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Vettor Pisani – Germania Auschwitz Dance
Accanto a Germania Auschwitz Dance, opera nella quale “la violenza del sacro” viene costantemente decongestionata dall’uso ossimorico, ironico, giocato delle rappresentazioni dell’artista, saranno esposti dodici raffinatissimi disegni
Comunicato stampa
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Germania Auschwitz Dance
Quando il presente non ci ammalia del tutto con le tranquillizzanti sirene del qui e ora, vuol dire che la memoria ha facoltà di intervenire sulla creazione, di scuotere con il battito inquieto della storia, la sclerosi dell’alienazione quotidiana. Le esperienze artistiche contemporanee, nella maggior parte, sembra abbiano dismesso le ragioni della memoria, lacerando la tela delle visioni, soffiando altrove i frammenti della conoscenza, occultando l’interpretazione del mistero dell’essere.
Questo accade perché l’Occidente, dopo l’immane catastrofe del totalitarismo, ha cancellato il patrimonio ingombrante delle immagini del mito, privilegiando un’arte aniconica e minimale, vezzo dell’assoluto in una società alienata e consumistica. Accade così che il turbamento necessario del pensiero sulla morte, lo scintillio osceno del desiderio, l’avventura disarticolante delle molteplici identità, vengano rigorosamente archiviati.
Il lavoro dell’arte è perlopiù modo frenato, impoverito, decorativo. Lo scandalo dell’opera di Vettor Pisani è saper ricordare, rielaborare, associare paradossalmente e liberamente le immagini del mito e della realtà, dell’arte e della pubblicità, delle metamorfosi animali e del luogo fondante dell’Altrove.
La storia appare un “errore voluto” che inaugura una regola del gioco (Klossowski). Giuoco nietzschiano, piacere della simulazione, maschera, irruzione della finzione, rappresentazione del soffio fortuito del caso. Le immagini che Vettor Pisani elabora, alludono ad un contraddittorio e inesauribile tirare a sorte le differenti possibilità dell’essere.
Da Europa laboratorio della follia a Germania Auschwitz Dance, intricati nuclei di immagini si sottraggono certamente ad un «cimitero laico» del vedere, ma “calandosi nel bagno acido della storia, perdono la loro apparenza di naturalità” e dunque di sacralità. Continuando a parafrasare Habermas, la storia è un medio discorsivo, anche se potenziato dalla forza magica delle immagini mitiche e dei mondi simbolici.
“La violenza del sacro”, nell’opera di Pisani viene, inoltre, costantemente decongestionata dall’uso ossimorico, ironico, giocato delle sue rappresentazioni, come per Germania Auschwitz Dance. La capacità linguistica, recupera l’eccedenza pulsionale, la “cronica consapevolezza dell’io”, fluidificandosi in una rete comunicativa in permanente trasformazione. Sradicando la centralità dell’essere e l’onnipotenza del soggetto (opere di artisti storici vengono manipolate e riproposte in versioni eccentriche, funamboliche, rivelatorie), il lavoro di Vettor Pisani si accosta al punto di fuga di uno slittamento radicale, elettronico, transeunte, fluttuante.
L’articolazione dei diversi mondi simbolici, la funzione di una “bussola di crescenti libertà soggettive”, potrebbe rientrare in una prassi dell’arte che, a detta di Cassirer, rende complementari i comportamenti rituali e il concetto, l’espressione metaforica e la razionalità. L’opera si predispone al rovesciamento di senso, stende acrobaticamente sulla banalità del quotidiano lo smalto di una creazione trasversale, labirintica, frammentaria. Marionette, manichini, pupazzi paracelsei, doppi edipici o sfingei, teste stralunate che si confrontano con il sogno, replicano realtà originarie, attuando spostamenti nello spazio-tempo, sincretismi e sbalzi micro-macrocosmici.
Il corpo artificiale, virtuale dell’opera è dichiarato Vero Falso d’Autore.
Sovrastando macerie e catastrofi storiche e ambientali (Museo della Catastrofe di Serre), l’opera si fa testimonianza e struggimento visionario, indizio di un’epoca e sussurro poetico.
