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Vincenzo Baldini – Umano troppo umano
L’artista che Sgarbi ha voluto al Museo della Follia per raccontare la fragilità, il disagio del vivere. Una efficace testimonianza visiva del patire umano attraverso i volti di alienati rinchiusi nelle istituzioni manicomiali; le sue opere trasudano l’espressività del dolore.
Comunicato stampa
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L’arte di Vincenzo Baldini al Festival LE PAROLE DELLA MONTAGNA - Smerillo (FM).
Il linguaggio pittorico dell’artista che Vittorio Sgarbi ha voluto “al Museo della Follia” per raccontare la fragilità, Il disagio del vivere.
“Baldini ha usato lettere di pazienti ricoverati in cliniche psichiatriche la maggior parte delle quali scoperte dopo la morte di chi le aveva scritte. Nonostante gli autori fossero rinchiusi per le loro ridotte capacità mentali, molte delle missive rivelano una acuta autoconsapevolezza. Descrivono la profonda solitudine che provano e il loro desiderio di avere un contatto col mondo esterno da cui sono stati allontanati e a cui è stato negato loro qualsiasi tipo di accesso. Sono immagini potenti, ma il loro impatto visivo viene intensificato dalla narrativa delle storie che stanno dietro alle lettere che danno alle immagini una ulteriore dimensione. Le lettere riportate nelle pitture sono state scoperte in cassetti chiusi delle scrivanie dello staff amministrativo che si occupava dei pazienti - soggetti dei ritratti. Le lettere non hanno mai raggiunto e, anzi, sono state consegnate , come chi le aveva scritte, all’oblio. Riportando alla luce i loro testi abbandonati, Baldini libera queste anime dimenticate, dà dei volti ai nomi e facendolo ridona quella umanità e individualità di cui erano stati privati durante la loro reclusione” (da un testo di Tom Flynn) “Quello di Baldini è il racconto di uomini e donne segnati dalla sofferenza in uno stile che lo accomuna a Bacon, a Schiele e resta personale. Un reportage di volti dall’impatto dirompente, una efficace testimonianza visiva di un dramma esistenziale, le sue opere trasudano la fragilità dell’ “Umano troppo umano”, della distanza dal mondo dei protagonisti delle sue tele. I loro sono sguardi estraniati, espressioni caratterizzate da un colore d’ombra e il pittore fissa sulla tela i volti intensi e drammatici di alienati, quelli che lui chiama I Dimenticati, volti ricavati dai documenti del manicomio di San Servolo di Venezia, cui l’artista affianca lettere, mai spedite, di altri malati internati nel manicomio di Volterra. Sono tele che si alimentano di graniglie, sabbia, colore, cemento e l’opera diviene ruvida, i rilievi materici conferiscono una forza plastica che aggiunge forza al lavoro e ci consegna lo sguardo pietrificato di una donna internata che, con un filo di speranza, scrive: Ma, ormai ci vuol coraggio, passaranno ancora, questi pochi giorni. E a raggiungerci sarà la dimensione del dolore, una interna lacerazione. Oppure: io serea meglio che fosse morto che entrare in questi luoghi, parole, che qualcuno aveva destinato a chi non le ha mai lette. Poi le figure dell’emarginazione nelle tele che contemplano il Cristo del Mantegna, la Pietà Rondanini di Michelangelo per dire: “Dio Non è venuto all’appuntamento “. Volti segnati dalla malattia mentale, dall’abbandono degli affetti nella ricerca di una purezza attraverso il racconto del dolore come atto di fede che si dibatte fra l’angoscia esistenziale e quella condizione interiore per cui l’artista ricerca la propria identità. Qualcosa che Vincenzo Baldini ci restituisce per riflettere e farci riflettere”.
(Cecilia Casadei)
Il linguaggio pittorico dell’artista che Vittorio Sgarbi ha voluto “al Museo della Follia” per raccontare la fragilità, Il disagio del vivere.
“Baldini ha usato lettere di pazienti ricoverati in cliniche psichiatriche la maggior parte delle quali scoperte dopo la morte di chi le aveva scritte. Nonostante gli autori fossero rinchiusi per le loro ridotte capacità mentali, molte delle missive rivelano una acuta autoconsapevolezza. Descrivono la profonda solitudine che provano e il loro desiderio di avere un contatto col mondo esterno da cui sono stati allontanati e a cui è stato negato loro qualsiasi tipo di accesso. Sono immagini potenti, ma il loro impatto visivo viene intensificato dalla narrativa delle storie che stanno dietro alle lettere che danno alle immagini una ulteriore dimensione. Le lettere riportate nelle pitture sono state scoperte in cassetti chiusi delle scrivanie dello staff amministrativo che si occupava dei pazienti - soggetti dei ritratti. Le lettere non hanno mai raggiunto e, anzi, sono state consegnate , come chi le aveva scritte, all’oblio. Riportando alla luce i loro testi abbandonati, Baldini libera queste anime dimenticate, dà dei volti ai nomi e facendolo ridona quella umanità e individualità di cui erano stati privati durante la loro reclusione” (da un testo di Tom Flynn) “Quello di Baldini è il racconto di uomini e donne segnati dalla sofferenza in uno stile che lo accomuna a Bacon, a Schiele e resta personale. Un reportage di volti dall’impatto dirompente, una efficace testimonianza visiva di un dramma esistenziale, le sue opere trasudano la fragilità dell’ “Umano troppo umano”, della distanza dal mondo dei protagonisti delle sue tele. I loro sono sguardi estraniati, espressioni caratterizzate da un colore d’ombra e il pittore fissa sulla tela i volti intensi e drammatici di alienati, quelli che lui chiama I Dimenticati, volti ricavati dai documenti del manicomio di San Servolo di Venezia, cui l’artista affianca lettere, mai spedite, di altri malati internati nel manicomio di Volterra. Sono tele che si alimentano di graniglie, sabbia, colore, cemento e l’opera diviene ruvida, i rilievi materici conferiscono una forza plastica che aggiunge forza al lavoro e ci consegna lo sguardo pietrificato di una donna internata che, con un filo di speranza, scrive: Ma, ormai ci vuol coraggio, passaranno ancora, questi pochi giorni. E a raggiungerci sarà la dimensione del dolore, una interna lacerazione. Oppure: io serea meglio che fosse morto che entrare in questi luoghi, parole, che qualcuno aveva destinato a chi non le ha mai lette. Poi le figure dell’emarginazione nelle tele che contemplano il Cristo del Mantegna, la Pietà Rondanini di Michelangelo per dire: “Dio Non è venuto all’appuntamento “. Volti segnati dalla malattia mentale, dall’abbandono degli affetti nella ricerca di una purezza attraverso il racconto del dolore come atto di fede che si dibatte fra l’angoscia esistenziale e quella condizione interiore per cui l’artista ricerca la propria identità. Qualcosa che Vincenzo Baldini ci restituisce per riflettere e farci riflettere”.
(Cecilia Casadei)
20
luglio 2017
Vincenzo Baldini – Umano troppo umano
Dal 20 al 28 luglio 2017
arte contemporanea
serata - evento
serata - evento
Location
SMERILLO
Smerillo, Corso Dante Alighieri, (Fermo)
Smerillo, Corso Dante Alighieri, (Fermo)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10 -12 e 16 - 18
dal 20 al 23 luglio ore 10 -13 e 16 - 20
Vernissage
20 Luglio 2017, ore 18,00
Autore
Curatore