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Vita Activa
Una prima dichiarazione d’intenti è ravvisabile nella sede espositiva prescelta: un negozio dismesso al centro della città di Pescara. La decisione è caduta su questo luogo in prima istanza per il suo legame con il mondo del lavoro, e poi per il suo valore simbolico: un’epitome della crisi economica che da anni attanaglia il nostro paese, e produce i suoi riflessi cupi nel campo dell’occupazione.
Comunicato stampa
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Una prima dichiarazione d’intenti è ravvisabile nella sede espositiva prescelta: un negozio dismesso al centro della città di Pescara. La decisione è caduta su questo luogo in prima istanza per il suo legame con il mondo del lavoro, e poi per il suo valore simbolico: un’epitome della crisi economica che da anni attanaglia il nostro paese, e produce i suoi riflessi cupi nel campo dell’occupazione.
Lungi da qualsiasi intento di completezza, la mostra vuole presentare al pubblico la varietà di approcci attraverso i quali l’arte contemporanea ha guardato al tema del lavoro. I cambiamenti che tanto la prima quanto il secondo hanno subito nel corso del XX secolo hanno prodotto un panorama assai variegato. Per un verso sembra proseguire quella linea di stampo realista che ha segnato l’ingresso della questione del lavoro nella modernità, alla metà del XIX secolo. A richiamare idealmente questa origine, la mostra ha il suo incipit con un’opera di Teofilo Patini, campione di questa tendenza. La sua presenza serve anche a stabilire una connessione diretta con il territorio nel quale l’esposizione ha luogo. Questo indirizzo realista continua ininterrotto anche nel corso del secondo Novecento, quando la pittura e soprattutto la fotografia rivolgono la loro attenzione alla rappresentazione dell’attività lavorativa, della figura del lavoratore e del luogo di lavoro, in particolare relativamente al mondo industriale. Un tale orientamento guida ad esempio l’opera fotografica di Armin Linke, che dalla sua incessante pratica di viaggiatore ha costruito un vero e proprio archivio dell’essere umano, che tra i vari aspetti include anche il lavoro.
Un’altra modalità, forse prevalente, attraverso cui si dipana la relazione tra lavoro e arte contemporanea interessa il piano della strumentalità. In questo caso il lavoro diventa un complesso di strutture e di rapporti da impiegare nell’opera d’arte. Nella seconda metà del XX secolo numerosi autori hanno optato per la partecipazione diretta all’interno dei processi produttivi, assecondando quel processo di allargamento delle frontiere dell’arte che arriva a includere virtualmente qualsiasi oggetto o ambito dell’esperienza umana. Artisti come Joseph Beuys e Gianfranco Baruchello hanno ad esempio condotto nel dominio dell’estetica pratiche fino ad allora rimaste escluse come l’agricoltura o la produzione aziendale. Anche una figura poliedrica come quella di Bruno Munari testimonia di un impegno che dall’arte passa senza soluzione di continuità al design, alla grafica, all’editoria.
Lungi da qualsiasi intento di completezza, la mostra vuole presentare al pubblico la varietà di approcci attraverso i quali l’arte contemporanea ha guardato al tema del lavoro. I cambiamenti che tanto la prima quanto il secondo hanno subito nel corso del XX secolo hanno prodotto un panorama assai variegato. Per un verso sembra proseguire quella linea di stampo realista che ha segnato l’ingresso della questione del lavoro nella modernità, alla metà del XIX secolo. A richiamare idealmente questa origine, la mostra ha il suo incipit con un’opera di Teofilo Patini, campione di questa tendenza. La sua presenza serve anche a stabilire una connessione diretta con il territorio nel quale l’esposizione ha luogo. Questo indirizzo realista continua ininterrotto anche nel corso del secondo Novecento, quando la pittura e soprattutto la fotografia rivolgono la loro attenzione alla rappresentazione dell’attività lavorativa, della figura del lavoratore e del luogo di lavoro, in particolare relativamente al mondo industriale. Un tale orientamento guida ad esempio l’opera fotografica di Armin Linke, che dalla sua incessante pratica di viaggiatore ha costruito un vero e proprio archivio dell’essere umano, che tra i vari aspetti include anche il lavoro.
Un’altra modalità, forse prevalente, attraverso cui si dipana la relazione tra lavoro e arte contemporanea interessa il piano della strumentalità. In questo caso il lavoro diventa un complesso di strutture e di rapporti da impiegare nell’opera d’arte. Nella seconda metà del XX secolo numerosi autori hanno optato per la partecipazione diretta all’interno dei processi produttivi, assecondando quel processo di allargamento delle frontiere dell’arte che arriva a includere virtualmente qualsiasi oggetto o ambito dell’esperienza umana. Artisti come Joseph Beuys e Gianfranco Baruchello hanno ad esempio condotto nel dominio dell’estetica pratiche fino ad allora rimaste escluse come l’agricoltura o la produzione aziendale. Anche una figura poliedrica come quella di Bruno Munari testimonia di un impegno che dall’arte passa senza soluzione di continuità al design, alla grafica, all’editoria.
11
luglio 2014
Vita Activa
Dall'undici luglio al 12 settembre 2014
arte contemporanea
Location
PALAZZETTO ALBANESE
Pescara, Via Nicola Fabrizi, 186, (Pescara)
Pescara, Via Nicola Fabrizi, 186, (Pescara)
Orario di apertura
Aperto da martedì a domenica | 17.00 - 22.00
Vernissage
11 Luglio 2014, h 18.30
Sito web
www.vitaactiva.it
Autore
Curatore