Mimma Pisani
Quando il presente non ci ammalia del tutto con le tranquillizzanti sirene del qui e ora, vuol dire che la memoria ha facoltà di intervenire sulla creazione, di scuotere con il battito inquieto della storia, la sclerosi dell’alienazione quotidiana. Le esperienze artistiche contemporanee, nella maggior parte, sembra abbiano dismesso le ragioni della memoria, lacerando la tela delle visioni, soffiando altrove i frammenti della conoscenza, occultando l’interpretazione del mistero dell’essere.
Questo accade perché l’Occidente, dopo l’immane catastrofe del totalitarismo, ha cancellato il patrimonio ingombrante delle immagini del mito, privilegiando un’arte aniconica e minimale, vezzo dell’assoluto in una società alienata e consumistica. Accade così che il turbamento necessario del pensiero sulla morte, lo scintillio osceno del desiderio, l’avventura disarticolante delle molteplici identità, vengano rigorosamente archiviati.
Il lavoro dell’arte è perlopiù modo frenato, impoverito, decorativo. Lo scandalo dell’opera di Vettor Pisani è saper ricordare, rielaborare, associare paradossalmente e liberamente le immagini del mito e della realtà, dell’arte e della pubblicità, delle metamorfosi animali e del luogo fondante dell’Altrove.
La storia appare un “errore voluto” che inaugura una regola del gioco (Klossowski). Giuoco nietzschiano, piacere della simulazione, maschera, irruzione della finzione, rappresentazione del soffio fortuito del caso. Le immagini che Vettor Pisani elabora, alludono ad un contraddittorio e inesauribile tirare a sorte le differenti possibilità dell’essere.
Da Europa laboratorio della follia a Germania Auschwitz Dance, intricati nuclei di immagini si sottraggono certamente ad un «cimitero laico» del vedere, ma “calandosi nel bagno acido della storia, perdono la loro apparenza di naturalità” e dunque di sacralità. Continuando a parafrasare Habermas, la storia è un medio discorsivo, anche se potenziato dalla forza magica delle immagini mitiche e dei mondi simbolici.
“La violenza del sacro”, nell’opera di Pisani viene, inoltre, costantemente decongestionata dall’uso ossimorico, ironico, giocato delle sue rappresentazioni, come per Germania Auschwitz Dance. La capacità linguistica, recupera l’eccedenza pulsionale, la “cronica consapevolezza dell’io”, fluidificandosi in una rete comunicativa in permanente trasformazione. Sradicando la centralità dell’essere e l’onnipotenza del soggetto (opere di artisti storici vengono manipolate e riproposte in versioni eccentriche, funamboliche, rivelatorie), il lavoro di Vettor Pisani si accosta al punto di fuga di uno slittamento radicale, elettronico, transeunte, fluttuante.
L’articolazione dei diversi mondi simbolici, la funzione di una “bussola di crescenti libertà soggettive”, potrebbe rientrare in una prassi dell’arte che, a detta di Cassirer, rende complementari i comportamenti rituali e il concetto, l’espressione metaforica e la razionalità. L’opera si predispone al rovesciamento di senso, stende acrobaticamente sulla banalità del quotidiano lo smalto di una creazione trasversale, labirintica, frammentaria. Marionette, manichini, pupazzi paracelsei, doppi edipici o sfingei, teste stralunate che si confrontano con il sogno, replicano realtà originarie, attuando spostamenti nello spazio-tempo, sincretismi e sbalzi micro-macrocosmici.
Il corpo artificiale, virtuale dell’opera è dichiarato Vero Falso d’Autore.
Sovrastando macerie e catastrofi storiche e ambientali (Museo della Catastrofe di Serre), l’opera si fa testimonianza e struggimento visionario, indizio di un’epoca e sussurro poetico.
Mimma Pisani
05
marzo 2005
Vettor Pisani – Germania Auschwitz Dance
Dal 05 marzo al 05 aprile 2005
arte contemporanea
Location
CENTRO D’ARTE LA BUSSOLA
Cosenza, Via Roma, 99, (Cosenza)
Cosenza, Via Roma, 99, (Cosenza)
Vernissage
5 Marzo 2005, ore 18
Autore