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Visione Costruzione Rovina. Progetti di Aldo Aymonino
Architetture di Aldo Aymonino disegni, fotografie, plastici: MOSE Venezia, Bocca di Chioggia (2004-20); Roma 20_25: recycle landscape, recycle assets, recycle energy, recycling future (2015); Isolario Venezia Sylva. Un gaio disastro: Desdemona, Iago e l’incessante mutamento (2022); Capriccio (2021).
Comunicato stampa
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Sono esposti presso la Galleria Embrice, dal 6 al 13 maggio 2023, disegni, fotografie e plastici delle architetture di Aldo Aymonino: Interventi alle bocche lagunari per la regolazione dei flussi di marea (sistema MOSE Venezia); Bocca di Chioggia – spalla nord, inserimento architettonico delle opere in vista (2004-2020); Roma 20_25: recycle landscape, recycle assets, recycle energy, recycling future (2015); Isolario Venezia Sylva. Un gaio disastro: Desdemona, Iago e l’incessante mutamento (2022); Capriccio (2021).
Così come esiste una storia dell’architettura dovrebbe esistere anche una storia dei segni in architettura. Il disegno tecnico, quello libero, gli schizzi, l’uso della matita, del carboncino, della china, gli accostamenti di colore con l’acquerello che suggerisce volumi senza ancora determinarli non hanno tutti né la stessa natura né la stessa espressività. Appartengono però al luogo di nascita delle idee architettoniche e mostrano come la loro dimensione di senso sia intensiva, non estensiva. Dove compare un’idea architettonica, e dove comparirà un’architettura, si produce un gioco di forze radianti lungo due direzioni. Una è centrifuga, parte dall’architettura e investe con i suoi effetti ciò che diventerà il suo contesto. L’altra è centripeta, cattura quel che è fuori e persino lontano da lei in un blocco di spazio-materia trascinandolo fin nei suoi recessi interni. Di qui nascerebbe anche l’importanza di analizzare le variazioni di velocità dei segni in architettura, il modo in cui sono stati tracciati, per riconoscere dove sia stato massimo l’addensamento dell’idea e dove siano stato più pazienti i suoi sviluppi.
Nelle architetture di Aldo Aymonino il passaggio dal disegno al progetto, all’elaborato tecnico, al rendering e alla costruzione racconta un processo concettuale e fisico nel quale fin dal principio l’architettura è guidata da un’idea inseparabile dai suoi modi di espressione. A mano a mano che si procede dai primi abbozzi alla definizione a cambiare non è tanto l’idea, quanto il suo potenziale attuativo. Questo, a sua volta, non si concretizza restringendo l’immaginazione dell’idea ma al contrario arricchendola, aggiungendo nuovi elementi di connessione materiale e metaforica a quelli che erano stati messi gioco inizialmente. Le ricerche preliminari su un sito possono fare emergere la genealogia della sua configurazione attuale, descriverne le caratteristiche ambientali, valutare l’impatto sistemico che nuovi interventi tecnici possono avere avuto sul paesaggio umano, sociale e naturale. L’idea architettonica di Aldo Aymonino non va alla ricerca di compromessi o punti di equilibrio, non cerca solo di armonizzarsi con il contesto naturalistico né tantomeno di rivestire i dispositivi tecnici con una confezione estetica. Invece di limitarsi a mettere ordine nei frammenti di uno spazio lacerato queste architetture fanno letteralmente apparire relazioni invisibili o che sembravano scomparse, le attivano e le mettono in movimento evidenziando i loro riflessi anche con l’uso di materiali che giocano con il sole e con l’acqua, oppure con l’illuminazione notturna che le trasforma in personaggi teatrali. Sono letteralmente architetture in movimento nelle quali le scelte stilistiche, formali, diventano il condensatore dei blocchi di spazio-materia in cui consiste l’idea.
L’esempio delle due bocche lagunari di Chioggia è emblematico. È il tentativo di trovare il luogo di un dialogo fra la tecnologia e il paesaggio proprio attraverso il medium di un’architettura che tuttavia non funge da raccordo, ma da principio di trasformazione. Tramite i cambiamenti percettivi che genera l’architettura compone in un nuovo disegno esigenze e attività che sembravano antitetiche. Ma è proprio quando viene chiamata a misurarsi con un insieme di elementi apparentemente incomponibili che l’architettura ha bisogno di idee e non di soluzioni standard. In questi lavori di Aldo Aymonino le idee architettoniche sono appunto sistemi di connessione fra elementi disomogenei che trovano espressione nella continuità fra disegno, progetto e costruzione. Le scelte formali sono un segnale di queste reti sistemiche, ne rappresentano i nodi, ma non ne sono il fulcro.
È inevitabile che le forme siano la parte più appariscente del progetto, in fondo si tratta pur sempre di edifici, ma se riducessimo queste architetture ai loro valori figurativi e plastici saremmo molto lontani dal comprenderle. L’individualità stilistica e formale di questi progetti è infatti l’affermazione dell’impossibilità di generalizzare delle soluzioni, anzi della necessità di rimanere perfettamente aderenti al luogo e al tempo nei quali si è chiamati a operare. Ognuno di questi progetti di Aldo Aymonino afferma un punto di vista singolare e specifico. Sebbene i temi affrontati siano molto grandi — i paesaggi dell’uomo, della tecnica e della natura— le risposte hanno un carattere sperimentale e non generalizzante. Ogni progetto è un caso esemplare, un modello che può anche non essere destinato a ripetersi e diventa l’occasione per misurare i rapporti fra ciò che l’architetto pensa e ciò che fa, ovvero più o meno a ciò che definiamo un’etica.
