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Vertige
Esposizione collettiva di tre fra i più importanti esponenti della fotografia contemporanea svizzera
Comunicato stampa
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Dal 27 febbraio al 26 aprile, Galleria Gottardo riunisce nelle sue sale un’esposizione collettiva di tre fra i più importanti rappresentanti della fotografia contemporanea svizzera.
Il leitmotiv intorno al quale si sviluppa il concetto della mostra è il paesaggio montano con i suoi disparati modi di apparire e di rivelarsi. Il davosiano Jules Spinatsch, la zurighese Cécile Wick e il ginevrino Nicolas Faure costruiscono con i loro lavori delle simbologie, delle associazioni, delle impressioni legate alla sfera della montagna.
Nel mondo dell’arte, la montagna - che è sempre stata al centro dell’iconografia nazionale come simbolo ricorrente dei caratteri distintivi elvetici - ha assunto, negli ultimi anni, sempre più una connotazione metaforica, esprimendo molto nitidamente e intensamente le contraddizioni nel comportamento dell’uomo postindustriale rispetto alla natura e al paesaggio.
Jules Spinatsch, nelle sue immagini di “Snow Management”, documenta con grande efficacia, l’orientamento postmoderno che associa il mondo alpino ad un grande parco dei divertimenti. L’industria dell’intrattenimento che si è creata intorno allo sport alpino, porta all’estremo i paradossi della complessa e speciale relazione fra l’uomo della città e la montagna stessa. Attraverso scenari reali, contaminati dall’illuminazione artificiale che li rende quasi spettrali, ha voluto dare una rappresentazione grafica dell’estraneamento dell’uomo e dell’artificiosità insita nel suo “consumare la natura”.
Cécile Wick segue un percorso diverso ricorrendo a immagini per lo più monocromatiche con leggeri giochi di luci ed ombre (in bianco e nero o con tenui tonalità di colori) per descrivere ciò che è rimasto della grandeur e del mistero che circondava il mito delle nostre montagne. Lei ricerca i paesaggi disabitati e la natura incontaminata, apparentemente al riparo dalla spinta civilizzatrice, quasi come se non fossero luoghi reali, ma facenti parte della mera memoria.
Il suo impiego di tecniche “primitive” e di parziali sfocature, così come il suo uso di immagini secondo canoni classici, materializzano il carattere evocativo del paesaggio e contemporaneamente creano fotogrammi intrisi di poesia e bellezza, che sembrano quasi sfuggire al mezzo che li ha creati.
Nicolas Faure, in passato, nei suoi lavori, dava forma ad una critica beffarda che nasceva dal connubio tra pathos e senso del ridicolo, nostalgia della natura ed estraniazione dalla realtà. Nel suo saggio fotografico "Da una Svizzera all'altra", sviluppato nell'arco degli ultimi decenni, ritrae lo stereotipo dell'escursionista come una macchia di colore stridente immersa in un panorama alpino apparentemente incontaminato, mentre, nelle opere esposte in Galleria Gottardo egli ricerca nel paesaggio il luogo dei suoi ricordi di bambino. Ritornando, da adulto, nel bosco della sua infanzia, analizza, con estrema delicatezza poetica, con occhio a volte malinconico e a volte crudo, l'attualità delle sue immagini interiori, cercando di far combaciare la sua nostalgia con la realtà nella quale si imbatte. È riuscito a documentare e tematizzare, in modo molto convincente, la commovente inutilità del "ritorno alla natura".
La montagna come elemento trainante dell’esposizione vede cambiare i suoi valori classici man mano che ci si addentra nei pensieri degli artisti. La sensazione di “vertige” che ci assale entrando nel cuore della mostra, ha l’intenzione di trasformare la nostra classica idea di zona alpina, facendoci immaginare di essere nel punto più alto della montagna, in vetta, pervasi dall’estasi dell’altezza, e facendoci successivamente lasciare le sale della Galleria con una sensazione di completo stordimento, lo stesso che generalmente è provocato dall’altitudine o da una strana sensazione di sonnanbulismo.
L’esposizione è curata da Franco Rogantini, Direttore di Galleria Gottardo e da Kathleen Bühler, storica dell’arte.
