale della vita di coloro che hanno detto “addio” al contesto ed alla cultura ritratta nei “Mercati Rurali” di Aleksandras Macijauskas. Le fotografie di Antanas Sutkus rivelano un’attenzione per la vita pubblica nella città, dove i nuovi arrivati si trovano ad avere a che fare con strutture istituzionali rozze, agghindate in un’architettura incredibile, patetica, grigia e danneggiata. Soltanto i giovani, pronti per l’avventura della vita, irradiano il fascino degli anni ’60 e non sembrano esprimere alcuna protesta o preoccupazione circa la vita politica desolante. I futuri genitori del baby boom amano piuttosto la compagnia degli amici, la scena culturale in ebollizione e fanno affidamento sui piani per il futuro elaborati dal partito comunista.
Il più giovane dei tre fotografi, che in ogni caso detiene il titolo di “classico” della fotografia lituana, Romualdas Požerskis, è fortunatamente sfuggito al fato di martire del KGB quando nel 1972 fotografò una manifestazione di giovani in onore di Romas Kalanta, che si diede il fuoco pubblicamente durante una dimostrazione contro l‘oppressione sovietica. Per fortuna a Požerskis fu soltanto confiscata la sua Zenit e gli fu impedito di continuare i suoi studi al Politecnico. E‘ stato il momento decisivo in cui Romualdas è diventato fotografo. Iniziò col fotografare gare motociclistiche, ma gli impareggiabili pellegrinaggi religiosi divennero il tema per eccellenza della sua vita creativa. La Lituania è stata l‘ultima nazione in Europa a ricevere il battesimo e quindi la religione ha svolto un ruolo importante come fattore di equilibrio rispetto all‘agricoltura collettiva, la pianificazione disumana della vita, la rimodellazione della natura. Quindi i „Pellegrinaggi“ e le altre serie quali „L‘Ultima Casa“, „L‘Ospedale“, „Città Antiche“ vengono costruite sulla base di aneddoti tranquilli e del simbolismo di bene e male, di inizio e fine, la preghiera ed il „dopo la festa“. La consapevolezza costante dell‘incertezza legata all‘attività semi-illecita di fotografare i riti religiosi e nascondere i negativi in casa di amici e parenti, ha contribuito a sviluppare un forte senso di coraggio civico in Romualdas Požerskis, che è stato uno dei pochissimi fotografi a documentare in maniera estesa l‘ultimo tentativo fatto dai Sovietici di distruggere l‘indipendenza Lituana nel Gennaio 1991. Požerskis è stato anche altrettanto attento al cambiamento di ideali a metà degli anni Novanta nella Lituania indipendente dove un sottobosco di attività illegali si mischiava con il cielo limpido delle opportunità e degli ideali. La sua opera sul lavoro ed i sogni del piccolo Alfonsas, un‘immagina nitida e simbolica di tutti noi nell‘ultimo decennio del ventesimo secolo, è uno degli ultimi grandi lavori „a la lituanienne“ – bianco e nero, serie a tema, reportage carico di immaginazione e carattere ...
La scuola lituana di fotografia si basa su un approccio particolare che si concentra sull’ essere umano, sul suo essere piuttosto che benessere. Può essere quindi a volte criticato per la mancanza di attenzione verso gli aspetti materiali della vita. Ma lo scopo di questa mostra è dimostrare il contrario, il fatto che i segni di vita sono sufficientemente presenti da consentire una comprensione del circostante, del contesto in cui la generazione del curatore di questa mostra è nata e cresciuta. L’assenza di pop puro nel fotografare le attività sociali ed economiche fa piuttosto riferimento a una questione di mentalità, che si basa sul rispetto per l’uomo, che si tratti di bambino, adulto o anziano.
Lui, lei, loro, l' homo che sente, crede e pensa liberamente, sono superiori alla tecnica, alle invenzioni, ai capolavori dell’architettura. Questa affermazione ha nutrito i fotografi lituani dai primi anni Sessanta e ispirerà, speriamo, anche uno sguardo nuovo sulla nostra vita consumata del XXI° secolo.
Mindaugas Kavaliauskas
Aleksandras Macijauskas, nato nel 1938 è diventato negli anni ’60 il fotografo più ribelle e politicamente scorretto dell’USSR per il suo immaginario distorto e grottesco nelle serie 'Country Markets', 'Demonstrations','Summer','Veterinary Clinic'.
Antanas Sutkus, 1939, ha dedicato la sua vita a documentare la vita in Lituania, con uno sguardo attento sulla dignità dell’uomo. Traslocando all’inizio di quest’anno ha scoperto che il suo archivio consiste di 1 milione di negativi del peso di 5 tonnellate. La sua principale occupazione oggi consiste nello studiare vecchi negativi e creare mostre e libri dal titolo “Archives of the Routine”.
Romualdas Požerskis, 1951, appartiene alla generazione della liberazione. Ha cominciato la sua carriera fotografando corse di motociclette e nel ’91 ha coronato la sua carriera fotografando il colpo militare sovietico. Il suo lavoro è caratterizzato dall’attenzione a piccoli aneddoti e un approccio inaspettato alla realtà.
12
aprile 2006
Verso il XXI secolo: la strada della fotografia lituana
Dal 12 aprile al 31 maggio 2006
fotografia
Location
MUSEO HENDRIK CHRISTIAN ANDERSEN
Roma, Via Pasquale Stanislao Mancini, 20, (Roma)
Roma, Via Pasquale Stanislao Mancini, 20, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì alla domenica dalle ore 9,00 alle 20,00. Chiuso il lunedì
Autore
Curatore