Stefano Catucci
Così come esiste una storia dell’architettura dovrebbe esistere anche una storia dei segni in architettura. Il disegno tecnico, quello libero, gli schizzi, l’uso della matita, del carboncino, della china, gli accostamenti di colore con l’acquerello che suggerisce volumi senza ancora determinarli non hanno tutti né la stessa natura né la stessa espressività. Appartengono però al luogo di nascita delle idee architettoniche e mostrano come la loro dimensione di senso sia intensiva, non estensiva. Dove compare un’idea architettonica, e dove comparirà un’architettura, si produce un gioco di forze radianti lungo due direzioni. Una è centrifuga, parte dall’architettura e investe con i suoi effetti ciò che diventerà il suo contesto. L’altra è centripeta, cattura quel che è fuori e persino lontano da lei in un blocco di spazio-materia trascinandolo fin nei suoi recessi interni. Di qui nascerebbe anche l’importanza di analizzare le variazioni di velocità dei segni in architettura, il modo in cui sono stati tracciati, per riconoscere dove sia stato massimo l’addensamento dell’idea e dove siano stato più pazienti i suoi sviluppi.
Nelle architetture di Aldo Aymonino il passaggio dal disegno al progetto, all’elaborato tecnico, al rendering e alla costruzione racconta un processo concettuale e fisico nel quale fin dal principio l’architettura è guidata da un’idea inseparabile dai suoi modi di espressione. A mano a mano che si procede dai primi abbozzi alla definizione a cambiare non è tanto l’idea, quanto il suo potenziale attuativo. Questo, a sua volta, non si concretizza restringendo l’immaginazione dell’idea ma al contrario arricchendola, aggiungendo nuovi elementi di connessione materiale e metaforica a quelli che erano stati messi gioco inizialmente. Le ricerche preliminari su un sito possono fare emergere la genealogia della sua configurazione attuale, descriverne le caratteristiche ambientali, valutare l’impatto sistemico che nuovi interventi tecnici possono avere avuto sul paesaggio umano, sociale e naturale. L’idea architettonica di Aldo Aymonino non va alla ricerca di compromessi o punti di equilibrio, non cerca solo di armonizzarsi con il contesto naturalistico né tantomeno di rivestire i dispositivi tecnici con una confezione estetica. Invece di limitarsi a mettere ordine nei frammenti di uno spazio lacerato queste architetture fanno letteralmente apparire relazioni invisibili o che sembravano scomparse, le attivano e le mettono in movimento evidenziando i loro riflessi anche con l’uso di materiali che giocano con il sole e con l’acqua, oppure con l’illuminazione notturna che le trasforma in personaggi teatrali. Sono letteralmente architetture in movimento nelle quali le scelte stilistiche, formali, diventano il condensatore dei blocchi di spazio-materia in cui consiste l’idea.
L’esempio delle due bocche lagunari di Chioggia è emblematico. È il tentativo di trovare il luogo di un dialogo fra la tecnologia e il paesaggio proprio attraverso il medium di un’architettura che tuttavia non funge da raccordo, ma da principio di trasformazione. Tramite i cambiamenti percettivi che genera l’architettura compone in un nuovo disegno esigenze e attività che sembravano antitetiche. Ma è proprio quando viene chiamata a misurarsi con un insieme di elementi apparentemente incomponibili che l’architettura ha bisogno di idee e non di soluzioni standard. In questi lavori di Aldo Aymonino le idee architettoniche sono appunto sistemi di connessione fra elementi disomogenei che trovano espressione nella continuità fra disegno, progetto e costruzione. Le scelte formali sono un segnale di queste reti sistemiche, ne rappresentano i nodi, ma non ne sono il fulcro.
È inevitabile che le forme siano la parte più appariscente del progetto, in fondo si tratta pur sempre di edifici, ma se riducessimo queste architetture ai loro valori figurativi e plastici saremmo molto lontani dal comprenderle. L’individualità stilistica e formale di questi progetti è infatti l’affermazione dell’impossibilità di generalizzare delle soluzioni, anzi della necessità di rimanere perfettamente aderenti al luogo e al tempo nei quali si è chiamati a operare. Ognuno di questi progetti di Aldo Aymonino afferma un punto di vista singolare e specifico. Sebbene i temi affrontati siano molto grandi — i paesaggi dell’uomo, della tecnica e della natura— le risposte hanno un carattere sperimentale e non generalizzante. Ogni progetto è un caso esemplare, un modello che può anche non essere destinato a ripetersi e diventa l’occasione per misurare i rapporti fra ciò che l’architetto pensa e ciò che fa, ovvero più o meno a ciò che definiamo un’etica.
Stefano Catucci
06
maggio 2023
Visione Costruzione Rovina. Progetti di Aldo Aymonino
Dal 06 al 13 maggio 2023
architettura
Location
GALLERIA EMBRICE
Roma, Via Delle Sette Chiese, 78, (Roma)
Roma, Via Delle Sette Chiese, 78, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato, dalle 18:00 alle 20:00. Domenica chiuso
Vernissage
6 Maggio 2023, dalle 18:00
Autore
Curatore
Autore testo critico