Il leitmotiv intorno al quale si sviluppa il concetto della mostra è il paesaggio montano con i suoi disparati modi di apparire e di rivelarsi. Il davosiano Jules Spinatsch, la zurighese Cécile Wick e il ginevrino Nicolas Faure costruiscono con i loro lavori delle simbologie, delle associazioni, delle impressioni legate alla sfera della montagna.
Nel mondo dell’arte, la montagna - che è sempre stata al centro dell’iconografia nazionale come simbolo ricorrente dei caratteri distintivi elvetici - ha assunto, negli ultimi anni, sempre più una connotazione metaforica, esprimendo molto nitidamente e intensamente le contraddizioni nel comportamento dell’uomo postindustriale rispetto alla natura e al paesaggio.
Jules Spinatsch, nelle sue immagini di “Snow Management”, documenta con grande efficacia, l’orientamento postmoderno che associa il mondo alpino ad un grande parco dei divertimenti. L’industria dell’intrattenimento che si è creata intorno allo sport alpino, porta all’estremo i paradossi della complessa e speciale relazione fra l’uomo della città e la montagna stessa. Attraverso scenari reali, contaminati dall’illuminazione artificiale che li rende quasi spettrali, ha voluto dare una rappresentazione grafica dell’estraneamento dell’uomo e dell’artificiosità insita nel suo “consumare la natura”.
Cécile Wick segue un percorso diverso ricorrendo a immagini per lo più monocromatiche con leggeri giochi di luci ed ombre (in bianco e nero o con tenui tonalità di colori) per descrivere ciò che è rimasto della grandeur e del mistero che circondava il mito delle nostre montagne. Lei ricerca i paesaggi disabitati e la natura incontaminata, apparentemente al riparo dalla spinta civilizzatrice, quasi come se non fossero luoghi reali, ma facenti parte della mera memoria.
Il suo impiego di tecniche “primitive” e di parziali sfocature, così come il suo uso di immagini secondo canoni classici, materializzano il carattere evocativo del paesaggio e contemporaneamente creano fotogrammi intrisi di poesia e bellezza, che sembrano quasi sfuggire al mezzo che li ha creati.
Nicolas Faure, in passato, nei suoi lavori, dava forma ad una critica beffarda che nasceva dal connubio tra pathos e senso del ridicolo, nostalgia della natura ed estraniazione dalla realtà. Nel suo saggio fotografico "Da una Svizzera all'altra", sviluppato nell'arco degli ultimi decenni, ritrae lo stereotipo dell'escursionista come una macchia di colore stridente immersa in un panorama alpino apparentemente incontaminato, mentre, nelle opere esposte in Galleria Gottardo egli ricerca nel paesaggio il luogo dei suoi ricordi di bambino. Ritornando, da adulto, nel bosco della sua infanzia, analizza, con estrema delicatezza poetica, con occhio a volte malinconico e a volte crudo, l'attualità delle sue immagini interiori, cercando di far combaciare la sua nostalgia con la realtà nella quale si imbatte. È riuscito a documentare e tematizzare, in modo molto convincente, la commovente inutilità del "ritorno alla natura".
La montagna come elemento trainante dell’esposizione vede cambiare i suoi valori classici man mano che ci si addentra nei pensieri degli artisti. La sensazione di “vertige” che ci assale entrando nel cuore della mostra, ha l’intenzione di trasformare la nostra classica idea di zona alpina, facendoci immaginare di essere nel punto più alto della montagna, in vetta, pervasi dall’estasi dell’altezza, e facendoci successivamente lasciare le sale della Galleria con una sensazione di completo stordimento, lo stesso che generalmente è provocato dall’altitudine o da una strana sensazione di sonnanbulismo.
L’esposizione è curata da Franco Rogantini, Direttore di Galleria Gottardo e da Kathleen Bühler, storica dell’arte.
26
febbraio 2008
Vertige
Dal 26 febbraio al 26 aprile 2008
fotografia
Location
GALLERIA GOTTARDO
Lugano, Viale Stefano Franscini, 12, (Lugano)
Lugano, Viale Stefano Franscini, 12, (Lugano)
Orario di apertura
martedì 14.00 - 17.00; mercoledì - sabato 11.00 - 17.00. Chiuso domenica e lunedì
Vernissage
26 Febbraio 2008, dalle ore 18.00 alle ore 20.00
Ufficio stampa
UESSEARTE
Autore
Curatore